Wichtiger Hinweis:
Diese Website wird in älteren Versionen von Netscape ohne graphische Elemente dargestellt. Die Funktionalität der Website ist aber trotzdem gewährleistet. Wenn Sie diese Website regelmässig benutzen, empfehlen wir Ihnen, auf Ihrem Computer einen aktuellen Browser zu installieren.
 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 1/2} 
1P.341/2005 /viz 
 
Sentenza dell'11 novembre 2005 
I Corte di diritto pubblico 
 
Composizione 
Giudici federali Féraud, presidente, 
Eusebio e Ramelli, giudice supplente, 
cancelliere Gadoni. 
 
Parti 
Comune di Lugano, 6900 Lugano, 
ricorrente, rappresentato dal Municipio, 
palazzo Civico, piazza Riforma 1, 6900 Lugano, 
 
contro 
 
S & H Gambrinus AG, 
patrocinata dall'avv. Fabio Alippi, 
Argentino Serdom SA, 
patrocinata dall'avv. Nello Bernasconi, 
Tango Riforma SA, 
patrocinata dall'avv. Walter Landolt, 
Dipartimento del territorio del Cantone Ticino, Servizi generali, viale Stefano Franscini 17, 6500 Bellinzona, 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
residenza governativa, 6500 Bellinzona, 
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, 
via Pretorio 16, 6901 Lugano. 
 
Oggetto 
licenza edilizia, 
 
ricorso di diritto pubblico contro la sentenza emanata 
il 2 maggio 2005 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
Fatti: 
A. 
Il 27 agosto 2004 le società Argentino Serdom SA e Tango Riforma SA, entrambe con sede a Lugano, hanno chiesto al Municipio di Lugano il permesso di installare sul suolo pubblico di piazza Riforma, all'esterno dei rispettivi bar Argentino e bar Tango, una veranda in vetro e alluminio, smontabile, destinata a riparare i clienti durante la stagione invernale. Secondo la domanda di costruzione e gli atti ad essa allegati, queste strutture, definite come "giardini d'inverno smontabili" o "gazebi", occuperebbero dirimpetto agli esercizi pubblici una superficie di 13,70 m per 5 m, durante un periodo di circa sette mesi all'anno. La S & H Gambrinus AG, proprietaria di uno stabile immediatamente vicino, si è opposta alla domanda di costruzione. 
Con decisione del 29 ottobre 2004, dichiarata immediatamente esecutiva, il Municipio di Lugano ha respinto l'opposizione e rilasciato la licenza edilizia, limitandola al periodo dal 3 novembre 2004 al 15 maggio 2005. In esecuzione di questa decisione, le istanti hanno successivamente posato la struttura. Contro il rilascio della licenza edilizia l'opponente ha presentato un ricorso al Consiglio di Stato del Cantone Ticino, che lo ha respinto con risoluzione del 23 febbraio 2005. 
B. 
Adito dall'opponente, il Tribunale cantonale amministrativo, con sentenza del 2 maggio 2005, ha annullato sia la licenza edilizia sia la decisione governativa che la confermava. Esso ha essenzialmente ritenuto che il manufatto litigioso non costituiva né una costruzione accessoria né una costruzione mobiliare, ma un ampliamento inammissibile visto l'obbligo di mantenere le facciate e il perimetro delle costruzioni esistenti. 
C. 
Il Comune di Lugano impugna con un ricorso di diritto pubblico del 3 giugno 2005 al Tribunale federale questo giudizio, chiedendo di annullarlo. Fa valere una violazione dell'autonomia comunale, sostenendo in particolare che la Corte cantonale avrebbe applicato il diritto comunale in modo tale da eccedere nel proprio potere d'apprezzamento. 
D. 
Il Tribunale cantonale amministrativo si riconferma nella sua sentenza, aggiungendo alcune precisazioni alla motivazione. Il Consiglio di Stato e l'Ufficio delle domande di costruzione e dell'esame di impatto ambientale del Dipartimento del territorio comunicano di rinunciare a presentare osservazioni. La S & H Gambrinus AG chiede in via principale che il ricorso sia dichiarato irricevibile, in via subordinata ch'esso sia respinto. La Argentino Serdom SA ne propone invece l'accoglimento. La Tango Riforma SA è rimasta silente in questa procedura, ma ha presentato un ricorso di diritto pubblico proprio, che questa Corte ha deciso con un giudizio separato (causa 1P.347/2005). 
