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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
{T 0/2} 
 
5A_12/2014  
   
   
 
 
 
Sentenza del 28 ottobre 2014  
 
II Corte di diritto civile  
 
Composizione 
Giudici federali von Werdt, Presidente, 
Marazzi, Bovey, 
Cancelliera Antonini. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Gabriele Ferrari, 
ricorrente, 
 
contro  
 
B.B.________, 
patrocinato dall'avv. dott. Massimo Riccardi, 
opponente. 
 
Oggetto 
azione di paternità e di mantenimento, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 15 novembre 2013 dalla I Camera civile del Tribunale d'appello del 
Cantone Ticino. 
 
 
Fatti:  
 
A.  
 
A.a. Nel marzo 2008, C.B.________ (1968) ha dato alla luce il figlio B.B.________. Così invitata - siccome madre nubile - dalla Commissione tutoria regionale 5 (qui di seguito: CTR), ha indicato A.________ (1961), cittadino italiano domiciliato a X.________, quale padre del neonato. Rimasto infruttuoso ogni tentativo di giungere ad un accordo con quest'ultimo, la CTR ha nominato al minore un curatore nella persona dell'avv. Massimo Riccardi, incaricandolo di accertarne la paternità e di salvaguardarne il diritto al mantenimento.  
 
A.b. Il minore ha allora adito il competente Pretore del Distretto di Lugano in data 5 agosto 2009 affinché fosse accertata la paternità di A.________ e quest'ultimo venisse condannato a versargli un contributo alimentare di fr. 2'040.-- dal luglio 2008 nonché un importo di fr. 6'000.-- per le spese per il parto. Su richiesta di B.B.________, il Pretore ha dapprima ordinato una perizia sul DNA, che ha poi annullato visti gli inutili tentativi del perito di reperire il convenuto per le analisi. Con sentenza 2 settembre 2011, il Pretore ha accolto la petizione, ha accertato la paternità di A.________ e ha condannato quest'ultimo a versare al minore un contributo alimentare mensile indicizzato fino al raggiungimento della maggiore età (fr. 2'040.-- dal 5 agosto 2008 a febbraio 2015; fr. 2'095.-- da marzo 2015 a febbraio 2020; fr. 2'305.-- da marzo 2020 fino alla maggiore età); inoltre, ha posto tassa e ripetibili a carico di A.________.  
 
B.   
Contro la decisione pretorile A.________ è insorto con appello 5 ottobre 2011, che il Tribunale di appello del Cantone Ticino ha respinto con la qui impugnata sentenza 15 novembre 2013, confermando la decisione di primo grado e ponendo tassa e spese di giustizia a carico dell'appellante soccombente. 
 
C.   
In data 7 gennaio 2014, A.________ (qui di seguito: ricorrente) ha interposto avanti al Tribunale federale ricorso in materia civile contro la pronuncia di appello, chiedendone la riforma nel senso della reiezione dell'azione di B.B.________ (qui di seguito: opponente). 
Non sono state chieste determinazioni. 
 
 
Diritto:  
 
1.   
Il presente ricorso è rivolto contro una decisione finale (art. 90 LTF) pronunciata su ricorso dall'autorità cantonale di ultima istanza (art. 75 cpv. 1 e 2 LTF) in una vertenza civile (art. 72 cpv. 1 e cpv. 2 n. 6 LTF) di carattere globalmente non pecuniario (sentenze 5A_609/2011 del 14 maggio 2012 consid. 1.1; 5C.28/2004 del 26 marzo 2004 consid. 1). Il gravame è peraltro tempestivo (art. 46 cpv. 1 lett. c e 100 cpv. 1 LTF) ed emana dalla parte che ha viste respinte le proprie conclusioni d'appello ed è pertanto legittimata a ricorrere (art. 76 cpv. 1 LTF). 
 
2.  
 
