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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
1C_376/2021  
 
 
Sentenza dell'11 aprile 2023  
 
I Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Kneubühler, Presidente, 
Chaix, Haag, 
Cancelliere Crameri. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________ SA, 
patrocinata dall'avv. Lorenza Ponti Broggini, 
ricorrente, 
 
contro 
 
B.________ SA, 
patrocinata dall'avv. Valerio Reichlin, 
 
Municipio di Muzzano, 6933 Muzzano, 
patrocinato dall'avv. Attilio Rampini, 
Dipartimento del territorio del Cantone Ticino, Ufficio del demanio, via Franco Zorzi 13, 6501 Bellinzona, 
Consiglio di Stato della Repubblica e Cantone Ticino, Residenza governativa, 6501 Bellinzona. 
 
Oggetto 
divieto d'uso, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 12 maggio 2021 
dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino 
(inc. n. 52.2020.105). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
Lo Stato del Cantone Ticino è proprietario dei fondi www di 1'194 m2e xxx di 1'812 m2 ubicati a Muzzano. Il 18 maggio 2001 C.________, all'epoca titolare di una ditta individuale di scavi, trasporti e fornitura di materiale, ha chiesto al Municipio la licenza edilizia per avviare un'attività di recupero di materiale inerte su una parte (1'100 m2) di questi fondi. Il 18 luglio 2005 il Municipio ha rilasciato la licenza edilizia richiesta, subordinandola a varie condizioni. Nonostante vari ordini di sospensione, il richiedente aveva tuttavia avviato l'attività già fin dal 2001. Nel corso del 2006 l'interessato ha locato anche i fondi yyy di 4'008 m2e zzz di 1'911 m2 della Fondazione D.________. Il 17 aprile 2007 ha ottenuto una licenza edilizia a posteriori per erigere una tettoia sul fondo yyy, da adibire ad autorimessa per autocarri. Con decisione del 23 agosto 2007, il Municipio gli ha per contro negato la licenza in sanatoria per realizzare un deposito di terra vegetale sul fondo zzz, decisione confermata dal Consiglio di Stato e dal Tribunale cantonale amministrativo con giudizio del 21 gennaio 2008. Senza richiedere alcun permesso, la ditta A.________ SA, subentrata nel 2012 a C.________, ha poi esteso la sua attività a tutti i fondi. 
 
B.  
Il 30 novembre 2014, la ditta ha inoltrato una domanda di costruzione "parzialmente a posteriori" per interventi eseguiti e da effettuare sui fondi yyy e zzz, dove sono stati realizzati una decina di depositi per un volume di circa 1'560 m3, costruito uno stabile formato da tre blocchi con una tettoia, dei depositi e un posteggio per 16 posti auto e autocarri. Nel luglio 2015 essa ha presentato una seconda domanda di costruzione parzialmente a posteriori per i fondi www e xxx, dove sono stati realizzati almeno dieci depositi di materiale inerte di vario tipo, erette alcune baracche, collocato un frantoio e dove operano svariati mezzi e macchinari. Le domande sono state avversate da B.________ SA. Raccolti gli avvisi cantonali sfavorevoli, con decisioni del 29 settembre 2016 il Municipio ha negato il rilascio delle due licenze e delle deroghe richieste, ritenendo le attività e le opere contrarie alla funzione di zona (zona industriale e per piccola industria non molesta), sia sulla base del piano regolatore del 1984, sia su quello vigente. Queste decisioni, confermate dal Tribunale cantonale amministrativo con sentenza del 25 febbraio 2019 (n. 52.2018.21), sono cresciute in giudicato. 
 
C.  
Accertato che la ditta proseguiva nondimeno le sue attività, con decisione del 5 giugno 2019 il Municipio le ha intimato un divieto d'uso dei quattro fondi, con la comminatoria dell'art. 292 CP. Questa decisione è stata confermata il 22 gennaio 2020 dal Consiglio di Stato, ritenuta la violazione materiale delle attività svolte da A.________ SA. Adito da quest'ultima, con giudizio del 12 maggio 2021 il Tribunale cantonale amministrativo ne ha respinto il ricorso. 
Avverso questa sentenza A.________ SA presenta un ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale. Chiede, concesso l'effetto sospensivo al gravame, di annullarla. Le controparti si sono opposte alla sospensione della procedura. 
Al ricorso è stato conferito l'effetto sospensivo in via superprovvisionale ed è stato richiamato l'incarto cantonale. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Inoltrato contro una decisione finale dell'ultima istanza cantonale in materia edilizia e pianificatoria, il ricorso in materia di diritto pubblico è di massima ammissibile. La legittimazione della ricorrente è pacifica.  
 