E. 
Il presidente di questa Corte ha negato l'effetto sospensivo al ricorso con decreto del 1° luglio 2005. 
 
Diritto: 
1. 
Il diritto di ricorrere secondo l'art. 88 OG presuppone, tra l'altro, che il ricorrente possa prevalersi di un interesse pratico ed attuale all'annullamento della decisione impugnata (DTF 127 III 429 consid. 1b; 41 consid. 2b e rinvii), essendo nell'interesse dell'economia processuale che il Tribunale federale statuisca su questioni concrete e non soltanto teoriche (DTF 131 I 153 consid. 1.2 e rinvii). La resistente S & H Gambrinus AG nega l'esistenza di un interesse simile nel caso concreto, dal momento che gli effetti della decisione impugnata erano espressamente limitati al periodo dal 3 novembre 2004 al 15 maggio 2005, ormai trascorso. L'obiezione è infondata per i seguenti motivi. 
1.1 Il Tribunale cantonale amministrativo ha stabilito che il manufatto litigioso è equiparabile a una costruzione permanente, per cui sotto il profilo edilizio non deve sottostare ogni anno a licenza, ma può essere autorizzato una volta per tutte, riservata l'autorizzazione per l'occupazione del suolo pubblico. Se così è, l'interesse del ricorrente a ottenere l'annullamento della sentenza cantonale rimane attuale, nonostante la scadenza del periodo di autorizzazione della costruzione fissato dal Municipio. 
1.2 La soluzione non muterebbe comunque se, come sostiene la resistente S & H Gambrinus AG, la licenza edilizia andasse rinnovata ogni anno. Il Tribunale federale prescinde infatti eccezionalmente dall'esigenza di un interesse pratico ed attuale quando la questione litigiosa potrebbe ripresentarsi in circostanze uguali o analoghe e un interesse pubblico sufficientemente importante giustificherebbe di risolverla, ma un esame costituzionale nel singolo non potrebbe quasi mai avvenire tempestivamente (DTF 129 I 113 consid. 1.7; 127 I 164 consid. 1a; 127 III 429 consid. 1b pag. 432 e rinvii). Queste condizioni sarebbero date in concreto. Da un canto vi sarebbe infatti un interesse pubblico, specialmente in una regione turistica, a sapere quale sia lo statuto giuridico di una veranda annessa a un esercizio pubblico. D'altro canto, benché la medesima situazione potrebbe ripresentarsi all'inizio di ogni stagione invernale, sarebbe praticamente da escludere che la causa, esauriti i rimedi cantonali, possa essere portata dinanzi al Tribunale federale, e da esso giudicata, prima della scadenza della licenza edilizia, quando sussisterebbe ancora un interesse attuale. 
2. 
2.1 La legittimazione a ricorrere secondo l'art. 88 OG spetta al Comune soltanto eccezionalmente, quando sia leso nei suoi diritti giuridicamente protetti in modo analogo a un privato cittadino oppure quando sia leso nella propria autonomia quale detentore del pubblico potere (DTF 131 I 91 consid. 1; 129 I 410 consid. 1.1, 313 consid. 4.1). Poiché annulla la licenza edilizia rilasciata dal suo organo esecutivo, il giudizio impugnato tocca il Comune di Lugano nella sua veste di detentore del pubblico potere: esso è pertanto legittimato a ricorrere ai sensi dell'art. 88 OG, censurando una violazione della propria autonomia. In contestazioni amministrative il Municipio può introdurre il ricorso in nome del Comune anche in assenza dell'autorizzazione espressa del Consiglio comunale (DTF 116 Ia 252 consid. 2; 103 Ia 468 consid. 1; cfr. anche l'art. 42 cpv. 2 in relazione con l'art. 13 cpv. 1 lett. l della legge organica comunale, del 10 marzo 1987). Sapere se il Comune disponga effettivamente di autonomia nel campo litigioso e se questa sia stata disattesa è questione di merito, non di ammissibilità (DTF 129 I 410 consid. 1.1, 128 I 3 consid. 1c). 
