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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
5A_583/2024  
 
 
Sentenza del 29 aprile 2025  
 
II Corte di diritto civile  
 
Composizione 
Giudici federali Bovey, Presidente, 
De Rossa, Josi, 
Cancelliera Antonini. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Angela Decristophoris, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Ufficio di esecuzione sede di Lugano, 
via Bossi 2A, 6901 Lugano, 
 
B.________, 
patrocinata dall'avv. Andrea Lenzin. 
 
Oggetto 
pignoramento (richiesta di informazioni), 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 23 agosto 2024 dalla Camera di esecuzione e fallimenti del 
Tribunale d'appello del Cantone Ticino, 
quale autorità di vigilanza (15.2024.29). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
 
A.a. Il 19 giugno 2023 la Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale d'appello del Cantone Ticino (in seguito: CEF) ha confermato il rigetto delle opposizioni interposte da A.________ nelle procedure esecutive promosse dalla sua ex moglie, B.________, con due precetti esecutivi (www e xxx, ciascuno per fr. 57'000.-- oltre a interessi) per l'incasso di contributi di mantenimento dovuti in base alla decisione di divorzio del 12 maggio 2020, per i periodi da gennaio a ottobre 2021, rispettivamente da novembre 2021 a agosto 2022.  
 
A.b. Il 18 gennaio 2024 l'Ufficio di esecuzione sede di Lugano (in seguito: UE), non avendo accertato l'esistenza di beni pignorabili dell'escusso, ha emesso due attestati di carenza di beni.  
 
A.c. Il 26 gennaio 2024 B.________ ha chiesto la prosecuzione delle esecuzioni sfociate nei suddetti attestati senza l'emissione di nuovi precetti esecutivi (art. 149 cpv. 3 LEF), facendo valere che nel 2019 l'escusso aveva un conto presso la banca C.________ SA che presentava un saldo di fr. 2'435'146.--. Lo stesso giorno, l'UE ha emesso due avvisi di pignoramento per il 2 febbraio 2024 (yyy, rispettivamente zzz) e nel contempo ha chiesto a C.________ SA, in vista del pignoramento, di informarlo sull'eventuale esistenza di un conto presso di essa e sulla sua consistenza, con la diffida dell'art. 99 LEF. Il 6 febbraio 2024 la banca ha risposto indicando che l'escusso disponeva di un conto con un saldo al 2 febbraio 2024 di USD 4'985.-- (pari a circa fr. 4'322.--), riservandosi la facoltà contrattuale di operare una compensazione con il saldo debitore del conto connesso con la sua carta di credito, pari a fr. 3'719.60.  
 
A.d. Il 28 febbraio 2024 A.________ si è presentato all'UE e ha prodotto la documentazione necessaria a determinare i suoi redditi (rendite AVS di fr. 511.-- e pensionistica statunitense di USD 1'487.-- mensili) e spese, tra cui in particolare un estratto del suo conto presso C.________ SA con i movimenti da dicembre 2023 a gennaio 2024. L'UE ha quindi pignorato " una tantum " la parte di saldo del conto da considerare risparmiata (pari a fr. 522.--, che egli ha versato seduta stante) e ha comunicato alla banca l'annullamento della diffida del 26 gennaio 2024. In tale occasione, l'UE ha chiesto all'escusso di produrre l'estratto dettagliato del conto negli ultimi cinque anni.  
 
 
A.e. Il 12 marzo 2024 l'UE ha ingiunto a C.________ SA di trasmettergli un estratto completo delle operazioni relative a tutte le relazioni esistenti appartenenti direttamente o indirettamente a A.________ durante il " periodo sospetto " ai sensi degli art. 286-288 LEF, e meglio dal 12 marzo 2019 al 12 marzo 2024.  
 
B.  
Mediante sentenza 23 agosto 2024 la CEF, quale autorità di vigilanza, ha respinto, nella misura in cui era ammissibile, il ricorso presentato da A.________ contro tale provvedimento dell'UE. 
 
