Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal
2C_257/2022
Sentenza del 22 gennaio 2025
II Corte di diritto pubblico
Composizione
Giudici federali Aubry Girardin, Presidente,
Donzallaz, Hänni, Ryter, Kradolfer,
Cancelliera Ieronimo Perroud.
Partecipanti al procedimento
A.________,
patrocinata dagli avv. Laura Cansani e Costantino Delogu,
ricorrente,
contro
Dipartimento delle finanze e dell'economia del Cantone Ticino, Sezione del lavoro, 6501 Bellinzona,
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, Residenza governativa, 6501 Bellinzona.
Oggetto
Autorizzazione per la fornitura di personale a prestito,
ricorso contro la sentenza emanata il 17 febbraio 2022 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2017.342).
Fatti:
A.
L'Associazione A.________ (di seguito: l'Associazione) ha per scopo di promuovere il mantenimento a domicilio attraverso il collocamento di badanti, l'erogazione di prestazioni di economia domestica e il prestito di personale nonché di favorire, per mezzo delle predette attività e attraverso la formazione, l'integrazione delle donne straniere e il reinserimento delle donne svizzere a rischio di emarginazione nel tessuto socio-economico.
B.
B.a. Il 23 agosto 2011 l'Associazione ha chiesto alla Sezione del lavoro del Dipartimento delle finanze e dell'economia del Cantone Ticino l'autorizzazione a fornire personale a prestito per eseguire attività di economia domestica. Successivamente ha precisato di operare essenzialmente secondo tre differenti modalità:
a) Utente diretto: il privato prende contatto con l'associazione concordando le prestazioni di economia domestica da fornire e viene quindi concluso un contratto d'appalto. L'utente non ha diritto di impartire istruzioni alla collaboratrice domestica chiamata ad eseguire la prestazione, riservata una modifica concordata con l'associazione. Quest'ultima fattura direttamente al privato il costo della prestazione.
b) Outsourcing: il Servizio di assistenza e cura a domicilio (SACD) comunica all'associazione quali prestazioni devono essere fornite presso un utente il quale non ha diritto di impartire istruzioni alla collaboratrice che esegue le prestazioni di economia domestica; l'associazione organizza il personale e lo invia presso il privato per l'esecuzione della prestazione che viene fatturata al SACD, il quale poi a sua volta fattura i costi all'utente o alla cassa malati;
c) Prestito di personale: l'associazione presta personale ad un SACD, il quale lo invia presso un utente ad eseguire delle prestazioni di economia domestica o di cura della persona; la richiesta è trasmessa dal SACD all'associazione che designa la collaboratrice.
B.b. Il 19 dicembre 2014 la Sezione del lavoro ha respinto la domanda. A suo avviso l'attività svolta dall'Associazione sotto forma di "
prestito di personale " andava considerata come subfornitura o fornitura indiretta di personale, vietata dalla legge federale sul collocamento e il personale a prestito. Per quanto concerne invece le altre due forme, ossia "
l'utente diretto " e "
l'outsourcing ", le stesse costituivano delle forme di fornitura di personale a prestito, soggette ad autorizzazione, contrariamente a quanto sostenuto dall'Associazione che assimilava la propria attività all'esecuzione di un contratto di appalto. Essa è stata quindi invitata a presentare una nuova istanza in tal senso.
Adito il 2 febbraio 2015 dall'Associazione, il Consiglio di Stato ticinese ha confermato, in data 16 maggio 2017, la decisione dipartimentale.
B.c. Il Tribunale cantonale amministrativo, al quale l'Associazione si è rivolta il 16 giugno 2017, ne ha respinto il gravame con sentenza del 17 febbraio 2022. Rifiutate le prove offerte, giudicate inconcludenti, la Corte cantonale è ugualmente giunta alla conclusione che le attività svolte sotto la forma di "
utente diretto " e di "
outsourcing " soggiacevano ad autorizzazione, mentre quella denominata "
prestito di personale ", che si presentava sotto una struttura quadrangolare, era una subfornitura, vietata dalla legge. Ha poi negato che l'insorgente potesse essere esonerata dal dovere ottenere un'autorizzazione per svolgere le sue attività al motivo che non aveva uno scopo di lucro e che era di pubblica utilità, dato che la sua cifra d'affari annuale (superiore a fr. 100'000.--) dimostrava che agiva professionalmente.
C.
Il 28 marzo 2022 l'Associazione ha presentato dinanzi al Tribunale federale un ricorso in materia di diritto pubblico con cui chiede che la sentenza cantonale sia annullata. Censura un accertamento manifestamente inesatto dei fatti e la violazione del diritto federale determinante.
Chiamati ad esprimersi il Tribunale cantonale amministrativo si è riconfermato nelle motivazioni e conclusioni contenute nella sentenza impugnata, mentre il Consiglio di Stato si è rimesso al giudizio del Tribunale federale. Da parte sua la Sezione del lavoro ha chiesto la reiezione del ricorso. Nell'allegato di replica la ricorrente ha ribadito i propri argomenti.