1.2. Secondo l'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, il ricorso dev'essere motivato in modo sufficiente, spiegando nei motivi perché l'atto impugnato viola il diritto. Il Tribunale federale, che non è un'istanza di appello, esamina in linea di principio solo le censure sollevate (DTF 148 IV 205 consid. 2.6; 146 IV 297 consid. 1.2). Quando la ricorrente invoca la violazione di diritti costituzionali (buona fede), il Tribunale federale, in applicazione dell'art. 106 cpv. 2 LTF, vaglia le censure solo se siano state esplicitamente sollevate e motivate in modo chiaro e preciso (DTF 147 I 73 consid. 2.1).  
 
1.3. La vertenza concerne l'interpretazione e l'applicazione di norme del diritto cantonale e comunale, esaminate soltanto sotto il ristretto profilo dell'arbitrio (DTF 148 II 465 consid. 8.1; 147 IV 433 consid. 2.1). Non basta quindi che la decisione impugnata sia insostenibile nella motivazione, ma occorre che lo sia anche nel risultato (DTF 147 II 454 consid. 4.4), ciò che spetta alla ricorrente dimostrare (DTF 144 III 145 consid. 2). Non risulta per contro arbitrio dal fatto che anche un'altra soluzione potrebbe entrare in linea di conto o sarebbe addirittura preferibile (DTF 148 II 121 consid. 5.2).  
 
2.  
 
2.1. La Corte cantonale ha ricordato che, secondo la prassi cantonale, un divieto d'uso, di natura analoga a un ordine di rettifica o di demolizione, si fonda sull'art. 43 della legge cantonale edilizia del 13 marzo 1991 (LE; RL 705.100). Esso presuppone una preventiva verifica, da esperire di regola nell'ambito di una procedura di rilascio del permesso in sanatoria, della conformità dell'utilizzazione instaurata senza permesso con il diritto materiale concretamente applicabile, a meno che il contrasto risulti evidente e incontestabile. L'istanza precedente ha osservato che il Municipio ha fondato il divieto d'uso sul fatto che le attività svolte dalla ricorrente sono in palese contrasto con le norme pianificatorie ed edilizie comunali e ch'esse disattendono i dinieghi delle licenze edilizie, da essa confermati con la sentenza del 25 febbraio 2019. L'ordine litigioso è motivato anche dalle molestie e dai disagi che derivano da tali attività ai fondi circostanti.  
 
2.2. Riguardo ai fatti posti a fondamento della vertenza, la ricorrente si limita a rilevare ch'essa rappresenta un'importante datrice di lavoro, che si avvale della collaborazione di oltre 40 dipendenti e che le attività oggetto del contestato divieto d'uso sarebbero state effettuate da oltre 30 anni. Afferma ch'essa si sarebbe resa conto soltanto con la sentenza del 25 febbraio 2019 della Corte cantonale della situazione in cui si trovava sotto il profilo pianificatorio ed edilizio. Sostiene che al divieto d'uso osterebbe il termine di perenzione trentennale e che il divieto d'uso non sarebbe pertanto proporzionale.  
 
2.3. Con questi accenni, che disattendono le esigenze di motivazione imposte dall'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 147 IV 73 consid. 4.1.2), essa non dimostra che l'accertamento dei fatti sarebbe stato svolto in modo manifestamente inesatto, vale a dire arbitrario (art. 97 cpv. 1 LTF; DTF 147 I 73 consid. 2.2; 145 V 188 consid. 2), o in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF. Per motivare l'arbitrio non basta infatti criticare semplicemente la decisione impugnata contrapponendole, come in concreto, un'interpretazione propria, ma occorre dimostrare per quale motivo l'accertamento dei fatti o la valutazione delle prove sono manifestamente insostenibili, si trovano in chiaro contrasto con la fattispecie, si fondano su una svista manifesta o contraddicono in modo urtante il sentimento della giustizia e dell'equità (DTF 148 II 121 consid. 5.2; 143 IV 241 consid. 2.3.1). Dagli accertamenti della Corte cantonale risulta che C.________ ha presentato una domanda di licenza edilizia il 18 maggio 2001, e che solo nel corso del 2006 egli ha locato i fondi yyy e zzz; la pretesa durata di oltre 30 anni non è quindi dimostrata (su questa tematica vedi DTF 147 II 309 consid. 4.1 e rinvii). Del resto il Municipio ha negato le licenze edilizie a posteriori con decisioni del 29 settembre 2016, confermate dalla Corte cantonale con sentenza del 25 febbraio 2019, non impugnata e passata quindi in giudicato. Considerato che C.________ prima e la ricorrente poi hanno avviato le loro attività senza i necessari permessi di costruzione e che hanno disatteso i vari ordini di sospensione, la loro assenza di buona fede non può seriamente essere contestata.  
 
2.4. Nella decisione impugnata la Corte cantonale ha ricordato che nella sua precedente sentenza del 25 febbraio 2019 essa aveva già compiutamente accertato la violazione materiale dell'intera piazza di lavorazione degli inerti, e il fatto che tutte le relative opere erano assimilabili a un'attività industriale molesta, non conforme alle prescrizioni della zona di situazione, sia sulla base del piano regolatore del 1984 sia di quello del 1985. Ha aggiunto che, nel frattempo, essa ha accolto dei ricorsi presentati contro l'approvazione del Consiglio di Stato del 15 aprile 2015 di quest'ultimo piano, annullandola e rinviando gli atti al Governo per nuova decisione (sentenza 90.2015.47/64-67 del 30 aprile 2021). Ha quindi accertato che per i fondi litigiosi attualmente fa stato il piano regolatore del 1984. Ha ritenuto che tale circostanza è tuttavia irrilevante, poiché il centro di deposito e di lavorazione degli inerti litigiosi, come essa aveva già stabilito nel 2019, è in contrasto anche con quel piano.  
 
2.5. In larga misura il ricorso si incentra e si esaurisce nel contestare l'illiceità materiale delle attività svolte dalla ricorrente, già addotte senza successo nell'ambito della precedente procedura, sfociata nella sentenza del 25 gennaio 2019 della Corte cantonale.  
Ora, le critiche a questo giudizio, da essa non contestato all'epoca dinanzi al Tribunale federale, poiché al suo dire un'impugnazione non avrebbe comportato il rilascio della richiesta licenza edilizia, sono inammissibili. Quella decisione, passata in giudicato, è infatti definitiva e non può più essere oggetto del presente ricorso (DTF 148 II 536 consid. 9.5.1). Ne segue che pure la censura della ricorrente, secondo cui occorrerebbe valutare in via pregiudiziale le sue attività alla luce del piano regolatore del 1984, non dev'essere esaminata, anche tale questione essendo stata valutata nella citata decisione del 2019. L'assunto ricorsuale secondo cui nell'autunno 2020 essa avrebbe fatto allestire e presentato al Comune un progetto volto a rendere conformi al piano regolatore del 2015 le sue attività non è quindi decisivo e tale circostanza non giustifica la postulata sospensione della procedura. 
 
3.  
 
3.1. L'istanza precedente ha accertato inoltre che già nella precedente sentenza le attività industriali litigiose, sviluppate sull'arco di più di un decennio senza autorizzazione e nonostante l'adozione di svariati ordini di sospensione dei lavori, non potevano essere considerate come impianti al beneficio della tutela della situazione acquisita. Sempre nel precedente giudizio, essa aveva anche escluso che tali attività potessero beneficiare di una deroga. Ne ha concluso che la loro illiceità era quindi già stata compiutamente accertata.  
Ha quindi ritenuto che il divieto d'uso è giustificato, siccome conforme al principio di proporzionalità, essendo l'unica misura idonea e necessaria a impedire che la ricorrente continui a trattare e stoccare ingenti quantitativi di materiale sui citati fondi, e ciò finché non avrà rimosso tutte le opere e gli impianti non autorizzati, fonti di immissioni moleste per i fondi vicini e che squalificano il paesaggio circostante. 
 
3.2. Il principio della proporzionalità esige che il provvedimento sia idoneo e necessario a raggiungere lo scopo prefisso e che sussista un rapporto ragionevole tra questo scopo e i mezzi impiegati, rispettivamente gli interessi compromessi (art. 36 cpv. 3 Cost.; DTF 148 II 392 consid. 8.2.1-8.2.4; 146 I 70 consid. 6.4 e 6.4.2). Esso richiede inoltre che la misura sia in grado di produrre i risultati previsti (regola dell'idoneità) e ch'essi non possano essere raggiunti con una misura meno incisiva (regola di necessità); detto principio vieta inoltre ogni tipo di limitazione che va oltre lo scopo perseguito e richiede una relazione ragionevole tra quest'ultimo e gli interessi pubblici o privati interessati (principio di proporzionalità in senso stretto, che implica una ponderazione degli interessi; DTF 148 I 160 consid. 7.10; 145 I 73 consid. 7.1.1). Dalle considerazioni appena esposte discende che il contestato provvedimento adempie queste esigenze.  
 
