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Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
1P.400/2003 /bom 
 
Sentenza del 7 giugno 2004 
I Corte di diritto pubblico 
 
Composizione 
Giudici federali Aemisegger, presidente della Corte e presidente del Tribunale federale, 
Fonjallaz, Eusebio, 
cancelliere Crameri. 
 
Parti 
Comune di Agno, 6982 Agno, 
ricorrente, 
rappresentato dal Municipio e patrocinato dall'avv. Ilario Bernasconi, 
 
contro 
 
A.________, 
opponente, patrocinato dall'avv. Nello Bernasconi, 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, residenza governativa, 6500 Bellinzona, 
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, via Pretorio 16, casella postale, 6901 Lugano. 
 
Oggetto 
art. 9 e 50 Cost., art. 16 Cost./TI (licenza edilizia), 
 
ricorso di diritto pubblico contro la sentenza del 27 maggio 2003 del Tribunale cantonale amministrativo. 
 
Fatti: 
A. 
A.________ è proprietario della particella n. XXX RF del Comune di Agno, sita su un terreno pianeggiante, in zona R2, sulla quale si trova uno stabile d'appartamenti. L'immobile, strutturato su quattro livelli, di cui tre abitabili e uno adibito ad autorimessa, è dotato di un tetto piano ed è alto m 11.35 alla gronda, misurati a partire dalla strada comunale. Il 30 aprile 2002 il proprietario ha chiesto al Municipio il permesso di sostituire il tetto piano con uno a falde, dell'altezza di m 13.85 al colmo. La domanda, preavvisata favorevolmente dall'autorità cantonale, non ha suscitato opposizioni. Con decisione del 22 luglio 2002 il Municipio ha negato la licenza edilizia. Esso ha ritenuto che il tetto a falde avrebbe aggravato il contrasto esistente fra l'altezza dello stabile e quella ammessa dall'art. 33 delle norme di attuazione del piano regolatore comunale del 1985 (vNAPR) vigenti all'epoca (m 7.50 alla gronda e m 9.50 al colmo); la prevista pendenza del tetto neppure sarebbe conforme alla normativa comunale. Ha poi aggiunto che anche il nuovo art. 37 NAPR, in fase di adozione (m 7.50 alla gronda e nessuna indicazione di altezza al colmo), ostava al richiesto permesso. 
B. 
Il 22 ottobre 2002 il Consiglio di Stato del Cantone Ticino ha respinto un ricorso del proprietario, confermando il rifiuto municipale. L'Esecutivo cantonale ha ritenuto che la trasformazione litigiosa contrastava con l'art. 39 del regolamento di applicazione della legge edilizia cantonale, del 9 dicembre 1992 (RLE), concernente gli edifici esistenti in contrasto con il nuovo diritto. 
 
Il proprietario, adducendo che l'intervento era necessario per eliminare le infiltrazioni d'acqua, è insorto allora dinanzi al Tribunale cantonale amministrativo. La Corte cantonale ha rilevato che, come rettamente ritenuto dalle autorità precedenti, la posa del tetto piano contrastava con le norme del piano regolatore in vigore all'epoca. Ricordato tuttavia che, quando l'unica ragione che osta al rilascio del permesso di costruzione viene meno nelle more del procedimento ricorsuale, essa, per motivi d'economia processuale, può statuire sulla base del diritto entrato in vigore dopo la decisione dell'istanza inferiore; ha ritenuto che la posa di un tetto a falde non sarebbe più in contrasto con le nuove NAPR (nNAPR), approvate il 17 dicembre 2002 dal Consiglio di Stato, la difformità dell'edificio essendo circoscritta soltanto al superamento dell'altezza massima; ha poi aggiunto che l'intervento, ammissibile dal profilo della protezione della situazione acquisita (cfr. al riguardo DTF 113 Ia 119), non travalicherebbe quindi i limiti di una trasformazione importante, ma non sostanziale. Essa ha pertanto accolto il ricorso ai sensi dei considerandi e rinviato gli atti al Municipio affinché rilasci la licenza richiesta. 
C. 
Avverso questa sentenza il Comune di Agno, adducendo una violazione della sua autonomia, del diritto di essere sentito e del divieto dell'arbitrio, presenta un ricorso di diritto pubblico al Tribunale federale. Chiede di concedere effetto sospensivo al ricorso e di annullare la decisione impugnata. Dei motivi si dirà, per quanto necessario, nei considerandi. 
Con decreto presidenziale del 10 settembre 2002 al ricorso è stato conferito effetto sospensivo. 
Il proprietario chiede di respingere il ricorso, il Consiglio di Stato si rimette al giudizio del Tribunale federale, mentre la Corte cantonale si riconferma nel giudizio impugnato. 
 