Con decreto presidenziale del 2 maggio 2022 è stata accolta l'istanza di provvedimenti cautelari presentata dalla ricorrente che è stata autorizzata a continuare a svolgere le proprie attività al fine di mantenere immutato lo stato di fatto vigente.
Diritto:
1.
Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione la propria competenza (art. 29 cpv. 1 LTF) nonché l'ammissibilità dei rimedi di diritto proposti (DTF 149 II 276 consid. 1; 147 I 33 consid. 1).
1.1. Il ricorso è diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF), emessa in ultima istanza cantonale da un tribunale superiore (art. 86 cpv. 1 lett. d e cpv. 2 LTF) in una causa in materia di diritto pubblico (art. 82 lett. a LTF) che non rientra in alcuna delle clausole d'eccezione previste dall'art. 83 LTF. Lo stesso è stato interposto tempestivamente (art. 100 cpv. 1 LTF) ed è stato presentato dall'associazione destinataria della pronuncia contestata, che ha un interesse ad insorgere (art. 89 cpv. 1 LTF). L'impugnativa è di conseguenza ammissibile, in linea di principio, quale ricorso in materia di diritto pubblico.
1.2. In quanto, con le proprie conclusioni la ricorrente si limita a chiedere l'annullamento del giudizio impugnato, le stesse, di natura esclusivamente cassatoria, sono a prima vista insufficienti. Tuttavia siccome si può dedurre dalla lettura dell'impugnativa che essa vuole che venga accertato che l'esecuzione delle sue attività non necessita di un'autorizzazione rispettivamente che non si tratta di attività proibita dalla legge e, infine, che data la sua natura e i suoi obiettivi, essa è esonerata dal dovere chiedere un'autorizzazione, il gravame va considerato ammissibile (art. 107 cpv. 2 LTF; sentenza 2C_710/2022 del 30 agosto 2023 consid. 1.2 e rinvii).
2.
2.1. Di regola, il Tribunale federale applica il diritto federale d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF). Nondimeno, considera in via di principio solo gli argomenti proposti (art. 42 cpv. 2 LTF; DTF 142 III 364 consid. 2.4), salvo in caso di violazioni manifeste del diritto, rilevate d'ufficio (DTF 142 I 135 consid. 1.5 e richiamo). La parte ricorrente deve inoltre confrontarsi almeno brevemente con i considerandi della decisione dell'autorità precedente che reputa lesivi del diritto (DTF 140 III 456 consid. 2.2.2, 140 III 115 consid. 2; FLORENCE AUBRY GIRARDIN, in Commentaire de la LTF, 3a ed. 2022, n. 38 ad art. 42 LTF con riferimenti). Esigenze più severe valgono invece in relazione alla denuncia della violazione di diritti fondamentali, così come del diritto cantonale e intercantonale, che va formulata in maniera precisa e circostanziata (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 143 II 283 consid. 1.2.2).
2.2. Per quanto attiene invece all'accertamento dei fatti eseguito dall'autorità precedente, lo stesso può essere censurato unicamente se è avvenuto in modo manifestamente inesatto, ovvero arbitrario, oppure in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF e se l'eliminazione del vizio può essere determinante per l'esito del procedimento (art. 97 cpv. 1 LTF; DTF 146 IV 88 consid. 1.3.1). Salvo in casi in cui tale inesattezza sia manifesta, la parte ricorrente che intende contestare i fatti accertati dall'autorità inferiore deve spiegare, in maniera circostanziata, per quale motivo ritiene che le condizioni di una delle eccezioni previste dall'art. 105 cpv. 2 LTF sarebbero realizzate (DTF 142 I 135 consid. 1.6; 141 II 14 consid. 1.6 con riferimenti).
3.
Oggetto di disamina è, in primo luogo, la questione di sapere se la ricorrente debba essere assoggettata alla legge federale del 6 ottobre 1989 sul collocamento e il personale a prestito (di seguito: legge sul collocamento o LC [RS 823.11]). In caso di risposta affermativa dovrà allora essere vagliato se le attività svolte dai suoi collaboratori sotto le forme di "
utente diretto " e di "
outsourcing " costituiscano delle forme di fornitura di personale a prestito, assoggettate alla citata legge, per le quali un'autorizzazione dev'essere chiesta. Infine dovrà essere valutato se l'attività eseguita sotto la forma di "
prestito di personale " va considerata come subfornitura o fornitura indiretta di personale a prestito, vietata dalla citata legge federale.
4.
Dal profilo formale la ricorrente rimprovera alla Corte cantonale di aver accertato in modo incompleto e arbitrario i fatti. La stessa infatti si sarebbe accontentata di riprendere le informazioni generiche figuranti sul sito internet dell'associazione ed avrebbe erroneamente rifiutato di assumere i mezzi di prova da lei offerti (audizione di testi, sopralluogo), che le avrebbero permesso di constatare quali erano i reali rapporti tra l'Associazione e i suoi collaboratori rispettivamente tra questi e gli utenti diretti. Sennonché con questa motivazione la ricorrente pone questioni di fatto rispettivamente di apprezzamento delle prove che questa Corte rivede unicamente dal profilo del divieto d'arbitrio.
