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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
4A_181/2023  
 
 
Sentenza del 9 settembre 2024  
 
I Corte di diritto civile  
 
Composizione 
Giudici federali Jametti, Presidente, 
Kiss, Pontarolo, Giudice supplente, 
Cancelliere Piatti. 
 
Partecipanti al procedimento 
Comune di X.________, 
rappresentato dal Municipio e 
patrocinato dall'avv. Mario Molo, 
ricorrente, 
 
contro 
 
A.________ SA, 
patrocinata dall'avv. Nicola Urbani, 
opponente. 
 
Oggetto 
contratto di appalto; prescrizione, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 22 febbraio 2023 dalla II Camera civile del Tribunale d'appello del 
Cantone Ticino (12.2022.148). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
Nell'ambito d'un concorso pubblico indetto all'inizio del 2008 per il rifacimento dell'impianto di circolazione e di filtrazione e il risanamento delle vasche nuotatori del lido comunale di X.________, approvato in precedenza dal Consiglio Comunale, il 28 febbraio 2011 il Municipio, in rappresentanza del Comune, dopo averla dapprima aggiudicata al miglior offerente, ha deciso di aggiudicare la relativa commessa al secondo classificato, il Consorzio A.________ SA/B.________ AG. Il 2/23 marzo 2011 il Municipio, sempre in rappresentanza del Comune, e il predetto consorzio hanno sottoscritto un contratto d'appalto, retto dalla norma SIA 118, che prevedeva una mercede forfetaria di fr. 1'656'466.50; le parti hanno pure pattuito, tra l'altro, che " qualora in corso d'opera risultasse superflua la sostituzione dei filtri, l'assuntore potrà utilizzare gli stessi dando le dovute garanzie " e che " la delibera del contratto d'appalto è condizionata alla accettazione del Riepilogo [doc. M]... ", pacificamente avvenuta. 
L'8 luglio 2011, terminata la prima fase dei lavori, A.________ SA ha trasmesso al Comune la sua fattura di fr. 1'099'312.90, che, dedotti gli acconti già incassati, prevedeva un saldo di fr. 399'312.90. Benché il 18 luglio 2011 il Consiglio Comunale avesse imposto di sottoporre alla Commissione della gestione i conti relativi ai lavori eseguiti al lido prima di versare la liquidazione, il Municipio, in rappresentanza del Comune, ha versato l'importo il 20 luglio 2011. 
 
B.  
Ottenute l'autorizzazione a stare in lite e quella ad agire, con petizione 18 maggio 2018 il Comune di X.________ ha convenuto A.________ SA davanti alla Pretura del distretto di Lugano, per ottenerne la condanna al pagamento di fr. 800'000.--, poi ridotti con le conclusioni a fr. 634'653.80 (fr. 378'513.30 per il rimborso di prestazioni asseritamente fatturate ma non eseguite o fatturate in eccesso, fr. 144'320.-- quale risarcimento per il rifacimento della pavimentazione in Vitriturf, fr. 111'820.50 per altri motivi) oltre interessi e spese esecutive, nonché il rigetto in via definitiva, in tale misura, dell'opposizione interposta al precetto esecutivo n. 2315253 dell'Ufficio esecuzione di Lugano. La convenuta si è opposta alla petizione e con domanda riconvenzionale 22 agosto 2018 ha chiesto la condanna dell'attore al pagamento di fr. 12'202.60 oltre interessi, per due interventi a regia da lei eseguiti. 
 
Con decisione 12 settembre 2022 il Pretore ha parzialmente accolto la petizione e condannato la convenuta al pagamento di fr. 553'114.30 oltre interessi e spese esecutive, ha rigettato in tale misura l'opposizione al precetto esecutivo della debitrice, e allo stesso tempo ha respinto la domanda riconvenzionale. 
 
C.  
Con appello del 19 ottobre 2022 la convenuta ha chiesto, in riforma del giudizio del Pretore, di respingere la petizione e di accogliere la sua domanda riconvenzionale. L'attore ne ha proposto il rigetto con risposta del 30 dicembre 2022. Statuendo il 22 febbraio 2023 la II Camera civile del Tribunale di appello del Cantone Ticino, in parziale accoglimento del rimedio, ha riformato il giudizio del Pretore respingendo la petizione e ha in sostanza accolto la domanda riconvenzionale, rivedendo di conseguenza le spese giudiziarie di prima istanza. Secondo la Corte cantonale la pretesa fatta valere dall'attrice per dei pagamenti volontari - ma erronei - eseguiti conformemente a un contratto di appalto era retta dalle norme sull'indebito arricchimento e si prescriveva nel termine di un anno (art. 67 cpv. 1 vCO); in concreto, il Comune sapeva del suo diritto di ripetizione dall'11 luglio 2013 e dal 21 febbraio 2014, e gli atti interruttivi attivati dall'ente pubblico nel dicembre del 2015 non avevano validamente interrotto la prescrizione. Riguardo ai lavori di rifacimento della pavimentazione, l'ente pubblico non aveva provato il minor valore dell'opera difettosa. Infine, in merito alla pretesa riconvenzionale il Comune aveva dichiarato di sospendere il pagamento delle fatture della convenuta fino al termine d'una procedura penale e ciò aveva interrotto la decorrenza della prescrizione; infine, quelle fatture non erano state validamente contestate, onde l'accoglimento della domanda riconvenzionale. 
 
D.  
Con ricorso in materia civile del 28 marzo 2023 il Comune di X.________ è insorto al Tribunale federale contro la sentenza della Corte cantonale, chiedendone - previa concessione dell'effetto sospensivo al gravame - la riforma nel senso di annullare la sentenza impugnata e di rinviare gli atti all'autorità inferiore "per la continuazione della procedura ai sensi dei considerandi". 
Con risposta del 22 maggio 2023 l'opponente ha proposto il rigetto del gravame. La Corte cantonale non ha presentato osservazioni. 
Con decreto del 24 maggio 2023 la Presidente della Corte adita ha respinto l'istanza di conferimento dell'effetto sospensivo. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Il ricorso in materia civile è presentato tempestivamente (art. 100 cpv. 1 LTF) da una parte soccombente nella procedura cantonale (art. 76 cpv. 1 lett. a LTF) ed è volto contro una sentenza finale (art. 90 LTF) emanata su ricorso dall'autorità ticinese di ultima istanza (art. 75 LTF) in una causa civile (art. 72 cpv. 1 LTF) con un valore litigioso superiore a fr. 30'000.-- (art. 74 cpv. 1 lett. b LTF). Sotto questo profilo il ricorso è ricevibile.  
 
1.2. Secondo l'art. 42 cpv. 1 LTF, il ricorso inviato al Tribunale federale deve contenere, tra l'altro, delle conclusioni. Poiché il ricorso in materia civile è un rimedio di carattere riformatorio (art. 107 cpv. 2 LTF), il ricorrente non può limitarsi a chiedere l'annullamento della decisione impugnata: deve, al contrario, formulare conclusioni riformatorie, pena l'inammissibilità del suo gravame. Quando l'azione tende al pagamento di una somma di denaro, le conclusioni della parte ricorrente devono tassativamente essere cifrate, altrimenti il ricorso è inammissibile (DTF 143 III 111 consid. 1.2; 134 III 235 consid. 2). Tale condizione è soddisfatta se le conclusioni, lette nell'ottica della motivazione e nel rispetto del principio della buona fede, permettono una determinazione precisa dell'importo richiesto, sebbene esso non sia esposto in modo esplicito (DTF 137 II 313 consid. 1.3; 136 V 131 consid. 1.2). Una conclusione cassatoria (semplice domanda di annullamento della decisione impugnata o richiesta di rinvio della causa all'autorità inferiore per nuova decisione) è eccezionalmente ammissibile, quando il Tribunale federale, in caso di accoglimento del ricorso, non potrebbe statuire sul merito del litigio perché mancano i necessari accertamenti di fatto, ma dovrebbe rinviare la causa all'autorità inferiore (DTF 134 III 379 consid. 1.3; 133 III 489 consid. 3.1).  
 
1.2.1. Nella fattispecie il ricorrente postula l'annullamento della decisione impugnata con rinvio degli atti alla Corte cantonale " per la continuazione della procedura ai sensi dei considerandi ". In questa sede sono ancora litigiose le pretese del ricorrente volte alla rifusione di quanto pagato per prestazioni asseritamente fatturate ma non eseguite o fatturate in eccesso e del minor valore dei lavori di pavimentazione in Vitriturf, e la pretesa riconvenzionale, tutte di natura pecuniaria. La domanda cassatoria del ricorrente non mira a ottenere una modifica del giudizio impugnato e appare di dubbia ammissibilità. Dalla motivazione del gravame, però, si comprende che l'ente pubblico chiede da un lato di modificare la sentenza impugnata nel senso di respingere l'eccezione di prescrizione in relazione alla pretesa dipendente dai pagamenti eccessivi e di rinviare l'incarto alla Corte di appello per l'esame degli altri presupposti contestati dall'opponente, e dall'altro di respingere l'azione riconvenzionale. Riguardo a tali due pretese, dunque, nulla osta a una trattazione del rimedio.  
 
1.2.2. La domanda cassatoria vale anche per il giudizio concernente l'eventuale minor valore dei lavori di rifacimento della pavimentazione in Vitriturf; una pretesa, questa, che non è prescritta (cfr. sentenza impugnata, pag. 10 consid. 7). Tale richiesta è autonoma rispetto a quella volta alla restituzione di importi versati per prestazioni fatturate ma non eseguite o fatturate in eccesso. Nel suo rimedio il ricorrente non spiega come in proposito il giudizio impugnato sia da riformare, ma si limita a descrivere i difetti rilevati dal perito e a sostenere l'obbligo dell'opponente di risarcirgli il danno pari al costo di rifacimento della pavimentazione, e questo anche in virtù delle omissioni quale incaricato della direzione dei lavori, senza però formulare una precisa richiesta cifrata e senza pretendere che al riguardo sia possibile solo una conclusione cassatoria. In condizioni del genere, il ricorso appare inammissibile, poiché manca una chiara conclusione riformativa senza che siano adempiuti i presupposti che abilitano il Tribunale federale a rinunciare a tale esigenza. Ma anche a volerlo esaminare, come si dirà fra breve (cfr. consid. 5), il ricorso sarebbe destinato all'insuccesso.  
 