Diritto: 
1. 
1.1 Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione l'ammissibilità dei ricorsi che gli vengono sottoposti, senza essere vincolato, in tale ambito, dagli argomenti delle parti o dalle loro conclusioni (DTF 129 II 453 consid. 2, 128 I 177 consid. 1). 
1.2 Con la decisione impugnata la Corte cantonale ha rinviato gli atti al Comune affinché rilasci la richiesta licenza edilizia. Questo giudizio, che non conclude la vertenza, concerne solo una fase della procedura edilizia e assume una funzione puramente strumentale rispetto a quella destinata a concluderla (DTF 128 I 3 consid. 1b, 127 I 92 consid. 1c). In questo caso, secondo l'art. 87 OG, non trattandosi di decisione pregiudiziale o incidentale sulla competenza o su una domanda di ricusazione notificata separatamente dal merito (cpv. 1), il ricorso di diritto pubblico è ammissibile soltanto se la decisione impugnata possa cagionare un pregiudizio irreparabile (cpv. 2; DTF 127 I 92 consid. 1c). Secondo la giurisprudenza del Tribunale federale, si è in presenza di un siffatto pregiudizio quando, come nella fattispecie, una decisione di rinvio obbliga un comune, senza lasciargli alcun margine di apprezzamento, a conformarsi all'ingiunzione dell'autorità di ricorso, per impugnare subito dopo la propria decisione (DTF 129 I 313 consid. 3.3 in fine, 128 I 3 consid. 1b e rinvii, 116 Ia 41 consid. 1b). Il ricorso è quindi ammissibile dal profilo dell'art. 87 OG
1.3 La criticata decisione, che impone al Comune di rilasciare la licenza edilizia richiesta, lo tocca nella sua qualità di detentore del pubblico potere. Ne deriva che il ricorrente è legittimato, giusta l'art. 88 OG, a invocare l'asserita lesione della propria autonomia: se questa sussista e sia stata disattesa è questione di merito e non di legittimazione (DTF 129 I 410 consid. 1.1, 128 I 3 consid. 1c, 136 consid. 1.2). Nondimeno, il Tribunale federale si pronuncia nel merito solo se il comune ricorrente invoca la sua autonomia conformemente a quanto sancito dall'art. 90 cpv. 1 lett. b OG (DTF 114 Ia 73 consid. 2a, 80 consid. 1b, 315 consid. 1b; causa 1P.252/2000, sentenza del 15 dicembre 2000 in re Comune di Cimo, consid. 2c/aa, apparsa in RDAT II-2001 n. 1 pag. 3). 
1.4 Il comune ticinese, che l'art. 16 cpv. 2 Cost./TI dichiara autonomo nei limiti della costituzione e delle leggi, beneficia in materia di pianificazione del territorio e in materia edilizia di un ampio margine di decisione e di apprezzamento, che la giurisprudenza fa rientrare nell'autonomia tutelabile (DTF 103 Ia 468 consid. 2; causa 1P.496/1996, sentenza del 31 gennaio 1997 in re Comune di Minusio, consid. 2, apparsa in RDAT II-1997 n. 26). Prevalendosi della sua autonomia un comune può fra l'altro esigere che le autorità cantonali di ricorso o di vigilanza osservino da un lato i limiti formali posti dalla legge e dall'altro applichino in modo corretto il diritto materiale determinante. Il comune può quindi invocare anche la lesione del divieto dell'arbitrio (art. 9 Cost.), non però a titolo indipendente, ma soltanto in stretta connessione con quella della sua autonomia (DTF 129 I 290 consid. 2.3, 410 consid. 2.3, 121 I 218 consid. 2a). Quando il ricorso con cui si fa valere la violazione dell'autonomia comunale è fondato su norme di rango costituzionale, il Tribunale federale esamina liberamente la decisione impugnata, mentre restringe la sua competenza all'arbitrio per quelle di rango inferiore, l'apprezzamento delle prove e l'accertamento dei fatti (DTF 129 I 290 consid. 2.3, 128 I 136 consid. 2.2). 
Secondo la giurisprudenza, il comune beneficia di tale autonomia in quelle materie che la legislazione cantonale non regola esaurientemente, ma lascia in tutto o in parte al suo ordinamento, conferendogli una notevole libertà di decisione. Poco importa che la materia in cui il comune pretende d'essere autonomo sia regolata dal diritto federale, cantonale o comunale. Decisiva è la latitudine dell'autonomia assicurata al comune, nella materia specifica, dalla costituzione o dalla legislazione cantonale (DTF 129 I 290 consid. 2.1, 410 consid. 2.1, 126 I 133 consid. 2, 124 I 223 consid. 1, 122 I 279 consid. 8b). 
ll comune ticinese fruisce di tale autonomia, ad esempio, in vasti settori nel campo edilizio, nell'ambito della pianificazione del territorio e in materia di polizia edilizia (DTF 103 Ia 468 consid. 2; causa 1P.165/ 2001, sentenza del 20 settembre 2001 in re Comune di Ligornetto, consid. 3b, apparsa in RDAT I-2002 n. 56, pag. 362). 
2. 
2.1 Il ricorrente riconosce che il Tribunale amministrativo per motivi di economia processuale può, eccezionalmente, prescindere dall'applicare il diritto in vigore al momento in cui si è pronunciata l'istanza inferiore e tener conto del nuovo diritto, se l'unica ragione che ostava al rilascio di un permesso di costruzione viene meno nelle more del procedimento ricorsuale (Marco Borghi/Guido Corti, Compendio di procedura amministrativa ticinese, Lugano 1997, n. 3a e 3b all'art. 61; causa 1A.262/ 1992, sentenza del 4 ottobre 1993, consid. 3). Sostiene tuttavia, che questa evenienza non sarebbe realizzata in concreto, visto che il progetto dovrebbe previamente essere sottoposto al preavviso della Commissione delle bellezze naturali e del paesaggio. 
 
