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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
2C_151/2023  
 
 
Sentenza del 9 dicembre 2024  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Aubry Girardin, Presidente, 
Donzallaz, Ryter, 
Cancelliera Ieronimo Perroud. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Yasar Ravi, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, Sezione della popolazione, 6501 Bellinzona, 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6501 Bellinzona. 
 
Oggetto 
Permesso di dimora UE/AELS, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 1° febbraio 2023 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2021.343). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
 
A.a. Dopo aver beneficiato di un permesso per frontalieri UE/AELS, dall'aprile 2009 al dicembre 2011 e, di nuovo, tra il novembre 2014 e il marzo 2018, il 14 novembre 2018 A.________, cittadino italiano, ha chiesto alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino il rilascio di un permesso di dimora UE/AELS per lavorare in Svizzera. Al contempo, ha iniziato a convivere con B.________, di nazionalità svizzera, con la quale si è unito in matrimonio il 22 giugno 2019.  
 
A.b. Nel corso degli anni, A.________ ha interessato le autorità penali svizzere e italiane nei seguenti termini:  
 
- 8 giugno 2009: decreto d'accusa (di seguito: DA) del Ministero pubblico del Cantone Ticino, che prevede una pena pecuniaria di 30 aliquote giornaliere da fr. 100.-- cadauna, sospesa condizionalmente con un periodo di prova di 3 anni, e una multa di fr. 1'000.-- per aver guidato (il 28.03.2009) in stato di inattitudine (tasso di alcolemia compreso tra 1.86 gr. e 2.12 gr. per mille); 
- 26 settembre 2011: DA del Ministero pubblico del Cantone Ticino, che prevede una pena pecuniaria di 40 aliquote giornaliere da fr. 70.-- cadauna, sospesa condizionalmente con un periodo di prova di 4 anni, e una multa di fr. 1'000.-- per aver condotto (il 15.07.2010) in stato di inattitudine sotto l'effetto di circa 0.5 gr. di cocaina nonché per contravvenzione alla legge federale del 3 ottobre 1951 sugli stupefacenti e le sostanze psicotrope (LStup; RS 812.121) avendo: acquistato almeno 1 gr. di cocaina (dal 15.07.2010 al 03.08.2010), consumato 0.5 gr. di cocaina (il 15.07.2010) e detenuto 0.6 gr. di marijuana (l'11.09.2011); 
- 13 dicembre 2012: sentenza del Giudice di pace di Varese (I), che prevede una multa di euro 800 per aver commesso in due occasioni (29.05.2008 e 24.06.2008) il reato di danneggiamento; 
- 22 novembre 2013: sentenza del Tribunale di Varese (I), che prevede una pena di 3 mesi di reclusione e una multa di euro 300, pena sospesa condizionalmente e non menzionata nel casellario giudiziale, per aver violato gli obblighi di assistenza familiare dal settembre 2008 al marzo 2010; 
- 8 giugno 2016: sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti del Giudice per le indagini preliminari (di seguito: GIP) del Tribunale di Como (I), che prevede una pena di 1 anno e 6 mesi di reclusione e una multa di euro 3'000, pena sospesa condizionalmente e non menzionata, per aver commesso il reato di acquisto, detenzione e vendita illeciti di sostanze stupefacenti dal 23.07.2014 al 30.07.2014; 
- 7 novembre 2016: DA del Ministero pubblico del Cantone Ticino, che prevede una pena pecuniaria di 120 aliquote giornaliere da fr. 100.-- cadauna, sospesa condizionalmente con un periodo di prova di 5 anni, e una multa di fr. 2'200.-- per grave infrazione alle norme della circolazione, avendo condotto l'11.07.2016 un veicolo a motore alla velocità di 169 km/h su una strada con limite massimo di 100 km/h; 
- 30 gennaio 2017: DA del Ministero pubblico del Cantone Ticino, che prevede una pena pecuniaria di 60 aliquote giornaliere da fr. 100.-- cadauna (a valere quale pena totalmente aggiuntiva a quella inflittagli il 07.11.2016) per aver guidato il 07.09.2016 sotto l'effetto di cocaina; 
- 15 novembre 2017: DA del Ministero pubblico del Cantone Ticino, che prevede una pena pecuniaria di 180 aliquote giornaliere da fr. 30.-- cadauna (a valere quale pena unica, richiamati i DA del 07.11.2016 e del 30.01.2017) per aver guidato il 14.05.2017 un'autovettura nonostante il divieto di condurre a tempo indeterminato pronunciato nei suoi confronti il 28.10.2016. 
 