4.1. Ora, l'arbitrio nell'accertamento dei fatti e/o nell'apprezzamento delle prove - anche anticipato - è dato soltanto se l'istanza precedente non ha manifestamente compreso il senso e la portata di un mezzo di prova, ha omesso di considerare un mezzo di prova pertinente senza un serio motivo oppure se ne ha tratto delle deduzioni insostenibili (DTF 146 IV 88 consid. 1.3.1; 143 IV 500 consid. 1.1). Chi ricorre deve argomentare, per ogni accertamento di fatto criticato, in che modo le prove avrebbero dovuto essere valutate, perché l'apprezzamento dell'autorità sia insostenibile e in che misura la lesione invocata sarebbe suscettibile di influenzare l'esito del litigio nel suo complesso (art. 97 cpv. 1 LTF; DTF 143 IV 500 consid. 1.1; sentenza 9C_636/2022 del 24 ottobre 2023 consid. 8.2).
4.2. Nella fattispecie una violazione del divieto d'arbitrio non è però dimostrata. La ricorrente si limita infatti a sostenere in maniera del tutto appellatoria che le audizioni dei collaboratori e degli utenti e il sopralluogo richiesti avrebbero permesso di determinare che essa fruiva di potere d'istruzione, senza però spiegare in maniera dettagliata e comprovata, contrariamente a quanto avrebbe dovuto fare (cfr.
supra consid. 4.1), in che consisterebbe e come verrebbe esercitato questo potere d'istruzione. In realtà le critiche della ricorrente non concernono tanto l'accertamento dei fatti quanto invece l'apprezzamento giuridico dei vari elementi della vertenza, quesito che verrà esaminato più avanti. Su questo punto il ricorso, in quanto ammissibile si rileva infondato e come tale va respinto.
4.3. Pertanto, siccome non sono validamente messi in discussione, i fatti che risultano dal giudizio querelato vincolano il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF). Questa Corte fonderà dunque il proprio giudizio sui fatti constatati dall'autorità precedente.
5.
Secondo la ricorrente essa non sarebbe assoggettata in quanto tale alla legge sul collocamento, ragione per cui non soggiacerebbe all'obbligo di ottenere un'autorizzazione per svolgere la propria attività. Afferma, rinviando al sito internet della Segretaria di Stato dell'economia che, secondo quanto prescritto da quest'ultima autorità, le organizzazioni "non profit" - come lei - non dovrebbero ottenere un'autorizzazione per il prestito di personale.
5.1. La fornitura di personale a prestito è disciplinata agli artt. 12 segg. della legge sul collocamento e agli artt. 26 segg. dell'ordinanza del 16 gennaio 1991 sul collocamento e il personale a prestito (ordinanza sul collocamento, OC; RS 823.111).
L'art. 12 cpv. 1 LC stabilisce che i datori di lavoro (prestatori) che cedono per mestiere lavoratori a terzi (imprese acquisitrici) devono chiedere l'autorizzazione d'esercizio all'ufficio cantonale del lavoro. Secondo l'art. 26 cpv. 1 OC è considerato prestatore chiunque ceda i servizi di un lavoratore a un'impresa acquisitrice, accordandole per l'essenziale il potere di impartire istruzioni al lavoratore. Per prestito di personale fatto per mestiere si intende un'attività commerciale regolare effettuata a scopo di lucro.
Giusta l'art. 29 cpv. 1 OC chi cede i servizi di lavoratori a imprese acquisitrici in modo regolare e con l'intenzione di conseguire un profitto oppure realizza mediante la sua attività di fornitura di personale a prestito una cifra d'affari annua di almeno 100 000 franchi, fornisce professionalmente personale a prestito. La regolarità richiesta è raggiunta quando, nello spazio di dodici mesi, più di dieci contratti di prestito riguardanti l'impiego ininterrotto di un unico lavoratore o di un gruppo di lavoratori vengono conclusi (art. 29 cpv. 2 OC). Al riguardo l'accordo dato dal lavoratore per una missione viene considerato come un contratto. Un'attività è ritenuta commerciale se l'importo fatturato all'impresa acquisitrice supera la somma dei costi salariali e dei costi salariali addizionali e di una partecipazione alle spese amministrative del 5% al massimo (vedasi Segretariato di Stato dell'economia, SECO, Promemoria relativo alle disposizioni sul personale a prestito secondo la legge federale del 6 ottobre 1989 sul collocamento e il personale a prestito [LC], marzo 2017, cifra 2 lett. b; cfr. anche NICOLAS FACINCANI/RETO PICENONI/RETO SUTTER, Location de services, À quoi doit veiller un employeur mettant ses collaborateurs à disposition d'une tierce entreprise in: Trex, L'expert fiduciaire, 2022, pagg. 22 segg., segnatamente 33 n. 2.3).
5.2. Dall'inserto di causa emerge che nel 2014 la ricorrente, oltre a del personale amministrativo (ossia, tra l'altro, le coordinatrici delle collaboratrici domestiche), aveva alle sue dipendenze circa 180 persone che effettuavano regolarmente delle missioni di attività di economia domestica; le ore di lavoro prestate sono state quantificate in circa 60'000 per prestazioni effettuate nell'ambito del rapporto diretto tra la ricorrente e un privato e in circa 60'000 per le prestazioni svolte su incarico dei SACD. Si può quindi definire la sua attività come regolare e ritenere che l'esigenza quantitativa posta dall'art. 29 cpv. 2 OC (cioè numero dei contratti conclusi nello spazio di dodici mesi) adempiuta (vedasi al riguardo lettera del 5 maggio 2014 della Sezione del lavoro indirizzata all'interessata). Benché la ricorrente contesti di svolgere un'attività commerciale va osservato che, come rilevato dalla Sezione del lavoro nelle proprie determinazioni (punto 7.2 § 4), la quale si basa ugualmente sui documenti contenuti nell'incarto cantonale, se si confronta l'importo orario fatturato dalla ricorrente all'impresa acquisitrice e il salario orario versato al (la) lavoratore (rice), la ricorrente realizza manifestamente un profitto, ciò che sufficiente per ammettere che agisca in modo professionale ai sensi dell'art. 29 cpv. 1 OC. In effetti, con un salario orario di fr. 22.80, al quale si aggiungono 16 % di oneri sociali e 5 % di spese amministrative, si giunge ad un totale di fr. 27.65, mentre l'importo fatturato all'impresa acquisitrice è di fr. 33.50. Cifre che la ricorrente non ha mai rimesso in discussione. La questione non merita comunque ulteriore approfondimento. In effetti, come constatato dalla Corte cantonale e non contestato dall'interessata, sempre dagli atti di causa, segnatamente dai consuntivi da lei forniti, risulta che genera una cifra d'affari annua che supera ampiamente la soglia dei fr. 100'000.-- (vedasi tabella relativa ai consuntivi 2008 a 2011, figurante nella decisione di prima istanza del 19 dicembre 2014 pag. 7 n. 5). È quindi realizzata la seconda ipotesi prospettata dall'art. 29 cpv. 1 OC.
In queste condizioni anche se la ricorrente è un ente riconosciuto di pubblica utilità e ha anche beneficiato di esenzione fiscale (vedasi decisione del 30 agosto 2013 della Divisione delle contribuzioni, che dopo avere rammentato che l'interessata era esente dal pagamento dalle imposte dal 2009, ha confermato un'esenzione solo parziale però, limitata cioè all'attività di collaborazione con i SACD) è tuttavia indiscutibile che l'interessata, la quale effettua prestito di personale per mestiere, supera il limite della cifra d'affari previsto dalla legge, ossia fr. 100'000.-- (art. 29 cpv. 1 OC) ragione per cui va assoggettata alla legge sul collocamento. Altrimenti detto, quando viene realizzata una cifra d'affari di almeno fr. 100'000.--, a prescindere dalla volontà di conseguire un profitto oppure del fatto che venga effettuata un'attività di pubblica utilità, anche sussidiata dall'ente pubblico, vi è l'obbligo autorizzativo (cfr. KULL MICHAEL, Arbeitsvermittlungsgesetz (AVG) 2014, n. 50 segg. segatamente n. 56 all'art. 12 LC; PIERRE MATILE, JOSÉ ZILLA, con la stretta collaborazione di DAN STREIT, Travail temporaire, Commentaire pratique des dispositions fédérales sur la location de services (art. 12-39 LSE), 2010, pag. 32 lett. C). Il fatto poi che un'associazione persegue uno scopo ideale (art. 60 cpv. 1 CC) non esclude infatti, come rilevato dalla Sezione del lavoro nelle proprie determinazioni, che svolga un'attività che genera un profitto (art. 61 cpv. 2 CC; vedasi anche HANS MICHAEL RIEMER in: Berner Kommentar, n. 54 e 55 all'art. 60 CC; OLIVIER HARI/LIONEL JEANNERET in: Commentaire romand Code civil I, n. IV all'art. 61 CC). Su questo punto il ricorso si rivela infondato. Va quindi confermato l'assoggettamento della ricorrente alla legge sul collocamento, come giudicato a ragione dalla Corte cantonale.
6.
A parere della ricorrente, il Tribunale cantonale amministrativo avrebbe erroneamente giudicato che l'attività da essa svolta sotto le forme di
"utente diretto" e
"outsourcing" sarebbe classificabile quale fornitura di personale a prestito.
6.1. La fornitura di personale a prestito, nozione che non è definita nella legge, si riferisce alle relazioni tripartite tra un datore di lavoro (prestatore), un altro datore di lavoro (impresa acquisitrice) e un lavoratore (DTF 148 II 426 consid. 5.1; 148 II 203 consid. 3.3.2 e rispettivi rinvii; vedasi anche RÉMY WYLER ET AL., Droit du travail, 5a ed. 2024, pag. 96). Essa presuppone quindi, da un lato, un contratto di lavoro ai sensi degli artt. 319 segg. CO (contratto quadro) tra il prestatore e il lavoratore, completato da un contratto di missione (vedasi art. 19 LC; DTF 145 III 63 consid. 2.2.1; vedasi anche JULIEN BILLARANT, Pour une approche nouvelle du rapport de subordination en droit privé suisse du travail, 2020, pag. 222 segg.) e, dall'altro lato, un contratto di fornitura di personale a prestito (contratto sui generis) tra il prestatore e l'impresa acquisitrice (art. 22 LC; DTF 148 II 426 consid. 5.1; ROMAIN FÉLIX, Location de services versus autres contrats de prestations: critères de distinction, in: Panorama III en droit du travail, 2017, pagg. 779 segg., pag. 782; FABIAN LOOSER, Der Personalverleih, tesi 2015, pagg. 116 n. 350, 118 n. 355). L'esistenza di un contratto di lavoro è quindi un presupposto necessario affinché venga ammessa una situazione di fornitura di personale a prestito ai sensi della legge federale.
6.2. Occorre quindi in primo luogo accertare se l'associazione ricorrente ha concluso con i suo collaboratori dei contratti di lavoro.
6.2.1. Ai sensi dell'art. 319 cpv. 1 CO, il contratto individuale di lavoro è quello con il quale il lavoratore si obbliga a lavorare al servizio del datore di lavoro per un tempo determinato o indeterminato e il datore di lavoro a pagare un salario stabilito a tempo o a cottimo. Gli elementi caratteristici di questo contratto sono una prestazione di lavoro, un rapporto di subordinazione, un tempo di lavoro e una rimunerazione. Un contratto di lavoro implica quindi che vi sia un rapporto di subordinazione, che rende il lavoratore dipendente dal datore di lavoro dal profilo personale, organizzativo e temporale e, in una certa misura, anche economico. Oltre alla dipendenza economica, elemento tipico del contratto di lavoro, il lavoratore è sottoposto alla sorveglianza, agli ordini e alle istruzioni del datore di lavoro ed è integrato in una struttura di lavoro altrui, occupandovi un posto determinato (DTF 148 II 426 consid. 6.3 e riferimenti). Per quanto concerne le istruzioni, le stesse non si limitano a semplici direttive ma influiscono sull'oggetto e l'organizzazione del lavoro e instaurano un diritto di controllo. I criteri formali, quali la denominazione del contratto, le dichiarazioni delle parti o le deduzioni dei contributi sociali, non sono determinanti. Devono invece essere presi in considerazione i criteri materiali concernenti la maniera in cui il lavoro è effettivamente svolto, cioè il grado di libertà concesso nell'organizzazione del lavoro e l'orario lavorativo, l'obbligo di fare un resoconto dell'attività e/o di seguire delle istruzioni e l'identificazione della parte che sopporta il rischio economico (DTF 148 II 426 consid. 6.3 e rinvii). Elementi specifici del contratto di lavoro sono il rimborso delle spese sostenute dal lavoratore, il fatto che il datore di lavoro sopporta il rischio economico e che il lavoratore cede ad un terzo lo sfruttamento della sua prestazione lavorativa in cambio di un reddito assicurato (DTF 148 II 426 consid. 6.3 e rinvii).
6.2.2. Come emerge dagli atti di causa, nel corso della procedura avviata in sede cantonale la ricorrente ha prodotto, sia spontaneamente che su richiesta della Sezione del lavoro, diverse versioni dei vari contratti da lei stipulati; per determinarsi sulla questione dell'assoggettamento della ricorrente alla legge sul collocamento, l'autorità si è tuttavia attenuta a quelli presentati nell'ottobre 2014. Dalla lettura del contratto intitolato "Contratto di lavoro secondo gli articoli 19 segg. LC e 48 segg. OC", risulta che lo stesso è un contratto quadro che disciplina un numero indeterminato di missioni temporanee che la lavoratrice svolgerà durante un determinato periodo presso imprese terze (imprese acquisitrici). È completato da un contratto di missione, il quale regola diversi aspetti (salario lordo orario, spese e uscite, ore supplementari, versamento del salario, ferie, prestazioni sociali, malattia e infortuni, ecc.) e rinvia al contratto di lavoro per quanto riguarda diversi punti (tipo di lavoro da svolgere, luogo del lavoro, inizio della missione e durata, salario per la missione, eventuale 13 mensilità). Il datore di lavoro non è tenuto a offrire una missione e il lavoratore ad accettare la missione proposta. Ogni nuova missione presuppone la conclusione di un nuovo contratto di missione. Le ore di lavoro effettuate sono pagate mensilmente, in base alle indicazioni di cui al corrispondente formulario da far pervenire alla datrice di lavoro qui ricorrente a conclusione di ogni mese. Questi documenti sono infine completati da un contratto di missione, concernente una missione temporanea da svolgere presso il cliente (impresa acquisitrice) del prestatore, il quale include un regolamento interno che specifica i diritti e doveri del dipendente e precisa, tra l'altro, le varie mansioni di aiuto domestico da effettuare come anche che alla lavoratrice è vietato eseguire ordini impartiti dall'utente, fatta eccezione per quanto riguarda il prestito del personale.
