Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
2C_371/2018
Sentenza del 19 febbraio 2021
II Corte di diritto pubblico
Composizione
Giudici federali Seiler, Presidente,
Donzallaz, De Rossa, Giudice supplente,
Cancelliera Ieronimo Perroud.
Partecipanti al procedimento
Fondazione A.________,
patrocinata dagli avv.ti Ivan Paparelli e Jonathan Bernasconi,
ricorrente,
contro
Repubblica e Cantone Ticino,
patrocinata dagli avv.ti Cesare Jermini e Andrea Gamba,
opponente.
Oggetto
Pretese nei confronti dello Stato,
ricorso contro la sentenza emanata il 12 marzo 2018 dalla Seconda Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino (12.2016.177).
Fatti:
A.
Con lettera raccomandata del 13 ottobre 2014, pervenuta al destinatario il giorno successivo, la Fondazione A.________ (di seguito: la Fondazione o la ricorrente) ha notificato al Dipartimento delle finanze e dell'economia del Cantone Ticino una pretesa risarcitoria di fr. 15'104'525.-- oltre interessi e spese dal 1° gennaio 2011, fondata sulla legge sulla responsabilità civile degli enti pubblici e degli agenti pubblici del 24 ottobre 1988 (LResp/TI; RL/TI 166.100). Gli rimproverava di avere, nella sua veste di responsabile della vigilanza sulle fondazioni LPP ai sensi degli art. 61 segg. della legge federale del 25 giugno 1982 sulla previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l'invalidità (LPP; RS 831.40), ravvisato con colposo ritardo delle irregolarità al suo interno e omesso per lungo tempo di adottare i necessari provvedimenti. Il 19 gennaio 2015, la Divisione della giustizia del Cantone Ticino, ringraziandola per la comprensione, ha comunicato alla suddetta Fondazione che:
" (...) non ci è purtroppo possibile rispondere entro il termine di tre mesi: infatti, prima di prendere posizione in merito all'istanza di risarcimento, occorre da parte nostra, esaminare una documentazione voluminosa e analizzare, nelle sue varie sfaccettature, un caso assai complesso. Ad ogni modo, confidiamo di poterLe rispondere fra pochi mesi". Il 26 marzo 2015 il legale incaricato dal Cantone ha poi comunicato di aver assunto il mandato e ribadito che si sarebbe pronunciato nei mesi successivi siccome l'esame della fattispecie avrebbe richiesto ancora del tempo. Il 25 giugno 2015, lo Stato del Cantone Ticino ha respinto la richiesta di risarcimento del danno, ritenendola
"priva di fondamento"e contestando
"il contenuto della richiesta, l'esistenza di una qualsiasi responsabilità in capo alla Repubblica e Cantone Ticino così come l'esistenza di un danno, tanto nel principio che nell'ammontare".
B.
Dopo aver avviato, il 12 ottobre 2015, la procedura obbligatoria di conciliazione ed aver ottenuto l'autorizzazione ad agire, con petizione del 24 dicembre 2015 la Fondazione ha convenuto in giudizio la Repubblica e Cantone Ticino dinnanzi alla Pretura del Distretto di Bellinzona per ottenerne la condanna al pagamento di fr. 15'104'525.-- oltre interessi al 5 % dal 20 agosto 2008. Con allegato preliminare alla risposta, la convenuta ha, tra le altre cose, eccepito la perenzione della pretesa dell'attrice, la quale ha invece contestato l'eccezione.
C.
Ritenendo fondata l'eccezione, la Pretora aggiunta ha respinto la petizione con decisione 23 settembre 2016, che la Fondazione ha poi impugnato il 26 ottobre 2016 dinnanzi alla Seconda camera civile del Tribunale d'appello. Il 12 marzo 2018 questa ha, a sua volta, respinto l'appello, constatando in sostanza che il Cantone non si era pronunciato né affermativamente né negativamente sulla pretesa della Fondazione entro il termine di tre mesi fissato dall'art. 19 cpv. 2 LResp/TI, ovvero entro il 14 gennaio 2015. Dovendo il silenzio essere inteso come una risposta negativa in virtù di una presunzione irrefragabile stabilita dalla legge, il termine di sei mesi per inoltrare la causa stabilito dall'art. 25 cpv. 2 LResp/TI, nella versione in vigore all'epoca dei fatti (BU 1989, 337), aveva iniziato a decorrere a partire da quella data, di modo che, al momento della promozione dell'azione di risarcimento mediante l'avvio della procedura di conciliazione, la perenzione era ormai già intervenuta.
D.
Il 27 aprile 2018 la Fondazione ha presentato al Tribunale federale un ricorso in materia di diritto pubblico contro la predetta sentenza, chiedendo in via principale che venga annullata e riformata nel senso di accogliere l'appello e di respingere l'eccezione di perenzione sollevata dalla Repubblica e Cantone Ticino. In via subordinata ha domandato di annullare il giudizio impugnato e di rinviare la causa all'autorità cantonale per una nuova decisione ai sensi dei considerandi. Fa valere in sostanza un accertamento inesatto dei fatti nonché la violazione del divieto dell'arbitrio, del principio della buona fede, del diritto di essere sentiti, segnatamente di fornire i mezzi di prova pertinenti e di ottenere una decisione motivata. Sostiene inoltre che l'istanza inferiore avrebbe disatteso i termini prescritti dall'art. 52 LPP, violando così il principio della preminenza del diritto federale.
