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{T 0/2} 
6S.452/2001 MDE 
 
C O R T E DI C A S S A Z I O N E P E N A L E 
*************************************************** 
 
29 aprile 2002 
(secondo seduta del 17 aprile 2002) 
 
Composizione della Corte: giudici federali Schubarth, pre- 
sidente della Corte, Schneider, Wiprächtiger, Kolly e Kar- 
len. 
Cancelliera: Bino. 
 
_______ 
 
Visto il ricorso per cassazione proposto il 4 luglio 2001 
dal Ministero pubblico del Cantone Ticino contro la senten- 
za del 29 maggio 2001 emanata dalla Corte di cassazione e 
di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone 
Ticino, Lugano, nel procedimento penale aperto a carico di 
A.________, patrocinato dall'avv. Andrea Pagani, Massagno, 
e B.________, patrocinata dall'avv. Nicola Delmué, Biasca, 
per tratta di esseri umani, riciclaggio di denaro e infra- 
zione alla legge federale concernente la dimora e il domi- 
cilio degli stranieri, contravvenzione e infrazione alla 
legge federale sugli stupefacenti nonché infrazione alla 
legge federale sulle armi; 
 
R i t e n u t o i n f a t t o : 
 
A.- Il 17 gennaio 2001, il Presidente della Corte 
delle assise correzionali di Leventina, riunita a Bellinzo- 
na, riconosceva B.________, colpevole: 
 
- di tratta di essere umani per aver compiuto la 
tratta di 20 donne, tra novembre 1998 e maggio 2000, nell' 
Osteria Y.________ a X.________, da lei gestita congiunta- 
mente a A.________ e, tra settembre 1998 e maggio 2000, di 
altre 38 donne in vari locali ticinesi; 
 
- di riciclaggio di denaro per avere inviato all' 
estero almeno fr. 10'000.-- di origine criminosa; 
 
- d'infrazione e contravvenzione alla legge federa- 
le concernente la dimora e il domicilio degli stranieri, 
per avere favorito l'entrata e il soggiorno illegale di 6 
donne nell'Osteria Y.________, per avere impiegato circa 60 
donne straniere non autorizzate a lavorare in Svizzera, per 
avere illegalmente soggiornato lei stessa in Svizzera dal 
26 ottobre al 5 novembre 1998 e per avere esercitato un'at- 
tività lavorativa senza permesso tra il 26 luglio e il 26 
ottobre 1998; e 
 
- di contravvenzione alla legge federale sugli 
stupefacenti per avere consumato un'imprecisata quantità di 
cocaina e marijuana. 
 
Egli riconosceva altresì A.________ colpevole: 
 
- di tratta di esseri umani per aver compiuto la 
tratta di 20 donne, tra novembre 1998 e maggio 2000, nell' 
Osteria Y.________ a X.________, da lui gestita congiunta- 
mente a B.________, e, tra agosto e settembre 1999, di 
altre 5 o 6 donne nello stesso esercizio pubblico; 
 
- di riciclaggio di denaro per avere inviato all' 
estero almeno fr. 10'000.-- di origine criminosa; 
 
- d'infrazione e contravvenzione alla legge federa- 
le concernente la dimora e il domicilio degli stranieri per 
avere favorito l'entrata e il soggiorno illegale di almeno 
6 donne nell'Osteria Y.________, per avere impiegato senza 
autorizzazione il cittadino lettone C.________, oltre a 
circa 60 donne lettoni e un imprecisato numero di donne 
dell'America latina, stranieri non autorizzati a lavorare 
in Svizzera; 
 
- di contravvenzione alla legge federale sugli stu- 
pefacenti per avere consumato un'imprecisata quantità di 
cocaina e di marijuana; e 
 
- d'infrazione alla legge federale sulle armi per 
avere, senza diritto, acquistato e detenuto una pistola 
Maverick "357 Magnum". 
 