2.2 Il Comune beneficia di autonomia tutelabile in quelle materie che la legislazione cantonale non regola esaurientemente, ma lascia completamente o in parte al relativo ordinamento comunale, conferendogli una notevole libertà di decisione (DTF 131 I 333 consid. 4.4.1; 129 I 313 consid. 5.2). Le argomentazioni con cui il ricorrente afferma che i Comuni ticinesi fruiscono di autonomia in vasti settori nel campo edilizio sono corrette e conformi a una prassi consolidata (DTF 103 Ia 468 consid. 2; sentenza 1P.252/2000 del 15 dicembre 2000, consid. 2c/bb, in: RDAT II-2001, n. 1, pag. 3 segg.; sentenza 1A.244/1998 del 19 marzo 1999, consid. 3c/bb, in: RDAT II-1999, n. 19, pag. 65 segg.). 
Prevalendosi della sua autonomia, il Comune può tra l'altro far valere la violazione del diritto cantonale o comunale autonomo ed esigere che le autorità cantonali di ricorso o di vigilanza osservino da un lato i limiti formali posti dalla legge al loro intervento e, dall'altro lato, applichino in modo corretto il diritto materiale determinante. Il Comune può invocare anche la violazione del diritto di essere sentito (art. 29 Cost.) e del divieto dell'arbitrio (art. 9 Cost.) non però a titolo indipendente, ma soltanto in stretta connessione con quella della sua autonomia (DTF 129 I 313 consid. 4.1 e rinvii). Quando il ricorso con cui si invoca la violazione dell'autonomia comunale è fondato su norme di rango costituzionale, il Tribunale federale esamina liberamente la decisione impugnata, mentre restringe la sua competenza all'arbitrio con riferimento a norme di rango inferiore, all'apprezzamento delle prove e all'accertamento dei fatti (DTF 131 I 91 consid. 1; 128 I 3 consid. 2b). In ogni caso, secondo l'art. 90 cpv. 1 lett. b OG e la costante giurisprudenza, applicabili anche al caso di violazione dell'autonomia comunale (DTF 114 Ia 315 consid. 1b), il Tribunale federale non applica d'ufficio il diritto, ma statuisce unicamente sulle censure sollevate e solo quando siano sufficientemente motivate (DTF 130 I 26 consid. 2.1; 129 I 185 consid. 1.6). 
3. 
La Corte cantonale ha considerato che il manufatto controverso non è una costruzione accessoria, perché serve all'esercizio di un'attività commerciale; non è nemmeno una costruzione mobiliare, a causa del suo carattere stabile; costituisce invece un ampliamento orizzontale degli edifici ai quali è addossato. Da questa constatazione i giudici cantonali hanno tratto la conclusione principale secondo cui questi edifici sono assoggettati alle regole dell'intervento conservativo limitato retto dall'art. 19 cpv. 2.3 delle norme di attuazione del piano regolatore di Lugano, del 21 marzo 1984 (NAPR). Questa disposizione, rinviando in particolare all'obbligo di mantenere le facciate sancito dall'art. 19 cpv. 2.2 NAPR, esclude a priori qualsiasi ampliamento che ne alteri la fisionomia. In quest'ambito d'intervento non può entrare in considerazione neppure l'art. 19 cpv. 2.4 NAPR, che conferisce al Municipio, tra l'altro, la facoltà di concedere una deroga all'obbligo di mantenere il perimetro della costruzione preesistente, laddove la caratteristica ambientale non lo richieda; ampliamenti eccezionali del genere potrebbero infatti essere autorizzati "soltanto nella misura in cui interessano il resto dell'edificio". 
In subordine i giudici cantonali hanno aggiunto che l'autorizzazione non potrebbe essere rilasciata nemmeno se l'art. 19 cpv. 2.4 NAPR fosse applicabile all'intervento sulla facciata litigiosa, perché "non si può ragionevolmente sostenere che le caratteristiche ambientali, vale a dire l'insieme degli edifici che fanno da corona a piazza della Riforma, non esigano il mantenimento del perimetro delle costruzioni esistenti". La sentenza rileva poi che queste conclusioni sono confermate indirettamente anche dall'art. 19 cpv. 4 NAPR, che impone il mantenimento degli spazi liberi sulle proprietà private, ciò che deve valere a maggior ragione per strade e piazze "che contribuiscono a definire l'aspetto caratteristico del nucleo tradizionale". I giudici cantonali hanno infine ritenuto inapplicabile sia l'art. 90 del regolamento edilizio della Città di Lugano, del 16 dicembre 1963, che disciplina soltanto la costruzione di manufatti che sporgono sull'area pubblica ad una certa altezza, sia l'art. 19 cpv. 8 NAPR, il quale stabilisce alcune regole di natura estetica segnatamente per facciate, portici e muri perimetrali. 