3.3. La ricorrente sostiene a torto che l'interruzione delle sue attività non sarebbe sorretta da un sufficiente interesse pubblico, visto che il Comune avrebbe aspettato fino al 2019 per emanare il divieto d'uso.  
Al riguardo essa misconosce che tale divieto è stato adottato dopo ch'essa, senza disporre delle necessarie autorizzazioni, ha persistito nelle sue attività illegali. D'altra parte, fin dal 2001 C.________ aveva dato avvio alle sue attività senza essere in possesso delle necessarie licenze edilizie, ampliandole poi nonostante i vari ordini di sospensione dei lavori. Era quindi manifesto ch'egli, e poi la ricorrente, dovevano aspettarsi l'emanazione di un divieto d'uso. L'autorità comunale non ha del resto rilasciato loro alcuna assicurazione contraria (art. 5 cpv. 3 e art. 9 Cost.; sui necessari presupposti, assenti nella fattispecie, vedi DTF 148 II 233 consid. 5.5.1; 146 I 105 consid. 5.1.1 e rinvii), motivo per cui non si è in presenza di una violazione del principio della buona fede e dell'affidamento. Ne segue altresì che, contrariamente all'assunto ricorsuale, mal si comprende, come ritenuto dalla Corte cantonale, quali motivi potrebbero poi opporsi all'emanazione di un ordine di demolizione (cfr. sul tema la sentenza 1C_343/2021 del 17 febbraio 2023 consid. 5.3). 
 
3.4. Considerate le reiterate violazioni delle norme applicabili, il divieto di utilizzazione litigioso è sorretto da un prevalente interesse pubblico. Al riguardo la Corte cantonale ha ritenuto a ragione che le conseguenze economiche derivanti alla ricorrente dal contestato provvedimento, la quale ha posto le autorità di fronte al fatto compiuto, non sono decisive. Il principio della legalità e quello dell'uguaglianza esigono infatti che le costruzioni, come quella litigiosa, realizzate senza autorizzazione e che sono in contrasto col diritto materiale, devono essere sospese, e semmai rettificate o demolite, poiché altrimenti sarebbe premiata l'inosservanza della legge: chi pone l'autorità di fronte al fatto compiuto deve quindi aspettarsi che, di fronte agli inconvenienti derivanti all'interessato da un ordine di demolizione, prevalga il ripristino di una situazione conforme al diritto, ciò che non viola il principio di proporzionalità (cfr. DTF 132 II 21 consid. 6.4; sentenze 1C_371/2021 del 15 settembre 2022 consid. 4 e 1C_619/2014 del 24 febbraio 2015 consid. 4, in: RtiD II-2015 n. 14 pag. 53). In tale ambito la ricorrente disattende inoltre che la garanzia di cui all'art. 26 cpv. 1 Cost. non tutela la proprietà in maniera illimitata, ma soltanto nei limiti fissati nell'interesse pubblico dall'ordinamento giuridico, segnatamente in concreto quelli pianificatori ed edilizi stabiliti dalle NAPR, da essa palesemente disattesi (DTF 146 I 70 consid. 6.1; 145 I 156 consid. 4.1; 145 II 140 consid. 4.1).  
 
4.  
Il ricorso, in quanto ammissibile, dev'essere pertanto respinto. Le spese seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). Non si giustifica di attribuire ripetibili della sede federale ad B.________ SA e al Comune, che si è peraltro espresso nell'esercizio delle sue attribuzioni ufficiali (art. 68 cpv. 3 LTF; DTF 134 II 117 consid. 7; sentenza 1C_245/2019 del 19 novembre 2020 consid. 8 non pubblicato in DTF 147 I 225), i quali si sono brevemente espressi solo sulla sospensione della procedura. 
L'emanazione del presente giudizio rende prive di oggetto le domande di sospensione e di conferimento dell'effetto sospensivo. 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 4'000.-- sono poste a carico della ricorrente. 
 
 
3.  
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, al Dipartimento del territorio, Ufficio del demanio, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 11 aprile 2023 
 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Kneubühler 
 
Il Cancelliere: Crameri