B.  
 
B.a. Con decisione del 18 novembre 2019, la Sezione della popolazione ha respinto, per motivi di ordine pubblico, la domanda di permesso di dimora UE/AELS presentata da A.________, intimandogli di lasciare il territorio svizzero entro il 31 gennaio 2020.  
 
B.b. Su ricorso, la liceità della decisione della Sezione della popolazione è stata confermata sia dal Consiglio di Stato (30 giugno 2021) che dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, espressosi in merito con sentenza del 1° febbraio 2023.  
 
C.  
Il 7 marzo 2023 A.________ ha inoltrato dinanzi al Tribunale federale un ricorso in materia di diritto pubblico, con cui chiede l'annullamento della sentenza cantonale e il rilascio del permesso di dimora UE/AELS. Domanda, inoltre, la concessione dell'effetto sospensivo al gravame. 
Chiamati ad esprimersi, il Tribunale cantonale amministrativo si è limitato a riconfermarsi nelle motivazioni e nelle conclusioni della propria decisione, mentre il Consiglio di Stato si è rimesso al giudizio del Tribunale federale. La Sezione della popolazione ha proposto di respingere il gravame e la Segreteria di Stato della migrazione SEM ha rinunciato a pronunciarsi. In replica, l'insorgente ha confermato la propria posizione. 
Con decreto presidenziale del 9 marzo 2023 è stato concesso l'effetto sospensivo al gravame. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Il ricorso in materia di diritto pubblico è inammissibile, giusta l'art. 83 lett. c n. 2 LTF, contro le decisioni in materia di diritto degli stranieri concernenti i permessi o autorizzazioni al cui ottenimento né il diritto federale né il diritto internazionale conferiscono un diritto. Poiché il ricorrente è un cittadino italiano e può in principio richiamarsi all'Accordo del 21 giugno 1999 sulla libera circolazione delle persone (ALC; RS 0.142.112.681), la presente vertenza sfugge alla sopramenzionata clausola d'esclusione (sentenza 2C_400/2024 del 13 settembre 2024 consid. 1.1).  
 
1.2. Il ricorso è diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF) emessa in ultima istanza cantonale da un tribunale superiore (art. 86 cpv. 1 lett. d e cpv. 2 LTF) ed è stato presentato da una persona legittimata ad insorgere (art. 89 cpv. 1 LTF). Inoltre, è stato interposto nei termini (art. 100 cpv. 1 LTF) e nelle forme richieste (art. 42 cpv. 2 LTF). L'impugnativa è di conseguenza ammissibile, in linea di principio, quale ricorso in materia di diritto pubblico ai sensi degli art. 82 segg. LTF.  
 
2.  
 
2.1. Il Tribunale federale applica il diritto federale d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF). Ciò nonostante, tenuto conto dell'onere di allegazione e motivazione posto dalla legge (art. 42 cpv. 1 e 2 LTF), esso si confronta di regola solo con le censure sollevate (DTF 142 III 364 consid. 2.4), salvo in caso di violazioni manifeste del diritto, rilevate d'ufficio (DTF 142 I 135 consid. 1.5 e richiamo). La parte ricorrente deve pertanto spiegare (art. 42 cpv. 1 e 2 LTF), in modo conciso e confrontandosi con i considerandi della sentenza impugnata, perché quest'ultima violerebbe il diritto (DTF 143 II 283 consid. 1.2.2; 142 III 364 consid. 2.4). Esigenze più severe valgono poi in relazione alle censure di violazione di diritti fondamentali, che devono essere motivate con precisione (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 143 II 283 consid. 1.2.2).  
 
 
2.2. Per quanto concerne i fatti, il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sugli accertamenti dell'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Può scostarsene qualora essi siano stati eseguiti in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto, vale a dire arbitrario (art. 105 cpv. 2 LTF; DTF 145 IV 154 consid. 1.1), ciò che dev'essere dimostrato con una critica precisa e circostanziata (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 140 III 264 consid. 2.3).  
Poiché l'insorgente non li mette validamente in discussione - con una motivazione precisa e circostanziata, che ne dimostri un accertamento o un apprezzamento arbitrario (art. 106 cpv. 2 LTF) - i fatti che emergono dalla sentenza impugnata vincolano il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF; sentenza 2C_209/2024 del 19 giugno 2024 consid. 2.3 e rinvii). 
 
