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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
1C_14/2022  
 
 
Sentenza del 13 dicembre 2022  
 
I Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Kneubühler, Presidente, 
Jametti, Chaix, 
Cancelliere Crameri. 
 
Partecipanti al procedimento 
1. CE A.________ composta da B.________ e C.________, 
2. CE D.________, composta da E.________, F.________, G.________ e H.________, 
3. I.________, 
4. J.________, 
5. K.________, 
6. L.________, 
7. M.________, 
patrocinati dall'avv. Anna Ciaranfi Zanetta, 
ricorrenti, 
 
contro 
 
Gran Consiglio della Repubblica e Cantone Ticino, piazza Governo 6, 6501 Bellinzona, 
rappresentato dal Dipartimento del territorio, Divisione sviluppo territoriale e mobilità, Residenza governativa, 6501 Bellinzona, 
 
Municipio di Dalpe, Nucleo Dalpe 1, 6774 Dalpe. 
 
Oggetto 
Piano di utilizzazione cantonale dei paesaggi con edifici e impianti protetti (PUC-PEIP), 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 23 novembre 2021 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (90.2010.142, 90.2010.219, 90.2010.259, 90.2010.285, 90.2010.288, 90.2010.295, 90.2010.323). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
Con decreto legislativo dell'11 maggio 2010 il Gran Consiglio della Repubblica e Cantone Ticino ha approvato il piano di utilizzazione cantonale dei paesaggi con edifici e impianti protetti (PUC-PEIP; Bollettino ufficiale 2010, pag. 174 seg.). 
 
B.  
Contro questo decreto diversi proprietari, nel caso in esame del Comune di Dalpe, sono insorti con separati ricorsi dinanzi al Tribunale cantonale amministrativo, chiedendo l'inclusione dei loro fondi in determinati perimetri protetti del PUC-PEIP, ciò che comporterebbe la possibilità di cambiare la destinazione dei rustici. Con giudizio del 23 novembre 2021 la Corte cantonale, senza esperire un sopralluogo nella causa in discussione, ha respinto i ricorsi. 
 
C.  
Avverso questa decisione la Comunione ereditaria B.________ e C.________, proprietarie del fondo vvv di Dalpe, la Comunione ereditaria D.________, composta da E.________, F.________, G.________ e H.________, proprietaria del fondo www di Dalpe, I.________ e J.________, comproprietari del fondo zzz di Dalpe, nonché K.________, L.________ e M.________, comproprietari dei fondi xxx e yyy di Dalpe presentano, con un atto unico, un ricorso in materia di diritto pubblico e un ricorso sussidiario in materia costituzionale al Tribunale federale. Chiedono, in via principale, di esperire un sopralluogo, di annullare la sentenza impugnata, di inserire il comprensorio di Dalpe, in particolare le zone Büza, Brüso e Vidresco nella scheda Piano direttore (PD) 8.5 nonché di ordinare all'autorità d'inserire la stessa nel PUC-PEIP; in via subordinata, postulano di rinviare gli atti alla Corte cantonale per nuovo giudizio. 
Non è stato ordinato uno scambio di scritti, ma sono stati richiesti gli incarti cantonali. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Presentato tempestivamente contro una decisione dell'ultima istanza cantonale in materia pianificatoria, il ricorso in materia di diritto pubblico è ammissibile sotto il profilo degli art. 82 lett. a, 86 cpv. 1 lett. d e 100 cpv. 1 LTF. Vista la manifesta ammissibilità del ricorso ordinario, il ricorso sussidiario in materia costituzionale (art. 113 LTF) è inammissibile. La legittimazione dei ricorrenti è pacifica.  
 
1.2. Con il ricorso in materia di diritto pubblico si può far valere in particolare la violazione del diritto federale (art. 95 lett. a LTF), nozione che comprende i diritti costituzionali (DTF 148 I 198 consid. 2.1). Secondo l'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, il ricorso dev'essere motivato in modo sufficiente. spiegando nei motivi perché l'atto impugnato viola il diritto. Il Tribunale federale, che non è un'istanza di appello, esamina in linea di principio solo le censure sollevate (DTF 147 I 73 consid. 2.1; 146 IV 297 consid. 1.2).  
 