4. 
La critica di fondo proposta dal ricorrente consiste nel sostenere che il Tribunale cantonale amministrativo avrebbe ecceduto nel suo potere di esame. Ritiene che l'applicazione del diritto comunale autonomo avrebbe potuta essere corretta dall'autorità di ricorso soltanto se il Municipio avesse commesso abuso o eccesso di potere d'apprezzamento, ciò che secondo la prassi cantonale equivarrebbe all'esame dell'arbitrio. Con la sentenza impugnata i giudici cantonali avrebbero invece sostituito il loro apprezzamento a quello del Municipio, eseguendo un controllo di adeguatezza e di opportunità. 
4.1 La censura è di per sé ammissibile, giacché, come detto (cfr. consid. 2.2), il Comune autonomo può pretendere che l'autorità di ricorso rispetti i limiti formali del proprio intervento, che concretamente dipendono dall'ordinamento cantonale delle competenze (DTF 103 Ia 468 consid. 5 in fine). 
4.2 Nel diritto ticinese il potere d'esame del Tribunale cantonale amministrativo è definito in primo luogo dall'art. 61 della legge cantonale di procedura per le cause amministrative, del 19 aprile 1966 (LPamm), che attribuisce all'autorità cantonale il potere d'intervenire per violazione del diritto, che va applicato d'ufficio (art. 18 cpv. 1 LPamm). Tale violazione può consistere, per quanto qui interessa, nell'errata o mancata applicazione di una norma stabilita dalla legge o risultante implicitamente da essa, di livello federale, cantonale o comunale (Marco Borghi/Guido Corti, Compendio di procedura amministrativa ticinese, Lugano 1997, pag. 316/317) oppure nell'eccesso e abuso di potere. Quest'ultima forma di violazione del diritto presuppone tuttavia che la legge conferisca un determinato margine di apprezzamento all'autorità chiamata ad applicarla. Nel campo specifico del diritto edilizio ciò si traduce nella facoltà del Comune di scegliere tra più soluzioni possibili, adeguate e conformi agli obiettivi pianificatori, quella ritenuta più appropriata (DTF 116 Ia 221 consid. 2c; sentenza 1P.129/1994 del 12 aprile 1994, consid. 3b in fine, in: RDAT I-1995, n. 32, pag. 79 segg.). V'è eccesso di potere quando l'autorità adotta una soluzione non prevista dalla legge o giudica per apprezzamento laddove non dispone di tale facoltà, oppure quando essa ritiene a torto che la legge le consenta di ordinare un solo provvedimento determinato mentre diverse soluzioni sarebbero possibili; l'abuso del potere di apprezzamento s'identifica invece con l'arbitrio (Adelio Scolari, Commentario, Bellinzona 1996, n. 968/969 e riferimenti). 
4.3 Il ricorrente, pur menzionando solo di passaggio l'art. 61 LPamm in relazione con due citazioni dottrinali, espone i principi teorici concernenti i limiti del potere d'esame che compete al Tribunale cantonale amministrativo. Nella motivazione concreta dimentica tuttavia gli aspetti formali per censurare, conformemente all'art. 90 cpv. 1 lett. b OG, soprattutto l'applicazione materiale del diritto comunale. In circostanze simili, la questione di sapere se sia stata lesa l'autonomia comunale si riduce all'esame dell'interpretazione e dell'applicazione del diritto comunale, che il Tribunale federale esegue sotto il ristretto profilo dell'arbitrio (DTF 131 I 91 consid. 1 e rinvio; sentenza 1P.804/2000 dell'11 aprile 2001, consid. 3a, in: RDAT II-2001, n. 30, pag. 134 segg.). L'arbitrio, vietato dall'art. 9 Cost., è ravvisabile quando la decisione impugnata risulta manifestamente insostenibile, in contraddizione palese con la situazione effettiva, gravemente lesiva di una norma o di un chiaro principio giuridico, o in contrasto intollerabile con il sentimento di giustizia e di equità. La decisione deve inoltre essere arbitraria nel suo risultato e non solo nella sua motivazione (DTF 131 I 217 consid. 2.1; 129 I 173 consid. 3.1, 49 consid. 4, 8 consid. 2.1). 
5. 
5.1 Riferendosi all'argomentazione principale della sentenza impugnata il ricorrente ritiene arbitrario equiparare l'opera litigiosa a una costruzione permanente, non accessoria. A suo parere l'uso commerciale considerato determinante dalla Corte cantonale non sarebbe sufficiente; in forza dell'art. 10 cpv. 2 NAPR occorre piuttosto considerare il carattere dipendente del "gazebo" per rispetto alla costruzione principale, nonché l'aspetto soggettivo riferito alla volontà delle istanti di installarlo soltanto per un periodo limitato. 
5.2 L'art. 10 cpv. 2 NAPR definisce le costruzioni accessorie come quelle che "non servono all'abitazione o al lavoro, ma sono al servizio di una costruzione principale e che non hanno un fine industriale, artigianale o commerciale". Il ricorrente ammette la destinazione commerciale, peraltro evidente. Ciò esclude d'acchito che il Tribunale cantonale amministrativo, negando proprio per questo motivo il carattere di costruzione accessoria, sia incorso nell'arbitrio. Il ricorrente non spiega d'altronde quale sarebbe nel diritto comunale o cantonale il regime giuridico della costruzione accessoria che avrebbe dovuto condurre al rilascio del permesso; in altre parole non dimostra che la sentenza impugnata sarebbe arbitraria anche nel suo risultato. 
6. 
Il ricorrente censura inoltre l'applicazione dell'art. 19 cpv. 2.3 NAPR, su cui la Corte cantonale ha principalmente fondato il suo giudizio, e degli art. 19 cpv. 2.4 e 19 cpv. 4 NAPR, su cui l'ha basato in via subordinata. Gli argomenti ricorsuali, per quanto ammissibili, sono infondati. 
6.1 L'art. 19 cpv. 2.3 NAPR stabilisce, in breve, che "per le facciate protette e i tetti si dovrà operare secondo i criteri stabiliti per l'intervento conservativo"; questo intervento è retto dall'art. 19 cpv. 2.2 NAPR, il quale prescrive, in particolare, che "si dovranno mantenere e se necessario consolidare le strutture principali dell'edificio come le facciate, i muri maestri ed il tetto". 
L'art. 19 cpv. 2.4 NAPR permette a determinate condizioni la demolizione e la ricostruzione di edifici: "la ricostruzione dovrà avere luogo nel rispetto delle volumetrie e del perimetro preesistenti. Laddove la caratteristica ambientale non lo richiede, il Municipio sentito il parere delle Commissioni comunali competenti, può concedere una deroga al rispetto del perimetro della costruzione preesistente. Modifiche e completazioni saranno possibili solo per armonizzare la volumetria del nuovo edificio a quella degli adiacenti". 
L'art. 19 cpv. 4 NAPR prescrive che "gli spazi liberi devono rimanere tali, salvo indicazione contraria nei piani". 
6.2 Il ricorrente afferma che la sentenza cantonale sarebbe arbitraria perché gli art. 19 cpv. 2.3 e 19 cpv. 2.4 NAPR si applicherebbero soltanto "alla costruzione di un vero e proprio edificio", non alle strutture accessorie. Ritorna con ciò alla nozione di costruzione accessoria definita dall'art. 10 cpv. 2 NAPR, della cui interpretazione non arbitraria da parte del Tribunale cantonale amministrativo s'è tuttavia appena detto. Inoltre, contrariamente all'opinione del ricorrente, non è affatto contraddittorio dedurre l'impossibilità di eseguire ampliamenti dall'obbligo di mantenere le facciate e riconoscere nel contempo che degli ampliamenti potrebbero essere ammessi nella misura in cui interessassero il resto dell'edificio. Tale possibilità, sotto forma di deroga, è infatti prevista espressamente dall'art. 19 cpv. 2.4 lett. a NAPR nell'ambito appunto di una demolizione e conseguente ricostruzione. 
6.3 Dinanzi alle autorità cantonali l'opponente aveva invocato anche l'art. 19 cpv. 4 NAPR per giustificare il rigetto della domanda di costruzione. Il Tribunale cantonale amministrativo ha obiettato che, sebbene tale norma disciplini soltanto gli spazi liberi sulla proprietà privata, essa conferma indirettamente la sua conclusione: se sono inedificabili gli spazi liberi privati, a maggior ragione lo devono essere piazze e strade pubbliche. Questa considerazione, contrariamente a quanto afferma il ricorrente, non appare per nulla insostenibile. Si tratta ad ogni modo di una questione irrilevante: poiché il diniego della licenza edilizia già poggia sull'interpretazione non arbitraria degli art. 19 cpv. 2.3 e 2.4 NAPR, che reggono direttamente la costruzione litigiosa, in questa sede è inutile disquisire oltre sull'eventuale significato implicito di altre disposizioni (cfr. DTF 115 II 288 consid. 4). 
7. 
Il ricorrente critica infine anche l'interpretazione da parte della Corte cantonale dell'art. 90 del regolamento edilizio comunale, sostenendo in particolare che la decisione impugnata non sarebbe al proposito sufficientemente motivata. 
7.1 Il diritto di essere sentito è sancito dall'art. 29 cpv. 2 Cost., che istituisce una garanzia minima e sussidiaria rispetto agli ordinamenti cantonali e che impone di massima all'autorità di motivare il proprio giudizio. La motivazione è sufficiente quando l'interessato possa afferrare la portata della decisione e impugnarla con cognizione di causa. L'autorità deve quindi perlomeno succintamente esporre le argomentazioni su cui si è fondata; non occorre invece che esamini espressamente ogni allegazione sollevata, potendosi limitare ai punti rilevanti per il giudizio (DTF 129 I 232 consid. 3.2; 126 I 97 consid. 2b e rinvii). 
7.2 È indubbio che il giudizio impugnato adempie questi requisiti. I giudici cantonali hanno in effetti spiegato che l'art. 90 del regolamento edilizio è inapplicabile alla fattispecie perché disciplina soltanto manufatti che sporgono dalle facciate sull'area pubblica a una certa altezza, non quelli appoggiati al suolo come è il caso in concreto. Questa motivazione, semplice e chiara, è stata perfettamente afferrata dal ricorrente, che dichiara espressamente di ritenerla condivisibile per quanto riferita ai cpv. 1 e 2 dell'art. 90 del regolamento edilizio. 
7.3 Nel merito le critiche riguardano quindi unicamente l'art. 90 cpv. 3 e 4 del regolamento. Non è però necessario esaminare nel dettaglio il lungo esposto di ricorso, che ha perlopiù carattere appellatorio e disattende pertanto l'art. 90 cpv. 1 lett. b OG. In effetti, se gli art. 19 cpv. 2.3 e 2.4 NAPR, interpretati come visto senza arbitrio, portano al rifiuto della licenza edilizia litigiosa, non può di per sé essere insostenibile ritenere che le disposizioni regolamentarie riguardino soltanto altri tipi di manufatti, segnatamente quelli che non sono appoggiati al suolo. Tanto più che, come osserva correttamente l'opponente, il regolamento edilizio risale al 16 dicembre 1963, mentre le norme di attuazione del piano regolatore sono del 21 marzo 1984 e la versione attuale degli art. 19 cpv. 2.3 e 2.4 NAPR è stata modificata con effetto al 7 dicembre 1993. 
8. 
Il ricorso di diritto pubblico deve pertanto essere respinto, nella misura in cui è ricevibile. Il Comune ricorrente, che si è rivolto al Tribunale federale nell'ambito dell'esercizio delle sue attribuzioni ufficiali, può essere dispensato dal pagamento delle spese processuali (art. 156 cpv. 2 OG). Esso dovrà però versare un'indennità per ripetibili della sede federale alla resistente S & H Gambrinus AG (art. 159 cpv. 1 OG). Non si assegnano per contro ripetibili alla Argentino Serdom SA, che ha aderito alle domande ricorsuali. 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
1. 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
2. 
Non si preleva una tassa di giustizia. 
3. 
Il ricorrente rifonderà alla resistente S & H Gambrinus AG un'indennità di fr. 1'500.-- a titolo di ripetibili della sede federale. 
4. 
Comunicazione al ricorrente, ai patrocinatori delle parti, ai Servizi generali del Dipartimento del territorio, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
Losanna, 11 novembre 2005 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
Il presidente: Il cancelliere: