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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
5A_236/2009 
 
Sentenza del 5 ottobre 2009 
II Corte di diritto civile 
 
Composizione 
Giudici federali Hohl, Presidente, 
Marazzi, Jacquemoud-Rossari, 
Cancelliere Piatti. 
 
Parti 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Adriano A. Sala, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Massa fallimentare fu B.________, rappresentata dall'avv. Peter G. Theile, 
e patrocinata dall'avv. Stefano Caldoro, 
opponente. 
 
Oggetto 
Riconoscimento di una procedura di insolvenza tedesca, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 20 febbraio 2009 dalla Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
 
Fatti: 
 
A. 
B.________, con ultimo domicilio a Coblenza (Germania), è deceduto il 4 luglio 2006 nel Cantone Zurigo, lasciando una figlia e un figlio. Poiché la sorella ha rinunciato all'eredità, A.________, domiciliato a Lugano, è l'erede universale del padre. Con sentenza 4 gennaio 2007 l'Amtsgericht di Coblenza ha aperto una procedura di insolvenza nei confronti della massa ereditaria fu B.________, ha nominato un amministratore (Insolvenzverwalter) e ha proibito agli eredi e ai loro rappresentanti di disporre degli attivi successori per la durata della procedura. 
 
B. 
Il 20 febbraio 2009 la Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale di appello del Cantone Ticino ha accolto la domanda dell'amministratore tedesco di riconoscimento in Svizzera della procedura di insolvenza, ha trasmesso gli atti all'Ufficio dei fallimenti di Lugano affinché proceda alla liquidazione in via sommaria dei beni che erano del defunto alla data del suo decesso e che sono tuttora in Svizzera. La Camera ha ritenuto che l'art. 166 LDIP è pure applicabile ai casi in cui si tratta di riconoscere un decreto tedesco di liquidazione in via di fallimento di una successione oberata da debiti, anche quando, come nella fattispecie, vi è un erede che non ha rinunciato all'eredità. Essa ha poi considerato che l'istante ha reso verosimile, come richiesto dall'art. 167 LDIP, l'esistenza di beni della massa nel circondario del giudice adito. 
 
C. 
Con ricorso in materia civile del 3 aprile 2009 A.________ chiede - previo conferimento dell'effetto sospensivo - in via principale che l'istanza di delibazione sia respinta. In via subordinata postula l'annullamento della decisione cantonale e il rinvio della causa all'autorità inferiore per nuovo giudizio. Lamenta un accertamento arbitrario dei fatti da parte della Corte cantonale, perché dagli atti non emergerebbero beni in Ticino: l'unico documento versatovi sarebbe inconcludente, perché è un'attestazione anonima e di alcuni mesi antecedente alla morte del de cuius. Afferma pure che la sentenza cantonale svuoterebbe di ogni significato l'art. 167 LDIP e permetterebbe, in violazione di tale articolo, dei "fallimenti esplorativi". 
 
Con decreto del 5 maggio 2009 la Presidente della II Corte di diritto civile ha accolto la domanda di misure d'urgenza nel senso che per la durata della procedura innanzi al Tribunale federale non possono essere adottate misure di esecuzione forzata. 
 
Non è stata chiesta una risposta al ricorso. 
 
Diritto: 
 
1. 
La sentenza impugnata è una decisione finale (art. 90 LTF) emanata dall'ultima istanza cantonale (art. 75 cpv. 1 LTF) e concerne la competenza dell'autorità adita a riconoscere una procedura di insolvenza tedesca. Essa può quindi essere attaccata con un ricorso in materia civile (art. 72 cpv. 2 lett. a e lett. b n. 1 LTF) indipendentemente dal valore di lite (art. 74 cpv. 2 lett. d LTF; sentenza 5A_768/2008 del 17 giugno 2009 consid. 1.2, destinata a pubblicazione). Il tempestivo ricorso (art. 100 cpv. 1 LTF) è quindi in linea di principio ammissibile. 
 
2. 
2.1 Il Tribunale federale fonda la propria sentenza sui fatti accertati dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF) ed esamina la violazione di diritti fondamentali soltanto se il ricorrente ha sollevato e motivato tale censura (art. 106 cpv. 2 LTF). Ciò significa che - come già sotto l'egida dell'abrogato art. 90 cpv. 1 lett. b OG - il ricorrente deve spiegare in modo chiaro e dettagliato, alla luce dei considerandi della sentenza impugnata, in che modo sarebbero stati violati diritti costituzionali (DTF 135 III 232 consid. 1.2, con rinvii). L'accertamento dei fatti può essere censurato unicamente se è stato svolto in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF oppure in maniera manifestamente inesatta (art. 97 cpv. 1 LTF); quest'ultima definizione corrisponde a quella di arbitrio (DTF 133 II 249 consid. 1.2.2 pag. 252) e configura a sua volta una violazione del diritto (art. 9 Cost.; DTF 134 IV 36 consid. 1.4.1 pag. 39). Poiché il divieto d'arbitrio rientra fra i diritti fondamentali, la censura relativa ad una sua violazione va espressamente sollevata e motivata nei predetti termini qualificati (DTF 134 II 244 consid. 2.2; 133 III 638 consid. 2 pag. 639). 
 
2.2 Con ricorso in materia civile il ricorrente può far valere la violazione del diritto svizzero rispettivamente estero ai sensi degli art. 95 e 96 LTF. Il Tribunale federale applica d'ufficio il diritto (art. 106 cpv. 1 LTF). Non è limitato né dagli argomenti sollevati nel ricorso né dalla motivazione dell'istanza inferiore. Può pertanto accogliere il gravame per un motivo diverso da quelli invocati, ma pure respingerlo con una motivazione diversa da quella adottata nella decisione impugnata (DTF 134 III 102 consid. 1.1). In considerazione delle esigenze di motivazione esposte all'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, la cui mancata ottemperanza conduce all'inammissibilità del gravame (DTF 133 III 589 consid. 2 pag. 591 seg.), il Tribunale federale esamina tuttavia di principio unicamente le censure sollevate; non è tenuto, come lo è invece un'autorità di prima istanza, ad esaminare tutte le questioni giuridiche possibili, se queste non gli vengono (più) riproposte (DTF 133 II 249 consid. 1.4.1, 545 consid. 2.2). 
 
3. 
3.1 
La Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale di appello del Cantone Ticino ha ritenuto data la propria competenza nonostante il fatto che dall'attestazione patrimoniale prodotta dall'istante e rilasciata dall'agenzia di Lugano di una banca svizzera non risulta chi fosse il titolare della relazione. L'autorità cantonale ha ritenuto che, sebbene il qui ricorrente contesti che il de cuius fosse il titolare di tale conto, egli non avrebbe escluso di essere lui stesso l'attuale titolare del conto né di averlo estinto dopo il decesso del padre, quando è divenuto erede universale di quest'ultimo. Sempre a mente dei giudici cantonali, il fatto che il qui ricorrente non abbia rinunciato all'eredità e si opponga al riconoscimento in Svizzera del decreto d'insolvenza estero deporrebbe per l'esistenza di attivi successori in Ticino o per l'uso del predetto conto da parte dell'erede per effettuare pagamenti che non concernevano la successione. La Corte cantonale ha quindi considerato che, nel caso in cui la relazione bancaria di cui all'estratto patrimoniale dovesse ancora esistere, i crediti nei confronti della predetta agenzia sarebbero localizzati - anche - presso di questa a Lugano, mentre qualora il qui ricorrente avesse prelevato gli attivi, prevalendosi nei confronti della banca della sua qualità di erede universale, la pretesa di restituzione della massa sarebbe da localizzare al suo domicilio in Ticino. 
 
3.2 Il ricorrente rimprovera alla Corte cantonale di essersi esclusivamente fondata su allegazioni non provate della parte istante e rileva che l'unico documento versato agli atti dall'opponente è un'attestazione bancaria priva del nominativo del titolare della relazione e risalente ad alcuni mesi prima della morte del padre. Egli afferma altresì che il fatto di non aver rinunciato all'eredità e di opporsi al riconoscimento in Svizzera della procedura d'insolvenza tedesca non permette di "supplire alla totale mancanza di elementi probatori atti a rendere verosimile l'esistenza di averi di pertinenza della massa in Ticino". Ritiene pure che la Corte cantonale abbia svuotato di qualsiasi significato il requisito dell'esistenza di beni appartenenti alla massa previsto dalla LDIP, aprendo la via a "fallimenti esplorativi". 
 