Visto quanto precede è quindi a giusto titolo che il Tribunale cantonale amministrativo ha ammesso l'esistenza di un contratto di lavoro ai sensi dell'art. 319 CO, cioè di un contratto quadro completato da un contratto di missione, che disciplinano le relazioni tra la qui ricorrente e i lavoratori. Occorre ora esaminare se vi è fornitura di personale a prestito.
6.3. Per prassi costante, come peraltro rilevato dalla Corte cantonale, per stabilire se un'attività va qualificata come fornitura di personale a prestito soggetta ad autorizzazione, si procede all'analisi del caso concreto, prendendo in considerazione il contenuto del contratto, la descrizione dell'attività prevista e di quella concretamente svolta presso l'impresa acquisitrice (vedasi ROMAIN FÉLIX, op. cit., pag. 805; MICHAEL KULL, op. cit., n. 42 all'art. 12 LC). Non è invece decisiva la denominazione data dalle parti al contratto (DTF 148 II 426 consid. 7.1 e sentenza 4A_134/2022 del 16 settembre 2022 consid. 3.2.4 entrambe con rispettivi riferimenti).
6.3.1. L'art. 27 OC distingue tre forme di fornitura di personale a prestito: il lavoro temporaneo, il lavoro a prestito e la cessione occasionale di lavoratori ad imprese acquisitrici. Ai sensi dell'art. 28 cpv. 1 OC la fornitura di personale a prestito è sottoposta ad autorizzazione solo per quanto riguarda il lavoro temporaneo e il lavoro a prestito.
Trattandosi di lavoro temporaneo (o lavoro interinale) il datore di lavoro (agenzia di collocamento) non stipula, inizialmente, un vero e proprio contratto di lavoro con il dipendente, ma un contratto quadro, ossia una convenzione generale di servizi mediante la quale il lavoratore aderisce alle sue condizioni d'impiego. Gli propone in seguito un contratto d'incarico con un'impresa terza. Se il lavoratore accetta l'incarico, allora viene concluso un contratto di lavoro vero e proprio con il datore di lavoro (agenzia di collocamento). Non è dovuto uno stipendio tra una missione e l'altra (DTF 148 II 426 consid. 5.4 e rinvio).
Per quanto concerne il lavoro a prestito esso è caratterizzato dal fatto che il lavoratore è assunto nell'intento di fornire le sue prestazioni a diverse imprese clienti. Tuttavia diversamente dal lavoro temporaneo, la durata dell'impiego non dipende dagli incarichi effettuati presso le imprese clienti. Il lavoratore è legato da un contratto di lavoro duraturo con il suo datore di lavoro, il quale sopporta di conseguenza il rischio eventuale dell'inattività del lavoratore tra un incarico e l'altro. Si parla allora di lavoro temporaneo impropriamente detto (DTF 148 II 426 consid. 5.4 e rinvio).
6.3.2. Vi è prestazione di lavoro sotto forma di fornitura di personale a prestito quando: a) il diritto d'impartire delle istruzioni e di esercitare un controllo appartiene all'impresa acquisitrice; b) il lavoratore svolge la propria attività professionale in primo luogo presso la sede dell'impresa acquisitrice con gli strumenti, il materiale o gli apparecchi messi a disposizione da quest'ultima; c) l'impresa acquisitrice sopporta il rischio di un'eventuale cattiva esecuzione della prestazione di lavoro, mentre il prestatore risponde unicamente della (buona) scelta del lavoratore, senza tuttavia garantire uno specifico risultato (sentenza 4A_134/2022 già citata consid. 3.2.1 in fine con rinvio alla sentenza 2C_132/2018 già citata consid. 4.3.2 e riferimenti).
In ragione della sua concreta posizione di datore di lavoro "di fatto", l'impresa acquisitrice ha il diritto di impartire delle istruzioni ma ha anche un dovere di assistenza. La delega del diritto d'impartire delle istruzioni è un elemento essenziale della fornitura di personale a prestito (DTF 148 II 426 consid. 7.1 e richiami; sentenze 4A_134/2022 già citata consid. 3.2.2 e 2C_132/2018 già citata consid. 4.3.3; cfr. ROMAIN FÉLIX, op. cit., pag. 788 seg.). Le istruzioni sono ritenute cedute o trasmesse quando è l'impresa acquisitrice che istruisce il lavoratore sulla natura e l'ampiezza del lavoro da effettuare sul posto e gli mette a disposizione i necessari attrezzi di lavoro. L'impresa acquisitrice fruisce allora del diritto d'impartire delle istruzioni al lavoratore, come solo il datore di lavoro - al fine di concretizzare unilateralmente il contratto di lavoro - può farlo in virtù dell'art. 321d CO. Il prestatore non è tuttavia liberato dai suoi obblighi di datore di lavoro. Egli ha il dovere di scegliere il lavoratore più idoneo per la missione da compiere e assume nei confronti dei clienti la responsabilità della qualità delle prestazioni fornite dai suoi impiegati. Si è quindi in presenza di una duplicazione della funzione di datore di lavoro e del diritto d'impartire delle istruzioni tra l'impresa acquisitrice e il prestatore (DTF 148 II 203 consid. 3.3.2; sentenza 2C_543/2014 del 26 novembre 2014 consid. 2.1 e richiami). Ragione per cui l'impresa acquisitrice è a volte qualificata di
"datore di lavoro effettivo"e il prestatore di
"datore di lavoro giuridico". Il prestatore ha l'obbligo di pagare il salario al lavoratore e di allestire i conteggi (rendiconti) all'attenzione degli istituti delle assicurazioni sociali e delle autorità fiscali. Se l'utilizzatore non è soddisfatto della prestazione lavorativa fornita, l'impresa acquisitrice può rivolgersi al prestatore ed esigere, se del caso, un altro lavoratore più adeguato. Il diritto di recidere il contratto di lavoro spetta esclusivamente al prestatore (sentenza 4A_134/2022 già citata consid. 3.2.3, con rinvio alla sentenza 2C_132/2018 già citata consid. 4.3.3).