Chiamati ad esprimersi, la Repubblica e Cantone Ticino ha chiesto di respingere integralmente il gravame, mentre la Seconda Camera civile del Tribunale d'appello non ha presentato osservazioni, limitandosi a riconfermarsi nelle motivazioni della sentenza impugnata. Le parti sono state invitate a depositare una replica e una duplica, con le quali hanno confermato le proprie posizioni.
Diritto:
1.
1.1. Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione la sua competenza (art. 29 cpv. 1 LTF), rispettivamente l'ammissibilità dei gravami che gli vengono sottoposti (DTF 145 V 380 consid. 1; 145 I 239 consid. 2; 145 II 168 consid. 1 e rispettivi rinvii).
1.2. Oggetto del contendere è una richiesta di risarcimento (fr. 15'104'525.--), fondata sulla legge ticinese sulla responsabilità civile degli enti pubblici e degli agenti pubblici (LResp/TI). Siccome verte sul diritto pubblico cantonale promulgato in virtù della riserva facoltativa espressa dall'art. 61 cpv. 1 CO (sentenza 4A_580/2008 del 17 marzo 2009 consid. 1.1), supera ampiamente il valore litigioso richiesto per le cause concernenti la responsabilità dello Stato, senza nel contempo ricadere in una delle eccezioni previste all'art. 83 LTF, e non riguarda inoltre pretese risultanti dall'attività medica, per le quali la via del ricorso in materia civile è eccezionalmente aperta, la sentenza querelata può di principio essere impugnata con ricorso in materia di diritto pubblico (art. 82 lett. a in relazione con l'art. 85 cpv. 1 lett. a a contrario LTF; sentenze 2C_34/2017 del 24 agosto 2018 consid. 1 non pubblicato in DTF 144 I 318, 2C_58/2016 del 27 marzo 2017 consid. 1 e 2C_241/2015 del 3 luglio 2015 consid. 1.1).
1.3. Diretto contro la decisione di un tribunale cantonale superiore che ha accolto l'eccezione di perenzione e posto così fine al procedimento avviato con l'azione di responsabilità contro il Cantone Ticino (art. 86 cpv. 1 lett. d nonché cpv. 2 e art. 90 LTF), il ricorso è pure stato presentato tempestivamente (art. 46 cpv. 1 lett. c in relazione con l'art. 100 cpv. 1 LTF) e nelle debite forme (art. 42 LTF) dalla destinataria della pronuncia contestata. Confermando quest'ultima la decisione della Giudice di prime cure, anche l'interesse a ricorrere è dato (art. 89 cpv. 1 LTF). Per quanto precede, l'impugnativa è ammissibile quale ricorso ordinario ai sensi degli art. 82 segg. LTF.
2.
2.1. Il Tribunale federale applica d'ufficio il diritto (art. 106 cpv. 1 LTF). Nondimeno, tenuto conto dell'onere di allegazione e motivazione posto dalla legge in capo alla parte ricorrente ( art. 42 cpv. 1 e 2 LTF ), esso si confronta di regola soltanto con le censure sollevate. Nell'atto di ricorso occorre pertanto spiegare in modo conciso in cosa consiste la lesione del diritto e su quali punti il giudizio impugnato viene contestato (DTF 138 I 274 consid. 1.6; 134 II 244 consid. 2.1). Esigenze più severe valgono invece in relazione alla violazione di diritti fondamentali. Simili critiche vengono infatti trattate unicamente se sono state motivate in modo chiaro, circostanziato ed esaustivo (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 138 I 274 consid. 1.6; 137 II 305 consid. 3.3). Il Tribunale federale non è tenuto ad attenersi né alle motivazioni dell'istanza precedente né a quelle presentate nel ricorso e può respingere o accogliere il ricorso anche fondandosi su altre ragioni ("sostituzione dei motivi", vedasi sentenza 2C_357/2016 del 12 giugno 2017 consid. 1.3 con ulteriori riferimenti).
2.2. Salvo i casi menzionati espressamente all'art. 95 LTF, dinnanzi al Tribunale federale non può essere invocata la violazione del diritto cantonale in quanto tale. È nondimeno possibile far valere che la scorretta applicazione del diritto cantonale e comunale costituisce una violazione del diritto federale, segnatamente che è arbitraria ai sensi dell'art. 9 Cost. o contraria ad altri diritti costituzionali, dovendo in tal caso la censura rispettare le summenzionate esigenze di motivazione accresciute (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 137 II 305 consid. 3.3; sentenza 2C_58/2016 del 27 marzo 2017 consid. 2.1).