1.3. Quando i ricorrenti invocano la violazione di diritti costituzionali (diritto di essere sentito, buona fede), il Tribunale federale, in applicazione dell'art. 106 cpv. 2 LTF, vaglia le censure solo se siano state esplicitamente sollevate e motivate in modo chiaro e preciso (DTF 147 I 73 consid. 2.1). La stessa conclusione vale anche quando si adduce l'arbitrio nell'accertamento dei fatti e nella valutazione delle prove (DTF 147 I 73 consid. 2.2).  
 
2.  
 
2.1. I ricorrenti criticano il fatto che la Corte cantonale non ha esperito il sopralluogo da loro richiesto, ritenendolo non necessario per apportare ulteriori elementi utili ai fini del giudizio. L'istanza precedente ha infatti precisato di poter decidere la causa senza istruttoria, fondandosi anche sulle vedute aeree di Swisstopo ( www.map.geo.admin.ch) e sulle viste Google ( www.google.ch/maps; richiamando al riguardo la sentenza 1C_382/2015 del 22 aprile 2016 consid. 6.5). Ha quindi respinto la richiesta di indire un sopralluogo.  
 
2.2. Il diritto di essere sentito, sancito dall'art. 29 cpv. 2 Cost., comprende la facoltà per gli interessati di consultare l'incarto, di offrire mezzi di prova su punti rilevanti e di esigerne l'assunzione, di partecipare alla stessa e di potersi esprimere sulle relative risultanze nella misura in cui possano influire sulla decisione (DTF 145 I 167 consid. 4.1; 144 I 11 consid. 5.3). La garanzia del diritto di essere sentito non impedisce tuttavia all'autorità di procedere a un apprezzamento anticipato delle prove richieste e rinunciare ad assumerle, se è convinta che non potrebbero condurla a modificare il suo giudizio: nell'ambito di questa valutazione, le spetta un vasto margine di apprezzamento e il Tribunale federale interviene solo in caso di arbitrio (DTF 146 III 73 consid. 5.2.2; 145 I 167 consid. 4.1), fattispecie non realizzata in concreto. In effetti, come ancora si vedrà, nella fattispecie i ricorrenti incentrano principalmente le loro censure, a torto, sulla situazione pianificatoria previgente e sull'asserita situazione paesaggistica asseritamente già tutelata da una decisione del Consiglio federale svizzero del 27 settembre 1976, decisione tuttavia ininfluente ai fini del giudizio. Per questi motivi pure la richiesta di far esperire un sopralluogo da parte del Tribunale federale dev'essere respinta.  
 
2.3. Nell'atto di ricorso presentato al Tribunale federale, i ricorrenti osservano, in maniera del tutto generica, che nel 2017 o 2018, alla presenza del Sindaco, "l' allora Giudice del Tribunale amministrativo avv. Lucchini", e quindi non un membro del collegio giudicante che ha emanato la decisione impugnata, si sarebbe recato a Dalpe per valutare la situazione: essi, per contro, in violazione del loro diritto d'essere sentiti, non sarebbero stati convocati al presunto sopralluogo, del quale non è per nulla chiaro che avrebbe interessato i loro fondi, visti i numerosi sopralluoghi effettuati nella regione (cfr. per esempio le cause 1C_62 e 64/2021 decise in data odierna).  
Gli insorgenti, assistiti da una legale, si limitano tuttavia a disapprovare tale preteso modo di agire, senza tuttavia chiedere di annullare la sentenza cantonale per questo motivo formale. Per di più, essi non censurano l'accertamento secondo cui la Corte cantonale non ha esperito il richiesto sopralluogo sulla base di un apprezzamento anticipato delle prove. Inoltre, in uno scritto del 10 novembre 2021 i ricorrenti, patrocinati, hanno chiesto solo l'evasione del ricorso nel merito, ma non di rifare l'ipotizzato sopralluogo viziato, rinunciandovi quindi implicitamente (sulla possibilità di sanare una pretesa violazione del diritto di essere sentito e sull'implicita rinuncia ad avvalersene cfr. DTF 148 IV 22 consid. 5.5.2). 
 
