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[AZA 3] 
 
6P.36/2000 
6S.138/2000 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE 
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5 luglio 2000 
 
Composizione della Corte: giudici federali Schubarth, presidente della Corte e presidente del Tribunale federale, Schneider e Kolly. 
Cancelliera: Bino. 
 
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Visti il ricorso di diritto pubblico del 28 febbraio 2000 e il ricorso per cassazione del 28 gennaio 2000/16 febbraio 2000, proposti dalla Thermoselect SA, Locarno, patrocinata dall'avv. Tuto Rossi, Bellinzona, contro la sentenza della Camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino del 24 gennaio 2000 nel procedimento penale per violazione della legge federale contro la concorrenza sleale e, subordinatamente, calunnia e diffamazione aperto nei confronti di Monica Piffaretti Caratti, Michele de Lauretis, persone riconducibili alla Regiopress SA, Bellinzona, patrocinati dall'avv. Mario Molo, Bellinzona, e Amelia Alberti, Lesa Comnago (I); 
Ritenuto in fatto : 
 
A.- Thermoselect SA - società anonima con sede a Locarno, costituita il 30 agosto 1990, con un capitale azionario di fr. 13'200'000.--, è attiva nel settore della termochimica, in Svizzera e all'estero. Essa si occupa in particolare della promozione, realizzazione, vendita e gestione d'impianti per la gassificazione ad alta temperatura dei rifiuti, nonché della consulenza per la loro progettazione. 
A tale scopo essa utilizza innovativi brevetti industriali, di cui è la titolare, nel campo della tecnologia per il trattamento dei rifiuti. 
 
Regiopress SA - società anonima con sede a Bellinzona, costituita il 27 dicembre 1993, dotata di un capitale azionario di fr. 2'450'000.-- - ha per scopo l'edizione, la pubblicazione e la stampa di quotidiani e periodici. Giacomo Salvioni ne è l'amministratore unico. Essa è in particolare l'editrice del quotidiano "La Regione" di cui, all' epoca dei fatti litigiosi, Monica Piffaretti Carotta e Michele De Lauretis erano, rispettivamente, direttrice e capo-direttore. 
 
B.- Il 6 giugno 1993 veniva accettato in votazione popolare il referendum contro i crediti per la costruzione di tradizionali forni a griglia per lo smaltimento dei rifiuti, campagna referendaria sostenuta, tra l'altro, dal settimanale "Il Mattino della domenica" e finanziata dalla Thermoselect. 
 
Il 20 maggio 1994 il Cantone Ticino apriva quale committente un concorso per la fornitura di un impianto di termodistruzione dei rifiuti solidi urbani. Oltre alla Thermoselect diverse altre ditte erano in lizza per l'appalto. 
Le offerte furono esaminate da un gruppo di lavoro, il quale, nel suo rapporto del febbraio 1995, qualificava come valide tre candidature: quella della Compagnie Générale de Chauffe (CGC), della Smogless e della stessa Thermoselect. 
Sempre secondo tale rapporto, a prestazioni ambientali simili, appariva consigliabile di continuare la procedura di attribuzione della concessione alla ditta Smogless, la quale rispetto a Thermoselect, offriva una tecnologia più sperimentata e collaudata. Una certa cautela era difatti necessaria poiché si trattava di un servizio di interesse pubblico. 
 
Si inasprì allora una dura controversia che opponeva il quotidiano "La Regione", da un lato, e, dall'altro, il settimanale "Il Mattino della Domenica" nonché il quotidiano "L'Altra notizia", quest'ultimi diretti, rispettivamente, da Giuliano Bignasca e Flavio Maspoli, entrambi noti esponenti della Lega dei ticinesi. Tale polemica - collegata inoltre a presunti finanziamenti che le ditte partecipanti al concorso avrebbero versato o tentato di versare a rappresentanti politici - si accentuò ulteriormente quando il Consiglio di Stato, rinnovato nel frattempo e nel quale era entrato a fare parte un esponente della Lega, optava per l'impianto di smaltimento dei rifiuti proposto dalla Thermoselect. 
 
C.- Il 6 e 12 marzo 1996 nonché il 10 ottobre 1997 Thermoselect sporgeva querela penale contro Monica Piffaretti Caratti, Michele de Lauretis, Amelia Alberti - rappresentante dell'associazione ambientalistica italiana "Lega ambiente" che aveva fornito a "La Regione" informazioni e documentazioni relativi all'impianto Thermoselect di Verbania Fondotoce (I) - per violazione della legge federale contro la concorrenza sleale (LCSl) e, subordinatamente, spionaggio economico, violazione del segreto di fabbrica o commerciale, calunnia e diffamazione. A sostegno della sua querela, Thermoselect produceva una serie di articoli pubblicati sul quotidiano "La Regione" dal 21 giugno 1995 al 7 marzo 1996 (qui di seguito: allegati 1gior a 27gior e 30gior a 31gior) e un editoriale di Michele de Lauretis del 10 luglio 1997. 
 
Secondo la denunciante, la campagna di stampa promossa sul quotidiano "La Regione" è lesiva della sua personalità e costituisce un comportamento anticoncorrenziale mirante a danneggiare la Thermoselect nei suoi interessi economici e nella sua posizione sul mercato nonché a favorire la sua concorrente Smogless. 
 
D.- L'8 gennaio 1999, il Ministero pubblico decretava che non vi era luogo a procedere. Per una parte degli articoli incriminati il diritto di querela era prescritto e, per i rimanenti, non erano adempiuti i presupposti dei pretesi reati. 
 
E.- Il 24 gennaio 2000, la Camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello (CRP) confermava il decreto di non luogo a procedere. 
 