2.3. Una decisione è arbitraria (art. 9 Cost.) quando è in manifesta contraddizione con la situazione di fatto, è gravemente lesiva di una norma o di un principio giuridico chiaro e indiscusso, oppure quando urta in modo scioccante il sentimento di giustizia ed equità. La decisione deve inoltre essere arbitraria nel suo risultato e non solo nella sua motivazione. Il semplice fatto che un'altra soluzione, diversa da quella adottata dall'autorità precedente, potrebbe entrare in linea di conto o sarebbe addirittura preferibile non costituisce arbitrio (DTF 144 I 318 consid. 5.4 e riferimenti).
2.4. Il Tribunale federale fonda il proprio ragionamento giuridico sui fatti accertati dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF; DTF 142 I 155 consid. 4.4.3); nessun fatto né mezzo di prova nuovo può in principio essere addotto (art. 99 cpv. 1 LTF). Può scostarsene, rettificando o completando d'ufficio l'accertamento dei fatti dell'autorità inferiore, solo se tale accertamento è stato eseguito in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto, ovvero arbitrario (art. 105 cpv. 2 LTF; DTF 142 II 355 consid. 6 riassunto; 141 II 14 consid. 1.6), e se l'eliminazione del vizio è suscettibile di influire sull'esito della causa (art. 97 cpv. 1 LTF; DTF 137 III 226 consid. 4.2). Tocca alla parte che propone una fattispecie diversa da quella contenuta nella sentenza impugnata il compito di esporre in maniera circostanziata il motivo che la induce a ritenere adempiute queste condizioni (art. 97 cpv. 1 LTF). Questa censura necessita di una motivazione qualificata (DTF 143 V 19 consid. 2.2 e richiamo).
3.
L'attuale vertenza concerne una pretesa di risarcimento formulata dalla ricorrente sulla base della legge ticinese sulla responsabilità civile degli enti pubblici e degli agenti pubblici (LResp/TI).
3.1. La menzionata legge instaura una responsabilità diretta ed esclusiva dell'ente pubblico per il danno cagionato illecitamente dai suoi agenti nell'esercizio delle loro funzioni (art. 4 cpv. 1 LResp/TI). Il danneggiato non ha nessun diritto di azione contro l'agente pubblico (art. 4 cpv. 3 LResp/TI).
3.2. Sul piano procedurale, l'art. 22 cpv. 1 LResp/TI prevede che per le azioni contro l'ente pubblico è competente il giudice civile ordinario, il quale applica il Codice di diritto processuale civile svizzero del 19 dicembre 2008 (CPC; RS 272). Al riguardo va rilevato che quando, come in concreto, il legislatore cantonale sottopone una pretesa di diritto pubblico ai tribunali civili e questi ultimi trattano la causa applicando il codice di procedura civile, il diritto federale viene applicato a titolo di diritto cantonale suppletivo. Pertanto, anche eventuali critiche sollevate in relazione all'applicazione di disposti che rientrano in tale categoria devono dimostrare la violazione del divieto di arbitrio o di altri diritti costituzionali ed essere conformi alle relative esigenze di motivazione (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 139 III 225 consid. 2.2. e 2.3; sentenza 2C_241/2015 del 3 luglio 2015 consid. 2.2 con riferimenti nonché consid. 5.1 e 5.4).
3.3. La promozione dell'azione tendente al risarcimento del danno o alla riparazione morale deve essere preceduta da una notifica della propria pretesa, brevemente motivata, all'ente pubblico (art. 19 cpv. 1 LResp/TI); questi deve pronunciarsi entro tre mesi, ritenuto che il silenzio vale quale risposta negativa (art. 19 cpv. 2 LResp/TI). L'art. 25 cpv. 1 LResp/TI stabilisce inoltre che la responsabilità dell'ente pubblico è perenta se il danneggiato non presenta la notifica giusta l'art. 19 nel termine di un anno dal giorno in cui ha conosciuto il danno, in ogni caso nel termine di 10 anni dal giorno in cui l'agente pubblico ha commesso l'atto che l'ha cagionato. Nella versione in vigore all'epoca dei fatti, e quindi - come rettamente confermato anche dall'istanza inferiore senza che la ricorrente l'abbia più contestato in questa sede - determinante per la presente causa, il capoverso 2 dell'art. 25 LResp TI, abrogato dal 15 gennaio 2016 (cfr. Messaggio n. 7083 del Consiglio di Stato del 14 aprile 2015 e rapporto n. 7083R del 30 settembre 2015), prevedeva altresì che l'azione del danneggiato era perenta se non era promossa entro sei mesi dalla risposta dell'autorità competente.
4.