2.1. Il Tribunale federale è tenuto ad applicare d'ufficio il diritto (art. 106 cpv. 1 LTF). Nondimeno, tenuto conto dell'onere di allegazione e motivazione posto dall'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, la cui mancata ottemperanza conduce all'inammissibilità del gravame, il Tribunale federale esamina di regola solo le censure sollevate (DTF 137 III 580 consid. 1.3; 134 III 102 consid. 1.1). Nell'atto di ricorso occorre pertanto spiegare in modo conciso, riferendosi all'oggetto del litigio, in cosa consiste la violazione del diritto e su quali punti il giudizio contestato viene impugnato (DTF 134 II 244 consid. 2.1). Le esigenze di motivazione sono più rigorose quando è fatta valere la violazione di diritti fondamentali. II Tribunale federale esamina queste censure solo se la parte ricorrente le ha debitamente sollevate e motivate, come prescritto dall'art. 106 cpv. 2 LTF. Ne discende che l'allegato ricorsuale deve indicare chiaramente i diritti costituzionali che si pretendono violati, precisando altresì in che consista tale violazione (DTF 134 II 244 consid. 2.2; 133 III 393 consid. 6).  
 
2.2. Il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sull'accertamento dei fatti svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF); può scostarsene o completarlo solo se è stato svolto in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto (art. 105 cpv. 2 LTF). L'accertamento dei fatti contenuto nella sentenza impugnata può essere censurato alle stesse condizioni; occorre inoltre che l'eliminazione dell'asserito vizio possa influire in maniera determinante sull'esito della causa (art. 97 cpv. 1 LTF). Se rimprovera all'autorità cantonale un accertamento dei fatti manifestamente inesatto - ossia arbitrario (DTF 137 III 268 consid. 1.2 con rinvio; 136 II 304 consid. 2.4 con rinvio) - il ricorrente deve motivare la censura conformemente alle esigenze poste dall'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 136 II 304 consid. 2.5).  
 
3.   
Fino al 30 giugno 2014, all'autorità di protezione dei minori incombeva la nomina al nascituro o all'infante di un curatore che provvedesse all'accertamento della filiazione paterna, in virtù dell'abrogato art. 309 cpv. 1 CC
Il ricorrente censura la violazione di tale disposto di legge. Egli non mira con ciò ad impugnare la decisione mediante la quale la CTR ha istituito una curatela di paternità in favore dell'opponente (anche perché non ne sarebbe legittimato, v. DTF 121 III 1 consid. 2b e c). La censura è in realtà funzionale alla critica che il ricorrente muove all'azione ex art. 261 segg. CC: egli ritiene infatti che non sussisteva alcun obbligo di intervento automatico dell'autorità pubblica nell'accertamento della paternità. 
 
3.1. Il Tribunale di appello ha preliminarmente esaminato opportunità e legalità della nomina di un curatore all'opponente e dell'introduzione dell'azione di paternità, in applicazione dell'ormai abrogato art. 309 cpv. 1 CC. Ha rammentato che, trattandosi nel caso di specie di figlio senza capacità di discernimento, l'azione di paternità non avrebbe potuto essere promossa da lui direttamente né dalla madre, benché detentrice dell'autorità parentale. In tali circostanze, la nomina di un curatore si imponeva senza ponderazione di interessi, così come l'agire in giudizio, posto che il preponderante interesse del figlio è di regola quello di avere una madre e un padre. Ne ha concluso che l'agire dell'autorità tutoria così come del curatore erano conformi alla legge, escludendo parimenti un'applicazione anticipata della novella legislativa che avrebbe abrogato l'art. 309 CC.  
 
3.2. In proposito, il ricorrente eccepisce in sostanza che il diritto del figlio di conoscere la propria discendenza (recte: ascendenza) è di natura strettamente personale, per cui non vi è obbligo di intervento meccanico da parte dell'autorità mediante designazione di un curatore. Spetterebbe infatti al solo figlio decidere se prendere conoscenza o meno delle proprie origini. Non a caso "l'imminente revisione del Codice civile" prevede l'abolizione dell'art. 309 CC, atteso che il diritto del figlio di conoscere la propria origine non giustifica l'attribuzione automatica di un curatore al figlio di una madre non sposata. Peraltro, l'azione di paternità inoltrata dal figlio potrebbe costituire nel caso specifico un escamotage per rimediare alla rinuncia della madre a promuovere tale azione.  
 
3.3. Si pone la questione del diritto applicabile.  
 
3.3.1. Le autorità precedenti hanno basato la nomina di un curatore al qui opponente sull'art. 309 CC. La revisione del Codice civile sull'autorità parentale, entrata in vigore il 1° luglio 2014, ha abrogato questa disposizione. Contrariamente a quanto prevedevano il disegno di legge del 2011 relativo alla menzionata novella (FF 2011 8061 segg.) ed il relativo Messaggio del Consiglio federale del 16 novembre 2011 (FF 2011 8025 segg., in particolare n. 1.5.4 pag. 8043 e ad art. 309 pag. 8055), l'art. 309 CC non è stato semplicemente e puramente stralciato, bensì - su iniziativa della Commissione degli affari giuridici del Consiglio nazionale, adottata senza discussione dalle due Camere (Bollettino ufficiale [BU] 2012 CN 1656; BU 2013 CS 15) - sostituito da un riformulato cpv. 2 dell'art. 308 CC, pure in vigore dal 1° luglio 2014: la rappresentanza del figlio per l'accertamento della paternità figura ora fra i poteri speciali che l'autorità di protezione dei minori può conferire al curatore.  
 
3.3.2. La novella sull'autorità parentale è accompagnata da norme di diritto transitorio che concernono unicamente la possibilità di chiedere l'autorità parentale congiunta (art. 12 cpv. 4 e 5 Tit. fin. CC; FF 2011 8056 ad art. 12 Tit. fin.). Per quanto riguarda l'abrogazione dell'art. 309 CC e la modifica dell'art. 308 cpv. 2 CC, va ammesso che si tratta di questioni relative alla protezione dei minori. A queste si applicano le norme intertemporali generali degli art. 1 a 4 Tit. fin. CC completate per analogia dall'art. 14 Tit. fin. CC (Ruth E. Reusser, in Basler Kommentar, Erwachsenenschutz, 2012, n. 3 e 10 ad art. 14 Tit. fin. CC) : ciò significa, all'atto pratico, che il nuovo diritto trova immediata applicazione, mentre misure precedentemente ordinate rimangono in essere, ma dovranno essere successivamente adattate alle esigenze del caso specifico previo accurato esame (Reusser, op. cit., n. 16 ad art. 14 Tit. fin. per la tutela del vecchio diritto, n. 19 ibid. per la curatela). Ne discende che un'applicazione diretta dei nuovi art. 307 segg. CC da parte del Tribunale federale a casi già pendenti non entra in linea di conto, già per il fatto che esso è vincolato agli accertamenti di fatto dell'autorità inferiore (sentenza 5A_92/2014 del 23 luglio 2014 consid. 2.1, con riferimento precisamente alla novella sull'autorità parentale; v. pure, per analogia, il diritto intertemporale previsto in occasione dell'introduzione del nuovo diritto del divorzio, art. 7b Tit. fin. CC; DTF 126 III 449 consid. 2b/aa; sentenza 5C.43/2000 dell'11 aprile 2000 consid. 1).  
 
3.3.3. Nel prosieguo dell'esame del presente ricorso, il Tribunale federale continuerà dunque ad applicare l'art. 309 CC, quantunque nel frattempo abrogato, e ad esaminare in questa prospettiva la sentenza impugnata. In tal senso è parimenti respinta la censura (sempre che fosse intesa come tale) contro la mancata applicazione anticipata della novella sull'autorità parentale.  
 
3.4. Nel merito, le obiezioni del ricorrente contro l'applicazione dell'ormai abrogato art. 309 CC nel caso concreto (supra consid. 3.2) non convincono.  
 
3.4.1. In primo luogo, non si fondano su giurisprudenza o dottrina, bensì riflettono unicamente la sua opinione personale. Inoltre, quest'ultima è espressa in termini generici ed astratti, senza alcun riferimento al caso concreto: quand'anche si dovesse ammettere, come il ricorrente pretende, che autorità tutoria e curatore non abbiano alcun dovere assoluto di intervenire, egli non spiega perché nel caso qui in discussione essi dovessero astenersi da un qualsiasi intervento.  
 
3.4.2. In secondo luogo, la tesi dei Giudici cantonali, secondo la quale il figlio ha di regola un interesse preponderante ad avere una madre e un padre, è sostenuta da unanime dottrina e giurisprudenza - debitamente citata nella sentenza impugnata. L'avversa tesi ricorsuale - peraltro confutata in dettaglio nella sentenza impugnata, la cui motivazione non viene per nulla discussa in sede federale - è motivata in modo azzardato, per non dire temerario: il diritto strettamente personale di conoscere la propria ascendenza non implica che il figlio non possa avvalersi di persone che lo rappresentano in un'età in cui non è capace di agire ai sensi degli art. 17 segg. CC. Portata alle estreme conseguenze, la tesi ricorsuale significherebbe che il minore non può agire fintanto che abbia raggiunto la maggiore età, ciò che priverebbe di ogni senso l'abrogato art. 309 CC rispettivamente il nuovo art. 308 cpv. 2 CC che lo sostituisce, ed è apertamente in contrasto con l'art. 261 cpv. 1 CC e l'art. 263 cpv. 1 n. 2 CC (Tuor/Schnyder/Schmid/Rumo-Jungo, Das Schweizerische Zivilgesetzbuch, 13a ed. 2009, n. 37 pag. 432 seg.; Ingeborg Schwenzer, in Basler Kommentar, Zivilgesetzbuch I, 4a ed. 2010, n. 2 ad art. 263 CC e, più esplicitamente, n. 5 ad art. 256c CC). Peraltro, il ricorrente nemmeno tenta di esporre perché nel suo caso si dovrebbe prescindere dall'obbligo di nomina di un curatore rispettivamente, per quest'ultimo, dall'obbligo di agire in giustizia per accertamento della paternità.  
 
3.4.3. Incomprensibile è infine il richiamo del ricorrente al diritto delle genti: perché in virtù dell'art. 7 cpv. 1 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo (RS 0.107) o dell'art. 8 CEDU si debba tassativamente escludere l'intervento di un curatore, non è proprio dato di capire. Il richiamo a quanto asseritamente illustrato in sede di appello non è di suffragio alcuno al ricorrente, ritenuto che le censure vanno motivate nel ricorso e non tramite rinvii ad altri allegati o documenti (DTF 140 III 115 consid. 2; 133 II 396 consid. 3.2).  
 
3.5. Nella ridotta misura in cui sono debitamente motivate, le censure rivolte contro l'applicazione dell'ormai abrogato art. 309 CC da parte dell'autorità precedente si appalesano infondate.  
 
4.   
Se un rapporto di filiazione esiste soltanto nei confronti della madre ed il padre non riconosce il figlio (art. 260 cpv. 1 CC), tanto la madre quanto il figlio possono proporre l'azione di accertamento della filiazione paterna (art. 261 cpv. 1 CC). La paternità è presunta quando il convenuto ha avuto concubito con la madre nel tempo dal trecentesimo al centottantesimo giorno prima della nascita (art. 262 cpv. 1 CC). La presunzione cade se il convenuto dimostra che la sua paternità è esclusa o meno verosimile di quella altrui (art. 262 cpv. 3 CC). L'azione può essere proposta prima o dopo il parto, ma al più tardi dalla madre entro un anno dalla nascita (art. 263 cpv. 1 n. 1 CC) o dal figlio entro un anno dalla raggiunta maggiore età (art. 263 cpv. 1 n. 2 CC); scaduti questi termini, l'azione è ammessa se il ritardo è scusato da gravi motivi (art. 263 cpv. 3 CC). 
 
4.1. Nel merito, il Tribunale di appello ha ritenuto provata la paternità del ricorrente sulla scorta degli indizi addotti dall'opponente (testimonianza della madre circa la relazione con il ricorrente da fine 2006 a fine 2007, documentazione attestante il pernottamento di entrambi in un'unica camera d'albergo durante il periodo critico, scambio di messaggi SMS fra il ricorrente e la madre). Ha riconosciuto che non era stata condotta una perizia sul DNA, ma ha sottolineato che ciò era stato deciso dal Pretore dopo aver preso atto che il ricorrente aveva rifiutato di sottoporvisi, e non era frutto di una rinuncia dell'opponente; tale perizia, peraltro, era divenuta superflua dopo l'audizione della madre. Ha infine tenuto conto del versamento di fr. 22'000.-- da parte del ricorrente alla madre dell'opponente per il mantenimento del bambino, accertato dal Pretore e rimasto incontestato in appello.  
 
4.2. Il ricorrente eccepisce essenzialmente una violazione dell'onere allegatorio (art. 8 CC) e un apprezzamento arbitrario delle prove, anche laddove lamenta una violazione dell'art. 262 cpv. 1 CC. Ribadisce che fu l'opponente a rinunciare alla perizia sul DNA, e che a fronte di una tale rinuncia il giudice non doveva neppure valutare il restante, discutibile materiale probatorio. Gli indizi presi in considerazione non sarebbero sufficienti a dimostrare il concubito, il fatto di aver condiviso una stanza d'albergo non implicando una relazione fra i due. Né è lecito dedurre alcunché dal rifiuto del ricorrente di sottoporsi alla perizia sul DNA, facendo difetto altri indizi a favore di una presunzione di paternità. Il ricorrente ritiene infine lesivi del divieto d'arbitrio i contributi di mantenimento fissati a suo carico.  
 
4.3. Il richiamo alle regole sulla messa a carico dell'onere allegatorio giusta l'art. 8 CC è inconferente: se il giudice si convince che un'affermazione è stata provata (o smentita) sulla scorta di un apprezzamento delle prove assunte, ogni discussione vertente sulla messa a carico dell'onere della prova diviene senza oggetto (DTF 137 III 268 consid. 3; 137 III 226 consid. 4.3; 118 II 147 consid. 3a). L'apprezzamento delle prove nella sentenza impugnata può in tal caso essere rivisto unicamente nell'ottica dell'arbitrio nell'accertamento dei fatti.  
 
4.4. Nell'ambito dell'accertamento dei fatti e dell'apprezzamento delle prove è violato il divieto d'arbitrio qualora il giudice abbia manifestamente frainteso il senso e la portata di un mezzo di prova, se egli abbia trascurato senza fondati motivi un mezzo di prova rilevante per il giudizio, infine se abbia tratto delle conclusioni insostenibili in base ai fatti accertati. L'apprezzamento delle prove criticato deve far apparire la sentenza impugnata arbitraria non solo nella sua motivazione ma anche nel suo risultato. Con particolare riferimento all'apprezzamento di prove indiziarie è data una violazione del divieto d'arbitrio non già quando le conclusioni alle quali è giunto il tribunale non corrispondono a quelle del ricorrente, bensì unicamente qualora l'apprezzamento si riveli manifestamente insostenibile, in chiaro contrasto con la situazione di fatto oppure crassamente contrario al comune senso della giustizia (DTF 135 II 356 consid. 4.2.1; sentenze 5A_306/2010 del 9 agosto 2010 consid. 4.2 con ulteriori rinvii; 5A_115/2013 dell'11 settembre 2013 consid. 3.2.1, in sic! 2/2014 pag. 99), ciò che il ricorrente deve convenientemente motivare, pena l'inammissibilità del suo gravame (o almeno della relativa censura: DTF 134 II 244 consid. 2.2; sulla distinzione v. Florence Aubry Girardin, in Commentaire de la LTF, 2a ed. 2014, n. 25 ad art. 42 LTF).  
 
Le critiche ricorsuali sono in gran parte appellatorie, e almeno parzialmente temerarie. 
 