F.- Con tempestivi ricorsi di diritto pubblico e per cassazione, Thermoselect è insorta dinanzi al Tribunale federale contro la sentenza del 24 gennaio 2000 e chiede, in via principale, il suo annullamento nonché la promozione dell'accusa nei confronti dei resistenti e, in via subordinata, il rinvio della causa all'autorità cantonale per nuovo giudizio, con protesta di spese e ripetibili. 
 
G.- Non sono state chieste osservazioni sui ricorsi. 
 
Considerando in diritto : 
 
1.- Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con libero potere d'esame l'ammissibilità del rimedio esperito, senza essere vincolato, in tale ambito, dagli argomenti delle parti o dalle loro conclusioni (DTF 125 I 253 consid. 1a e rinvii, 458 consid. 1). 
 
 
2.- Data la natura puramente cassatoria dei ricorsi di diritto pubblico e per cassazione, i gravami in oggetto sono ammissibili solamente nella misura in cui tendono all'annullamento della sentenza impugnata (per il ricorso di diritto pubblico: DTF 125 II 86 consid. 5a e rinvii; per il ricorso per cassazione art. 269 cpv. 1 e art. 277ter cpv. 1 PP; DTF 125 IV 298 consid. 1). 
 
I. RICORSO DI DIRITTO PUBBLICO 
 
3.- a) La ricorrente si duole in primo luogo della lentezza ingiustificata con cui è stata trattata la sua querela relativa ai reati di diffamazione e di calunnia, lentezza a cui è dovuta, a suo parere, l'intervenuta prescrizione assoluta dell'azione penale constatata dalla CRP per gli articoli pubblicati dal 6 dicembre 1996 all'11 gennaio 1996. Essa considera quindi come adempiuti i presupposti del diniego di giustizia formale sotto la forma di ritardata giustizia (atto di ricorso, pagg. 36-38). 
 
Tale censura non è stata formulata nel ricorso dinanzi alla CRP. Pertanto, nella misura in cui si riferisce al periodo anteriore a quest'ultimo, il gravame è inammissibile, poiché non è stato esaurito il corso delle istanze cantonali (art. 86 cpv. 1 OG; DTF 120 Ia 61 consid. 1a pag. 62). 
Per quanto concerne la procedura dinanzi alla CRP, durata solo un anno, va ricordato che la ritardata giustizia è assimilata a un rifiuto di decidere proibito dall' art. 4 vCost. (DTF 119 Ia 237 consid. 2a) e dall'art. 29 cpv. 1 Cost. Un'autorità viola questa disposizione quando differisce al di là di un termine ragionevole la sua decisione. 
 
La lunghezza di tale termine dipende dalla natura e dall'importanza della causa in esame; al riguardo contano solo gli elementi oggettivi in relazione con il caso in esame e non le circostanze esterne, quali un sovraccarico di lavoro o una negligenza dell'autorità (DTF 107 Ib 160 consid. 3c, 103 V 190 consid. 3c). 
 
Il ricorso di diritto pubblico, per essere ammissibile, esige l'esistenza di un interesse attuale e pratico all'annullamento della decisione impugnata e all'esame delle censure sollevate (art. 88 OG; DTF 120 Ia 165 consid. 1a, 118 Ia 46 consid. 3c, 488 consid. 1a e la giurisprudenza citata). Tale interesse deve ancora esistere al momento in cui il Tribunale federale si pronuncia, in quanto quest' ultimo giudica solamente su questioni concrete e non teoriche (DTF 125 I 394 consid. 4a, 120 Ia 165 consid. 1a, 118 Ia 488 consid. 1a). 
 
 
Nella fattispecie, dapprima il Ministero pubblico - decretando che non vi era luogo a procedere - e in seguito la CRP - confermando tale decreto -, hanno posto fine al preteso ritardo ingiustificato. La CRP ha altresì constatato, in modo conforme al diritto federale come si vedrà nell'ambito del ricorso per cassazione, che era intervenuta la prescrizione assoluta dell'azione penale per una parte degli articoli oggetto della querela. 
 
L'interesse attuale e pratico che potrebbe giustificare un esame del merito della censura sollevata difetta quindi manifestamente. Per una parte dei reati concernenti la lesione dell'onore della ricorrente l'azione penale è ormai prescritta, e pertanto irrimediabilmente estinta, e una decisione di accoglimento del gravame di ritardata giustizia, del resto di primo acchito ingiustificata, non avrebbe alcun effetto. 
 
b) In modo più generale, la ricorrente si duole della lunghezza del procedimento che, nonostante il palese carattere illecito dal punto di vista penale degli articoli in oggetto, si è protratto per ben quattro anni. Ne deriverebbe una crassa violazione della CEDU della costituzione federale e delle norme di procedura cantonale, nella misura in cui è garantito il diritto di ottenere, quale danneggiata e parte civile, un giudizio e giustizia in tempi brevi (atto di ricorso, pag. 38). 
 
Difetta anche sotto questo aspetto al gravame di diritto pubblico un interesse attuale e pratico: le autorità cantonali, dopo aver proceduto a un accertamento dei fatti e a una valutazione delle prove che la ricorrente non è legittimata a criticare (DTF 122 I 267 consid. 1b, 120 Ia 220 consid. 2a e rinvii; Kälin, Das Verfahren der staatsrechtlichen Beschwerde, 1994, pag. 244 e segg.), hanno negato agli articoli incriminati una qualsiasi specificità penale. Tale constatazione, che, come si vedrà nell'ambito del ricorso per cassazione, sfugge a ogni critica, mette un termine definitivo al procedimento penale e priva anche questa censura sin dall'inizio di qualsiasi effetto concreto, rendendola pertanto inammissibile. 
 
c) Infine, la ricorrente si duole del fatto che, rifiutandosi di promuovere l'accusa in presenza di fatti manifestamente illeciti e quindi meritevoli di istruzione, l'autorità cantonale avrebbe commesso un ulteriore diniego di giustizia formale, applicato arbitrariamente il diritto cantonale (il quale prevede che in presenza di indizi sufficienti il Ministero pubblico deve rinviare l'accusato a giudizio) e pregiudicato, al contempo e in maniera arbitraria, il suo diritto di ottenere un giudizio in sede penale sulle proprie pretese civili (atto di ricorso, pagg. 
39-49). 
 