2.  
 
2.1. Il Tribunale federale applica d'ufficio il diritto federale (art. 106 cpv. 1 LTF). Tuttavia, tenuto conto dell'onere di allegazione e motivazione imposto dall'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, di regola considera solo gli argomenti proposti nell'atto di ricorso, fatti salvi i casi di errori giuridici manifesti (DTF 140 III 86 consid. 2). Giusta l'art. 42 cpv. 2 LTF nei motivi del ricorso occorre spiegare in modo conciso perché l'atto impugnato viola il diritto. Un ricorso non sufficientemente motivato è inammissibile (DTF 143 II 283 consid. 1.2.2; 142 III 364 consid. 2.4). Per soddisfare le esigenze di motivazione, il ricorrente deve confrontarsi con l'argomentazione della sentenza impugnata e spiegare in cosa consista la violazione del diritto. Egli non può limitarsi a ribadire le posizioni giuridiche assunte durante la procedura cantonale, ma deve criticare i considerandi del giudizio attaccato che ritiene lesivi del diritto (sentenza 4A_273/2012 del 30 ottobre 2012 consid. 2.1, non pubblicato in DTF 138 III 620).  
 
 
2.2. Il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sugli accertamenti di fatto svolti dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF), che sono vincolanti. A questi appartengono sia le constatazioni concernenti le circostanze relative all'oggetto del litigio sia quelle riguardanti lo svolgimento della procedura innanzi all'autorità inferiore e in prima istanza, vale a dire gli accertamenti che attengono ai fatti procedurali (DTF 140 III 16 consid. 1.3.1, con riferimenti). Il Tribunale federale può unicamente rettificare o completare l'accertamento dei fatti dell'autorità inferiore, se esso è manifestamente inesatto o risulta da una violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF (art. 105 cpv. 2 LTF). "Manifestamente inesatto" significa in questo ambito "arbitrario" (DTF 149 II 337 consid. 2.3; 147 V 35 consid. 4.2; 140 III 115 consid. 2). La parte che critica la fattispecie accertata nella sentenza impugnata deve sollevare la censura e motivarla in modo preciso, come esige l'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 147 V 73 consid. 4.1.2; 140 III 264 consid. 2.3, con rinvii). Essa deve spiegare in maniera chiara e circostanziata in che modo queste condizioni sarebbero soddisfatte (DTF 149 II 337 consid. 2.3; 140 III 16 consid. 1.3.1, con rinvii). Se vuole completare la fattispecie deve dimostrare, con precisi rinvii agli atti della causa, di aver già presentato alle istanze inferiori, rispettando le regole della procedura, i relativi fatti giuridicamente pertinenti e le prove adeguate (DTF 140 III 86 consid. 2). Se la critica non soddisfa queste esigenze, le allegazioni relative a una fattispecie, che si scosta da quella accertata, non possono essere considerate (DTF 149 II 337 consid. 2.3; 140 III 16 consid. 1.3.1). L'eliminazione del vizio deve inoltre poter essere determinante per l'esito del procedimento (art. 97 cpv. 1 LTF).  
Nella sintesi introduttiva del rimedio, il ricorrente descrive liberamente i fatti di causa e quelli processuali; quindi egli sviluppa le sue censure in quattro capitoli intitolati " Fase istruttoria e dibattimentale di prima istanza ", " Decisione del 12 settembre 2022 del Pretore del Distretto di Lugano ", " Comparse scritte delle parti nella procedura di appello ", e " Decisione impugnata " (per le critiche riguardanti la pretesa per minor valore egli ne inserisce pure uno dedicato al " Referto peritale del 26 febbraio 2021"). Nei primi tre capitoli di ogni censura e in quello dedicato alla perizia del 26 febbraio 2021 il ricorrente riassume a suo modo gli allegati introduttivi, il noto referto del febbraio 2021, le conclusioni delle parti, la sentenza del Pretore e l'appello e la risposta all'appello, senza confrontarsi minimamente con il giudizio impugnato. Egli non sostiene, né spiega perché i fatti accertati dalla Corte di appello siano arbitrari, né presenta delle critiche mirate e puntuali al giudizio impugnato. In seguito, non si terrà perciò conto di tali argomenti. 
 
3.  
Il ricorrente fa anzitutto valere l'esistenza di un contratto di mandato (direzione dei lavori) tra le parti. 
 
3.1. La Corte cantonale ha negato la sussistenza di un mandato tra le parti, perché il Comune non aveva allegato i fatti a suffragio della stessa, e perché non vi era la prova di un incarico di direzione lavori affidato alla convenuta; compito, questo, che se mai era stato affidato all'ing. C.________, attivo al momento della firma del contratto di appalto, quale tecnico comunale.  
 
3.2. Il ricorrente rimprovera alla Corte di appello di aver violato l'art. 311 CPC. Assevera che il Pretore avrebbe considerato il mandato di direzione lavori all'opponente - la quale non avrebbe contestato alcunché in proposito negli allegati introduttivi, né avrebbe tematizzato tale circostanza nel suo appello - e che pertanto l'insorgente non avrebbe avuto motivo per diffondersi su tale questione davanti alla Corte di appello. Egli ricorda poi le conseguenze della mancata presentazione d'una risposta all'appello, e aggiunge che l'opponente avrebbe fatturato quel tipo di prestazioni e sollevato l'eccezione di prescrizione limitatamente al rimborso della mercede corrisposta in eccedenza per tutti i difetti dell'opera non contemplati nel doc. DD1, e che neppure davanti al Tribunale di appello l'impresa avrebbe contestato l'incarico di direzione lavori. Il Pretore, prosegue, avrebbe accertato che i " rimborsi postulati dall'attrice interessano tanto la fatturazione dei lavori retti dal contratto di appalto quanto quelli degli onorari di progettazione e direzione dei lavori fatturati nel doc. T ". Inoltre, davanti al Pretore il Comune avrebbe indicato, senza che la controparte contestasse tale circostanza, che quest'ultima avesse funto da direzione lavori, e avrebbe argomentato più volte che essa avrebbe dovuto risarcire quale direzione lavori il danno pari " agli importi sovrafatturati e al minor valore dell'opera cagionati dai vari difetti notificati " e che in ogni caso vi sarebbe stata una gestione d'affari senza mandato.  
 
3.2.1. Anzitutto, giova premettere che, a meno che la violazione della legge non sia manifesta, il tribunale cantonale si limita di principio a vagliare le censure che le parti sollevano contro la motivazione della prima sentenza nell'appello e nella risposta allo stesso. Sono le critiche delle parti a costituire il quadro dell'esame del tribunale cantonale; la sentenza impugnata deve, di principio, essere esaminata solo sui punti così messi in discussione (cfr. sentenza 4A_69/2021 del 21 settembre 2021 consid. 5.1, con rinvii).  
 
3.2.2. In concreto, nella misura in cui il ricorrente non fonda il suo gravame su critiche riguardanti l'esistenza di un mandato contenute nell'appello o nella sua risposta all'appello, le doglianze appaiono infruttuose. Al ricorrente, poi, non giova accennare al giudizio del Pretore, visto che oggetto di impugnazione può essere solo la sentenza della massima autorità cantonale (art. 75 LTF). Né egli può validamente completare la fattispecie e i fatti processuali, ad es. invocando il mandato di direzione lavori affidato all'opponente, l'eccezione di prescrizione a suo avviso limitata al rimborso della mercede corrisposta in eccedenza per i difetti dell'opera non contemplati nel doc. DD1, la mancata contestazione dell'esistenza di un mandato di direzione dei lavori o la presenza d'una gestione d'affari senza mandato. L'insorgente, infatti, non spiega con precisi rinvii agli atti della causa, di aver già presentato alle istanze inferiori (in particolare alla Corte di appello), rispettando le regole della procedura, i relativi fatti giuridicamente pertinenti e le prove adeguate riguardo all'esistenza di un contratto di mandato (cfr. sopra, consid. 2.2). Al riguardo, pertanto, le censure sono irricevibili.  
In quanto motivate su fatti inammissibili, le invocate violazioni degli art. 55, 150 cpv. 1 e 153 cpv. 1 CPC vedono così la loro sorte segnata. 
 
4.  
Il ricorrente rimprovera alla Corte cantonale di aver applicato a torto l'art. 67 vCO alla sua pretesa di restituzione. 
 
4.1. Le pretese di restituzione, al pari di tutte le altre, possono sorgere per contratto, per atto illecito o per arricchimento indebito e si prescrivono con termini diversi a dipendenza di tale loro origine. La prestazione effettuata in adempimento di un contratto, che ne costituisce quindi il fondamento giuridico, non può essere costitutiva di arricchimento indebito, ovvero priva di causa. Tuttavia, il solo fatto che una prestazione sia stata effettuata in un contesto contrattuale non significa necessariamente che tale sia anche il suo fondamento. La restituzione di prestazioni effettuate in forza di contratti decaduti per vizio di volontà o di forma oppure a causa di una condizione sospensiva non verificatasi si fonda sulle regole dell'indebito arricchimento; se invece il contratto è sorto validamente, ma è invalidato successivamente, ad es. per recesso consecutivo all'inadempimento, la restituzione delle pretese è retta dalle regole contrattuali (sentenza 4A_224/2012 del 3 dicembre 2012 consid. 5.2). Hanno natura contrattuale anche le pretese volte alla restituzione della pigione basata su un difetto della cosa locata (DTF 130 III 504 consid. 6.3) o alla restituzione di acconti dovuti in base a un contratto e pagati di troppo (DTF 126 II 119 consid. 3d). Invece, chi paga per sbaglio delle prestazioni nell'ambito di un contratto o chi esegue una prestazione superiore a quanto doveva sulla base dei propri obblighi contrattuali, può esigerne la restituzione solo in virtù del diritto dell'arricchimento indebito (DTF 130 III 504 consid. 6.2; 127 III 421 consid. 3c/bb).  
Conformemente all'art. 67 cpv. 1 vCO in vigore fino al 31 dicembre 2019 l'azione di indebito arricchimento si prescriveva in un anno dal giorno in cui il danneggiato aveva avuto conoscenza del suo diritto di ripetizione. 
 