C.  
Con ricorso in materia civile 6 settembre 2024, A.________ ha impugnato la sentenza cantonale dinanzi al Tribunale federale chiedendone, previo conferimento dell'effetto sospensivo in via cautelare e supercautelare, l'annullamento e la riforma nel senso che in via principale è accertata la nullità del provvedimento dell'UE del 12 marzo 2024, in via subordinata il medesimo provvedimento è annullato e, in via ancor più subordinata, l'incarto è ritornato all'autorità inferiore affinché determini nuovamente il limite temporale dell'obbligo di informazione di C.________ SA. 
Mediante decreto 10 settembre 2024 al ricorso è stato concesso l'effetto sospensivo in via supercautelare. 
Con decreto 26 settembre 2024, dopo aver invitato a pronunciarsi sull'istanza di misure d'urgenza l'UE e l'autorità di vigilanza (che hanno rinunciato a presentare osservazioni) e B.________ (che vi si è opposta con scritto 23 settembre 2024), il Presidente della Corte adita ha conferito effetto sospensivo al gravame. 
Non sono state chieste determinazioni nel merito. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Il ricorso è stato interposto tempestivamente (art. 100 cpv. 2 lett. a LTF) dalla parte soccombente in sede cantonale (art. 76 cpv. 1 LTF) contro una decisione finale (art. 90 LTF; DTF 133 III 350 consid. 1.2) pronunciata dall'autorità ticinese di ultima (unica) istanza (art. 75 LTF; MARCO LEVANTE, in Basler Kommentar, Bundesgesetz über Schuldbetreibung und Konkurs, vol. I, 3a ed. 2021, n. 19 ad art. 19 LEF) in materia di esecuzione e fallimento (art. 72 cpv. 2 lett. a LTF). Trattandosi di una decisione dell'autorità cantonale di vigilanza in materia di esecuzione e fallimento, il valore di causa è privo di rilievo (art. 74 cpv. 2 lett. c LTF; DTF 133 III 350 consid. 1.2). Nell'ottica dei criteri menzionati, il ricorso in materia civile appare pertanto ammissibile.  
 
1.2. Il Tribunale federale applica il diritto d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF). Nondimeno, tenuto conto dell'onere di allegazione e motivazione posto dall'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, la cui mancata ottemperanza conduce all'inammissibilità del gravame, il Tribunale federale esamina di regola solo le censure sollevate (DTF 142 III 364 consid. 2.4 con rinvii). Il ricorrente deve pertanto spiegare nei motivi del ricorso, in modo conciso e confrontandosi con i considerandi della sentenza impugnata, perché quest'ultima viola il diritto (DTF 143 II 283 consid. 1.2.2; 142 III 364 consid. 2.4). Per le violazioni di diritti fondamentali e di disposizioni di diritto cantonale e intercantonale le esigenze di motivazione sono più severe; il ricorrente deve indicare in modo chiaro e dettagliato i diritti che sono stati violati e spiegare in cosa consista la violazione (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 143 II 283 consid. 1.2.2; 142 III 364 consid. 2.4).  
 
1.3. Il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sull'accertamento dei fatti svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF); può scostarsene o completarlo solo se è stato effettuato in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto (art. 105 cpv. 2 LTF). L'accertamento dei fatti contenuto nella sentenza impugnata può essere censurato alle stesse condizioni; occorre inoltre che l'eliminazione dell'asserito vizio possa influire in maniera determinante sull'esito della causa (art. 97 cpv. 1 LTF). Se rimprovera all'autorità inferiore un accertamento dei fatti manifestamente inesatto - ossia arbitrario (DTF 149 II 337 consid. 2.3; 147 V 35 consid. 4.2; 140 III 115 consid. 2) - il ricorrente deve sollevare la censura e motivarla in modo preciso, come esige l'art. 106 cpv. 2 LTF.  
Le considerazioni introduttive del ricorrente in merito al " contesto fattuale " nel quale si inserisce il ricorso saranno ignorate nella misura in cui si scostano dai fatti accertati dai giudici cantonali senza che il ricorrente invochi, e men che meno dimostri, un loro arbitrario accertamento da parte dell'autorità cantonale. 
 
2.  
La procedura oggetto del presente ricorso verte sull'obbligo di informazione del debitore escusso e dei terzi in occasione del pignoramento, disciplinato dall'art. 91 cpv. 1, rispettivamente cpv. 4 LEF. 
 