Al riguardo è d'uopo ricordare che il diritto di perseguire e eventualmente di condannare, di cui si tratta nel procedimento penale, spetta esclusivamente allo Stato (DTF 125 Ia 253 consid. 1b e rinvii). Il preteso diritto di ottenere un giudizio in merito ad eventuali pretese civili presuppone l'esistenza di un reato penale e non può essere invocato in modo autonomo. Ora, alla lettura della loro motivazione, appare manifesto che, nonostante il tentativo di dare loro un'etichetta formale, quest'ultime censure concernono esclusivamente il merito del litigio e le questioni con esso strettamente connesse, che la ricorrente, nella sua sola qualità di parte lesa e di danneggiata - e non di vittima ai sensi dell'art. 8 cpv. 1 lett. c della legge federale concernente l'aiuto alle vittime di reati (LAV) - non è legittimata a contestare, vista la mancanza di un interesse diretto conformemente all'art. 88 OG (DTF 125 Ia 253 consid. 1b e rinvii, 122 I 267 consid. 1b, 120 Ia 220 consid. 2a e rinvii). 
 
d) Per il sovrappiù, gli argomenti sviluppati in sede di ricorso pubblico riguardano l'apprezzamento giuridico compiuto dall'autorità cantonale e consistono, in sostanza, in una critica dell'applicazione del diritto federale, ossia in censure ammissibili esclusivamente nell'ambito del ricorso per cassazione (art. 84 OG e 269 PP). 
 
4.- Discende da quanto precede che il ricorso di diritto pubblico è manifestamente inammissibile. Le relative spese devono essere addossate alla ricorrente soccombente (art. 156 cpv. 1 OG). 
II. RICORSO PER CASSAZIONE 
 
5.- a) Giusta l'art. 270 cpv. 1 PP, in vigore dal 1° gennaio 1993 nella versione conforme alla LAV, la facoltà di ricorrere spetta, oltre che all'accusato e all'accusatore pubblico, anche al danneggiato se era già parte nella procedura e nella misura in cui la sentenza possa influenzare il giudizio in merito alle sue pretese civili. 
 
Poiché non incombe al danneggiato di fare le veci del Ministero pubblico e soddisfare la sua sete di vendetta (Corboz, Le pourvoi en nullité interjeté par le lésé, SJ 1995 pag. 143), la giurisprudenza si mostra restrittiva nell'ammettere l'esistenza di una legittimazione a proporre ricorso per cassazione. Il Tribunale federale entra nel merito solo se dal gravame risulti in modo sufficientemente preciso che sono adempiuti i presupposti dell'art. 270 cpv. 1 PP (DTF 125 IV 109, 124 IV 188 consid. 1b, 123 IV 184 consid. 1b; sulla genesi dell'art. 270 cpv. 1 PP: DTF 119 IV 339 consid. 1). 
 
 
Il danneggiato (sulla nozione di danneggiato: DTF 122 IV 139 consid. 1, 120 IV 44 consid. 4, 117 Ia 135 consid. 2a con rinvii alla dottrina) è peraltro legittimato a proporre ricorso per cassazione solo qualora siano adempiute le seguenti tre condizioni cumulative: egli deve aver qualità di parte nell'ambito del precedente procedimento cantonale, deve aver fatto valere, nel limite del possibile, le pretese civili dipendenti dal reato invocato e, infine, la decisione impugnata deve essere suscettibile di influire sul giudizio concernente tali pretese (DTF 125 IV 109 consid. 1b e rinvii). 
 
 
b) Nella fattispecie, è pacifico che la ricorrente era parte nella procedura cantonale, visto che con l'istanza di promozione dell'accusa ha provocato la decisione impugnata (DTF 123 IV 184 consid. 1b, 121 IV 207 consid. 1a, 120 IV 38 consid. 2b), e che non può esserle rimproverato di non aver ancora fatto valere in tale ambito le sue pretese civili, poiché il procedimento non era maturo per una tale richiesta (DTF 125 IV 109 consid. 1b e rinvii). 
 
 
Spetta tuttavia alla ricorrente, che non ha ancora presentato alcuna conclusione civile, di indicare nel proprio atto ricorsuale quali siano le pretese civili che intende fare valere e in che misura esse siano toccate dalla decisione attaccata (DTF 123 IV 254 consid. 1). Tale esigenza è manifestamente adempiuta nella fattispecie, poiché la ricorrente sviluppa nel suo gravame il danno e il torto morale che pretende far valere come parte civile nell'ambito del procedimento penale (atto di ricorso, pagg. 
41-42). 
 
Il ricorso per cassazione è ammissibile contro le dichiarazioni di non doversi procedere, emesse in ultima istanza (art. 268 n. 2 PP; DTF 125 IV 109 consid. 1a; sulla nozione di dichiarazione di non doversi procedere: DTF 124 IV 262 consid. 1b, 123 IV 252 consid. 1 e 122 IV 45 consid. 1c) e può essere fondato unicamente sulla violazione del diritto federale (art. 269 PP). 
 
 
Nella fattispecie, la ricorrente critica l'applicazione del diritto federale compiuta dall'autorità cantonale, il gravame è pertanto ammissibile. 
 
6.- a) La querela della ricorrente del 6 e 12 marzo 1996 si riferisce in particolare agli articoli pubblicati sul quotidiano "La Regione" dal 21 giugno 1995 al 7 marzo 1996. A mente dell'autorità cantonale, il termine di tre mesi per presentare querela era oramai prescritto per gli articoli pubblicati prima del 6 dicembre 1995. 
 
La ricorrente critica tale conclusione e afferma che una parte degli articoli incriminati, per i quali il diritto di querela è estinto, non sono firmati, ragion per cui, non essendo noto l'autore del reato perseguito, il termine dell'art. 29 CP non aveva cominciato a decorrere (atto di ricorso pag. 132). 
 
Il diritto di querela si estingue trascorsi tre mesi dal giorno in cui l'avente diritto ha conosciuto l'autore del reato, nonché il reato, ossia i suoi elementi costitutivi (art. 29 CP; DTF 101 IV 113 consid. 1b e rinvii). 
Nella fattispecie, la querela è rivolta, in particolare, contro la direttrice e il redattore responsabili del quotidiano "La Regione", la cui identità era nota alla ricorrente fin dall'inizio della serie delle pubblicazioni litigiose. 
La ricorrente non spiega inoltre se si fosse sforzata, ad esempio interrogando i denunciati, di scoprire l'identità degli autori degli scritti incriminati (DTF 76 IV 65 consid. 2). In queste condizioni, l'argomento della ricorrente appare manifestamente infondato e al limite dell' abuso di diritto. 
 
b) La ricorrente aggiunge inoltre che, indipendentemente dall'identità dell'autore, i pretesi comportamenti illeciti costituirebbero un'unità dal punto di vista della prescrizione, per cui il termine dell'art. 29 CP, cominciava a decorrere solo a partire dalla pubblicazione dell'ultimo articolo (atto di ricorso, pagg. 132-134). 
 
Al riguardo, la sentenza impugnata è silente. Tuttavia, tale argomento è stato refutato in modo dettagliato e pertinente dal Ministero pubblico (decreto di non luogo a procedere dell'8 gennaio 1999, pagg. 2 e 3). In questa sede è sufficiente rilevare che il punto di partenza del termine di perenzione per presentare querela ai sensi dell'art. 29 CP deve essere determinato riferendosi all'art. 71 CP (DTF 118 IV 325 consid. 2b e rinvii). Giusta questa disposizione la prescrizione decorre, in linea di principio, dal giorno in cui l'imputato ha compiuto il reato; ove quest'ultimo sia stato eseguito mediante atti successivi, essa decorre invece dal giorno in cui è stato compiuto l'ultimo atto (art. 71 cpv. 1 e 2 CP). Nella DTF 117 IV 408, il Tribunale federale ha rinunciato alla figura giuridica del reato continuato. 
Da allora, la questione se e a quali condizioni una pluralità di infrazioni debba essere riunita in un'entità giuridica che le comprenda tutte va decisa in ognuno degli ambiti in cui sinora era applicata la nozione di reato continuato, separatamente e unicamente in base a criteri oggettivi. Ai fini dell'art. 71 cpv. 2 CP, secondo cui il termine della prescrizione decorre per l'insieme dei singoli atti solamente a partire dal giorno in cui è stato commesso l'ultimo atto, più infrazioni distinte devono essere considerate come una sola quando esse siano della stessa indole, ledano lo stesso bene giuridico e costituiscano - senza che sussista un reato permanente ai sensi dell'art. 71 cpv. 3 CP - un comportamento illecito durevole, contemplato, esplicitamente o implicitamente, dalla fattispecie penale applicabile in concreto. Le condizioni precise che devono all'uopo essere adempiute non possono essere esaurientemente definite con una formula astratta (DTF 124 IV 59 consid. 3b/aa e rinvii). Nondimeno, la sussistenza di una sola entità sotto il profilo della prescrizione va ammessa in modo restrittivo, onde evitare la reintroduzione, con altra etichetta, della nozione giuridica abolita. Il Tribunale federale ha ammesso la riunione di più infrazioni in una sola entità sotto il profilo della prescrizione in casi di amministrazione infedele, di appropriazione indebita, di trascuranza degli obblighi di mantenimento, di ripetute infrazioni alla legge sulle dogane, nonché di atti sessuali con fanciulli commessi da un maestro di scuola elementare, mentre l'ha negata in casi di accettazione di doni e di offese all'onore (DTF 124 IV 59 consid. 3b/aa e rinvii). Il principio determinante per ammettere un comportamento illecito durevole è l'esistenza di una violazione continuata di specifici obblighi legali, ossia di un comportamento durevolmente contrario a un dovere permanente, ravvisabile quale elemento oggettivo costitutivo del reato litigioso. Tale dovere permanente qualificato non è riscontrabile nella fattispecie, poiché non incombe ai resistenti - in ogni modo non in misura maggiore di quanto incomberebbe a qualsiasi altra persona - manifestamente alcun obbligo legale particolare e permanente, esplicito o implicito, di rispettare la libera concorrenza e l'onore della ricorrente. Ne discende che ogni articolo incriminato deve essere considerato come un singolo atto a sé stante, puntuale, con la conseguenza che il termine per presentare querela decorre in maniera indipendente per ciascuno di essi. Oggetto del contendere per i pretesi reati di violazione alla LCSl sono quindi esclusivamente gli articoli pubblicati a partire dal 6 dicembre 1995 fino al 10 luglio 1997. 
 
 
c) La ricorrente sostiene di essere stata denigrata in un modo che adempie i requisiti del combinato disposto degli art. 23 e 3 lett. a, b, e LCSl. Gli articoli incriminati costituirebbero, per il loro tono e il loro contenuto, un'opera di sostegno sleale a favore della concorrente, Smogless SA, attuato prevalentemente mediante una denigrazione costante - che aveva assunto gli aspetti di una "guerra santa" - della tecnologia di Thermoselect SA. 
"La Regione" avrebbe così fatto ripetutamente un uso mistificatore di rapporti tecnici - riportati solo a spezzoni in cui erano messi in rilievo esclusivamente i risultati negativi - al solo fine di boicottare la ricorrente. Tale scopo era d'altronde manifesto, vista la convergenza degli interessi economici degli azionisti del quotidiano incriminato con quelli della Smogless SA. Il lettore medio non prevenuto ne risultava quindi irrimediabilmente ingannato. Un siffatto comportamento, a causa della sua ripetizione, dell'asprezza delle affermazioni e dei paragoni deliberatamente erronei utilizzati nonché del carattere polemico di certe vignette caricaturali e dei messaggi che li accompagnavano, sarebbe manifestamente contrario allo scopo della LCSl, che è di garantire una concorrenza leale e inalterata. 
 
d) Lo scopo della LCSl è di garantire, nell'interesse di tutte le parti interessate, una concorrenza leale e inalterata (art. 1 LCSl). Di conseguenza, è sleale nonché illecito qualsiasi comportamento o pratica d'affari lesivo delle norme della buona fede, che influisce sui rapporti tra concorrenti o tra fornitori e clienti (art. 2 LCSl), o che è destinata a influenzarli (Jürg Müller, Einleitung und Generalklausel (art. 1-2 UWG), Schweizerisches Immaterialgüter- und Wettbewerbsrecht, editori Roland Von Büren e Lucas David, Basilea, 1998, pagg. 20-21; Lucas David, Schweizerisches Wettbewerbsrecht, Berna, 3a ed. 1997, pag. 16 n° 58; Mario Pedrazzini, Unlauterer Wettbewerb UWG, Berna, 1992, pagg. 36-39). La LCSl si applica anche nei confronti di persone che non sono in rapporto diretto di concorrenza con il fornitore o cliente interessato, in particolare anche nei confronti dei giornalisti (DTF 124 IV 162, 117 IV 193 consid. 1erinvii; Müller, op. cit. , pagg. 28-30; Lorenz Baumann, Presse und unlauterer Wettbewerb, Vorschläge zur Vermeidung und Bewältingung von Konflikten, Berna 1999, pag. 12 e rinvii; Fernand Chappuis, La lutte contre les actes de concurrence déloyale en droit pénal suisse. Problèmes posés par l'application aux médias de la Loi fédérale contre la concurrence déloyale, tesi Neuchâtel, 1996, pagg. 145-146 e riferimenti; Peter Nobel, Zu den Schranken des UWG für die Presse, in SJZ 88/1992, pagg. 245 e 246; Ivan Cherpillod, L'application de la Loi contre la concurrence déloyale aux journalistes, Résumé de la Conférence du 28 janvier 1992, présentée à l'Association suisse pour le droit d'auteur et des médias, pag. 1). Tuttavia, solo sono proibiti comportamenti che possono essere assimilati a atti di concorrenza, ossia che si esternano nell'ambito del mercato o della concorrenza (marktrelevant, marktgeneigt o wettbewerbgerichtet). Tale è il caso quando il comportamento dell'interessato ha, oppure è suscettibile di avere, conseguenze fuori della sfera privata (Pedrazzini, op. cit. , pag. 33). Ciò significa che è illecito ai sensi della LCSl solo un comportamento riferito direttamente alla concorrenza e oggettivamente idoneo a influenzare il mercato - ossia un comportamento che aumenta/diminuisce il successo d'imprese a scopo lucrativo nella ricerca di clienti oppure aumenta/diminuisce la loro parte di mercato, o è suscettibile di farlo (sentenza del 28 febbraio 2000 nella causa Confederazione svizzera c. X. e litisconsorti, in SJ 2000 pag. 337 consid. 2c; DTF 124 IV 262 consid. 2b, 124 III 297 consid. 5d, 120 II 76 consid. 3a e rinvii, 117 IV 193 consid. 1). 
 
 
Nella fattispecie, la CRP (sentenza impugnata, pagg. 6 e 7) rileva a ragione che, nonostante sia indubbia, in linea di principio, l'applicazione della LCSl anche ai giornalisti, il caso in esame appare singolare rispetto a quelli concernenti altri beni di consumo offerti al grande pubblico, quali macchine per cucire (DTF 117 IV 193) e forni a microonde (DTF 120 II 76). La controversia in oggetto concerne un appalto per la fornitura di un impianto per lo smaltimento dei rifiuti. Benché considerazioni peculiari dell'economia privata esercitano oggigiorno un'influenza sempre maggiore nei campi dell'economia pubblica, la decisione politica su un progetto di tali dimensioni, non solo per il costo - che per di più grava sulla spesa pubblica - ma anche per le implicazioni ambientali, non può essere equiparata alla decisione su qualsiasi altro prodotto offerto ai consumatori, e ciò per quanto i singoli cittadini siano stati coinvolti, poiché chiamati per ben due volte alle urne, nel processo decisionale. Comunque sia, per l'applicazione della LCSl, occorre solo determinare, in un primo tempo, se le pubblicazioni incriminate fossero oggettivamente idonee a influire sulla posizione commerciale della ricorrente rispetto alle sue concorrenti, fermo restando che un'eventuale risposta affermativa non significa ancora che tale influenza avesse carattere denigratorio ai sensi del combinato disposto degli art. 3 e 23 LCSl. La questione può in ogni modo essere lasciata indecisa, come d'altronde ha fatto l'autorità cantonale (sentenza impugnata, pag. 7), visto l'esito del gravame. 
 
e) L'art. 3 LCSl è una concretizzazione del principio della buona fede espresso nella clausola generale dell'art. 2 LCSl, il cui scopo è di garantire una concorrenza leale e inalterata (DTF 117 IV 193 consid. 2). Secondo consolidata giurisprudenza perché un'affermazione sia denigratoria e quindi penalmente rilevante ai sensi degli art. 3 e 23 LCSl, non basta che essa sia inesatta o che faccia apparire sotto una luce sfavorevole un dato concorrente. 
Tali disposizioni devono essere applicate restrittivamente con la conseguenza che la nozione di denigrazione deve essere interpretata in modo qualificato, ossia la dichiarazione incriminata deve raggiungere una certa qual gravità (DTF 124 IV 162 consid. 4c e rinvii, 123 IV 211 consid. 3b, 122 IV 33 consid. 2). 
 
Tale interpretazione restrittiva si giustifica in particolar modo nell'ambito di pretesi atti di concorrenza sleale commessi a mezzo stampa, nel quale va tenuto conto della libertà dei media espressamente consacrato negli art. 16 (liberà di opinione e di informazione) e 17 (libertà dei media) Cost. - È infatti essenziale che l'applicazione della LCSl non ostacoli in modo contrario allo scopo prefisso dal legislatore la funzione stessa dei media, che consiste nell'accendere un dibattito, criticare e informare (François Dessemontet, Le journalisme économique, liberté d'expression, liberté d'investigation, Medialex, 1998, pag. 86; Zäch Roger, Die UWG und die Medien - Plädoyer für besondere Anforderungen an die journalistische Sorgfalt, 1992, pagg. 3 e 4). In questo ordine di idee e a più riprese, la dottrina ha denunciato la difficoltà di trovare un giusto equilibrio tra il diritto costituzionale della libertà dei media e la preoccupazione di garantire una concorrenza leale ed ha espresso timori in merito alle conseguenze che un'applicazione troppo rigida della LCSl avrebbe sull'attività dei media, in particolare sul giornalismo economico (Andreas Meili, Wirtschaftsjournalismus im Konflikt zwischen freier Meinungsäusserung und Lauterkeitsrecht, Medialex, 1998, pag. 75; Martin Taufer, Einbezug von Dritten im UWG, Tesi, Zurigo, 1997, pagg. 85-93; Urs Saxer, Schweiz gerüffelt: UWG-Praxis zu streng, Plädoyer 1998, pagg. 31-32; Paul Schaltegger, Die Haftung der Presse aus unlauterem Wettbewerb, Zurigo, 1992, pagg. 82-83). Recentemente, il Tribunale federale ha ricordato l'importanza di ammettere con riserbo l'esistenza di una denigrazione sleale a mezzo stampa, qualora si voglia interpretare la LCSl in modo conforme alla Costituzione (DTF 123 IV 211 consid. 3; sentenza della Corte di cassazione del Tribunale federale nella causa Denner c. Sonntagszeitung, del 13 novembre 1994, pubblicata in SMI, 1995 II 438, consid. 2c/aa; DTF 125 III 185 consid. 4b). Tale riserbo s'impone data la natura principalmente civile delle norme contro la concorrenza sleale, le quali sono in casi qualificati trasformate in norme di diritto penale, e presentano per il sovrappiù un carattere indeterminato (DTF 120 IV 32 consid. 3 e rinvii; Meili, op. cit. , pag. 79; Franz Riklin, Schweizerisches Presserecht, Berna, 1996 par. 10 n. 24 e 28 pagg. 276-280; Richard Baur, UWG und Wirtschaftsberichterstattung- Vorschläge zur Reduktion des Haftungsrisiko, Tesi, Zurigo, 1995, pag. 169; Pedrazzini, op. cit. , 1992, pag. 238). In altre parole, l'applicazione della LCSl ai media non deve, con la comminatoria di sanzioni penali, impedire a quest' ultimi di esprimere la loro propria opinione, in particolare su tematiche di interesse generale, quand'anche tale opinione possa influenzare negativamente la posizione concorrenziale di terzi (Saxer, op. cit. , pag. 33). 
 
 
 
 
f) Per determinare se una o più allegazioni sono denigratorie ai sensi dell'art. 3 LCSl occorre riferirsi all'impressione suscitata nel lettore medio non prevenuto (DTF 117 IV 193 consid. 3c; sentenza della Corte di cassazione del Tribunale federale nella causa Denner c. Sonntagszeitung, del 13 novembre 1994, pubblicata in SMI, 1995 II 438, consid. 2c). A questo scopo occorre tenere conto di tutte le circostanze del caso concreto, tra cui, in particolare, gli interessi in gioco (DTF 124 IV 162 consid. 3b/bb). Secondo la giurisprudenza, un'affermazione, con riferimento alla fattispecie che intende, rispettivamente, descrivere, valutare o paragonare, risulta denigratoria quando essa è manifestamente sproporzionata allo scopo prefisso, manca del tutto di pertinenza nonché di rilevanza ed è pertanto insostenibile, è pronunciata senza che un serio motivo la giustifichi e prevalentemente nell'intenzione di fare apparire un terzo sotto una luce sfavorevole (DTF 117 IV 193 consid. 2; sentenza della Corte di cassazione del Tribunale federale nella causa Denner c. Sonntagszeitung, del 13 novembre 1994, pubblicata in SMI, 1995 II 438, consid. 2c/aa; sul ruolo determinante dell'intenzione nel reato di concorrenza sleale commesso per mezzo della stampa, Martin Schubarth, Grundfragen des Medienstrafrechtes im Lichte der neueren bundesgerichtlichen Rechtsprechung, RPS, 1995, pagg. 152-153; Baumann, op. cit. , pagg. 103-104). Al riguardo, un'impressione globale negativa non è ancora sufficiente per fare ammettere una denigrazione sleale punibile. 
Determinanti sono solo le singole dichiarazioni, che devono essere interpretate alla luce del contesto nel quale sono state proferite (DTF 124 IV 162 consid. 3). 
 
 
g) Nel gravame (pagg. 103-131) sono riprodotti in modo diffuso passaggi che si pretendono denigratori. In questa sede è tuttavia sufficiente un riassunto del loro contenuto. 
 
Gli articoli litigiosi sollevano critiche di ordine tecnico e morale. La tecnologia della ricorrente è presentata come inquinante (18gior), ancora immatura e pericolosa dato il rischio di esplosione (25gior, 23gior, 24gior, 27gior 30gior e 31gior). Al riguardo, ci si riferisce a una serie di perizie, tra cui il rapporto del gruppo di lavoro fatto allestire dal Cantone Ticino e che consiglia l'attribuzione della concessione in particolare alla ditta Smogless (21gior), e un rapporto intermedio di Berlino richiesto dal governo germanico e dai Länder (24gior, 25gior); viene altresì criticata come partigiana - l'autore sarebbe subitaneamente passato alle dipendenze di Thermoselect - la perizia detta Lombardi, che aveva difeso la validità del sistema della ricorrente (21gior, 24gior). È ricordato inoltre l'esistenza di un imminente processo nei confronti di Thermoselect di Verbania Fondotoce (I) - accusata di avere riversato cianuri nel Lago Maggiore - e di un'esplosione avvenuta in un mini-impianto sperimentale sempre a Fondotoce. I prezzi e i livelli di sicurezza della tecnologia Thermoselect sono messi a confronto, in particolare, con quelli della sua concorrente Smogless SA (20gior, 22gior, 23gior e 24gior). Dal punto di vista morale, la scelta del governo viene criticata e qualificata di "infelice" e il governo stesso tacciato di "cieco e sordo" poiché avrebbe chiuso gli occhi sulle mazzette lautamente versate da Günther Kiss, azionista di Thermoselect SA, ai due boss della Lega - fr. 800'000.-- a Bignasca e almeno fr. 
100'000.-- a Maspoli - i quali "si erano fatti in quattro coi loro giornali per piazzare" la ricorrente (31gior). 
 
Oltre i contenuti degli articoli incriminati la ricorrente considera denigratori anche i titoli di testa di alcuni di essi, in particolare "una tecnologia difettosa ricopiata a un brevetto abbandonato" (26gior) "Vince ancora la spazzatura", "Spazzatura, avanti!" e "Ciechi e sordi" (31gior), poiché criticano in modo inutilmente fallace e inesatto la tecnologia della ricorrente, assimilata a spazzatura, nonché il governo ticinese, inspiegabilmente insensibile di fronte ai provati difetti tecnici e al contesto moralmente inaccettabile in cui si è svolta l'attribuzione dell'appalto. 
 
Nella fattispecie è indubbio, come del resto rileva in modo insindacabile la CRP (sentenza impugnata, pagg. 9 e 10), che la pubblicazione degli articoli incriminati è avvenuta nel quadro di un'accesa discussione politica, incominciata fin dall'inizio del 1990, e concernente la realizzazione di un impianto per lo smaltimento dei rifiuti nel Cantone Ticino, in particolare l'affidabilità di una determinata tecnologia nonché le modalità di attribuzione dell' appalto. Tenuto conto anche della sua rilevanza dal profilo ambientale ed economico (l'investimento di denaro pubblico richiesto è considerevole), si tratta di una decisione che incombe palesemente all'ente pubblico e, come tale, di interesse generale. È in siffatte condizioni che la stampa svolge nel miglior modo il suo ruolo primordiale che, come testé rilevato, è principalmente quello di informare, di accendere un dibattito e di riportare opinioni e critiche divergenti rendendo consapevole il lettore sui diversi aspetti e sulle implicazioni della questione di cui trattasi. 
I resistenti sono intervenuti nell'ambito di un ampio dibattito pubblico e hanno espresso le loro opinioni critiche rispetto a tesi divergenti sostenute da altri media, su un soggetto che aveva acquisito un peso prevalentemente politico. Il carattere politico della controversia, ammesso per di più dalla ricorrente (atto di ricorso di diritto pubblico, pag. 37), è d'altronde confermato dal fatto che la stessa era stata oggetto di due votazioni popolari e di una vasta discussione, poiché anche altri media nazionali e stranieri se ne erano occupati (allegati B1-B10, M1 e M2, Q1, Q4, Z3, BB2). Il lettore disponeva così, conformemente ai criteri di una società pluralista, d'informazioni soddisfacenti e adeguate per farsi un'opinione sui vantaggi e svantaggi delle tecnologie proposte. Inoltre, egli era perfettamente al corrente della posizione difesa dai resistenti e non poteva che vagliare con spirito critico le dichiarazioni pubblicate negli articoli incriminati, soprattutto tenuto conto che altri media, in particolare il settimanale "Il Mattino della domenica" e il quotidiano "L'altra notizia" erano intervenuti nel dibattito con toni altrettanto polemici e aspri per difendere la tesi contraria nonché per osannare le qualità della tecnologia della ricorrente e attaccare le opinioni espresse nel quotidiano "La Regione" (allegati A1-A5, G6-G7, L1, Q8-Q9, Q11-Q12, S2, U3, U12, AA3-AA4, CC3). 
 
Per di più, sempre come sostiene a ragione la CRP (sentenza impugnata, pag. 9), gli articoli incriminati si fondano, pubblicandoli in parte, su rapporti tecnici (allegati G3, H1, R3, Z1, DD1), atti giudiziari (allegati AA1-AA2, BB3 e A3, B1, C1 con riferimento all'Italia) e parlamentari (allegati C3, U9, AA8). Esistevano quindi riscontri oggettivi chiari per le pretese dichiarazioni e paragoni denigratori. Nello stesso ordine di idee, giova rilevare che gli articoli litigiosi non risparmiano neppure apprezzamenti negativi sulla stessa Smogless SA (30gior) e ammettono certi vantaggi, in particolare quello economico, del sistema proposto dalla ricorrente (20gior, 24gior, 28gior e 29gior). 
 
Infine, il reato di cui all'art. 23 LCSl presuppone l'intenzione: l'agente deve sapere che le allegazioni incriminate sono inesatte, fallaci o inutilmente lesive e utilizzarle a fini denigratori (Schubarth, op. cit. , pagg. 
152 e 153). Visto quanto precede e come rileva in modo insindacabile la CRP (sentenza impugnata, pagg. 9-10), dalle informazioni preliminari non risultano elementi sufficienti per considerare che i resistenti volessero intervenire con affermazioni deliberatamente erronee e qualificatamente denigratorie sul mercato degli impianti di smaltimento dei rifiuti per favorire ditte concorrenti a scapito della ricorrente. 
Lo scopo perseguito dal quotidiano "La Regione" era chiaramente quello di suscitare un dibattito su quale fosse il migliore sistema di smaltimento dei rifiuti per il Cantone e di esporre diverse possibili soluzioni alternative alla scelta del governo ticinese. In una società democratica, tale scopo è perfettamente conforme al ruolo assunto dai media quali strumento privilegiato d'informazione. 
Poiché non è adempiuto il presupposto soggettivo indispensabile all'applicazione dell'art. 23 LCSl, il gravame va respinto già per questo motivo e può quindi restare indecisa la questione se gli articoli incriminati avessero oggettivamente carattere denigratorio. 
 
7.- La ricorrente afferma altresì che le critiche contenute negli articoli incriminati sono lesive del suo onore e indica in primo luogo che tali articoli, dal punto di vista della prescrizione, costituiscono un'unità ai sensi dell'art. 71 cpv. 2 CP, per cui il termine della prescrizione dell'azione penale avrebbe cominciato a decorrere solo dal giorno della pubblicazione dell'ultimo articolo, ossia il 10 luglio 1997. 
 
Come già rilevato a proposito della prescrizione del diritto di presentare querela (consid. 6b), il Tribunale federale ha negato in casi di offese all'onore l' esistenza di un comportamento illecito durevole, contemplato esplicitamente o implicitamente, dalla fattispecie penale dell'art. 173 e segg. CP. Ne discende che ogni pretesa offesa all'onore costituisce di regola un atto a sé stante, di guisa che non può essere ammessa, in linea di principio, un'unità sotto il profilo della prescrizione (DTF 119 IV 199 consid. 2). La prescrizione assoluta essendo di quattro anni (art. 178 cpv. 1 e 72 n. 2 CP), la CRP ha limitato a ragione il suo esame unicamente agli articoli del quotidiano "La Regione" del 24 gennaio al 7 marzo 1996 (22gior a 27gior, 30gior e 31gior), nonché all'editoriale di Michele De Lauretis del 10 luglio 1997. 
 
Sul preteso carattere diffamatorio degli articoli così delimitati, la motivazione del ricorso è estremamente sommaria. Essa si limita a indicare che l'utilizzazione di termini quali "mazzette", "boss" e "pedigree dei suoi piazzisti" - riferiti alle presunte tangenti versate dalla ricorrente per ottenere l'appalto -, nonché lo "stillicidio quotidiano di accuse", risulta calunniante e diffamatoria (atto di ricorso pagg. 125 e 130). La questione dell'ammissibilità di tale censura alla luce delle esigenze poste dall'art. 273 cpv. 1 lett. b PP può tuttavia rimanere indecisa, data l'assenza manifesta dei presupposti dei reati di cui all'art. 173 e 174 CP
 
Al riguardo è sufficiente rinviare alle pertinenti considerazioni in fatto e in diritto (art. 36a OG) contenute nella sentenza impugnata (pagg. 10-12). In questa sede è opportuno rilevare che in un contesto di controversie politiche, come quello della fattispecie, il carattere lesivo dell'onore di certe affermazioni deve essere ammesso con riserbo, poiché queste ultime, considerata la posta in gioco, sono valutate con una certa prudenza dal lettore medio non prevenuto (DTF 118 IV 248 consid. 2, 116 IV 146 consid. 3c, 105 IV 194 consid. 2a e b). Tale modo di vedere permette di salvaguardare adeguatamente la garanzia costituzionale della libertà della stampa. 
 
 
Ne discende che, negando il carattere diffamatorio nonché calunnioso degli articoli litigiosi, i quali del resto commentavano fatti di dominio pubblico, la CRP non ha violato il diritto federale. 
 
8.- Il ricorso per cassazione è pertanto infondato. 
La tassa di giustizia è posta a carico del ricorrente soccombente (art. 278 cpv. 1 PP). 
 
Per questi motivi 
 
il Tribunale federale 
 
pronuncia : 
 
-I- 
 
1. Il ricorso di diritto pubblico è inammissibile. 
 
2. La tassa di giustizia di fr. 2'000.-- è posta a carico della ricorrente. 
 
- II - 
 
3. Il ricorso per cassazione èrespinto. 
 
4. La tassa di giustizia di fr. 2'000.-- è posta a carico della ricorrente. 
 
- III - 
 
5. Comunicazione alle parti, rispettivamente ai loro patrocinatori, al Ministero pubblico e alla Camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
Losanna, 5 luglio 2000 MDE 
 
In nome della Corte di cassazione penale 
del TRIBUNALE FEDERALE SVIZZERO: 
Il Presidente, 
 
La Cancelliera,