Tutelando per l'essenziale il giudizio della Pretora aggiunta, la Corte cantonale ha in sostanza rilevato: i) che la prima e determinante risposta negativa (ovvero, il silenzio) doveva essere fatta risalire al 14 gennaio 2015, vale a dire alla scadenza dei tre mesi successivi alla notifica del 13 ottobre 2014, ricevuta dall'autorità il giorno successivo; ii) che l'assenza di qualsivoglia pronuncia prima di tale termine doveva essere intesa, con una presunzione irrefragabile, come una risposta negativa dalla quale iniziava a decorrere il termine di sei mesi per inoltrare la causa; iii) che la risposta interlocutoria del 19 gennaio 2015, a torto ritenuta dalla giudice di prime cure come punto di partenza per calcolare il termine di sei mesi, non poteva essere considerata né un atto di silenzio ai sensi dell'art. 19 cpv. 2 LResp/TI, né una risposta negativa; inoltre siccome era intervenuta dopo la scadenza del termine di tre mesi a disposizione dell'autorità per pronunciarsi, la sua differente qualificazione giuridica non poteva comunque cambiare le sorti della procedura; iv) che quindi il termine di perenzione era giunto a scadenza sei mesi dopo la mancata risposta (14 gennaio 2015) e nove mesi dopo la notifica delle pretese (14 ottobre 2014), ovvero il 14 giugno 2015; v) che nell'avere sollevato l'eccezione di perenzione di cui al previgente art. 25 cpv. 2 LResp/TI non poteva essere ravvisato alcun comportamento abusivo dell'autorità cantonale (art. 2 cpv. 2 CC), poiché nulla nel caso concreto permetteva di individuare atti dell'ente pubblico tali da oggettivamente dissuadere l'attrice dal presentare la propria azione; vi) che, infine, alla ricorrente, patrocinata da un legale, non poteva sfuggire che al momento della ricezione della risposta formale da parte dell'opponente le restavano tre settimane per introdurre eventualmente l'istanza di conciliazione. La Corte cantonale ha pertanto respinto l'appello, confermando così l'intervenuta perenzione della pretesa di responsabilità.
Litigiosa è quindi unicamente la questione della perenzione dell'azione della danneggiata.
5.
5.1.
La ricorrente censura principalmente l'applicazione arbitraria (art. 9 Cost.) dell'art. 19 LResp/TI nonché del vecchio art. 25 cpv. 2 LResp/TI, un accertamento dei fatti manifestamente inesatto rispettivamente un loro apprezzamento arbitrario, lesivo dell'art. 2 CC e dell'art. 29 Cost. (in particolare dal profilo del suo diritto a che siano assunti mezzi di prova pertinenti), in relazione al riconoscimento dell'intervenuta perenzione da parte dell'istanza inferiore. A suo dire, sarebbe manifestamente insostenibile e contraddittorio far risalire l'inizio del termine di sei mesi per inoltrare l'azione alla scadenza di quello dei tre mesi per rispondere al danneggiato, ignorando totalmente il fatto che il Cantone si era manifestato sia prima che dopo la decorrenza del suddetto termine (di tre mesi), pronunciandosi infine con una risposta. Secondo lei, la natura e la finalità del termine in questione non impedirebbero al Cantone di decidere comunque di rispondere successivamente, come in effetti avvenuto in concreto: tramutare un termine d'ordine assegnato alle autorità e istituito dalla legge per ragioni di economia processuale, essenzialmente in favore del danneggiato, in una presunzione irrefragabile a proprio danno contrasterebbe in maniera insostenibile con le evidenze agli atti, con la
ratio della norma e, in definitiva, con il divieto dell'arbitrio.
5.2.
5.2.1. La Corte cantonale ha dapprima osservato che i termini istituiti dal previgente art. 25 LResp/TI costituivano dei termini di perenzione. Una siffatta interpretazione della norma non si rivela insostenibile né, di riflesso, arbitraria. Oltre a corrispondere al tenore letterale del disposto (art. 25 cpv. 1 "La responsabilità dell'ente pubblico è
perenta se..."; art. 25 cpv. 2 "L'azione del danneggiato è inoltre
perenta se..."), essa è confortata dal Messaggio n. 7083 del 14 aprile 2015 citato in precedenza (cfr. pag. 3, con riferimento anche al rapporto 9 settembre 1988 della Commissione della legislazione sul Messaggio n. 3092 del 14 ottobre 1986 del Consiglio di Stato nonché a quest'ultimo Messaggio, pag. 1690), ove viene sottolineato che i termini di cui al vecchio art. 25 cpv. 1 e 2 LResp /TI costituiscono dei termini perentori e che, in particolare, quello del secondo capoverso introduce
"un secondo termine di perenzione" di sei mesi, che decorre soltanto dopo che sia scaduto quello di tre mesi per la risposta senza che l'autorità competente ne abbia fatto uso, ritenuto che il silenzio vale quale risposta negativa. È quindi senza arbitrio che se ne può concludere che la legge cantonale prevedeva un termine di perenzione relativo (di un anno) a decorrere dalla conoscenza del danno, un termine di perenzione assoluto (di dieci anni) per presentare la notifica all'ente pubblico e, infine, nell'ambito della procedura preliminare interna ("