4.2. Secondo la Corte di appello la pretesa fatta valere dal Comune per dei pagamenti volontari - ma erronei - eseguiti in base a un contratto si prescriveva nel termine di un anno (art. 67 cpv. 1 vCO) ed era in concreto prescritta, poiché l'ente pubblico sapeva del suo diritto di ripetizione dall'11 luglio 2013 e dal 21 febbraio 2014, e gli atti interruttivi da lui attivati dal 17 dicembre 2015 in poi non gli erano di soccorso. A prescindere dal fatto che si trattava di circostanze addotte solo con le conclusioni o con la risposta all'appello, la tesi dell'ente pubblico secondo cui egli avrebbe avuto contezza delle sue pretese solo dopo l'emissione del decreto di abbandono, non era credibile: il Comune, infatti, era accusatore privato nel procedimento penale avviato contro l'ex sindaco e sapeva delle note perizie almeno dal 28 gennaio 2014, quando il Procuratore pubblico aveva informato il suo patrocinatore di una richiesta di proroga del termine per l'allestimento della seconda perizia presentata da un esperto.  
In merito a un'applicazione del termine di prescrizione più lungo (7 anni) stabilito dal diritto penale (art. 60 cpv. 2 CO), la Corte di appello ha in particolare rimproverato al Comune d'aver solo invocato il contenuto degli art. 26, 146, 158, 312 e 314 CP e la relativa giurisprudenza, senza recare valide prove sulla sussistenza di quei reati e in particolare del fatto che l'ex sindaco avesse agito intenzionalmente e che la convenuta, tramite un suo organo, avesse compiuto a quell'epoca altri reati penali (art. 146 o 158 CP) o fosse complice dell'ex sindaco. 
 
4.3. Il ricorrente biasima la Corte cantonale di aver applicato erroneamente l'art. 311 CPC. Fa valere che la " sovrafatturazione " delle opere da parte dell'opponente costitutiva una truffa, che essa avrebbe agito astutamente e in modo consapevole, e che quale mandataria avrebbe avuto un ruolo di garante. A suo dire l'opponente dovrebbe risarcire il danno provocato quale direzione lavori, la relativa pretesa sarebbe retta dall'art. 127 CO, e la Corte di appello avrebbe violato gli art. 8 CC e 67 cpv. 1 vCO, poiché l'opponente non avrebbe allegato quando il danneggiato avrebbe saputo del diritto di ripetizione, benché gravato dall'onere della prova. L'opponente e il Pretore, soggiunge, non avrebbero comunque reputato tardivi i fatti sulla sua conoscenza del danno solo dalla ricezione del decreto di abbandono nel dicembre del 2015 da lui allegati nelle conclusioni. Perciò la Corte cantonale non poteva distanziarsene, a meno di notevoli dubbi. Infine, per il ricorrente le prove agli atti non permetterebbero di confermare una sua conoscenza del contenuto delle due perizie penali alla data del loro allestimento.  
 
4.3.1. Per prima cosa si precisa che tutte le critiche del ricorrente basate sull'esistenza di un mandato per prestazioni da direzione lavori con la ditta opponente sono infruttuose, perché egli non ha confutato l'accertamento della Corte di appello secondo cui un rapporto contrattuale di quel tipo non è dimostrato (cfr. sopra, consid. 3.2.2).  
 
4.3.2. Il ricorrente rimprovera alla Corte cantonale un'errata applicazione dell'art. 311 CPC, poiché la sovra fatturazione delle opere eseguite sarebbe stata accertata da due perizie giudiziarie, perché l'opponente avrebbe agito astutamente, grazie anche alla committenza (che non avrebbe verificato le fatture visto il rapporto personale tra ex sindaco e opponente), e in modo consapevole e - quale mandatario - avrebbe avuto un ruolo di garante e dovrebbe perciò rifondere l'ammontare dell'infedeltà di complessivi fr. 408'794.30, e perché l'ex sindaco avrebbe commesso un abuso di autorità.  
Simili censure non reggono. Il ricorrente, infatti, non si confronta con il giudizio impugnato laddove gli rimprovera di non aver dimostrato l'esistenza degli asseriti reati commessi dall'ex sindaco o da un organo dell'opponente, salvo richiamare una testimonianza, reputata però inadeguata dai giudici ticinesi. Altrimenti, invano egli allude al ruolo di garante dell'opponente quale mandataria, circostanza non accertata in concreto. E laddove accenna al comportamento astuto dell'opponente grazie anche alla committenza, che non avrebbe verificato le fatture visto il rapporto personale tra sindaco e opponente, e all'abuso di autorità commesso dall'ex sindaco, formula delle critiche appellatorie inidonee a evidenziare un arbitrio nell'accertamento dei fatti operato dalla Corte cantonale. 
 