3.  
Il 1° gennaio 2019 è entrata in vigore la revisione della legge federale del 16 dicembre 2005 sugli stranieri (LStr; RS 142.20), rinominata legge federale sugli stranieri e la loro integrazione (LStrI). Giusta l'art. 126 cpv. 1 LStrI, alle domande presentate prima di tale data continua ad applicarsi il diritto previgente. Nel caso di specie, come emerge dagli atti di causa, il ricorrente ha domandato il rilascio di un permesso di dimora UE/AELS il 14 novembre 2018. La causa è quindi retta dal vecchio diritto (sentenza 2C_630/2023 del 29 febbraio 2024 consid. 3). Tuttavia, poiché le disposizioni applicabili alla presente controversia non hanno, in seguito alla revisione legislativa, subito modifiche, ci si può riferire alla nuova legge (sentenza 2C_464/2023 del 27 agosto 2024 consid. 4.1). 
 
4.  
 
4.1. La presente procedura concerne il mancato rilascio, per motivi di ordine pubblico, di un permesso di dimora UE/AELS a un cittadino italiano, sposato con una cittadina svizzera e attivo professionalmente nel Cantone Ticino.  
 
4.2. In quanto cittadino italiano, il ricorrente può in principio richiamarsi all'Accordo sulla libera circolazione delle persone, che gli riconosce il diritto di soggiorno in Svizzera per svolgere un'attività economica a titolo di lavoratore dipendente (art. 4 ALC in relazione con gli artt. 2 e 6 Allegato I ALC e l'art. 33 cpv. 1-3 LStrI). Inoltre, in quanto sposato con una cittadina svizzera, egli può prevalersi dell'art. 42 cpv. 1 LStrI, secondo cui i coniugi stranieri di cittadini svizzeri hanno diritto al rilascio del permesso di dimora se coabitano con loro.  
 
4.3. Tuttavia, secondo l'art. 51 cpv. 1 lett. b LStrI, i diritti conferiti dall'art. 42 cpv. 1 LStrI si estinguono se sussistono motivi di revoca giusta l'art. 63 LStrI, disposizione che a sua volta rinvia ai motivi di revoca previsti dall'art. 62 cpv. 1 lett. a e lett. b. Questo è tra l'altro il caso quando la persona straniera è stata condannata a una pena detentiva di lunga durata (art. 63 cpv. 1 lett. a LStrI in relazione con l'art. 62 cpv. 1 lett. b LStrI).  
Secondo la giurisprudenza, una pena detentiva è considerata di lunga durata se è stata pronunciata per più di un anno, a prescindere dal fatto che la stessa sia stata o meno sospesa oppure che la stessa debba ancora essere o sia stata già espiata (DTF 146 II 321 consid. 3.1; 139 I 145 consid. 2.1; 135 II 377 consid. 4.2; sentenza 2C_478/2023 del 3 settembre 2024 consid. 3). Le condanne subite all'estero possono essere prese in considerazione (sentenze 2C_499/2023 del 24 gennaio 2024 consid. 4.3; 2C_1025/2021 del 18 ottobre 2023 consid. 5.3; 2C_558/2022 del 4 agosto 2022 consid. 6.1). Inoltre, poiché la revoca di un permesso di dimora non è disciplinata dall'ALC, il motivo sopra indicato vale anche per il diniego di un permesso di dimora UE/AELS, come quello oggetto della presente vertenza (art. 2 cpv. 2 LStrI; art. 23 cpv. 1 dell'ordinanza del 22 maggio 2002 sull'introduzione della libera circolazione delle persone [OLCP; RS 142.203]; sentenza 2C_550/2023 del 29 agosto 2024 consid. 3.1 e rinvio). 
 
4.4. In simile contesto, assume ciò nondimeno rilievo l'art. 5 Allegato I ALC, secondo cui i diritti conferiti dall'Accordo possono essere limitati solo da misure giustificate da ragioni di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità (DTF 139 II 121 consid. 5.3). Inoltre, anche qualora la misura sia compatibile con l'art. 5 Allegato I ALC, essa si giustifica soltanto se è anche conforme al principio della proporzionalità. Infine, nel caso in cui il provvedimento abbia ripercussioni sulla vita privata e/o familiare ai sensi dell'art. 8 CEDU, un analogo esame va svolto nell'ottica di questa norma (DTF 147 I 268 consid. 5).  
 