4.4.1. Che le risultanze dell'istruttoria non forniscano indizi sufficienti a dimostrare l'asserito concubito fra il ricorrente e la madre dell'opponente, è mera opinione personale, come pure la convinzione che l'apprezzamento dei messaggi SMS fra i medesimi sia "inconcepibile e processualmente irrito". Il Tribunale di appello è giunto alla conclusione opposta, che le assolute e generiche asserzioni ricorsuali non fanno apparire arbitraria.  
Più in dettaglio, l'affermazione che fu l'opponente a rinunciare alla perizia sul DNA è stata esplicitamente smentita dal Tribunale di appello: tale accertamento non può evidentemente essere sovvertito semplicemente con l'affermazione del contrario. In ogni caso, contrariamente a quanto afferma il ricorrente, persino la rinuncia ad un mezzo di prova non porterebbe inevitabilmente ad un accertamento dei fatti sfavorevole per la parte che rinuncia, tanto meno quando altre prove sono state assunte. 
Cosa il ricorrente abbia potuto pensare, dopo che il Pretore aveva annullato la richiesta di perizia sul DNA, rispettivamente a quali rischi egli abbia ritenuto di essere esposto, è questione del tutto irrilevante, posto che l'apprezzamento delle prove è nelle sole mani del tribunale. 
Infine, per quanto riguarda le deduzioni tratte dal Tribunale di appello dal fatto di aver trascorso, il ricorrente e la madre dell'opponente, numerose notti nella medesima camera d'albergo, non si può condividere l'affermazione ricorsuale secondo la quale tale fatto non implichi una relazione fra i due. Al contrario: che dette circostanze siano atte ad alimentare una fondata presunzione di concubito, è ammesso da tempo immemorabile (v., per una fattispecie simile, DTF 43 II 562 consid. 1, con rinvio alla  violenta suspicio fornicationis delle  Decretales di Gregorio IX [C. 12 X  de praesumptionibus 2.23]; v. poi, per una donna che ammette di aver intrattenuto relazioni intime nel periodo critico, DTF 98 Ia 140 consid. 3a; per un uomo ed una donna rinvenuti nel medesimo locale v. Pandectes françaises, vol. III, 1888, voce adulterio, in particolare n. 238 a 241 [relativi al reato di adulterio  in flagranti ]).  
 
4.4.2. A proposito della fissazione dei contributi di mantenimento a suo carico, il ricorrente respinge l'opinione del Tribunale di appello, secondo la quale egli non sarebbe abilitato a criticare la decisione pretorile avendo rifiutato di esibire qualsivoglia documento, giustificandosi con il fatto che non esisteva alcun incarto svizzero relativo alla sua situazione economica. La giustificazione, oltre che incomprensibile, è francamente temeraria.  
Il ricorrente rimprovera poi la mancata verifica dei documenti prodotti in causa dalla madre dell'opponente, peraltro - secondo lui - base insufficiente per stabilire l'entità del contributo di mantenimento. Anche qui, ritenuto che il ricorrente ha scientemente deciso di non fornire alcuna informazione utile ai giudici, la sua critica appare temeraria nella sostanza. 
Temeraria è pure la sua critica nei confronti della deduzione del Tribunale di appello, che dall'elencazione degli importanti clienti ha dedotto una sua posizione al vertice dell'azienda. Certo il ragionamento è proposto in termini abbreviati, ma l'idea è chiara: se è vero che i viaggi in Asia fatti dal ricorrente in compagnia della madre dell'opponente erano trasferte di lavoro pagate da una delle ditte riconducibili a lui, allora egli - secondo l'esperienza generale della vita e il normale andamento delle cose - deve rivestire una funzione al vertice dell'azienda, poiché spese di quel genere non sono sostenute a favore di un dipendente di livello inferiore. Una tale deduzione, a valere quale elemento di giudizio utile per fissare il contributo di mantenimento a favore del minore, non ha nulla di arbitrario. 
È, infine, superfluo sottolineare che l'apodittica affermazione di non essere il padre dell'opponente non può costituire serio argomento di censura dei contributi fissati. 
 
4.4.3. In conclusione, le censure di arbitrio nell'accertamento dei fatti e nell'apprezzamento delle prove si rivelano infondate nella ridotta misura in cui siano ammissibili.  
 
5.   
Ne discende che il ricorso va respinto nella misura della sua ammissibilità. La tassa di giustizia, fissata tenendo conto anche della condotta processuale del ricorrente (art. 65 cpv. 2 LTF; Bernard Corboz, in Commentaire de la LTF, 2a ed 2014, n. 19 ad art. 65 LTF), è posta a carico di quest'ultimo (art. 66 cpv. 1 LTF). Non sono dovute ripetibili all'opponente, che non è stato chiamato a determinarsi e non è dunque incorso in spese della sede federale (art. 68 cpv. 1 e 2 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.   
Le spese giudiziarie di fr. 3'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3.   
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla I Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 28 ottobre 2014 
 
In nome della II Corte di diritto civile 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: von Werdt 
 
La Cancelliera: Antonini