verwaltungsinternes
Vorprüfungsverfahren", al riguardo vedasi JOST GROSS, Schweizerisches Staatshaftungsrecht, 2a ed. 2001, pag. 372), un termine di sei mesi che decorre dalla risposta dell'ente pubblico (sul tema si veda FRANCESCO CATENAZZI, Legge cantonale sulla responsabilità civile degli enti pubblici e degli agenti pubblici: campo di applicazione e procedura, in: La responsabilità dello Stato, 2014, pag. 117 segg., pag. 132; J OST GROSS/VOLKER PRIBNOW, Schweizerisches Staatshaftungsrecht, volume supplementare, 2a ed. 2013, n. 396 e n. 389; FRÉDÉRIC KRAUSKOPF, Die Verjährung und Verwirkung im Staatshaftungsrecht, in: Aktuelle Fragen des Staatshaftungsrechts, 2014, pag. 197 segg., pag. 216). Considerato poi che l'ente pubblico deve rendere la suddetta risposta entro tre mesi dalla notifica del danneggiato, e che il silenzio vale quale risposta negativa (art. 19 cpv. 2 LResp/TI), non è arbitrario desumere che, in quest'ultimo caso, il termine di perenzione è di nove mesi (opinione ugualmente suffragata dal Messaggio n. 7083 del 14 aprile 2015, pag. 3 segg. e pag. 7). È quindi sempre senza arbitrio che si può giungere alla conclusione che la procedura non deve essere ritardata oltre il termine trimestrale concesso, per principi di economia di giudizio, all'ente pubblico per pronunciarsi (sentenza 5P.149/2000 del 19 giugno 2000 consid. 2a, con riferimento alla DTF 108 Ib 417 consid. 1 e al Messaggio n. 3092 del 14 ottobre 1986, pag. 1678 seg.). Si rilevi per inciso che il Tribunale federale ha già avuto modo di giudicare che non è arbitrario considerare che se la risposta negativa perviene prima della scadenza del termine di tre mesi, quello di sei mesi per promuovere l'azione giudiziaria comincia a decorrere e non può essere interrotto, e ciò indipendentemente dal fatto che, in seguito alla risposta, vi siano ancora stati scambi di lettere e trattative (sentenza 5P.149/2000 citata, consid. 2a).
A titolo di paragone va osservato che anche il diritto federale prevede un simile termine di perenzione nell'ambito della procedura preliminare ai sensi dell'art. 20 cpv. 3 della legge federale del 14 marzo 1958 su la responsabilità della Confederazione, dei membri delle autorità federali e dei funzionari federali (LResp; RS 170.32; DTF 136 II 187 consid. 6; sentenza 2C_245/2018 del 21 novembre 2018 consid. 2.1 con riferimenti; si veda altresì MAX B. BERGER, in: Kommentar zu den schweizerischen Haftpflichtbestimmungen, 2016, n. 15 ad art. 20; J OST GROSS/VOLKER PRIBNOW, op. cit., n. 91). Anche in questo caso trattasi di un termine che si sovrappone agli altri termini ordinari di prescrizione o perenzione e il cui mancato rispetto comporta la perdita delle pretese di risarcimento derivanti dalla responsabilità civile (KRAUSKOPF, op. cit., pag. 197 segg., pag. 201 seg.).
5.2.2. Nel concreto caso, emerge dal giudizio impugnato che il Cantone non ha fornito alcuna risposta formale entro il termine dei tre mesi concessogli dalla legge per rispondere alla notifica e che la danneggiata non ha inoltrato l'azione nel termine totale di nove mesi dalla notifica delle proprie pretese. In queste circostanze, data la natura dei termini qui applicabili, la pretesa è, di principio, perenta.
5.3. Osservando che l'ente pubblico si è comunque pronunciato con una risposta formale negativa, sebbene solo una volta decorsi i tre mesi, la ricorrente sostiene che stando ai materiali legislativi (i quali non prefigurano questo scenario), il termine di 9 mesi si riferirebbe solo all'ipotesi di mancata risposta dell'ente pubblico, mentre in presenza di una risposta (anche se pervenuta dopo i tre mesi), l'unico termine di perenzione rimarrebbe quello di cui al previgente art. 25 LResp/TI. Altrimenti detto, a suo avviso, la perenzione non potrebbe intervenire prima della decorrenza del termine di sei mesi dalla risposta, pena la violazione dell'art. 25 cpv. 2 vLResp/TI. Non applicando tale termine, la decisione impugnata stravolgerebbe il senso e la portata della disposizione in questione risultando insostenibile e arbitraria; in particolare, l'applicazione operata dai giudici cantonali condurrebbe, secondo l'interessata, ad un'arbitraria distorsione ed estensione della portata di una norma che per di più il legislatore ha in seguito abolito
"in quanto incompatibile con i dettami processuali, addirittura di rango costituzionale". Nel caso specifico tale censura può rimanere irrisolta, poiché, per i motivi esposti di seguito, il ricorso, fondato, deve comunque essere accolto.
5.4.
5.4.1. La giurisprudenza riconosce che in generale, contrariamente ai termini di prescrizione, i termini di perenzione non possono essere né sospesi, né interrotti, né infine prorogati (DTF 136 II 187 consid. 6; KRAUSKOPF, op.cit., pag. 210). Riservati sono tuttavia i casi in cui l'applicazione della perenzione urterebbe contro i precetti della buona fede, in particolare laddove lo Stato, con il proprio comportamento, abbia trattenuto il creditore dall'insinuare tempestivamente le proprie pretese creditizie (sentenze 2C_245/2018 del 21 novembre 2018 consid. 4.2 e 2C_707/2010 del 15 aprile 2011 consid. 4.7.1, entrambe con numerosi riferimenti). Al riguardo occorre precisare che un abuso di diritto non sussiste solo quando una persona agisce con dolo nei confronti della sua controparte, ma anche quando, senza alcun intento doloso, con il proprio comportamento le dà modo di credere che l'annuncio delle pretese non sia necessario mentre poi, contravvenendo al proprio atteggiamento, si avvale della prescrizione o della perenzione (DTF 116 Ib 386 consid. 3c/bb e consid. 4e con rinvio segnatamente alla DTF 83 II 93; vedasi anche JOST GROSS/VOLKER PRIBNOW, op. cit., pag. 373). In questi casi, il comportamento dell'ente pubblico deve avere avuto un nesso di causalità con il fatto che il creditore non ha poi fatto valere le proprie pretese entro il termine indicato dalla legge (DTF 126 II 145 consid. 3b/aa). La decisione in merito alle conseguenze della perenzione deve naturalmente essere presa in applicazione dei principi generali, ma deve altresì tenere in considerazione lo scopo che il legislatore intendeva perseguire con l'istituto della perenzione nell'ambito giuridico in questione, oltre che le circostanze del caso specifico (DTF 116 Ib 386 consid. 3c/bb).
5.4.2. Secondo la ricorrente, le circostanze concrete le permettevano davvero di pensare oggettivamente che il Cantone non si considerava vincolato al termine di tre rispettivamente nove mesi di cui agli art. 19 cpv. 2 LResp/TI e previgente 25 cpv. 2 LResp/TI, ragione per cui la decisione impugnata sarebbe frutto di un accertamento arbitrario dei fatti oltre a violare crassamente gli art. 2 CC e 9 Cost. fed., nonché l'art. 29 Cost., segnatamente con riguardo al dovere dei giudici cantonali di prendere posizione sulle sue puntuali argomentazioni. Questi avrebbero, in effetti, ignorato la portata e le implicazioni giuridiche dell'agire del Cantone nei tre episodi nei quali la Divisione della giustizia le avrebbe fornito precise rassicurazioni circa la sua intenzione di prendere posizione sulle sue richieste. Tutelando il comportamento manifestamente contraddittorio del Cantone, la decisione impugnata giungerebbe a un risultato arbitrario, e ciò anche alla luce del fatto che - in un contesto come quello del previgente art. 25 LResp/TI ove il legislatore ha voluto garantire il principio della parità delle armi - giudica che tre settimane per avviare un contenzioso giudiziario riguardo ad una fattispecie che il Cantone stesso aveva considerato a tal punto complessa da prendersi otto mesi per esaminarla dovessero essere sufficienti.
In tale contesto la ricorrente insiste in particolare sul fatto che l'avvocato B.________, giurista della Divisione della giustizia del Cantone Ticino, il 9 gennaio 2015, ovvero prima dello spirare del termine dei tre mesi a disposizione dell'autorità per rispondere, avrebbe chiamato il suo legale per comunicare che il Cantone non aveva completato l'esame della fattispecie e che lo stesso avrebbe richiesto ancora del tempo prima dell'emanazione della risposta. Nel corso della conversazione telefonica, l'avvocato B.________ avrebbe preannunciato uno scritto in tal senso, giunto poi il 19 gennaio 2015, ove veniva ribadito che l'esame della copiosa documentazione avrebbe richiesto ancora diversi mesi e che al Cantone non sarebbe stato possibile rispondere entro il termine di tre mesi, ma che l'avrebbe fatto successivamente.
5.4.3. Questa telefonata non è stata accertata né dalla Pretora aggiunta né dai Giudici d'appello, i quali non l'hanno nemmeno menzionata. Da parte sua, il Cantone ha ripetutamente sottolineato che contestava l'episodio della telefonata, il quale peraltro non era (stato) accertato oltre ad essere ad ogni modo irrilevante per il giudizio, aggiungendo che tale elemento non poteva essere considerato dal Tribunale federale poiché la ricorrente, invece di far valere tempestivamente una violazione dell'art. 157 CPC nonché degli art. 9 e 29 cpv. 2 Cost. , era rimasta silente.
5.4.4. Come già illustrato (cfr. consid. 2.4) il Tribunale federale non può porre a fondamento del proprio giudizio dei fatti che non sono stati accertati dall'autorità inferiore e che non figurano nemmeno nella decisione impugnata (art. 105 cpv. 1 LTF). Se l'accertamento dei fatti dell'autorità inferiore è stato svolto in modo manifestamente inesatto o in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF, esso può allora rettificarlo o completarlo d'ufficio (art. 105 cpv. 2 LTF). Per prassi costante ciò avviene quando si è verificata la violazione di una regola di diritto federale sulla prova, ad esempio, sulla ripartizione dell'onere probatorio ai sensi dell art. 8 CC. Qualora il giudice abbia rifiutato una misura probatoria procedendo ad un apprezzamento anticipato delle prove, quest'ultimo deve essere contestato invocando la violazione del divieto dell'arbitrio (art. 9 Cost.) o del diritto di essere sentito (art. 29 cpv. 2 Cost.; B ERNARD CORBOZ, Commentaire LTF, 2a ed., n. 54 segg. all'art. 105 LTF).
5.4.5.