4.5.  
 
4.5.1. Nella sentenza impugnata, il Tribunale cantonale amministrativo ha stabilito che il diniego del permesso di dimora fosse conforme all'art. 5 Allegato I ALC, così come al principio della proporzionalità e all'art. 8 CEDU.  
 
4.5.2. Da parte sua, il ricorrente non contesta, a giusto titolo, l'esistenza di un motivo di revoca che, alla luce della pena detentiva di 1 anno e 6 mesi comminatagli l'8 giugno 2016, è pacificamente dato (art. 62 cpv. 1 lett. b LStrI sulla base del rinvio contenuto all'art. 63 cpv. 1 lett. a LStrI in relazione sia all'art. 42 cpv. 1 LStrI che all'art. 33 cpv. 1-3 LStrI [cfr. supra consid. 4.3]). Egli ritiene, tuttavia, che la sentenza impugnata non sia conforme né all'art. 5 Allegato I ALC né al principio della proporzionalità (art. 96 LStrI). Afferma, inoltre, di aver diritto al rilascio di un permesso di dimora sulla base tanto dell'art. 42 cpv. 1 LStrI quanto dell'art. 8 par. 1 CEDU.  
 
5.  
 
5.1. Come già accennato (cfr. supra consid. 4.4), in presenza di un motivo di revoca la controversia va esaminata nell'ottica dell'art. 5 Allegato I ALC.  
 
5.2. Nella sua decisione, il Tribunale cantonale amministrativo ha rilevato che le condanne subite dal ricorrente manifestavano "un'importante propensione a delinquere". I Giudici ticinesi hanno inoltre affermato che l'assenza di ulteriori condanne dal 2017 in avanti non era un elemento sufficiente né per ammettere un cambiamento di vita del ricorrente né per considerarle come lontane nel tempo, e quindi non più suscettibili di giustificare una limitazione dei diritti derivanti dall'ALC. Pertanto, in ragione dell'elevato numero di condanne subite per aver commesso reati in un lungo lasso di tempo e contro più beni giuridici, la Corte cantonale ha stabilito che il ricorrente continuava a rappresentare una grave e attuale minaccia per l'ordine pubblico ai sensi dell'art. 5 Allegato I ALC.  
 
5.3. Il ricorrente contesta che le condizioni per una limitazione della libera circolazione delle persone di cui all'art. 5 Allegato I ALC siano adempiute, ragione per cui il permesso di dimora UE/AELS dovrebbe essergli rilasciato. Nello specifico, egli sostiene che il Tribunale cantonale amministrativo:  
a) ha valutato con eccessivo rigore le condanne subite; 
b) non ha tenuto conto che queste sono da considerarsi ormai lontane nel tempo; 
c) non ha preso in considerazione le sue nuove circostanze di vita. 
 
5.4.  
 