Va infine aggiunto che, con riferimento al contratto concluso tra il prestatore e l'impresa acquisitrice, tramite lo stesso il prestatore non s'impegna a fornire una determinata prestazione di lavoro, bensì a mettere a disposizione, con il loro consenso e contro rimunerazione, dei lavoratori scelti accuratamente e che corrispondono al profilo richiesto, affinché effettuino un lavoro di una durata determinata. Sebbene i lavoratori siano integrati nell'organizzazione dell'impresa acquisitrice, che ha il potere di impartire loro istruzioni, non vi è invece tra di loro una relazione contrattuale; il rapporto di lavoro essendo tra il lavoratore e il prestatore (sentenze 4A_134/2022 già citata consid. 3.2.2, con rinvio alla sentenza 2C_132/2018 già citata consid. 4.3.2 e 2C_543/2014 del 26 novembre 2014 consid. 2.2 e rispettivi riferimenti).
6.4. Nell'inserto di causa figura, tra l'altro, un documento denominato "Contratto di fornitura di personale a prestito" secondo gli articoli 22 LC e 50 OC, sottoscritto dalla ricorrente, quale prestatore e da un'impresa acquisitrice. Lo stesso concerne la fornitura di una lavoratrice, senza specifiche qualifiche e impiegata in qualità di ausiliaria aiuto domestico, con luogo di missione il Canton Ticino. La missione è prevista a tempo indeterminato e la retribuzione versata al prestatore viene calcolata in ore, pagate entro 30 giorni dalla ricezione del conteggio mensile. Vi sono inoltre delle clausole che trattano della responsabilità del prestatore (che risponde unicamente della buona scelta del lavoratore fornito a prestito), del potere direttivo (l'impresa acquisitrice fruendo di pieni poteri direttivi e di controllo concernenti l'esecuzione del lavoro, segnatamente per quanto concerne la sicurezza del lavoro e la protezione della salute) e infine della possibilità di assunzione del lavoratore da parte dell'impresa acquisitrice.
Con riferimento alle mansioni da effettuare il regolamento precisa che si tratta di quelle relative: a) alla pulizia e cura della casa (tenuto conto delle abitudini e delle esigenze dell'utente), cioè pulizia corrente dei pavimenti; pulizia del bagno; pulizia della cucina; pulizia dei vetri, dei lampadari e delle porte; spolverare; riordinare; riordino oggetti degli animali; cura delle piante; b) alla cura della biancheria, ossia lavare a mano e in lavatrice; stirare; piccoli lavori di rammento; c) accompagnamento, cioè tenendo conto dello stato di salute dell'utente egli viene accompagnato per acquisti e/o spesa alimentare; passeggiata (senza l'uso dell'automobile). Se in possesso della necessaria formazione professionale, la lavoratrice è autorizzata a eseguire prestazioni di cura ai malati, attenendosi alle direttive impartite dal responsabile del servizio dove lavora.
Le mansioni che le lavoratrici (della ricorrente) devono svolgere attengono principalmente ad attività legate all'economia domestica (pulizie, riordini, bucato, stiro) rispettivamente, come osservato dalle autorità che hanno consultato il sito internet dell'interessata, alla preparazione dei pasti, all'accompagnamento per acquisti o passeggiate, alla cura del giardino ecc., cioè di attività per le quali l'utente dispone di principio delle necessarie competenze per procedervi di persona ma che, per motivi legati all'età o alla salute non può, in maniera temporanea o definitiva, più effettuare. Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente e come giustamente osservato dalla Corte cantonale è indubbio che gli utenti devono poter esprimere i loro desideri riguardo al modo in cui dette attività vengono prestate e non devono accontentarsi di subirle, soprattutto tenendo conto del fatto che le attività in questione vengono svolte presso il loro domicilio e in loro presenza. Non va poi dimenticato che le mansioni da eseguire sono concordate con l'utente, tenendo conto delle sue abitudini e delle sue esigenze. È quindi a ragione che i giudici cantonali, condividendo su questo punto l'opinione della Sezione del lavoro e del Consiglio di Stato, sono giunti alla conclusione che vi era come minimo un potere di conduzione condiviso, non essendo plausibile che l'utente rinunci completamente alla propria autonomia personale nel definire concretamente come la prestazione andava fornita e che accettasse di non potere dire nulla riguardo ai lavori da effettuare oppure sul modo in cui venivano effettuati gli spostamenti fuori domicilio. Ricordato poi che le prestazioni sono eseguite al domicilio dell'utente, utilizzando i suoi prodotti, il materiale e gli strumenti di sua proprietà e da lui messi a disposizione (art. 26 cpv. 2 lett. b OC), è quindi a giusto titolo che i giudici cantonali sono giunti alla conclusione che il lavoratore prestato era integrato nell'economia domestica del beneficiario della prestazione sul piano personale, organizzativo e del tempo del lavoro.
Va aggiunto, per finire, che il fatto che la ricorrente abbia modificato, nel corso della procedura cantonale, il contenuto dei suoi contratti per farli passare per dei contratti d'appalto è inconferente visto quanto precede. Senza poi tralasciare che questo tipo di contratto non instaura un rapporto di subordinazione tra le parti, come è invece il caso nella fattispecie.
6.5. Premesse queste considerazioni va confermata la sentenza cantonale laddove conclude che le due prime tipologie di attività svolte dalla ricorrente
("utente diretto" e
"outsourcing") sono classificabili quale fornitura di personale a prestito e sono quindi assoggettate ad autorizzazione giusta l'art. 12 LC. Su questo punto, il ricorso si rivela infondato.
7.
Con riferimento alla terza tipologia di attività, ossia il
"prestito di personale" a un SACD, la ricorrente contesta che si tratti di subfornitura di personale a prestito, non consentita dalla legge sul collocamento e dalla relativa ordinanza. A suo avviso, anche in questa costellazione l'utente finale del SACD non fruirebbe di alcun potere d'istruzione nei confronti del collaboratore che svolge l'attività professionale, il quale riceverebbe infatti le sue istruzioni dal SACD e non dall'utente. Senza dimenticare che incomberebbe al SACD, attraverso una "valutazione del bisogno", decidere quali prestazioni devono essere eseguite, non all'utente finale. Affermare quindi che detta attività sarebbe vietata dalla legge sul collocamento disattenderebbe ancora una volta il diritto.
7.1. Giusta l'art. 26 cpv. 3 OC, la fornitura a terzi di lavoratori già forniti a prestito (cosiddetta subfornitura o fornitura indiretta) non è consentita. La fornitura di un lavoratore a un'impresa terza è invece consentita se: a) la prima impresa cede il rapporto di lavoro alla seconda impresa per la durata dell'impiego, le seconda impresa subentra quale datore di lavoro, dispone di un'autorizzazione di fornitura di personale a prestito e cede i servizi del lavoratore alla terza impresa o b) la prima impresa rimane datore di lavoro e conclude con la terza impresa un contratto di fornitura di personale a prestito mentre la seconda impresa svolge unicamente un ruolo di intermediario nel rapporto di fornitura di personale a prestito.
7.2. Come rilevato dai giudici cantonali, nel caso di specie si è in presenza di un'impresa che assume un lavoratore, con il quale è legato da un contratto di lavoro, che fornisce poi in prestito a una seconda impresa che, a sua volta, lo fornisce a prestito ad una terza società. Ora una simile costellazione non adempie le condizioni delle eccezioni previste dalla legge (la seconda impresa subentra quale datore di lavoro e dispone della necessaria autorizzazione rispettivamente interviene unicamente quale intermediario) e la ricorrente nemmeno lo pretende, affinché si possa tollerare che un lavoratore sia fornito ad un'impresa terza (art. 26 cpv. 3 OC). Va poi osservato che l'argomentazione della ricorrente, la quale nega che vi sia subfornitura poiché a suo avviso l'utente (finale) non avrebbe alcun potere di conduzione, lo stesso essendo suddiviso tra il prestatore (cioè se stessa) e il SACD, viene smentita da quanto appena esposto nel precedente considerando (cfr.
supra consid. 6) da cui emerge che l'utente fruisce, contrariamente all'assunto dalla ricorrente, di un potere decisionale. Come giudicato dalla Corte cantonale, si è quindi in presenza di una cosiddetta subfornitura o fornitura indiretta, non consentita dalla legge. È quindi a ragione che l'autorizzazione non andava accordata. Anche in proposito il ricorso si avvera infondato.
8.
8.1. Per quanto precede, il ricorso, in quanto ammissibile, si rivela infondato e come tale va respinto.
8.2. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza e vanno poste a carico della ricorrente (art. 66 cpv. 1 LTF). Non si accordano ripetibili ad autorità vincenti (art. 68 cpv. 3 LTF).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1.
In quanto ammissibile, il ricorso è respinto.
2.
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico della ricorrente.
3.
Comunicazione ai patrocinatori della ricorrente, alla Sezione del lavoro del Dipartimento delle finanze e dell'economia, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino nonché al Dipartimento federale dell'economia, della formazione e della ricerca DEFR, per informazione.
Losanna, 22 gennaio 2025
In nome della II Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
La Presidente: F. Aubry Girardin
La Cancelliera: Ieronimo Perroud