2.1. L'art. 91 cpv. 1 n. 2 LEF prevede che il debitoreè tenuto, sotto minaccia di pena, a indicare, sino a concorrenza di quanto sia necessario per un sufficiente pignoramento, tutti i suoi beni, compresi quelli che non sono in suo possesso, come pure i crediti e i diritti verso terzi (art. 163 n. 1 e 323 n. 2 CP). Giusta l'art. 91 cpv. 4 LEF i terzi che detengono beni del debitore o verso il quale questi vanta crediti hanno, sotto minaccia di pena (art. 324 n. 5 CP), lo stesso obbligo di informare del debitore.  
Malgrado il testo di legge preveda che il debitore è tenuto a indicare i suoi beni "sino a concorrenza di quanto sia necessario per un sufficiente pignoramento", non spetta al debitore stabilire quali beni egli consideri sufficienti a tale fine, ma incombe all'ufficio decidere se un bene sia pignorabile o meno, stimare i beni pignorati e assicurare che l'ordine di pignoramento dei beni determinato dalla legge venga rispettato. Ne consegue che il dovere di informazione del debitore tocca tutti i beni che gli appartengono, compresi quelli situati all'estero e quelli che egli considera impignorabili, ed è assoluto (sentenza 5A_470/2020 del 3 settembre 2020 consid. 5.1.2.1 con i rinvii). Dal profilo temporale, esso può estendersi anche al cosiddetto periodo sospetto ai sensi degli art. 286 segg. LEF, nell'ottica di eventuali azioni revocatorie, ciò che comporta che il debitore è tenuto a fornire ragguagli anche su eventuali operazioni di alienazione dei suoi beni (DTF 135 III 663 consid. 3.2.2 con i rinvii; v. anche sentenza 5A_470/2020 citata consid. 5.1.2.1 con i rinvii). 
Il medesimo dovere incombe pure ai terzi, in particolare a una banca in relazione ai beni di cui l'escusso è avente diritto economico. In questo contesto, la banca non può trincerarsi dietro il segreto bancario per opporsi a una domanda di informazione formulata dagli organi di esecuzione (sentenza 5A_407/2016 del 15 settembre 2016 consid. 3.1 [sequestro]); la contraddizione tra il segreto bancario e l'obbligo di informazione della banca è stata in effetti risolta dalla giurisprudenza nel senso che il secondo prevale sul primo (DTF 146 III 435 consid. 4.1.1; 129 III 239 consid. 1; 125 III 391 consid. 2d/bb; sentenza 5A_360/2023 del 23 ottobre 2023 consid. 3.4.1 con i riferimenti dottrinali). D'altra parte, anche per i terzi si tratta di un obbligo di informazione assoluto che, al fine di permettere un'esecuzione del pignoramento il più efficace e rapida possibile, verte su tutti i beni del debitore da essi detenuti, nonché su tutti i crediti (siano essi contestati, non cedibili o non ancora esigibili) di cui il debitore sarebbe titolare nei loro confronti; nemmeno i terzi possono quindi limitarsi ad annunciare i beni che ritengono sufficienti a coprire l'importo posto in esecuzione (sentenza 5A_470/2020 citata consid. 5.1.2.2). Essi devono pure ragguagliare in merito alle transazioni intervenute nel cosiddetto periodo sospetto ai sensi degli art. 286 segg. LEF (v. DTF 129 III 239 consid. 3.2.1), ragion per cui gli organi di esecuzione hanno la facoltà di svolgere le necessarie investigazioni presso il terzo, il quale è tenuto a rispondervi in maniera esauriente (sentenza 5A_470/2020 citata consid. 5.1.2.2 con rinvio a DTF 132 III 281 consid. 2.1). 
 
2.2. Se non esistono beni pignorabili, il verbale di pignoramento costituisce per il creditore l'attestato di carenza beni ai sensi dell'art. 149 LEF (art. 115 cpv. 1 LEF). Quando invece in base alla stima ufficiale i beni pignorabili non sono sufficienti, il verbale di pignoramento vale come attestato provvisorio di carenza beni e ha gli effetti indicati negli art. 271 cpv. 1 n. 5 e 285 LEF (art. 115 cpv. 2 LEF); esso conferisce inoltre al creditore il diritto di esigere, entro il termine di un anno previsto dall'art. 88 cpv. 2 LEF, il pignoramento di beni nuovamente scoperti (art. 115 cpv. 3 prima frase LEF). Le regole del pignoramento valgono anche per il pignoramento complementare a seguito della scoperta di nuovi beni ai sensi dell'art. 115 cpv. 3 LEF con la conseguenza che il debitore (e/o il terzo) è (di nuovo) tenuto a fornire le necessarie indicazioni sulla base dell'art. 91 cpv. 1 n. 2, rispettivamente cpv. 4 LEF (DTF 135 III 663 consid. 3.1). L'attestato provvisorio non mette quindi fine alla procedura di esecuzione (PIERRE-ROBERT GILLIÉRON, Commentaire de la loi fédérale sur la poursuite pour dettes et la faillite, 2000, n. 34 ad art. 115 LEF; J OLANTA KREN KOSTKIEWICZ, Schuldbetreibungs- & Konkursrecht, 4a ed. 2024, n. 1369 segg.).  
 
3.  
In concreto, la CEF ha ritenuto che, contrariamente a quanto asseriva il ricorrente, l'obbligo di informazione del debitore non terminava con l'esecuzione del pignoramento di fr. 522.--, ma che il debitore poteva essere tenuto a fornire informazioni anche successivamente, e che a questo scopo il cursore poteva convocarlo nuovamente se lo riteneva necessario (in particolare in caso di bisogno di ulteriori informazioni per un pignoramento successivo o su eventuali cambiamenti nella sua situazione personale), a maggior ragione in caso di "continuazione" dell'esecuzione sulla scorta di un attestato di carenza di beni in virtù dell'art. 149 cpv. 3 LEF che, a dispetto del testo della norma, costituisce a tutti gli effetti un'esecuzione nuova e indipendente. L'ufficio non era quindi vincolato dagli accertamenti eseguiti nella precedente esecuzione. 
La sentenza impugnata ha poi sottolineato che l'UE era legittimato a presentare la domanda d'informazione contestata. Da un lato, dalla domanda di prosecuzione delle esecuzioni del 26 gennaio 2024 risultava l'informazione nuova relativa a un importante saldo del conto di fr. 2'435'146.-- nel 2019, confermata poi dai dati fiscali assunti d'ufficio nel marzo 2024 che indicavano una notevole diminuzione del patrimonio dell'escusso dal 2019 (fr. 2'435'146.--) al 2022 (fr. 6'149.--). D'altro lato, il 18 gennaio 2024, in occasione dell'esecuzione del primo pignoramento, il debitore aveva omesso la comunicazione spontanea che gli incombeva per legge in merito all'esistenza del suo conto presso C.________ SA, circostanza che egli del resto nemmeno contestava. 
I giudici cantonali hanno considerato che " pare[va] verosimile " che l'UE, come aveva affermato nelle sue osservazioni, avesse richiesto all'escusso anche la documentazione inerente al conto, al fine di ricostruire " la movimentazione del capitale nel corso degli ultimi cinque (5) anni ", ma non hanno ritenuto necessario chiarire se tale richiesta andasse prima indirizzata al debitore o se questo andasse preliminarmente informato al fine di potersi esprimere al riguardo, poiché il ricorrente aveva avuto la possibilità di produrre spontaneamente le informazioni necessarie non appena la banca l'aveva informato della richiesta dell'UE e comunque aveva avuto modo di esprimersi liberamente sulla stessa con il ricorso. 
Infine, in merito alla legittimità e alla proporzionalità della richiesta di informazioni formulata dall'UE alla banca, la CEF ha ritenuto che l'obbligo di informazione dell'art. 91 LEF doveva prevalere sul segreto bancario e sulla sfera privata dell'escusso, che in concreto esso rispettava il principio della proporzionalità poiché dai dati fiscali contenuti negli atti emergevano sufficienti indizi di una permanente disponibilità di redditi del debitore, almeno sino a tempi recenti, suscettibili di giustificare la richiesta dell'UE e il ricorrente aveva avuto modo di fornire spontaneamente le informazioni richieste ma non l'aveva fatto. 
 
4.  
Il ricorrente rimprovera in sostanza alla precedente istanza l'accertamento arbitrario dei fatti e la violazione dell'art. 91 LEF, del suo diritto di essere sentito (art. 29 cpv. 2 Cost.), del diritto alla protezione della sfera privata (art. 13 Cost.) e del principio della buona fede. 
 
4.1. Con una prima censura, egli lamenta che la sentenza impugnata si sarebbe fondata su un fatto non accertato, ritenendo in modo del tutto arbitrario che in occasione del pignoramento del 28 febbraio 2024 l'UE gli aveva richiesto di produrre l'estratto dettagliato del suo conto presso C.________ SA per i cinque anni precedenti. Sostiene che a lui non sarebbe stata indirizzata nessuna richiesta d'informazione né in quella occasione, né successivamente, per iscritto o verbalmente, " ciò che peraltro nemmeno l'ufficio di esecuzione pretende[rebbe] ".  
In realtà, la precedente istanza ha considerato "verosimile" che tra le richieste d'informazione vi fosse anche quella di presentare la documentazione bancaria risalente agli ultimi cinque anni, come peraltro evidenziato ancora dall'UE nelle osservazioni presentate nella procedura cantonale, ma per finire ha lasciato aperta la questione ritenendo che il debitore aveva comunque avuto la possibilità di produrre spontaneamente le informazioni necessarie non appena la banca l'aveva informato della richiesta dell'UE e che per di più aveva avuto modo di esprimersi liberamente sulla stessa con il ricorso cantonale. Occorre dedurne che, anche volendo ammettere che l'accertamento di cui si duole il ricorrente fosse errato, la sua eliminazione non avrebbe comunque influito in maniera determinante sull'esito della causa (art. 97 cpv. 1 LTF). 
La censura relativa all'arbitrio nell'accertamento dei fatti va quindi respinta e va semmai esaminato se, come egli sostiene, il suo diritto di essere sentito sia stato così violato. 
 
4.2. Il ricorrente invoca in effetti anche una violazione di tale diritto. Nella misura in cui le sue critiche sono rivolte direttamente all'operato dell'UE, la cui decisione non è oggetto del ricorso dinanzi al Tribunale federale (art. 75 cpv. 1 LTF), esse si rivelano inammissibili. Per il resto, il ricorrente si limita a obiettare che sebbene, una volta informato dalla banca, "abbia potuto prendere posizione su tale richiesta, rimane indiscutibile che egli non è stato interpellato in via prioritaria" e che la banca "è così venuta a conoscenza di una [sua] circostanza privata"; aggiunge che se la banca non l'avesse informato per tempo, il danno per lui sarebbe stato irreparabile poiché ogni transazione bancaria degli ultimi cinque anni sarebbe divenuta "di dominio pubblico" senza che lui potesse "intervenire a salvaguardia del proprio legittimo interesse alla tutela della propria privacy". Tali considerazioni, che peraltro non negano che il ricorrente si sia effettivamente potuto esprimere in merito alla richiesta indirizzata alla banca dall'UE, sono del tutto ipotetiche e generiche e non rispettano le esigenze di motivazione qualificata poste dall'art. 106 cpv. 2 LTF (v. supra consid. 1.2). La censura non può quindi essere esaminata oltre.  
 
4.3. In relazione allo stadio della procedura esecutiva nel quale la richiesta di ragguagli poteva e/o doveva essere formulata, il ricorrente rimprovera ai giudici cantonali un arbitrario accertamento dei fatti per non aver considerato che il 12 marzo 2024, al momento dell'ingiunzione alla banca, anche la seconda esecuzione era già conclusa. Sostiene che il pignoramento del conto bancario in questione era già stato revocato il 28 febbraio 2024, dopo che l'ufficiale aveva preso atto che vi fossero beni pignorabili "unicamente nella misura di CHF 500.--", per cui il suo obbligo di informazione era terminato, e con esso anche quello di terzi.  
Sapere fino a che momento della procedura esecutiva sia possibile presentare una domanda di ragguagli ai sensi dell'art. 91 LEF è una questione che non rileva dell'accertamento dei fatti, bensì dell'applicazione del diritto e su questo punto il ricorrente non si confronta con l'argomentazione dei giudici cantonali secondo cui, in base all'art. 115 cpv. 3 LEF, il debitore poteva essere tenuto a fornire indicazioni e nuovamente convocato dal cursore anche dopo l'esecuzione del pignoramento, "a maggior ragione in caso di 'continuazione' dell'esecuzione sulla scorta di un ACB in virtù dell'art. 149 cpv. 3 LEF". La sua censura si rivela quindi inammissibile. 
 