4.3.3. Riguardo al rispetto del termine di prescrizione di un anno, il ricorrente fa valere una violazione degli art. 8 CC e art. 67 cpv. 1 vCO.  
 
4.3.3.1. Laddove si duole del fatto che l'opponente non avrebbe eccepito la tardività delle allegazioni - contenute nelle conclusioni - sulla sua conoscenza del danno dalla ricezione del decreto di abbandono nel dicembre del 2015, il ricorrente non si confronta in modo compiuto con il giudizio impugnato, che ha reputato tardive le allegazioni contenute nella memoria scritta conclusiva (art. 229 CPC e contrario). Non spiega, in particolare, perché i giudici ticinesi dovevano considerare ammissibili dei fatti addotti per la prima volta solo con le conclusioni. Insufficientemente motivata, la critica è inammissibile. Né giova al ricorrente evocare il giudizio del Pretore, oggetto di impugnazione essendo solo quello della Corte di appello (art. 75 LTF).  
 
4.3.3.2. Per quel che è della conoscenza del diritto di ripetizione della fattura da lui saldata il 20 luglio 2011, la Corte cantonale ha accertato che il Comune ne era consapevole dall'11 luglio 2013 e dal 21 febbraio 2014, date di emissione delle perizie penali. Il ricorrente obietta di non aver allestito la domanda di esecuzione in base alla perizia penale e al decreto di abbandono, di aver solo allegato che il termine di un anno sarebbe cominciato a decorrere dalla notifica di quel decreto, e che le risultanze (inclusa l'istanza di proroga del termine per l'allestimento del secondo referto, trasmessa al suo legale dalla Procuratrice pubblica) non permetterebbero di accertare quando avrebbe avuto conoscenza delle perizie penali.  
Tali censure ricorsuali non convincono. Come accertato dalla Corte di appello senza essere stata da lui smentita, il Comune si era costituito accusatore privato nel procedimento penale ed era assistito da un avvocato, al quale il 28 gennaio 2014 la procura aveva comunicato un'istanza di proroga presentata dal perito per allestire la seconda perizia. Che non si sappia con precisione quando il Comune ha ricevuto tali referti, potrà anche essere. L'ente pubblico, tuttavia, era parte in quel procedimento penale quale accusatore privato (art. 104 cpv. 1 lett. b CPP), e il Procuratore pubblico l'aveva informato non solo della predetta proroga, ma anche delle perizie stesse, affinché potesse pronunciarsi in merito (art. 188 CPP). Ciò è peraltro confermato dal complemento peritale prodotto dal ricorrente nella causa civile a comprova del "quadro di sovrafatturazione" (cfr. sentenza impugnata, consid. 6.1.2.1), in cui l'esperto ha evaso i quesiti di complemento peritali formulati dal patrocinatore del Comune e a lui sottoposti dalla procura il 26 novembre 2013. In simili condizioni, l'accertamento del Tribunale di appello secondo cui l'ente pubblico non aveva appreso del contenuto delle due perizie penali in un'epoca successiva alla data del loro allestimento non è insostenibile. 
 
4.3.3.3. Da quanto precede, la sentenza impugnata resiste alla critica con riferimento alla conoscenza del Comune del suo diritto di ripetizione alla data di allestimento delle perizie penali. Non occorre dunque verificare se il contenuto di quelle perizie fosse di pubblico dominio. In estremi del genere è altresì inconferente il richiamo all'art. 8 CC: se il giudice si convince che un'affermazione è stata provata (o smentita) in base a un apprezzamento delle prove assunte, ogni discussione vertente sulla messa a carico dell'onere della prova diviene difatti senza oggetto (DTF 141 III 241 consid. 3.2).  
 
5.  
Il ricorrente afferma che i giudici ticinesi avrebbero applicato erroneamente l'art. 8 CC in relazione alla determinazione del minor valore della pavimentazione difettosa. 
 
5.1. La Corte di appello ha concluso che l'ente pubblico non aveva dimostrato il minor valore dei lavori di rifacimento della pavimentazione, da lui reputati difettosi. Al perito, infatti, nessuno aveva chiesto di cifrarlo, né di stabilire il costo di riparazione dell'opera difettosa che egli non aveva determinato. L'esperto non aveva neanche accertato che l'opera eseguita non fosse risanabile, né inutilizzabile, né che l'unica soluzione possibile fosse il suo rifacimento ex novo. Pertanto, non si poteva concludere che il minor valore dell'opera difettosa, che si presume corrispondere al suo costo di riparazione, equivalesse al costo di rifacimento delle opere calcolato dal perito giudiziario.  
 