5.4.5.1. Sebbene la telefonata del 9 gennaio 2015 - qualora accertata - non possa tecnicamente costituire un atto interruttivo della perenzione in senso stretto (
supra, consid. 5.4.1), sarebbe tuttavia arbitrario, per i motivi esposti di seguito, privarla di una qualsivoglia portata. Con essa il Cantone, pochi giorni prima della scadenza del termine di tre mesi, avrebbe infatti chiaramente manifestato per la prima volta la sua intenzione - confermata poi successivamente a più riprese per iscritto - di prendere posizione sul complesso incarto, osservando però che era in ritardo e non era in grado di rispettare il termine dei tre mesi di cui all'art. 19 LResp/TI. In queste circostanze, sarebbe insostenibile e, di riflesso, arbitrario concludere che la ricorrente doveva ritenersi vincolata ad un termine al quale l'autorità stessa aveva più volte dichiarato di non attenersi, chiedendo addirittura comprensione per l'attesa causata dalla complessità dell'incarto e assicurando una risposta che è per finire arrivata dopo oltre otto mesi, a sole tre settimane dalla scadenza del termine di perenzione di nove mesi.
Va poi rilevato che la presa di posizione pervenuta alla ricorrente dopo tutti quei mesi si limitava a giudicare le sue pretese genericamente "prive di fondamento" e non conteneva alcuna considerazione giuridica utile per valutare in cognizione di causa e in tempi assai brevi se proporre o meno la successiva azione giudiziaria. Ora, con l'istituzione di una procedura preliminare di notifica all'ente pubblico, il legislatore ha voluto perseguire un duplice scopo: per l'istante, quello di ottenere dall'ente pubblico, in modo semplice e gratuito, in esito ad una procedura interna all'amministrazione, una risposta contenente già le considerazioni giuridiche rilevanti per la sua domanda di risarcimento, che gli consentano di valutare con cognizione di causa se proporre o meno la successiva azione giudiziaria; per l'amministrazione pubblica, quello di poter riconoscere senza tante formalità eventuali pretese che dovessero mostrarsi fondate, evitando così un processo civile sostanzialmente inutile (Messaggio n. 7083 del 14 aprile 2015, pag. 4; CATENAZZI, op. cit., pag. 132; si veda anche RETO HÄGGI FURRER, Die Geltendmachung von Staatshaftungsansprüche, in: Aktuelle Fragen des Staatshaftungsrechts, 2014, pag. 177 segg. nonché pag. 183 seg.). Trattasi infatti di un istituto ispirato a principi di economia di giudizio (Messaggio n. 3092 del 14 ottobre 1986, pag. 1679), adottato nell'interesse di entrambe le parti coinvolte e non in quello esclusivo della pubblica amministrazione (vedasi il Messaggio n. 7083 del 14 aprile 2015 pag. 4 seg., ove viene rilevato che l'istituzione di una procedura preliminare ha potuto permettere al Cantone
"in alcuni casi, dopo aver raccolto il preavviso favorevole dell'assicurazione che copre la responsabilità civile dello Stato, di riconoscere e liquidare, in modo semplice, le pretese di risarcimento che sono risultate fondate. In relazione invece alle domande di risarcimento che sono apparse ingiustificate, è stata allestita una risposta negativa - meno approfondita e meno onerosa rispetto ad una decisione formale - nella quale sono stati illustrati i motivi giuridici essenziali (...). Ora, in molti casi, gli istanti hanno accettato la risposta negativa del Consiglio di Stato (...). In tal modo, la procedura preliminare ha spesso evitato inutili e lunghi contenziosi "). In queste condizioni urta pertanto con lo scopo della norma e si rileva di conseguenza arbitrario esigere dalla ricorrente che, nell'attesa di ricevere dall'autorità una risposta che tardava ad arrivare, si tenesse pronta ad introdurre un'azione complessa nel giro di poche settimane, ritenuto poi che, date le lunghe tempistiche, poteva ragionevolmente attendersi una risposta positiva o, qualora negativa, quantomeno contenente i motivi giuridici essenziali che avrebbero eventualmente potuto farla desistere dall'avvio di un contenzioso.
5.4.5.2. Alla luce della finalità per cui è istituita la procedura preliminare interna, presa in considerazione, come appena illustrato, per valutare se è stata applicata in urto con i precetti della buona fede, occorre quindi concludere che, qualora fosse effettivamente avvenuta, la telefonata effettuata dal funzionario cantonale prima della scadenza del termine di tre mesi dalla notifica della pretesa avrebbe costituito perlomeno un atto suscettibile di interrompere il "silenzio" di cui all'art. 19 cpv. 2 LResp/TI. In altre parole si sarebbe trattato del primo atto di una serie che non poteva che indurre la ricorrente a legittimamente credere in buona fede che l'ente pubblico non si sarebbe poi successivamente appigliato alla propria mancata risposta nei tre mesi per invocare la perenzione. Ammettere il contrario significherebbe tutelare un comportamento contraddittorio ed inficiato d'arbitrio da parte dell'autorità, incompatibile con il principio della buona fede.