3.3 Giusta l'art. 167 cpv. 1 LDIP l'istanza di riconoscimento del decreto straniero di fallimento dev'essere proposta al tribunale competente del luogo di situazione dei beni in Svizzera. È sufficiente che l'istante renda verosimile che dei diritti patrimoniali del fallito siano localizzati nel circondario del Tribunale adito (sentenza 5A_768/2008 del 17 giugno 2009 consid. 4.2, destinata a pubblicazione). In effetti si potrà unicamente sapere se il fallito è veramente titolare di siffatti beni una volta che è stato compilato l'inventario dopo l'ingiunzione edittale ai terzi debitori e ai terzi detentori di beni di annunciarsi (Pierre-Robert Gilliéron, Les dispositions de la nouvelle loi fédérale de droit international privé sur la faillite internationale, 1991, pag. 73). Un interesse a far riconoscere una decisione di fallimento straniera può addirittura sussistere quando alcun bene patrimoniale si trova in Svizzera e ciò per poter, ad esempio, intentare un'azione revocatoria in questo paese (Daniel Staehelin, Die Anerkennung ausländischer Konkurse und Nachlassverträge in der Schweiz (Art. 166 ff. IPRG), pag. 108). 
 
Nella fattispecie la motivazione della Corte cantonale sulla - mancata - contestazione della titolarità del conto e sull'opposizione del ricorrente al riconoscimento della decisione estera può anche apparire opinabile. Occorre però rilevare che la sentenza impugnata indica che l'amministratore estero ha prodotto un estratto patrimoniale rilasciato dall'agenzia di Lugano di una grande banca elvetica e che dagli atti risulta pure che innanzi all'autorità inferiore il qui ricorrente non aveva nemmeno contestato l'affermazione del qui opponente, secondo cui tale estratto gli era stato consegnato dalla figlia del de cuius. È esatto che esso non contiene alcun nominativo, ma si limita ad indicare nella rubrica del nome una sigla e delle cifre. Tuttavia il fatto che l'amministratore estero abbia potuto produrre tale documento, che non attribuisce chiaramente la titolarità della relazione ad una persona diversa dal defunto, è sufficiente a questo stadio della procedura per rendere verosimile che vi fossero, o vi fossero stati fino a pochi mesi prima del decesso del padre del ricorrente, consistenti beni patrimoniali di pertinenza del defunto nell'agenzia luganese della banca che ha rilasciato l'estratto. Ne segue che, seppure per motivi diversi da quelli indicati nella sentenza impugnata (supra consid. 2.2), e ricordata la possibilità di eventualmente introdurre un'azione revocatoria o di restituzione contro l'unico erede, la Corte cantonale non ha violato la norma in discussione. 
 
4. 
Da quanto precede risulta pure che il ricorrente non può nemmeno essere seguito laddove rimprovera alla Corte cantonale di aver violato l'art. 167 cpv. 3 LDIP, perché possono essere situati in Svizzera unicamente crediti sicuri e non anche quelli "potenziali o presunti verso un erede". Infatti, come osservato, l'art. 167 LDIP presuppone unicamente una verosimiglianza. In queste circostanze non entra in linea di conto limitare l'applicazione della norma in discussione "a crediti certi" come postulato dal ricorrente. 
 
5. 
Ne segue che il ricorso si rivela infondato e come tale va respinto. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). Il ricorrente rifonderà inoltre all'opponente ripetibili per la procedura attinente alla domanda di conferimento dell'effetto sospensivo al ricorso (art. 68 cpv. 1 LTF). 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
 
1. 
Il ricorso è respinto. 
 
2. 
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico del ricorrente, che rifonderà all'opponente fr. 500.-- per ripetibili della sede federale. 
 
3. 
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, alla Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale d'appello del Cantone Ticino e all'Ufficio di esecuzione e fallimenti di Lugano. 
 
Losanna, 5 ottobre 2009 
In nome della II Corte di diritto civile 
del Tribunale federale svizzero 
La Presidente: Il Cancelliere: 
 
Hohl Piatti