5.2. Secondo il ricorrente la Corte cantonale avrebbe operato accertamenti arbitrari sul minor valore della pavimentazione in Vitriturf. Il perito, assevera, avrebbe cifrato il costo dell'eliminazione dei difetti dell'opera, e perciò spettava all'opponente assumersi le conseguenze dell'assenza di un minor valore divergente; anche se nessuno aveva chiesto al perito di determinare il minor valore dell'opera difettosa, costui avrebbe stimato il costo di riparazione di tutti i difetti della pavimentazione da lui rilevati (risposte ai quesiti da n. 8 a 12). Per il calcolo del minor valore e dei costi di riparazione dei difetti sarebbe decisivo lo stato dell'opera al momento della sua consegna ed eventuali riparazioni intervenute nel frattempo sarebbero irrilevanti. In concreto, aggiunge, il perito avrebbe accertato vari difetti, ad es. cedimenti della superficie della pavimentazione fra i blocchi n. 5 e 6, abbassamenti della superficie pavimentata e apertura di un giunto in prossimità dell'angolo sud-est, abbassamenti in diversi punti della superficie di pavimentazione in Vitriturf delle piscine e delle docce con crepe e giunti aperti, pavimentazione non a regola d'arte specie a livello di preparazione e idoneità del supporto, pavimentazione monostrato e non a due strati; e per quest'ultimo le cause principali dei difetti sarebbero la qualità difettosa del sottofondo e lo spessore incostante dello strato di Vitriturf. Per rimuovere i difetti, sarebbe così indispensabile eliminare le cause, talché il costo di riparazione non sarebbe da intendersi come quello di un rifacimento ex novo, ma come il costo di eliminazione dei difetti, a maggior ragione ove non vi sarebbero altri possibili interventi idonei a eliminarli in modo definitivo.  
 
5.2.1. Ora, laddove fa valere che il perito avrebbe quantificato il costo dell'eliminazione dei difetti dell'opera e che spettava così all'opponente assumersi le conseguenze dell'assenza di un minor valore divergente, l'insorgente sorvola sul fatto che il perito non ha quantificato il minor valore derivante dalla difettosità della pavimentazione in Vitriturf, bensì i costi di rifacimento "della pavimentazione comprensiva del sottofondo" e di posa di "un rivestimento monostrato (sistema VMS) dello spessore di 12 mm, il tutto previa rimozione e sgombero della pavimentazione esistente" (sentenza impugnata, consid. 7.1.2). Il ricorrente, dunque, non può essere seguito laddove sostiene che il perito avrebbe quantificato il costo di riparazione di tutti i difetti della pavimentazione da lui rilevati (ad es. ribassamento della superficie della pavimentazione fra i blocchi n. 5 e 6, difetti della superficie pavimentata in prossimità dell'angolo sud-est, danni apparenti alla superficie di pavimentazione in Vitriturf attorno alle piscine e alle docce, pavimentazione non a regola d'arte, pavimentazione monostrato e non a due strati ecc.), rispondendo ai quesiti da n. 8 a 12, poiché le stime dell'esperto indicavano solo i costi di rifacimento ex novo della pavimentazione, e non quelli di risanamento dell'opera difettosa. È bene ricordare che nella fattispecie l'opera in sé non era risultata del tutto inservibile, anzi: secondo la Corte cantonale essa era "stata utilizzata regolarmente". A ragione, in definitiva, essa non poteva concludere che nella fattispecie il minor valore dell'opera difettosa, che è presunto corrispondere al costo di riparazione della stessa, equivalesse al costo di rifacimento stimato dal perito giudiziario (cfr. sentenza impugnata, consid. 7.1.2).  
 
5.2.2. Altrimenti non giova al ricorrente sostenere che le cause principali dei difetti stabilite dal perito fossero la qualità difettosa del sottofondo e lo spessore incostante dello strato di Vitriturf, giacché il perito non ha accertato i costi di risanamento della struttura esistente utilizzata da anni e tuttora utilizzabile, ma difettosa, bensì il rifacimento ex novo della stessa. Il Comune opina che non vi sarebbero altri possibili interventi idonei a eliminare i difetti in modo effettivo e definitivo. L'esperto, tuttavia, non ha accertato che l'unica soluzione possibile fosse quella del rifacimento totale della pavimentazione "previa rimozione e sgombero" di quella esistente.  
 
5.3. Invano, infine, l'insorgente fa valere che l'opponente dovrebbe risarcire al ricorrente il danno corrispondente al costo di rifacimento della pavimentazione anche per le sue omissioni in qualità di direzione lavori, giacché un contratto di mandato in tal senso non è accertato (cfr. sopra, consid. 3.2.2). Anche al riguardo il rimedio è vano.  
 
6.  
Con riferimento all'azione riconvenzionale, il ricorrente biasima la Corte cantonale per aver considerato quale valido atto interruttivo della prescrizione la sua decisione formale del 21 novembre 2014, con cui ha sospeso il pagamento delle fatture. 
 