Il ricorrente rileva in particolare che la particella in esame è inserita nei paesaggi pittoreschi del piano regolatore e ne deduce che, conformemente al decreto legislativo sulla protezione delle bellezze naturali e del paesaggio, del 16 gennaio 1940, e del relativo regolamento d'esecuzione, del 22 gennaio 1974, il progetto litigioso dovrebbe essere autorizzato dal Dipartimento e per esso dalla citata Commissione (art. 5 e 6 del regolamento). Richiamato anche l'art. 6 nNAPR, concernente l'inserimento degli edifici nel paesaggio, il ricorrente sostiene che la Corte cantonale, omettendo di sottoporre il progetto litigioso alla menzionata Commissione per preavviso, avrebbe violato l'autonomia comunale. 
2.2 Il ricorrente non dimostra, con un'argomentazione conforme all'art. 90 cpv. 1 lett. b OG (DTF 114 Ib 73 consid. 2a, 80 consid. 1b, 315 consid. 1b), la sussistenza dell'invocata autonomia in tale ambito. In effetti, secondo l'art. 1 del menzionato regolamento, la protezione delle cose immobili che concorrono a costituire le bellezze naturali del paese e il suo aspetto caratteristico spetta al Consiglio di Stato, che l'esercita per mezzo del Dipartimento assistito dalla menzionata Commissione; i comuni e i patriziati sono tenuti a collaborare (cpv. 2). Per riconoscere un'autonomia costituzionalmente protetta, non basta che il diritto cantonale affidi al comune l'incarico di assolvere determinati compiti; occorre invece che la norma cantonale lasci all'autorità incaricata una certa libertà di decisione e che detta norma si riferisca inoltre ad una questione suscettibile d'esser disciplinata, per sua natura, nel quadro del potere d'autodeterminazione del comune. 
 