4.4. Il ricorrente censura infine anche l'assenza di proporzionalità dell'ingerenza nella sfera privata (art. 13 Cost.), la cui tutela sarebbe in questo caso "anche concretizzata dal segreto bancario sancito all'art. 47 LBCR". Sostiene che la base legale di una simile ingerenza, costituita dall'art. 91 LEF, non prevederebbe il diritto di ottenere incondizionatamente informazioni in relazione all'uso fatto dall'escusso dei propri averi eccedenti quanto necessario per il pignoramento e che in concreto, "strumentalizzando i fatti ed accertandoli così in maniera del tutto manifestamente errata", la CEF avrebbe indicato nella decisione impugnata unicamente il saldo lordo (di fr. 2'435'146.--) al 31 dicembre 2019, pari a fr. 1'361'000.-- netti, e quello (di fr. 6'149.--) al 31 dicembre 2022 senza indicare i saldi intermedi negli anni successivi (2020 e 2021), "e ciò al solo fine di giustificare l'altrimenti inammissibile edizione completa della documentazione bancaria", allorché dalla documentazione fiscale risultava che "perlomeno sino al 31.12.2021 l'escusso aveva nelle proprie disponibilità una sostanza netta di CHF 534'786.-". Tale circostanza non permetteva a suo avviso di legittimare la contestata richiesta estesa ai cinque anni precedenti, che aveva in realtà il "solo scopo di permettere alla ex moglie di entrare in possesso delle più ampie informazioni sensibili" e configurava così una inammissibile "fishing expedition". Aggiunge poi che non incombeva a lui comunicare i suoi attivi pignorabili poiché "in buona fede, non si può pretendere che un debitore ritenga di dover presentare all'UE uno spettro così ampio di informazioni (...) addirittura senza che gli venga espressamente richiesto" e che l'autorità avrebbe agito "in modo abusivo e in completa violazione del principio della buona fede e di affidabilità nelle istituzioni".  
Anche tale censura si rivela invero inammissibile. La motivazione del ricorrente, oltre che manifestamente insufficiente alla luce dei requisiti posti dall'art. 106 cpv. 2 LTF (v. supra consid. 1.2), si fonda infatti su allegazioni che la sentenza impugnata ha dichiarato "doppiamente irricevibili, siccome sono a un tempo tardive, in quanto presentate dopo il termine di ricorso [...], e premature, nella misura in cui egli avrà modo di spiegare le movimentazioni del conto dopo l'assunzione dell'estratto completo richiesta dall'UE, cui compete esclusivamente la decisione sulla pignorabilità". Il ricorso non contiene tuttavia alcun confronto né con tale argomentazione (v. supra consid. 1.2), né con la considerazione dei giudici cantonali secondo cui le informazioni nuove pervenute all'UE costituivano indizi concreti e sufficienti della presenza, in passato, di una sostanza pignorabile più cospicua rispetto alla quale l'escusso non aveva fornito alcun ragguaglio. Infine, a nulla giova l'invocazione generica del principio della buona fede per giustificare di non aver annunciato spontaneamente l'importante disponibilità sul conto come invece gli imponeva l'art. 91 LEF (v. supra consid. 2.1).  
 
5.  
Ne segue che il ricorso va respinto nella (assai limitata) misura della sua ammissibilità. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza e sono quindi poste a carico del ricorrente (art. 66 cpv. 1 LTF). Non si giustifica assegnare spese ripetibili a B.________, che è stata chiamata a pronunciarsi unicamente sulla domanda di conferimento dell'effetto sospensivo, risultando tuttavia soccombente (art. 68 cpv. 1 e 2 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 1'500.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3.  
Comunicazione ai partecipanti al procedimento e alla Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, quale autorità di vigilanza. 
 
 
Losanna, 29 aprile 2025 
 
In nome della II Corte di diritto civile 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Bovey 
 
La Cancelliera: Antonini