6.1. Il Tribunale di appello ha accertato che il Comune aveva dichiarato di tenere in sospeso il pagamento delle fatture fino al termine della procedura penale in essere e che quell'atto interrompeva il decorso della prescrizione, poiché valeva in sostanza quale domanda di proroga di pagamento incondizionata del debitore rispettivamente accordo di dilazione di pagamento. Rilevato altresì che le fatture della convenuta non erano mai state contestate, la Corte cantonale ha accolto l'azione riconvenzionale.  
 
6.2. Il ricorrente fa valere che con la decisione formale del 21 novembre 2014 non avrebbe deciso di posticipare il pagamento (né di riconoscere il debito) e che quella decisione non costituiva così un atto interruttivo. A suo avviso non s'era neanche perfezionato un accordo di dilazione di pagamento e il Comune non aveva agito abusivamente. L'ente pubblico non avrebbe neppure accettato tacitamente le somme a suo tempo fatturategli, che invece erano da intendersi siccome contestate.  
 
6.2.1. A torto il ricorrente sostiene che con la decisione formale del 21 novembre 2014 non avrebbe deciso di posticipare il pagamento, né di riconoscere il debito: contrariamente a quanto da lui asserito, infatti, nella decisione in parola non vi è alcun cenno a una sua volontà di " ritornare ( nachzugehen) sulla questione in un secondo tempo", dopo la conclusione del procedimento penale contro il sindaco, né egli pretende che ciò emerga da altre prove, che nemmeno menziona. In verità, come accertato dai giudici cantonali, quella decisione di " tenere in sospeso il pagamento della fattura " fino al termine della procedura penale era incondizionata e, visto che era specificatamente destinata all'opponente e riguardava le sue " fatture sospese ", è assimilabile a una richiesta di un debitore di differire il pagamento senza alcuna riserva e configura un atto interruttivo della prescrizione (sull'effetto interruttivo d'un accordo di dilazione, cfr. DTF 89 II 26 consid. 3; 65 II 232; su quello d'una domanda di dilazione incondizionata, cfr. ROBERT K. DÄPPEN, in Basler Kommentar, Obligationenrecht I, 7a ed. 2020, n. 3 ad art. 135 CO; ISABELLE WILDHABER / SEVDA DEDE, Berner Kommentar, n. 38 ad art. 135 CO; STEPHEN BERTI, Zürcher Kommentar, n. 37 ad art. 135 CO). In proposito, pertanto, il ricorso è destinato all'insuccesso.  
 
6.2.2. Il ricorrente contesta l'accertamento della Corte cantonale secondo cui l'opponente avrebbe accettato implicitamente la domanda di differimento del pagamento in narrativa, sostenendo che una simile domanda presupporrebbe un riconoscimento di debito e che la sua decisione del 21 novembre 2014 non era una proposta, ma una decisione unilaterale. Si tratta, però, di critiche appellatorie che non evidenziano alcun arbitrio negli accertamenti della Corte cantonale riguardo al carattere di domanda di dilazione di pagamento incondizionata accettata per atti concludenti dall'opponente. A ragione, dunque, la Corte di appello ha ammesso il carattere interruttivo della decisione del 21 novembre 2014. Non occorre perciò verificare l'eventuale carattere abusivo dell'eccezione di prescrizione sollevata dal ricorrente.  
 
6.2.3. L'insorgente afferma di non aver approvato in modo tacito le fatture dell'opponente, che anzi egli aveva contestato. Come rilevato dalla Corte cantonale, però, il ricorrente non aveva mai eccepito alcunché in proposito, benché esse indicassero in modo dettagliato le prestazioni svolte e un termine di contestazione di 10 giorni. Il Comune, poi, sul contenuto delle stesse non aveva formulato riserve con la decisione del 21 novembre 2014, non le aveva ridiscusse dopo il decreto di abbandono contro l'ex sindaco nel dicembre del 2015, e nemmeno dopo il sollecito del 21 settembre 2016. Ha eccepito qualcosa solo il 22 agosto 2018 con la risposta riconvenzionale, cioè quasi sette/otto anni dopo l'invio di quelle fatture. In circostanze simili, ben poteva la Corte di appello ammettere un'accettazione tacita delle fatture il 14 ottobre 2011 e il 19 settembre 2012 e che la contestazione presentata solo nella procedura giudiziaria a tanti anni dalla loro ricezione non fosse più tutelabile (cfr. sentenza 4C.348/2005 del 27 febbraio 2006 consid. 7.2).  
 
7.  
Da quanto precede, segue che il gravame, in quanto ammissibile, si palesa infondato e come tale va respinto. Le spese giudiziarie e le ripetibili seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 e 68 cpv. 2 LTF), l'art. 66 cpv. 4 LTF non essendo in concreto applicabile, poiché il Comune agisce in quanto toccato nei suoi interessi patrimoniali (cfr. DTF 136 I 39 consid. 8.1.4). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 8'500.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3.  
Il ricorrente verserà all'opponente la somma di fr. 9'500.-- a titolo di ripetibili per la procedura davanti al Tribunale federale. 
 
 
4.  
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 9 settembre 2024 
 
In nome della I Corte di diritto civile 
del Tribunale federale svizzero 
 
La Presidente: Jametti 
 
Il Cancelliere: Piatti