Ora, nell'applicazione di disposizioni di diritto cantonale che si limitano ad assegnare incombenze di mera esecuzione, i comuni non possono - di regola almeno - richiamarsi a norme di diritto comunale autonomo e neanche lo possono fare quando una prescrizione imperativa del diritto cantonale usi nozioni giuridiche imprecise o indeterminate che lasciano alla competente autorità una certa latitudine di giudizio. Anzi, in simili casi, il comune deve piegarsi alle decisioni dell'autorità cantonale e la sola opinione determinante sarà quella dell'autorità cantonale, mentre il parere (contrario) del municipio risulterà, su questo punto, ininfluente (causa 1P.658/1998, sentenza del 19 marzo 1999 in re Comune di Ligornetto, consid. 3c/cc e rinvii, apparsa in RDAT II-1999 n. 19, pag. 65, concernente la mancanza di autonomia comunale riguardo alla normativa ticinese in materia di igiene del suolo e dell'abitato). Nella fattispecie, nell'ambito fatto valere dal Comune, non è dimostrato né è ravvisabile alcuna libertà di decisione, caratteristica del potere comunale autonomo (causa 1P.292/1992, sentenza del 26 agosto 1992 in re Comune di Montagnola, consid. 3b, apparsa in RDAT II-1993 n. 58, pag. 151 seg.). 
2.3 Certo, il ricorrente sostiene che, riguardo alla questione dell'inserimento armonioso della costruzione nel paesaggio, la Corte cantonale, limitandosi a rilevare che non si può ragionevolmente sostenere che l'intervento peggiori in misura percettibile l'inserimento nel contesto urbanistico, avrebbe disatteso le esigenze di motivazione imposte dall'art. 29 Cost. In assenza di un'autonomia tutelabile in tale ambito, la censura è tuttavia inammissibile. 
 
La surriferita conclusione del Tribunale amministrativo cantonale, invero stringata e perentoria, ma ancora sufficiente dal profilo dell'art. 29 cpv. 2 Cost., visto che il ricorrente non invoca alcuna norma cantonale al riguardo (cfr. DTF 129 I 232 consid. 3.2, 124 I 241 consid. 2), è stata tuttavia espressa con riferimento all'art. 6 nNAPR. Il ricorrente rileva, nondimeno, che questa norma è stata inserita nelle nNAPR proprio nell'ottica della particolare protezione del paesaggio secondo l'invocato decreto legislativo cantonale. Esso non dimostra, tuttavia, in che misura la norma comunale avrebbe una portata propria e autonoma rispetto alla predetta normativa cantonale. Del resto, nella presa di posizione del 19 maggio 2003, di cui si dirà in seguito, il Comune, allora non patrocinato da un legale, si era limitato ad addurre, senza fornire alcuna specifica spiegazione al riguardo, che la domanda di costruzione sarebbe comunque in contrasto con le nuove normative, segnatamente con l'art. 6 nNAPR. Né il ricorrente aveva preteso in quella sede - ma nemmeno prima, pur ritenuto che aveva negato il permesso di costruzione per altri motivi - la necessità di un preavviso della Commissione delle bellezze naturali e del paesaggio. Rilevando, inoltre, che la Corte cantonale si è espressa sulla questione senza esperire un sopralluogo, il Comune non dimostra perché essa, sulla base dei motivi addotti nella sentenza impugnata, non poteva procedere ad un apprezzamento anticipato delle prove (DTF 124 I 208 consid. 4a, 122 II 464 consid. 4a). 
3. 
3.1 Riguardo all'applicazione del diritto comunale, il ricorrente definisce arbitraria l'interpretazione della Corte cantonale, secondo cui sulla base dei combinati art. 37, che prevede nella zona R2 un'altezza massima degli edifici di m 7.5, e 14 nNAPR, secondo cui la pendenza del tetto non può essere superiore al 40% (cpv. 2), il nuovo piano regolatore, limitandosi a fissare la pendenza delle falde, avrebbe rinunciato a fissare l'altezza massima del colmo dei tetti. Il ricorrente sostiene che nonostante l'assenza di un'esplicita norma in tal senso, le due norme appena citate, limitando l'altezza massima degli edifici e fissando la pendenza massima del tetto, determinerebbero nondimeno, indirettamente, un'altezza massima al colmo delle costruzioni. Il ricorrente fa valere che nella fattispecie la progettata costruzione prevede un'altezza al colmo di m 13.85, mentre quella ammessa dalle menzionate norme sarebbe di m 10.30, per cui essa contrasterebbe anche con il nuovo diritto. 
 