5.4.1. Giusta l'art. 5 par. 1 Allegato I ALC, i diritti conferiti da detto Accordo possono essere limitati soltanto da misure giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e pubblica sanità. Secondo la giurisprudenza in materia, che si orienta alla direttiva CEE 64/221 del 25 febbraio 1964 e alla prassi della Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE) ad essa relativa (art. 5 par. 2 Allegato I ALC), le deroghe alla libera circolazione garantita dall'ALC vanno interpretate in modo restrittivo. A prescindere della turbativa insita in ogni violazione della legge, il ricorso di un'autorità nazionale alla nozione di ordine pubblico presuppone l'esistenza di una minaccia attuale, effettiva e sufficientemente grave di un interesse fondamentale per la società. L'art. 5 par. 1 Allegato I ALC non consente di pronunciare una misura (unicamente) per ragioni di prevenzione generale (DTF 145 IV 364 consid. 3.5.2). Una condanna penale può di conseguenza essere considerata come motivo per limitare i diritti conferiti dall'ALC solo se le circostanze su cui si fonda rivelano un comportamento personale che rappresenta una minaccia attuale per l'ordine pubblico (DTF 139 II 121 consid. 5.3; sentenza 2C_629/2023 del 27 agosto 2024 consid. 4.2). A seconda delle circostanze, la sola condotta tenuta in passato può comunque adempiere i requisiti di una tale messa in pericolo dell'ordine pubblico. Per valutare l'attualità della minaccia, non occorre prevedere quasi con certezza che lo straniero commetterà altre infrazioni in futuro; d'altro lato, per rinunciare a misure di ordine pubblico, non si deve esigere che il rischio di recidiva sia nullo. La misura dell'apprezzamento dipende dalla gravità della potenziale infrazione: tanto più questa appare importante, quanto minori sono le esigenze in merito al rischio di recidiva (DTF 136 II 5 consid. 4.2; sentenza 2C_613/2023 del 16 novembre 2023 consid. 6.1). A tal proposito, il Tribunale federale è particolarmente severo riguardo alla commissione di reati contro l'integrità fisica, psichica o sessuale di terzi, di criminalità organizzata, terrorismo e tratta di esseri umani, nonché del commercio qualificato di stupefacenti a scopo di lucro (DTF 139 II 121 consid. 5.3 e 6.3; sentenze 2C_269/2023 del 9 aprile 2024 consid. 4.2; 2C_608/2023 del 27 marzo 2024 consid. 4.2). Ciò non significa, tuttavia, che altri reati, come i reati contro il patrimonio, i reati fiscali o le infrazioni alle norme penali della legislazione sulla circolazione stradale, non possono giustificare misure restrittive ai sensi dell'art. 5 Allegato I ALC (cfr. sentenza 2C_553/2023 del 19 giugno 2024 consid. 3.2). Allo stesso modo, un insieme di reati di minore gravità che, presi singolarmente, non sono tali da costituire una minaccia sufficientemente grave per l'ordine pubblico, possono giustificare il rifiuto di rinnovare rispettivamente di rilasciare un'autorizzazione di soggiorno se è prevedibile che vengano commessi altri reati (cfr. sentenza 2C_836/2021 del 20 settembre 2023 consid. 5.4).  
 
 
5.4.2. Dagli accertamenti svolti in sede cantonale, che vincolano il Tribunale federale nel caso concreto (art. 105 cpv. 1 LTF), risulta che il ricorrente è stato condannato otto volte, in Svizzera e in Italia, per reati commessi durante un periodo di poco più di otto anni (dal marzo 2009 al maggio 2017).  
Un primo gruppo di condanne concerne la violazione della legislazione sulla circolazione stradale. Nel dettaglio, il ricorrente è stato giudicato colpevole: di guida in stato di inattitudine, avendo condotto la sua autovettura sotto effetto di alcol (nel 2009) e sotto effetto di cocaina (nel 2011 e nel 2017); di grave infrazione alle norme di circolazione, per aver guidato alla velocità di 169 km/h su una strada limitata a 100 km/h (2016); di guida senza autorizzazione (2017), per non avere rispettato il divieto a tempo indeterminato di condurre sul territorio svizzero pronunciato nei suoi confronti nell'ottobre 2016. Il ricorrente ha quindi ripetutamente messo in pericolo l'incolumità degli altri utenti della strada oltre che la propria. Assume inoltre rilievo il fatto che ha violato la normativa sulla circolazione stradale in numerose occasioni e durante un periodo di tempo relativamente lungo; infatti, nonostante le diverse condanne subite nel corso degli anni, il ricorrente ha perseverato nel violare un importante bene giuridico quale la sicurezza stradale. Pertanto, alla luce della giurisprudenza del Tribunale federale, secondo cui delle infrazioni ripetute alla legislazione sulla circolazione stradale possono costituire una minaccia per l'ordine pubblico ai sensi dell'art. 5 Allegato I ALC (sentenza 2C_836/2021 del 20 settembre 2023 consid. 6.2.2 e rinvii), è a torto che il ricorrente sostiene di non rappresentare una minaccia grave e attuale per la sicurezza stradale svizzera. 
Il ricorrente ha anche commesso dei reati in relazione al consumo e al traffico di stupefacenti. In Svizzera, è stato riconosciuto colpevole di contravvenzione alla LStup per aver acquistato almeno 1 gr. di cocaina (2010), consumato 0.5 gr. di cocaina (2010) e detenuto 0.6 gr. di marijuana (2011). In Italia, è stato condannato dal GIP del Tribunale di Como - con sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (cosiddetto patteggiamento) - alla pena detentiva di 1 anno e 6 mesi di reclusione e al pagamento di una multa di euro 3'000 per aver, nel luglio del 2014, acquistato, detenuto e venduto illecitamente degli stupefacenti. A proposito di quest'ultima condanna, il ricorrente lamenta che il Tribunale cantonale amministrativo avrebbe valutato con eccessivo rigore la gravità dell'infrazione, poiché non avrebbe tenuto conto del fatto che la pena era stata sospesa condizionalmente in ragione dell'assenza di precedenti e della non eccessiva gravità del fatto, così come del leale comportamento processuale. Sostiene, inoltre, che il Tribunale cantonale amministrativo non avrebbe preso in considerazione la prognosi positiva fatta dal GIP del Tribunale di Como nella sua sentenza in merito alla commissione di ulteriori illeciti. 
In assenza di informazioni sulle circostanze su cui si fonda la condanna, avendo il ricorrente prodotto in giudizio soltanto l'ultima pagina della sentenza del GIP del Tribunale di Como, i Giudici ticinesi hanno valutato la gravità dei suoi comportamenti dal tenore della pena pronunciata, vale a dire 1 anno e 6 mesi di reclusione ed euro 3'000 di multa. Qualificabile già così come pena detentiva di lunga durata ai sensi dell'art. 62 cpv. 1 lett. b LStrI, questa sarebbe stata addirittura più consistente se il ricorrente non l'avesse patteggiata. Infatti, il codice di procedura penale italiano prevede, in caso di patteggiamento, una riduzione della pena fino a un terzo. A tal proposito, si rileva che sebbene questo istituto processuale permetta di ridurre la durata della pena, ciò non diminuisce l'entità dei reati e la gravità dei comportamenti rimproverati (sentenza 2C_1025/2021 del 18 ottobre 2023 consid. 6.3.2). È a giusto titolo, quindi, che la Corte cantonale ha desunto dall'entità della pena inflitta che il ricorrente ha commesso una grave infrazione alla legislazione italiana sugli stupefacenti. Peraltro, il Tribunale cantonale amministrativo ha affermato, a ragione, che la prognosi positiva del GIP del Tribunale di Como andava relativizzata alla luce del fatto che il ricorrente aveva già commesso in passato un'infrazione alla legislazione svizzera sugli stupefacenti e che, successivamente, egli è stato condannato in Svizzera per aver guidato la propria vettura sotto effetto di cocaina. Poiché la protezione della collettività dalla vendita di stupefacenti rappresenta un interesse pubblico alla cui tutela la giurisprudenza accorda particolare importanza (cfr. supra consid. 5.4.1), e tenuto conto delle condanne pronunciate, i Giudici ticinesi hanno correttamente valutato che, nel caso di specie, vi era ancora un rischio concreto di recidiva. 
 
5.4.3. Pure le ulteriori censure ricorsuali in relazione all'applicazione dell'art. 5 Allegato I ALC conducono al medesimo risultato. È priva di fondamento la censura secondo cui le condanne subite dal ricorrente, poiché remote, non siano suscettibili di fondare il diniego del permesso di dimora alla luce dell'art. 5 Allegato I ALC. Sebbene, quando la Corte cantonale si è pronunciata, fossero trascorsi quasi sei anni dai fatti che hanno portato all'ultima condanna, nel caso concreto il trascorrere del tempo va relativizzato. Infatti, in fattispecie caratterizzate da lesioni ripetute della legge, il rispetto dell'art. 5 Allegato I ALC deve essere esaminato tenendo conto della situazione complessiva, quindi considerando pure dei reati remoti, perché attestano una condotta scorretta che si ripete nel tempo (sentenza 2C_550/2023 del 29 agosto 2024 consid. 5.2.2 e rinvii). Nel caso di specie, il ricorrente ha subito complessivamente otto condanne, per violazione della legislazione in materia di circolazione stradale e di quella sugli stupefacenti e per i reati di danneggiamento rispettivamente di violazione degli obblighi di assistenza familiare. È a giusto titolo, pertanto, che il Tribunale cantonale amministrativo ha rilevato che alla luce delle ripetute condanne subite dal ricorrente, non poteva essere escluso un rischio di recidiva.  
 