2.3.1. Nel caso in esame è dimostrato che i ricorrenti, come da loro sottolineato, a partire dal 2017 o dal 2018, hanno avuto piena conoscenza del fatto che un sopralluogo avrebbe avuto luogo a Dalpe, piccolo villaggio dove abitano una parte dei ricorrenti e la loro patrocinatrice. Mal si comprende quindi perché essi non si sono informati senza indugio presso l'autorità comunale o presso la Corte cantonale allo scopo di verificare se, effettivamente, il supposto sopralluogo concerneva anche i loro fondi e, in caso affermativo, postulare tempestivamente di rifarlo in loro presenza, per evidenti motivi di economia procedurale, potendo sanare in tal modo il preteso vizio. Nulla impediva loro inoltre di chiedere se del caso l'accesso agli atti cantonali per verificare la fondatezza o meno di tale supposizione, per esempio tramite l'invito da parte del giudice delegato alle autorità comunali e verosimilmente all'Ufficio federale dello sviluppo territoriale di partecipare all'asserito sopralluogo, nonché le risultanze dello stesso (sull'obbligo di verbalizzare per iscritto le risultanze di un sopralluogo e sulla facoltà delle parti di esprimersi sul verbale prima che sia adottata la decisione vedi DTF 142 I 86 consid. 2.2-2.6).  
Decisiva è anche la circostanza che ai ricorrenti non incombeva l'obbligo di consultare regolarmente gli atti cantonali, né di verificare per anni lo stadio e l'avanzare della procedura ma, semplicemente, d'informarsi su un unico fatto: se il supposto sopralluogo del 2017 o 2018 abbia effettivamente avuto luogo e se si fosse riferito anche ai loro fondi, e non solo ad altre particelle, essendo notorio che erano stati interposti numerosi ricorsi con richieste di sopralluogo nella regione in esame. Ai ricorrenti, venuti a conoscenza di una circostanza che avrebbe potuto essere determinante ai fini del giudizio, spettava quindi l'obbligo di interpellare tempestivamente l'autorità comunale o quella cantonale al riguardo. 
In applicazione del principio della buona fede processuale, essi non potevano pertanto aspettare, senza agire per anni, la notifica della decisione impugnata per poi lamentarsi, peraltro in maniera generica e quindi lesiva delle esigenze di motivazione dell'art. 106 cpv. 2 LTF, che non sarebbero stati convocati a un sopralluogo del quale avevano conoscenza. È infatti contrario al principio della buona fede processuale e al divieto dell'abuso di diritto mantenere in riserva una censura per poi sollevarla solo successivamente, qualora l'esito della procedura sia sfavorevole o gli interessati si rendano conto che l'istruzione non segue il corso da loro desiderato (art. 5 cpv. 3 Cost.; cfr. per la ricusa DTF 140 I 240 consid. 2.4; 139 III 120 consid. 3.2.1; sentenza 1B_502/2020 del 15 ottobre 2020 consid. 2.2). 
 
2.3.2. Secondo la giurisprudenza, in presenza di un'irregolarità della procedura a loro nota, in concreto l'ipotizzata assunzione irrita di un mezzo di prova, gli interessati non possono infatti differire a piacimento per anni il loro intervento: il principio della buona fede gli impone di informarsi dell'esistenza e del contenuto di un atto istruttorio asseritamente viziato che li riguarda non appena ne sospettino l'esistenza, pena il rischio di vedersi opporre l'irricevibilità della censura per tardività (cfr. DTF 143 V 66 consid. 4.3; 143 IV 397 consid. 3.4.2 in fine; 124 II 124 consid. 2d/aa; sentenze 1C_295/2020 del 18 gennaio 2021 consid. 3.2 e 1C_393/2016 del 5 dicembre 2016 consid. 2.2 in fine; JACQUES DUBE y, in: Constitution fédérale, Commentaire romand, 1a ed. 2021, n. 126 seg. ad art. 5). Ora, nella fattispecie i ricorrenti, patrocinati da una legale, venuti a conoscenza nel 2017 o 2018 che un atto istruttorio avrebbe potuto essere viziato e quindi essere sanato prima dell'adozione del giudizio di merito, sono rimasti inspiegabilmente inattivi per due anni, senza informarsi al riguardo presso l'autorità comunale o cantonale, limitandosi ad accennare al preteso vizio anni dopo, e senza neppure chiedere di sanarlo. Ne segue che l'accenno di censura di violazione del diritto d'essere sentito, manifestamente tardivo, è inammissibile.  
 
3.  
 
3.1. La Corte cantonale ha rilevato che nell'ambito della valutazione dei piani di utilizzazione cantonali essa dispone di un potere d'esame completo, che contempla anche il sindacato di opportunità, compreso l'eccesso e l'abuso del potere di apprezzamento e l'inadeguatezza del provvedimento pianificatorio, da esercitare nondimeno con il dovuto riserbo viste le connotazioni locali. Di conseguenza la soluzione alternativa proposta dagli insorgenti deve manifestare pregi realmente superiori nel suo complesso per convincerla a preferirla a quella approvata dall'autorità incaricata della pianificazione.  
Ha ricordato che secondo l'art. 39 cpv. 2 OPT (RS 700.1), norma di applicazione dell'art. 24 lett. a LTF (RS 700), relativa a edifici in comprensori con insediamenti sparsi ed edifici tipici del paesaggio, i Cantoni possono autorizzare, siccome d'ubicazione vincolata, la modifica dell'utilizzazione di edifici esistenti, protetti perché elementi tipici del paesaggio, se: 
 
"a. il paesaggio e gli edifici formano un'unità degna di protezione e sono stati posti sotto protezione nell'ambito di un piano di utilizzazione; 
b. il carattere particolare del paesaggio dipende dal mantenimento di tali edifici; 
c. la conservazione duratura degli edifici può essere garantita solo con un cambiamento di destinazione; e 
d. il piano direttore cantonale contiene i criteri secondo cui va valutato il carattere degno di protezione dei paesaggi e degli edifici." 
Ha ricordato che nel Cantone Ticino la scheda 8.5 del piano direttore del 1990, come pure la scheda P3 del piano direttore del 2009, pone l'accento sulla valenza formale del paesaggio frutto dell'utilizzazione agricolo-forestale secolare legata in particolare alla transumanza stagionale che ha determinato l'alternanza tra foreste e spazi aperti e ampie superfici pascolative alpestri, sovente valorizzate dalla presenza di edifici, raggruppati o isolati, testimoni di un'arte edilizia minore, ma di grande dignità, paesaggio che rappresenta una ricchezza culturale con carattere di unicità. Poiché questi edifici tradizionali sono una componente essenziale del paesaggio culturale, la Corte cantonale ha osservato che può essere opportuno conservarli, anche se situati fuori della zona edificabile e se per farlo si renda necessario un cambiamento di destinazione, sulla base di criteri stabiliti nella citata scheda, tra i quali la presenza di edifici rurali originali. 
 
3.2. Il PUC-PEIP è volto alla delimitazione dei paesaggi con edifici e impianti protetti secondo la scheda P3 (ex 8.5) del piano direttore cantonale giusta l'art. 2 cpv. 1.1 delle norme di attuazione del PUC-PEIP (NAPUC). Il piano tende ad assicurare la protezione e la gestione del territorio fuori delle zone edificabili e permettere il mantenimento, la valorizzazione e, nella misura del possibile, il recupero di edifici e impianti degni di protezione ubicati fuori delle zone edificabili, laddove essi costituiscono una componente essenziale del paesaggio tradizionale locale, con tutte le sue componenti, in quanto espressione della culturale rurale tradizionale. Ha sottolineato che il PUC-PEIP disciplina quindi in maniera organica e unitaria gli edifici rurali, denominati comunemente "rustici", di valore storico-culturale. Coerentemente con l'art. 39 cpv. 2 OPT e nel solco del criterio base del piano direttore, il PUC-PEIP prevede norme piuttosto rigide a tutela degli edifici rurali originali che concorrono a conferire la qualità formale del paesaggio, valorizzandolo. Ha precisato che, pertanto, l'inclusione di un "paesaggio" nel perimetro del PUC-PEIP, si giustifica unicamente se il suo carattere storico-rurale è ben percettibile. Ne ha dedotto che è dunque indispensabile che la sostanza edilizia oggetto della tutela, ossia edifici originali non ancora trasformati, rispettivamente trasformati compatibilmente con le qualità formali esatte dalle NAPUC, sia effettivamente presente e in modo ben riconoscibile, tale da determinarne chiaramente le caratteristiche. Ha osservato che ciò non significa che per essere ricompreso nel perimetro del PUC il paesaggio debba essere assolutamente intatto: la presenza di elementi estranei può comportarne tuttavia la squalifica nell'ottica di questo piano.  
 
3.3. L'istanza precedente ha osservato che i ricorrenti chiedono di inserire nel perimetro di protezione del PUC-PEIP il vasto paesaggio agricolo che si sviluppa tra il Bosco Bello e la strada cantonale, a ovest degli abitati di Dalpe e di Cornone. Il piano regolatore di Dalpe, originariamente approvato con risoluzione del 4 settembre 1981 e poi oggetto di alcune varianti, attribuisce questo comparto essenzialmente alla zona agricola (prati), alla quale si sovrappone parzialmente la zona per le piste da sci. Al suo interno sono ritagliate due zone per attrezzature ed edifici di interesse pubblico, la prima denominata Centro Sportivo Bedrina, la seconda riservata per la costruzione di una colonia di vacanza (9'643 m2). Il comparto è compreso nell'oggetto "Campolungo - Campo Tencia - Piumogna" (n. 1809) dell'inventario federale dei paesaggi, siti e monumenti naturali d'importanza nazionale (IFP). Sotto il profilo del paesaggio culturale, la scheda spiega come del passato agro-pastorale dei prati che contornano i villaggi sia sopravvissuto unicamente l'allevamento basato sullo sfalcio, paesaggio ben conservato, ma che tende all'inselvatichimento. La sua utilizzazione ricreativa, insieme al turismo stagionale, costituisce la principale risorsa per i villaggi che vi si trovano, ormai scarsamente popolati.  
La Corte cantonale ha poi esaminato la situazione dal profilo dell'edilizia presente nel comparto. Riguardo alle zone qui litigiose di Büza e Brüsó ha ritenuto ch'esse presentano caratteristiche simili di un'altra zona, dove si trovano rustici tutto sommato interessanti dal profilo della pianificazione in esame, ma minoritari per rapporto all'insieme delle costruzioni e che non hanno la forza d'imporsi per caratterizzare in tal senso il comparto, nel quale sono presenti anche altri rustici la cui sostanza originale è stata alterata; ciò in particolare riguardo ai tetti sostituiti con materiali estranei alla tipologia locale e/o modificati nelle dimensioni delle falde. Ne ha concluso che non si tratta più di testimonianze originali sufficientemente preservate della civiltà contadina: per il resto le costruzioni erette in quei luoghi sono sostanzialmente estranee alla civiltà rurale. Ha aggiunto che accanto a tre rustici classificati 1a tutto sommato interessanti (tra i quali i fondi litigiosi yyy e www), vi sono edifici rurali ormai snaturati che dal profilo formale sono assimilabili a casette, anche a causa delle sistemazioni esterne tipiche di zone residenziali, nonché altre costruzioni estranee alla tipologia ricercata. Per di più le previsioni pianificatorie comunali prevedono l'inserimento di una colonia di vacanza, ciò che inevitabilmente costituirà un elemento estraneo nell'ottica del PUC-PEIP. Ha poi ritenuto che nella porzione centrale del comparto in esame (zona Vidresco), la situazione è un po' migliore, nel senso che vi è un piccolo gruppo di quattro edifici, tra i quali i fondi in questione vvv, xxx e zzz, che presentano tuttora caratteristiche originali dell'edilizia rurale storica. A questi si oppongono tuttavia due immobili (in origine rustici), ampiamente modificati in spregio alle caratteristiche architettoniche originali (aperture, tetti, intonaci), oltre a sistemazioni esterne piuttosto importanti, tipiche di zone residenziali, non agricole. Questa zona è inoltre attraversata da una stradina non molto larga, ma asfaltata, ciò che non contribuisce secondo i giudici cantonali alla lettura di un paesaggio meritevole di tutela. Hanno quindi condiviso la posizione della Divisione dello sviluppo territoriale secondo cui, sebbene si tratti di un'ampia zona agricola, la stessa presenta proprietà contrastanti, non essendo riconoscibile una sufficiente presenza di edilizia rurale originale. Le costruzioni potenzialmente interessanti appaiono solo come presenze puntuali che sussistono insieme a rustici oggetto di interventi irrispettosi della sostanza storica originale, perdendo così valenza formale utile ai sensi della pianificazione in esame, oltre a costruzioni del tutto estranee alla tipologia ricercata. Anche la presenza di strade asfaltate concorre a svilire il potenziale residuo degli edifici storici presenti. La zona è inoltre separata dal perimetro del piano di protezione in vigore e non è possibile individuare aree chiaramente delimitate e di sufficiente estensione da poterle considerare rilevanti dal profilo paesaggistico e quindi significativo sotto l'aspetto della pianificazione in esame. Ha sottolineato che il PUC-PEIP non è volto alla tutela di zone di estensione esigua, allo scopo di proteggere singoli o piccoli gruppi di edifici, ciò che neppure i ricorrenti pretendevano. 
 
3.4. l ricorrenti insistono sul fatto che il mancato inserimento dei loro fondi nel PUC-PEIP implica l'impossibilità di procedere a un cambiamento di destinazione dei rustici che vi si trovano, ubicati al di fuori della zona edificabile. Adducono una violazione dei loro diritti costituzionali, segnatamente del divieto dell'arbitrio (art. 9 Cost.), della tutela della buona fede, della garanzia della proprietà (art. 26 Cost.) nonché la lesione del diritto d'essere sentiti (art. 29 cpv. 2 Cost.).  
La circostanza, sulla quale si diffondono i ricorrenti, che gli edifici del comprensorio sarebbero stati inseriti nell'inventario di quelli degni di protezione elaborato dal Comune di Dalpe negli anni novanta non è decisiva. Come ancora si vedrà, la situazione pianificatoria anteriore dei fondi può infatti cambiare e i proprietari non hanno alcun diritto a che l'attribuzione dei loro fondi rimanga invariata anche in futuro. Per lo stesso motivo ininfluente è pure l'invocata decisione del Consiglio federale svizzero del 27 settembre 1976, sulla quale, a torto, è incentrato il gravame. In effetti, quella decisione si fonda sull'art. 2 del Decreto federale del 17 marzo 1972 su alcuni provvedimenti urgenti nell'ambito della pianificazione del territorio e della relativa ordinanza d'esecuzione del 29 marzo 1972, normativa quindi superata dall'entrata in vigore, il 1° gennaio 1980, della LPT. Per di più, l'allora proprietaria dei fondi aveva impugnato la decisione del 6 agosto 1975 con la quale il Consiglio di Stato aveva incluso il suo fondo nei piani dei territori protetti a titolo provvisorio, chiedendo di escluderlo. La richiamata decisione, fondata su una normativa, peraltro provvisoria, non più in vigore da decenni, e non sull'art. 39 cpv. 2 OPT, non può giovare alle ricorrenti. Per di più la richiamata decisione si limitava a rilevare che il comparto poteva essere considerato un paesaggio di particolare bellezza, segnatamente per il suo notevole alternarsi di prati e boschi e per le sue grandi risorse naturali, osservando che nelle vicinanze erano già state costruite alcune case di vacanza; essa non si esprimeva tuttavia del tutto, ciò che è decisivo, sulla presenza di rustici degni di protezione. In queste circostanze la Corte cantonale non ha violato il diritto d'essere sentito dei ricorrenti non esprimendosi esplicitamente su questo mezzo di prova, manifestamente ininfluente per la decisione. Né al riguardo essa è incorsa in un accertamento arbitrario dei fatti. 
 
3.5. I ricorrenti, sottolineato ch'essi non avrebbero effettuato interventi sui loro rustici, osservano che prima del 2000 alcuni altri edifici sono stati trasformati da agricoli a residenziali, subendo quindi un cambiamento di destinazione. Osservano che ciò nondimeno tutti gli edifici sarebbero stati inseriti nell'inventario degli edifici degni di protezione elaborato dal Comune di Dalpe negli anni novanta. Richiamano poi il rapporto d'esame del Dipartimento federale dell'ambiente, dei trasporti, dell'energia e delle comunicazioni (DATEC) e dell'ARE relativo all'approvazione della scheda di coordinamento 8.5 del 14 novembre 2001 dove si indica che tra il 1993 fino all'agosto del 1998 erano state concesse 600 autorizzazioni, situazioni che dovrebbero essere interpretate come un'inosservanza di ampie proporzioni del diritto federale da parte del Cantone. Ciò poiché il previgente art. 24 cpv. 2 OPT, corrispondente all'attuale art. 39 cpv. 2 OPT, poteva essere applicato soltanto con l'apposita scheda di coordinamento del Piano direttore cantonale, che doveva essere approvata dal Consiglio federale (n. 2.451 pag. 13). Questi accertamenti confermano le conclusioni della Corte cantonale, secondo cui determinati rustici sono stati snaturati. Ora, il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sull'accertamento dei fatti svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Secondo l'art. 97 cpv. 1 LTF, i ricorrenti possono censurarlo soltanto se è stato svolto in modo manifestamente inesatto, vale a dire arbitrario (DTF 147 I 73 consid. 2.2; 145 V 188 consid. 2), o in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF, motivando la censura in modo chiaro e preciso, conformemente alle esigenze poste dall'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 147 IV 73 consid. 4.1.2). Per motivare l'arbitrio non basta tuttavia criticare semplicemente la decisione impugnata contrapponendole come nella fattispecie una versione propria, ma occorre dimostrare per quale motivo l'accertamento dei fatti o la valutazione delle prove sono manifestamente insostenibili, si trovano in chiaro contrasto con la fattispecie, si fondano su una svista manifesta o contraddicono in modo urtante il sentimento della giustizia e dell'equità (DTF 148 II 121 consid. 5.2).  
I ricorrenti imperniano infatti la loro argomentazione sull'enorme pregio paesaggistico del comprensorio, ciò che, come rettamente ritenuto dai giudici cantonali, non è di per sé decisivo sotto il profilo dell'obiettivo perseguito dal PUC-PEIP, che non ha lo scopo di tutelare zone di estensione esigua per proteggere singoli edifici. Ora, i ricorrenti, dinanzi alla Corte cantonale, non hanno preteso né motivato una tale eventualità. La decisione impugnata è d'altra parte motivata in maniera sufficiente, poiché si esprime su tutti i punti decisivi e pertinenti per il giudizio (DTF 147 IV 409 consid. 5.3.4; 146 IV 297 consid. 2.2.7). 
 
4.  
 
4.1. L'istanza precedente ha stabilito che neppure l'inserimento del comparto in esame nell'inventario IFP (n. 1809), il quale sottolinea la notevole bellezza del paesaggio culturale e naturale, è decisivo. Scopo del PUC-PEIP è infatti "la delimitazione dei paesaggi con edifici e impianti protetti ai sensi della scheda 8.5 del piano direttore" (art. 2 cpv. 1.2 NAPUC), e non quello di proteggere zone agricole ancorché pregiate e significative dal profilo paesaggistico, laddove non vi è una sufficiente sostanza edilizia storica significativa da tutelare. Ha osservato che la protezione del paesaggio in quanto tale deve avvenire, per contro, tramite i piani regolatori o altri strumenti specifici del diritto federale, cantonale o comunale, ciò che si verifica del resto in diversi comuni del Cantone e anche della Leventina, dove tra altro, è stato introdotto l'obbligo di mantenere del territorio agricolo con funzione paesaggistica, istituendo anche misure sostitutive qualora il proprietario non vi provveda. Ha ritenuto inoltre che nemmeno la ponderazione degli interessi permette di giungere a un'altra conclusione, visto che la presenza antropica nei settori in questione risulta già sufficientemente garantita dal piano regolatore e dall'IFP. Ne ha concluso che occorre evitare quindi la sovrapposizione di vincoli ingiustificati.  
 
4.2. I ricorrenti, disattendendo il loro obbligo di motivazione (art. 42 LTF), non si confrontano con queste argomentazioni, peraltro corrette. In effetti, richiamando l'inserimento del comprensorio nell'inventario IFP e la circostanza che il piano regolatore comunale protegge la zona sotto il profilo paesaggistico, si limitano ad asserire, in maniera appellatoria e quindi inammissibile, che tale comprensorio avrebbe dovuto essere inserito automaticamente nel PUC-PEIP, disattendendo che gli strumenti pianificatori da loro invocati perseguono scopi diversi da quelli posti a fondamento del PUC-PEIP. D'altra parte essi misconoscono che il principio dell'affidamento decade qualora, come nella fattispecie, nel frattempo l'ordinamento giuridico è stato modificato (DTF 148 II 233 consid. 5.5.1 in fine). Nell'ambito dei piani di utilizzazione, la garanzia della proprietà (art. 26 cpv. 1 Cost.), alla quale essi accennano, non osta a una modifica della situazione giuridica, ricordato ch'essa non conferisce alcun diritto ai proprietari che i loro terreni rimangano permanentemente inseriti in una determinata zona, visto che la proprietà non è garantita in maniera illimitata, ma soltanto, nell'interesse pubblico, entro i limiti tracciati dall'ordinamento giuridico (DTF 144 II 367 consid. 3.2; 146 I 70 consid. 6.1; PETER HÄNNI, Planungs-, Bau- und besonderes Umweltschutzrecht, 7a ed. 2022, pag. 120). D'altra parte essi non sostengono che le autorità competenti avrebbero fornito loro una qualsiasi assicurazione vincolante al riguardo (sui principi della buona fede e dell'affidamento vedi art. 5 cpv. 3 e art. 9 Cost., e sui necessari presupposti DTF 148 II 233 consid. 5.5.1; 146 I 105 consid. 5.1.1; 147 IV 73 consid. 4.1.2). Giova ricordare infine che il Tribunale federale s'impone un certo riservo nella misura in cui si tratta di valutare specifiche particolarità locali, meglio conosciute dalle autorità locali (DTF 147 II 465 consid. 4.3.2).  
 
4.3. L'istanza precedente ha respinto infine la critica riferita a una pretesa disparità di trattamento nei confronti dei proprietari che hanno già modificato la destinazione di edifici rurali originali. Ha ritenuto che, a prescindere dal quesito di sapere se gli asseriti interventi edilizi siano o meno al beneficio di una licenza edilizia formalmente e/o materialmente valida, ha ritenuto la censura priva di pertinenza di primo acchito, già per il fatto ch'essa esula dalla tematica pianificatoria e andrebbe sollevata, semmai, nell'ambito di una procedura edilizia.  
I ricorrenti adducono, senza tuttavia fornire alcuna prova, che le trasformazioni edilizie indicate quali costruzioni del tutto estranee alla tipologia ricercata dal PUC-PEIP sarebbero state autorizzate non solo dal Comune, ma anche dal Cantone. Questi edifici ristrutturati in maniera irrispettosa della sostanza storica originale rimarrebbero quindi sul territorio, mentre quelli integri, come asseritamente i loro, sarebbero destinati alla distruzione, sebbene i rustici non riattati hanno acquisito un importante valore commerciale e turistico, potendo diventare delle ambite residenze secondarie. Ne deducono, a torto come visto, che l'impossibilità di cambiare la destinazione dei loro rustici comporterebbe quindi una violazione della garanzia della proprietà e dell'uguaglianza giuridica (art. 8 Cost.). Essi non si confrontano tuttavia con la motivazione, peraltro corretta, posta a fondamento del giudizio impugnato, imperniata su una distinzione giuridica giustificabile e che tratta differentemente, per motivi ragionevoli, situazioni non analoghe (DTF 142 I 195 consid. 6.1; cfr. DTF 147 V 312 consid. 6.3.2). La garanzia della proprietà (art. 26 cpv. 1 Cost.) non tutela la proprietà in maniera illimitata, ma soltanto nei limiti fissati nell'interesse pubblico dall'ordinamento giuridico, segnatamente in concreto quelli pianificatori (DTF 146 I 70 consid. 6.1; 145 I 156 consid. 4.1; 145 II 140 consid. 4.1). Occorre ricordare inoltre che in ambito pianificatorio, visto che le zone di utilizzazione devono essere delimitate, il principio della parità di trattamento ha una portata ridotta (DTF 142 I 162 consid. 3.7.2; sulla compatibilità di misure pianificatorie con la libertà economica cfr. DTF 142 I 162 consid. 3.3). Infine, anche l'implicito richiamo ricorsuale al diritto all'uguaglianza di trattamento nell'illegalità non regge. Un tale diritto può essere ammesso in via eccezionale soltanto quando non in un caso isolato e neppure in alcuni casi, bensì secondo una prassi costante, un'autorità deroga alla legge se dà a vedere che anche in futuro non deciderà in modo conforme alla stessa (DTF 146 I 105 consid. 5.3.1), ipotesi non realizzata in concreto. 
 
5.  
Ne segue che il ricorso sussidiario in materia costituzionale è inammissibile, mentre quello in materia di diritto pubblico dev'essere respinto in quanto ammissibile. Le spese seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Il ricorso sussidiario in materia costituzionale è inammissibile 
 
2.  
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso in materia di diritto pubblico è respinto. 
 
3.  
Le spese giudiziarie di fr. 4'000.-- sono poste a carico dei ricorrenti. 
 
 
4.  
Comunicazione alla patrocinatrice dei ricorrenti, al Municipio di Dalpe, al Gran Consiglio e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino nonché all'Ufficio federale dello sviluppo territoriale. 
 
 
Losanna, 13 dicembre 2022 
 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Kneubühler 
 
Il Cancelliere: Crameri