La censura, nuova e quindi inammissibile, non può essere esaminata. Tranne eccezioni non realizzate nella fattispecie, in un ricorso di diritto pubblico non si possono fare valere nuove allegazioni di fatto e di diritto (DTF 120 Ib 20 consid. 5c, 114 Ia 204 consid. 1a; cfr. anche DTF 126 I 95 consid. 4b; Walter Kälin, Das Verfahren der staatsrechtlichen Beschwerde, 2a ed., Berna 1994, pag. 369), né si è in presenza di un argomento giuridico completamente nuovo, di cui il ricorrente non poteva prevedere di essere confrontato, per cui il diritto di essere sentito avrebbe imposto ch'esso potesse esprimersi nuovamente al riguardo (DTF 128 V 272 consid. 5b/bb, 125 II 265 consid. 4d/cc pag. 277 e rinvii, 124 I 49 consid. 3c, 123 I 63 consid. 2d pag. 69). 
3.2 Nella fattispecie, con scritto del 6 maggio 2003, la Corte cantonale ha comunicato al ricorrente che il 17 dicembre 2002 erano entrate in vigore le nuove NAPR, che "non limitano l'altezza degli edifici al colmo del tutto (recte: tetto)", invitandolo a prendere posizione entro il 22 maggio seguente sull'applicazione, riguardo al progetto litigioso, del nuovo diritto. Con lettera del 19 maggio 2003, il Comune, non patrocinato, ha rilevato che con l'approvazione governativa le norme "applicabili sono effettivamente mutate (segnatamente per quanto attiene l'altezza massima al colmo dei fabbricati)"; ha ritenuto che per tutelare il diritto di essere sentito sarebbe stato indispensabile presentare una nuova domanda di costruzione, avendola il Municipio al momento della decisione esaminata unicamente sulla base del diritto previgente, senza entrare nel merito di un esame più approfondito delle nuove norme. Il Comune ha poi sottolineato, senza ulteriori precisazioni, che la domanda contrasterebbe comunque con l'art. 6 nNAPR, concludendo di non opporsi alla presentazione di una nuova domanda conforme alle nuove norme. 
3.3 Il ricorrente adduce inoltre che la Corte cantonale avrebbe ritenuto a torto che il contestato intervento edilizio non travalicherebbe i limiti di una trasformazione importante, ma non sostanziale, quest'ultima essendo esclusa dall'art. 39 RLE: ciò poiché la difformità del progetto edilizio litigioso non sarebbe circoscritta all'attuale superamento dell'altezza massima consentita al filo di gronda, ma che pure l'altezza massima al colmo verrebbe superata. Ora, per i motivi appena menzionati, quest'ultimo argomento non può essere esaminato. Del resto, la conclusione del Tribunale amministrativo secondo cui l'avversata trasformazione del tetto, che da piano diventa a falde, non sovverte l'identità dell'edificio esistente, non sarebbe addirittura insostenibile e quindi arbitraria (cfr. cause 1P.274/1997, sentenza del 18 luglio 1997, consid. 3 - 5, apparsa in RDAT I-1998 n. 45, pag. 172 e 1A.191/1990, sentenza del 15 luglio 1991, consid. 7, apparsa in RDAT I-1992, n. 38, pag. 87). 
3.4 Certo, l'argomentazione sollevata dal ricorrente in questa sede non appariva d'acchito priva di pertinenza e l'inoltro del ricorso in esame è pertanto comprensibile, considerando anche il fatto che, per finire, la Corte cantonale, applicando in via eccezionale il nuovo diritto, ha eseguito un esame soltanto sommario del progetto dal profilo della nuova normativa e dell'inserimento del progetto litigioso nel paesaggio. Tuttavia, il ricorrente non fa valere, né sono d'altra parte ravvisabili, particolari circostanze che gli avrebbero impedito di addurre tempestivamente dinanzi al Tribunale cantonale amministrativo, i predetti argomenti e di esprimersi compiutamente, se del caso chiedendo una proroga del termine impartitogli, su questi quesiti. 
4. 
Ne segue che il ricorso, in quanto ammissibile, dev'essere respinto. 
 
Il Comune ricorrente, spinto in buona fede a piatire, si è rivolto al Tribunale federale nell'esercizio delle sue attribuzioni ufficiali, senza avere interessi pecuniari. Esso è quindi dispensato dal pagamento delle spese processuali (art. 156 cpv. 2 e 3 OG). Soccombente, il ricorrente dovrà però rifondere alla controparte, patrocinata da un legale, un'equa indennità per ripetibili della sede federale (art. 159 cpv. 1 OG). 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
1. 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
2. 
Non si preleva tassa di giustizia. Il ricorrente rifonderà all'opponente fr. 2'000.-- per ripetibili della sede federale. 
3. 
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
Losanna, 7 giugno 2004 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
Il presidente: Il cancelliere: