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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
                 
 
 
2C_494/2017  
 
 
Sentenza del 14 settembre 2020  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Seiler, Presidente, 
Zünd, Beusch, 
Cancelliera Ieronimo Perroud. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Alain Susin, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, Sezione della popolazione, 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino. 
 
Oggetto 
Permesso di dimora, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 24 aprile 2017 
dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2016.178). 
 
 
Fatti:  
 
A.   
Il 1° settembre 2010 A.________, cittadino pakistano, è entrato in Svizzera al fine di ricongiungersi con la compagna svizzera B.________ e il loro figlio C.________. Egli è quindi stato posto al beneficio di un permesso di dimora annuale per caso personale particolarmente grave (art. 30 cpv. 1 lett. b LStr [RS 142.20; dal 1° gennaio 2019: LStrI; RU 2017 6521], combinato con l'art. 31 OASA [RS 142.201]), il quale è stato regolarmente rinnovato, l'ultima volta fino al 31 agosto 2014. 
A.________, che svolge l'attività di tassista dopo essere stato attivo nel ramo della ristorazione, ha interessato le autorità giudiziarie penali svizzere nei seguenti termini: 
 
- con decreto d'accusa (DA) del 6 maggio 2013 gli è stata inflitta una pena pecuniaria di 50 aliquote giornaliere da fr. 40.-- cadauna (complessivi fr. 2'000.--), sospesa condizionalmente con un periodo di prova di 2 anni - e una multa di fr. 300.--, per lesioni semplici, vie di fatto e vie di fatto reiterate nei confronti della compagna; 
- il 14 novembre 2014 la Corte delle assise correzionali di Lugano l'ha condannato alla pena detentiva di 10 mesi, sospesa condizionalmente con un periodo di prova di 2 anni, alla multa di fr. 1'000.-- e all'indennizzo di fr. 1'000.-- per le pretese civili dell'accusatrice privata, da lui riconosciute, siccome riconosciuto colpevole di atti sessuali con persone incapaci di discernimento o inette a resistere nei confronti della figlia minorenne della compagna. Il periodo di prova fissato nel DA è stato inoltre prolungato di un anno. 
Il 28 febbraio 2015 A.________ ha lasciato l'appartamento in cui viveva con la compagna e il loro figlio. 
 
B.   
Preso atto dell'ultima condanna, il 10 aprile 2015 la Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, dopo avere dato a A.________ la possibilità di esprimersi, ha deciso di non rinnovargli il permesso di dimora e gli ha fissato nel contempo un termine per lasciare la Svizzera. Questa decisione è stata confermata dapprima al Consiglio di Stato, con giudizio dell'8 marzo 2016, e poi dal Tribunale cantonale amministrativo, con sentenza del 24 aprile 2017. 
La Corte cantonale ha in primo luogo osservato che l'interessato non poteva più pretendere ad un permesso di dimora per caso personale particolarmente grave, dato che dal 28 febbraio 2015 non conviveva più con la compagna e il loro figlio. Ha poi rilevato che, viste le condanne inflittegli, la proroga sollecitata poteva essere negata in virtù dei combinati art. 33 cpv. 3 e 62 lett. c e d LStr (ora art. 62 cpv. 1 lett. c e d LStrI). Constatato che il provvedimento impugnato ossequiava il principio della proporzionalità (art. 96 LStrI), i giudici ticinesi hanno concluso aggiungendo che l'insorgente non poteva nemmeno prevalersi dell'art. 8 CEDU. Oltre a non avere dimostrato e/o documentato, dal profilo affettivo e economico, che il legame intrattenuto con il figlio, di cui non aveva la custodia, raggiungeva l'intensità richiesta dalla prassi per potersi appellare al disposto convenzionale, l'insorgente non aveva nemmeno avuto, durante il suo soggiorno nel nostro Paese, un comportamento irreprensibile, essendo stato condannato a due riprese. In ogni caso, hanno aggiunto, i rapporti con il figlio potevano essere mantenuti mediante contatti telefonici e scritti nonché tramite i mezzi di comunicazione multimediali e/o visite, nel caso in cui tornava a vivere in Italia, ove stando alle sue dichiarazioni aveva posseduto un permesso di soggiorno. 
 
C.   
Il 24 maggio 2017 A.________ ha presentato dinanzi al Tribunale federale un ricorso in materia di diritto pubblico con cui chiede che, previo conferimento dell'effetto sospensivo, la sentenza cantonale sia annullata e venga rinnovata la sua autorizzazione di soggiorno rispettivamente che la causa venga rinviata alla Corte cantonale per nuovo giudizio. Fa valere in sintesi la violazione dell'art. 8 CEDU
Con decreto presidenziale del 29 maggio 2017 è stato concesso l'effetto sospensivo al gravame. 
Il Tribunale cantonale amministrativo si è riconfermato nelle motivazioni e conclusioni della propria decisione, così come la Sezione della popolazione. Il Consiglio di Stato si è invece rimesso al giudizio del Tribunale federale. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione la sua competenza (art. 29 cpv. 1 LTF), rispettivamente l'ammissibilità dei gravami che gli vengono sottoposti (DTF 144 II 184 consid. 1 pag. 186).  
 
1.2. Presentata nei termini (art.100 cpv. 1 LTF) dal destinatario della decisione querelata (art. 89 cpv. 1 LTF), l'impugnativa è ammissibile quale ricorso in materia di diritto pubblico (art. 82 segg. LTF). Siccome chi insorge può di principio appellarsi ai diritti garantiti dall'art. 8 CEDU (RS 0.101), l'art. 83 lett. c n. 2 LTF non trova applicazione; l'esistenza reale di un diritto in tale senso è invece una questione di merito (DTF 144 I 266 consid. 3.8 seg. pag. 277 seg.; sentenze 2C_330/2018 del 27 maggio 2019 consid. 3.1 e 2C_864/2018 del 18 febbraio 2019 consid. 1.2).  
 
1.3. L'art. 30 cpv. 1 lett. b LStr (ora LStrI), in virtù del quale gli era stata accordata un'autorizzazione di soggiorno quale caso personale particolarmente grave, ha solo carattere potestativo e concerne inoltre le deroghe alle condizioni d'ammissione di modo che, contro il diniego pronunciato dalla Corte cantonale, il ricorso ordinario in materia di diritto pubblico non è esperibile (art. 83 lett. c cifre 2 e 5 LTF; sentenza 2C_1074/2019 del 21 gennaio 2020 consid. 1.2 e richiami).  
 
1.4. Per quanto concerne poi i motivi di revoca di cui all'art. 62 lett. c e d LStr (ora art. 62 cpv. 1 lett. c e d LStrI) in relazione all'art. 33 LStr (ora LStrI), rilevati dai giudici cantonali per confermare il diniego dell'autorizzazione di soggiorno e ora contestati dal ricorrente (non essendo dato, secondo lui, il rischio di recidiva esatto dall'art. 80 cpv. 1 OASA), va ricordato che anche l'art. 33 LStrI ha carattere potestativo, ragione per cui sulla sua applicazione (abbinata a quella della prassi "Reneja" evocata dal ricorrente), ai fini della concessione di un permesso di soggiorno, il Tribunale federale non può di conseguenza esprimersi (art. 83 lett. c n. 2 LTF; sentenza 2C_666/2019 dell'8 giugno 2020 consid. 3 e rinvii).  
Infine, non vengono fatte valere e non sono nemmeno ravvisabili d'ufficio norme della legge federale sugli stranieri e la loro integrazione che riconoscano al ricorrente un vero e proprio diritto al rinnovo del permesso di dimora di modo che la fattispecie va esaminata unicamente nell'ottica dell'art. 8 CEDU
 
2.   
Il Tribunale federale applica d'ufficio il diritto federale (art. 106 cpv. 1 LTF); nondimeno, tenuto conto dell'onere di allegazione e motivazione posto dalla legge (art. 42 cpv. 1 e 2 LTF), si confronta di regola solo con le censure sollevate. Esigenze più severe valgono poi in relazione alla violazione di diritti fondamentali, che vanno motivate con precisione (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 133 II 249 consid. 1.4.2 pag. 254). Per quanto riguarda i fatti, esso fonda il suo ragionamento giuridico sull'accertamento svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Può scostarsene se è stato eseguito violando il diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto, ovvero arbitrario. A meno che non ne dia motivo la decisione querelata, condizione il cui adempimento va dimostrato da chi ricorre, il Tribunale federale non tiene neppure conto di fatti o mezzi di prova nuovi, i quali non possono in ogni caso essere posteriori alla pronuncia dell'istanza precedente (art. 99 cpv. 1 LTF; DTF 133 IV 343 consid. 2.1 pag. 343 seg.). 
Dato che il ricorrente non li mette in discussione, con un'argomentazione che ne provi un accertamento arbitrario o altrimenti lesivo del diritto, i fatti che emergono dalla querelata sentenza vincolano il Tribunale federale anche nel caso concreto (art. 105 cpv. 1 LTF). 
 
3.   
 
3.1. Il ricorrente afferma d'intrattenere con il figlio una relazione stretta ed effettivamente vissuta; oltre a vederlo regolarmente, gli verserebbe infatti un contributo alimentare di fr. 700.-- mensili. Ciò sarebbe provato dal contratto per l'obbligo di mantenimento di minori e per il diritto alle relazioni personali sottoscritto il 12 luglio 2010 agli atti nonché dalla dichiarazione spontanea dell'11 maggio 2015 prodotta assieme al gravame esperito al Consiglio di Stato nel quale la sua ex compagna da atto dell'esistenza di diritti di visita quotidiani e del puntuale pagamento degli alimenti. In queste condizioni niente permette di applicare nei suoi confronti l'art. 8 cpv. 2 CEDU, in base al quale gli è stato negato il rinnovo del permesso di dimora. In primo luogo perché il suo comportamento personale non rappresenterebbe una minaccia attuale per l'ordine pubblico rispettivamente non vi sarebbe alcun rischio di recidiva. In seguito perché i suo antecedenti penali non rivestirebbero l'intensità (per quanto riguarda le lesioni semplici e vie di fatto) né la gravità (se si considera che, per la seconda condanna, gli è stata irrogata una pena di 10 mesi sospesi con la condizionale a fronte di un massimo di pena edittale di 10 anni) richiesti per potere applicare il citato disposto. Infine perché adduce che si è dimenticato che i fatti risalgono al 2014 e che da allora ha avuto una condotta esemplare. Aggiunge poi che se dovesse rientrare in Pakistan non avrebbe allora più alcuna concreta possibilità di esercitare il proprio diritto alle relazioni personali con il figlio, non fruendo dei mezzi finanziari necessari per potersi permettere trasferte e visite, senza omettere che mai otterrebbe il necessario visto per potere entrare in Svizzera. Premesse queste considerazioni ritiene che il rinnovo del permesso di dimora negatogli viola l'art. 8 CEDU nonché il principio della proporzionalità.  
 
3.2. Anche in presenza, come nella fattispecie, dell'autorità parentale congiunta su un figlio che risiede in Svizzera in maniera regolare e durevole, il genitore senza custodia può vivere i rapporti familiari solo in maniera limitata, attraverso l'esercizio del diritto di visita. In base alla giurisprudenza relativa all'art. 8 CEDU (rispettivamente all'art. 13 Cost.), un simile diritto può essere normalmente esercitato pure dall'estero, nell'ambito di soggiorni brevi e adattandone se del caso le modalità (DTF 144 I 91 consid. 5.1 pag. 96 seg.; sentenza 2C_455/2018 del 9 settembre 2018 consid. 5.3 con ulteriori rinvii). Un diritto del genitore all'ottenimento di un permesso di soggiorno può invece sussistere se i rapporti con i figli sono particolarmente intensi dal profilo economico ed affettivo, se essi non potrebbero venir mantenuti a causa della distanza del Paese d'origine del genitore e se il comportamento di quest'ultimo in Svizzera è stato irreprensibile (DTF 144 I 91 consid. 5.2 pag. 97 segg. e 140 I 145 consid. 3.2 pag. 147; sentenze 2C_455/2018 del 9 settembre 2018 consid. 5.3 e 2C_165/2014 del 18 luglio 2014 consid. 4.2).  
Nell'ambito della verifica dell'effettivo sussistere o meno delle condizioni citate, bisogna procedere a un apprezzamento complessivo dei differenti interessi in discussione (DTF 144 I 91 consid. 5.2 pag. 97 seg.; sentenza 2C_455/2018 del 9 settembre 2018 consid. 5.3). In questo contesto, le autorità tengono conto degli interessi pubblici e della situazione personale dello straniero, considerando la gravità di quanto gli viene rimproverato, la durata del soggiorno in Svizzera, il grado d'integrazione e il pregiudizio che egli e la sua famiglia subirebbero se la misura venisse confermata (DTF 139 I 31 consid. 2.3.3 pag. 34 seg.; sentenza 2C_1001/2017 del 18 ottobre 2018 consid. 4.3; sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo in re Trabelsi contro Germania del 13 ottobre 2011, n. 41548/06, § 53 segg.). 
 
3.3. Come emerge dalla sentenza contestata, il ricorrente è entrato in Svizzera il 1° settembre 2010, all'età di 37 anni, proveniente dall'Italia ove fruiva, secondo le sue dichiarazioni, di un'autorizzazione di soggiorno. Rammentato che dal 31 agosto 2014, quando cioè è scaduto il suo permesso di dimora, la sua presenza è soltanto tollerata in attesa di un giudizio definitivo sulle sorti di tale permesso, il suo soggiorno nel nostro Paese è quindi da ritenersi di breve durata. Per quanto concerne il rapporto con il figlio, i giudici cantonali hanno osservato che dagli atti di causa risultava che l'insorgente, il quale aveva vissuto con il bambino al più tardi fino all'11 giugno 2014, non aveva indicato come erano stati regolati i loro rapporti dopo la separazione definitiva avvenuta nel febbraio 2015, di modo che non era dato a sapere se esercitava effettivamente un diritto di visita usuale. Per quanto concerne invece l'intensità del legame dal punto di vista economico, i giudici ticinesi hanno osservato che l'interessato non aveva documentato, al di là della dichiarazione rilasciata dalla ex compagna nel maggio 2015 e della convenzione sottoscritta il 12 luglio 2010, la concretezza del suo impegno finanziario, siccome non aveva dimostrato che, dopo la separazione, aveva continuato a versare regolarmente il contributo alimentare pattuito. Con riferimento alla sua integrazione, i giudici ticinesi hanno constatato che questi aveva tenuto un comportamento tutt'altro che irreprensibile. In effetti, anche se aveva regolarmente svolto un'attività lucrativa (dapprima nella ristorazione, poi come tassista) egli era stato condannato a due riprese. E il secondo reato di cui si era macchiato era molto grave siccome toccava uno dei beni giuridici più importanti della nostra società, cioè l'integrità sessuale della persona, e che era stato commesso nei confronti di una persona incapace di discernimento o inetta a resistere, ossia la figlia minorenne della propria compagna. Hanno quindi concluso che l'interessato non si era pienamente integrato. In queste circostanze, anche se un rientro in Patria rendeva le modalità dell'esercizio del diritto di visita più difficoltose, i rapporti potevano essere mantenuti mediante contatti telefonici e scritti, tramite i mezzi di comunicazione multimediali e/o visite, nel caso in cui tornava a vivere in Italia, ove stando alle sue dichiarazioni aveva posseduto un permesso di soggiorno.  
Su questi aspetti, il ricorrente, rinviando ai documenti appena citati (dichiarazione della ex compagna, convenzione sull'obbligo di mantenimento), si limita ad affermare di intrattenere con il figlio una relazione stretta ed effettivamente vissuta e che un rientro in patria lo priverebbe di qualsiasi concreta possibilità di esercitare il proprio diritto alle relazioni personali con il figlio. Egli non si confronta, come invece gli incombeva, con le argomentazioni della Corte cantonale e non prova né documenta che, oltre a esercitare regolarmente il suo diritto di visita, versa sempre con regolarità il contributo alimentare convenuto. Sennonché una tale argomentazione non è all'evidenza sufficiente per giudicare falsa o errata l'opinione della Corte cantonale, la quale merita pertanto conferma. Non risultando inoltre accertati altri impedimenti specifici alla sua partenza, alla luce dell'insieme delle circostanze della fattispecie e nonostante la presenza del figlio nel nostro Paese, la ponderazione degli interessi effettuata dal Tribunale cantonale amministrativo, che ha fatto prevalere l'interesse pubblico all'allontanamento dell'insorgente sull'interesse privato di quest'ultimo a vivere in Svizzera, appare corretta e il principio della proporzionalità rispettato. 
Per quanto precede, nella misura in cui è ammissibile, il ricorso si rivela infondato e come tale va respinto. 
 
4.   
Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF); non vengono assegnate ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
In quanto ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.   
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3.   
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, nonché alla Segreteria di Stato della migrazione SEM. 
 
 
Losanna, 14 settembre 2020 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Seiler 
 
La Cancelliera: Ieronimo Perroud