5.4.6. Occorre ora chiarire se, come affermato dalla ricorrente, il suo mancato accertamento nella procedura cantonale sia costitutivo di una violazione del divieto dell'arbitrio rispettivamente del diritto di essere sentiti.
Dal profilo procedurale, l'onere della prova rispetto alla telefonata spettava alla ricorrente. Ora essa ha, sin dall'inizio, richiesto un'audizione del funzionario cantonale asserito autore della stessa, invocandola come uno degli elementi suscettibili di giustificare l'affidamento che aveva riposto nel comportamento del Cantone. Da parte sua la Seconda Camera civile del Tribunale d'appello ha implicitamente tutelato l'apprezzamento anticipato delle prove effettuato dalla Pretora aggiunta, la quale ha giudicato che, siccome dal profilo giuridico le trattative e lo scambio di corrispondenze intercorse tra le parti non potevano entrare in linea di conto per un prolungamento del termine di perenzione, l'audizione richiesta risultava irrilevante ai fini del giudizio e andava dunque respinta. Ora, tutelando la decisione dell'autorità di prime cure, la Corte cantonale ha, a sua volta, mancato di individuare la corretta regola giuridica applicabile e confermato in questo modo un apprezzamento anticipato delle prove che ha, in maniera ingiustificabile e, quindi, arbitraria, portato a rifiutare l'assunzione di un elemento probatorio su una questione di fatto suscettibile di modificare la decisione impugnata e, quindi, del tutto pertinente. Altrimenti detto la Seconda Camera civile del Tribunale d'appello ha tutelato in maniera insostenibile una decisione che ha stabilito i fatti in modo manifestamente errato e, di riflesso, arbitrario. In effetti, il formalismo tipico del diritto processuale civile di cui hanno fatto prova le istanze precedenti risulta insostenibile e, quindi, inficiato d'arbitrio.
5.4.7.
Sulla base di quanto precede, la censura della ricorrente riguardo alla violazione dell'art. 9 Cost. nell'ambito dell'accertamento dei fatti si rivela fondata e va quindi accolta. Siccome il Tribunale federale non dispone degli elementi che gli permetterebbero di procedere lui stesso sulla base degli atti, si giustifica di rinviare la causa all'autorità che ha deciso in prima istanza affinché, dopo aver raccolto i necessari complementi in relazione all'esistenza effettiva della telefonata del 9 gennaio 2015, emani una nuova decisione (art. 107 cpv. 2 LTF).
6.
Infine, la censura con la quale la ricorrente sostiene che la decisione impugnata, respingendo le sue argomentazioni in relazione ad un'applicazione "perlomeno in via sussidiaria" alla fattispecie concreta dei termini di prescrizione più lunghi fissati dall'art. 52 LPP, avrebbe disatteso la preminenza del diritto federale (art. 49 Cost.), sfugge ad un esame di merito, poiché non soddisfa le esigenze di motivazione poste dall'art. 42 LTF.
7.
7.1. Per quanto precede il ricorso, in quanto ammissibile, si rivela fondato e va quindi accolto. La sentenza impugnata è annullata e la causa è rinviata alla Pretura del Distretto di Bellinzona affinché, dopo aver esperito gli atti istruttori così come descritti nei considerandi, pronunci una nuova decisione.
7.2. Anche se la causa è rinviata all'autorità inferiore per complemento istruttorio e nuova decisione, quindi con un esito aperto, la parte ricorrente è reputata vincente (sentenze 2C_60/2011 del 12 maggio 2011 consid. 2.4 e 1C_397/2009 del 26 aprile 2010 consid. 6 e rispettivi rinvii). Le spese della sede federale vanno quindi poste a carico del Cantone Ticino, che soccombe a tutela dei propri interessi pecuniari ( art. 65 e 66 cpv. 1 e 4 LTF ; DTF 134 I 331 consid. 3.2 pag. 336). Esso dovrà inoltre corrispondere alla ricorrente, rappresentata da avvocati, un'indennità per ripetibili della sede federale ( art. 68 cpv. 1 e 2 LTF ; sentenza 2C_860/2008 del 20 novembre 2009 consid. 6). Nel contempo, la causa è pure rinviata alla Seconda Camera civile del Tribunale d'appello affinché statuisca nuovamente sulle spese e sulle ripetibili della sede cantonale (cfr. art. 67 e 68 cpv. 5 LTF ).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è accolto e la sentenza del 12 marzo 2018 della Seconda Camera civile del Tribunale d'appello è annullata. La causa viene rinviata alla Pretura del Distretto di Bellinzona affinché statuisca nuovamente ai sensi dei considerandi dopo aver esperito gli atti istruttori mancanti.
2.
La causa è nel contempo rinviata alla Seconda Camera civile del Tribunale d'appello affinché decida di nuovo su spese e ripetibili per la sede cantonale.
3.
Le spese giudiziarie di fr. 40'000.-- sono poste a carico del Cantone Ticino, il quale rifonderà alla ricorrente, un importo di fr. 20'000.-- a titolo di ripetibili per la sede federale.
4.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla Seconda Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
Losanna, 19 febbraio 2021
In nome della II Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il Presidente: Seiler
La Cancelliera: Ieronimo Perroud