5.4.4. Infine, nonostante quanto affermato dall'insorgente, che lamenta la mancata considerazione delle sue nuove circostanze di vita da parte della Corte cantonale, quest'ultima ha giustamente concluso che le stesse non sono sufficienti per escludere la minaccia all'ordine e sicurezza pubblici giusta l'art. 5 Allegato I ALC. Infatti, la stabilità sul piano familiare, lavorativo, finanziario e sociale, l'allontanamento dal consumo di alcol e stupefacenti e il cambio di attitudine nei confronti dell'ordinamento giuridico che caratterizzerebbero, secondo quanto affermato dal ricorrente, la sua vita dopo l'ultima condanna subita nel 2017 trovano riscontro soltanto parzialmente nell'accertamento svolto in sede cantonale. Dai fatti constatati nella sentenza impugnata emerge che l'insorgente ha contratto matrimonio, nel 2019, con una cittadina svizzera e che, dal 2018, è alle dipendenze del medesimo datore di lavoro e collabora con un'associazione sportiva ticinese. Ha inoltre ottenuto la revoca del divieto di condurre dopo che, nel luglio 2022, una perizia del medico del traffico ha constatato la sua idoneità alla guida e la sua astensione dal consumo di sostanze stupefacenti. Seppur positivi, questi sviluppi non sono però sufficienti, in ragione della propensione a delinquere mostrata in passato, per poter ammettere un cambiamento di circostanze tale da escludere un rischio attuale e concreto all'ordine e alla sicurezza pubblici ai sensi dell'art. 5 Allegato I ALC (sentenze 2C_277/2023 del 1° marzo 2024 consid. 3.2.4; 2C_468/2020 del 27 agosto 2020 consid. 7.2.3).  
Sulla base di quanto sopra considerato, la sentenza del Tribunale cantonale amministrativo è conforme all'art. 5 Allegato I ALC e deve perciò essere tutelata. 
 
6.  
 
6.1. Qualora un motivo di revoca - rispettivamente di mancato rilascio - del permesso di dimora sia dato e la misura sia conforme all'art. 5 Allegato I ALC, questa si giustifica soltanto se è anche compatibile con il principio della proporzionalità (DTF 135 II 377 consid. 4.3; sentenza 2C_550/2023 del 29 agosto 2024 consid. 3.3). Nell'esercizio del loro potere discrezionale, le autorità devono tenere conto degli interessi pubblici e della situazione personale dello straniero, considerando la gravità di quanto gli viene rimproverato, la durata del suo soggiorno in Svizzera, il suo grado d'integrazione e il pregiudizio che egli e la sua famiglia subirebbero se la misura fosse confermata (DTF 135 II 377 consid. 4.3; sentenza 2C_364/2023 del 12 luglio 2024 consid. 7.1).  
Nel caso in cui il provvedimento abbia ripercussioni sulla vita privata e/o familiare ai sensi dell'art. 8 CEDU, la misura dev'essere esaminata anche nell'ottica di questa norma (DTF 139 I 31 consid. 2.3.3). Giusta l'art. 8 par. 1 CEDU, ogni persona ha diritto al rispetto della vita privata e familiare. Di per sé, questa norma non conferisce un diritto di soggiorno in Svizzera (DTF 149 I 72 consid. 2.1.1). A seconda delle circostanze, tuttavia, una persona straniera può prevalersene per opporsi a una misura che comporterebbe una limitazione sproporzionata dei diritti in discussione e, in quest'ottica, l'art. 8 par. 2 CEDU può quindi anche fondare il riconoscimento di un diritto a rimanere in Svizzera (DTF 144 I 266 consid. 3.3; sentenze 2C_658/2023 del 4 novembre 2024 consid. 4.1; 2C_448/2024 del 3 ottobre 2024 consid. 6.1). Di regola, è possibile prevalersi del diritto alla garanzia della vita privata solo dopo un soggiorno legale in Svizzera di circa dieci anni oppure, anche prima di tale periodo, in caso di integrazione particolarmente riuscita. Il diritto al rispetto della vita familiare concerne invece i rapporti tra i membri del nucleo familiare, costituito dai coniugi e dai figli non ancora maggiorenni che vivono insieme (DTF 144 II 1 consid. 6.1; sentenza 2C_448/2024 del 3 ottobre 2024 consid. 6.1.1). Al contempo, va rilevato che una persona straniera può richiamarsi al diritto alla vita familiare garantita dall'art. 8 CEDU per vivere in Svizzera con un membro della sua famiglia - nel senso sopra indicato - solo se quest'ultimo è di nazionalità svizzera o dispone di un permesso di domicilio rispettivamente di un diritto certo a un'autorizzazione di soggiorno e non ci si può attendere che la vita familiare sia vissuta all'estero (DTF 146 I 185 consid. 6.1; 137 I 247 consid. 4.1.2; sentenza 2C_448/2024 del 3 ottobre 2024 consid. 6.1.1). 
 
6.2. Nel suo giudizio, la Corte cantonale ha rilevato che l'interesse pubblico al diniego del permesso di dimora UE/AELS era preponderante rispetto all'interesse privato del ricorrente a stabilirsi in Svizzera. Da parte sua, invece, il ricorrente si confronta soltanto parzialmente e in maniera frammentaria con l'argomentazione del Tribunale cantonale amministrativo, tanto che la censura non rispetta del tutto l'art. 42 cpv. 2 LTF.  
 
6.3. L'insorgente si è trasferito in Svizzera nel novembre 2018, dopo avervi lavorato nel 2009-2011 e nel 2014-2018 quale frontaliere. Tenuto conto del fatto che, dal 2019 in poi, la sua presenza in Svizzera è meramente tollerata in attesa di un giudizio definitivo sulla sorte della richiesta di permesso di dimora UE/AELS, e non dimostrando nemmeno un'integrazione particolarmente riuscita, egli non può quindi richiamarsi al diritto alla garanzia della vita privata sancito dall'art. 8 CEDU (DTF 147 I 268 consid. 1.2.4; 144 I 266 consid. 3.9; sentenza 2C_217/2023 del 17 maggio 2023 consid. 5.2).  
In quanto marito di una cittadina svizzera, il ricorrente può invece prevalersi in linea di principio del diritto al rispetto della vita familiare ai sensi dell'art. 8 par. 1 CEDU. Nel caso di specie, tuttavia, il mancato rilascio del permesso di dimora costituisce una limitazione proporzionata di tale diritto, compatibile quindi con l'art. 8 par. 2 CEDU. Infatti, un suo trasferimento in Italia nella fascia di confine, a pochi chilometri dall'attuale domicilio in Svizzera, non avrebbe un impatto intollerabile sul piano familiare. La moglie potrebbe trasferirsi con lui oppure potrebbe continuare a risiedere in Svizzera, a pochi chilometri da quello che potrebbe essere il nuovo domicilio italiano del ricorrente. In entrambi i casi, i rapporti tra moglie e marito sarebbero salvaguardati e con essi anche il rispetto dell'art. 8 CEDU. Peraltro, al momento del matrimonio (giugno 2019) la moglie sapeva o quantomeno avrebbe dovuto sapere che, alla luce dei numerosi reati compiuti in passato, le autorità migratorie avrebbero potuto negare il rilascio del permesso di dimora UE/AELS richiesto dal marito nel novembre 2018 (sentenze 2C_501/2023 dell'11 ottobre 2024 consid. 7.5.2 e rinvii; 2C_531/2023 del 3 luglio 2024 consid. 5.2.3). Un trasferimento dell'insorgente in Italia risulta del resto perfettamente esigibile. Oltre al fatto che l'interessato vi ha vissuto fino all'età di 35 anni, va osservato che la cultura e lo stile di vita della vicina Penisola gli sono noti e non si discostano in maniera sostanziale da quelli cui è abituato nel Cantone Ticino. 
In conclusione, risulta da quanto sopra considerato che la sentenza impugnata è conforme sia al principio di proporzionalità che all'art. 8 CEDU e va quindi tutelata. 
 
7.  
 
7.1. Premesse queste considerazioni, ne discende che l'impugnativa è infondata e come tale va respinta.  
 
 
7.2. Le spese seguono la soccombenza e vanno poste a carico del ricorrente (art. 66 cpv. 1 LTF). Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti (art. 68 cpv. 3 LTF).  
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3.  
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino nonché alla Segreteria di Stato della migrazione SEM. 
 
 
Losanna, 9 dicembre 2024 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
La Presidente: F. Aubry Girardin 
 
La Cancelliera: Ieronimo Perroud