A ragione di questi fatti, il Presidente della 
Corte delle assise condannava, computato il carcere preven- 
tivo sofferto, B.________ a 18 mesi di detenzione, al paga- 
mento di una multa di fr. 7'000.-- e all'espulsione dal 
territorio svizzero per 3 anni, e A.________ a 14 mesi di 
detenzione nonché al pagamento di una multa di fr. 
5'000.--, quest'ultima parzialmente aggiuntiva a una multa 
di fr. 200.-- inflitta con decreto di accusa del 27 set- 
tembre 1999. 
 
L'esecuzione delle pene detentive nonché l'espul- 
sione pronunciata nei confronti di B.________ venivano 
sospese con un periodo di prova di 2 anni; veniva altresì 
ordinata la confisca di fr. 20'000.-- depositati sul conto 
n. H.________ presso la Banca dello Stato del Cantone Tici- 
no nonché di fr. 19'806.10.-- in contanti e di una pistola. 
 
B.- Il 29 maggio 2001, la Corte di cassazione e di 
revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone Ticino 
(CCRP) accoglieva i ricorsi di B.________ e di A.________, 
respingeva il ricorso del Ministero pubblico e riformava 
parzialmente la sentenza del Presidente della Corte delle 
assise. Essa proscioglieva B.________ dall'imputazione di 
tratta di esseri umani nonché di riciclaggio di denaro e la 
condannava alla pena di 2 mesi di detenzione, computato il 
carcere preventivo sofferto, all'espulsione dalla Svizzera 
per 3 anni, entrambe sospese condizionalmente con un perio- 
do di prova di 2 anni, e al pagamento di una multa di fr. 
4'000.--. La Corte cantonale proscioglieva altresì 
A.________ dall'imputazione di tratta di esseri umani e di 
riciclaggio di denaro e lo condannava alla pena di 2 mesi 
di detenzione, computato il carcere preventivo sofferto, 
sospesa condizionalmente per un periodo di prova di 2 anni, 
nonché al pagamento di una multa di fr. 4'000.--, parzial- 
mente aggiuntiva a quella di fr. 200.--, inflittagli con 
decreto di accusa del 27 settembre 1999. Essa annullava la 
confisca e ordinava la liberazione a favore del suo titola- 
re di fr. 20'000.-- depositati sul conto n. H.________ 
presso la Banca dello Stato del Cantone Ticino e di fr. 
19'806.10.-- in contanti. 
 
C.- Con tempestivo ricorso per cassazione, il Mi- 
nistero pubblico del Cantone Ticino (in seguito: Ministero 
pubblico) è insorto dinanzi il Tribunale federale contro la 
decisione della CCRP chiedendone l'annullamento, con prote- 
sta di spese e ripetibili. 
 
D.- Con osservazioni del 1° marzo 2002, B.________ 
e A.________ postulano la reiezione del gravame. 
 
Considerando in diritto : 
 
1.- a) Il Tribunale federale esamina d'ufficio e 
con libero potere l'ammissibilità del rimedio esperito, 
senza essere vincolato, in tale ambito, dagli argomenti 
delle parti o dalle loro conclusioni (DTF 127 III 41 con- 
sid. 2a, 126 I 81 consid. 1, 125 I 253 consid. 1a e rinvii, 
458 consid. 1). 
 
b) Inoltrato dal Ministero pubblico (art. 270 cpv. 
1 lett. c della legge federale del 15 giugno 1934 sulla 
procedura penale [PP; RS 312.0]) e diretto contro una sen- 
tenza penale emessa in ultima istanza da un tribunale supe- 
riore (art. 268 cpv. 1 PP), il presente gravame è ammissi- 
bile (v. Martin Schubarth, Nichtigkeitbeschwerde 2001, 
Berna 2001, n. 22 e 86-88). 
 
c) Il ricorso per cassazione può essere fondato 
unicamente sulla violazione del diritto federale (art. 269 
cpv. 1 PP). Tranne in caso di rettifica di sviste manife- 
ste, il Tribunale federale è vincolato dagli accertamenti 
operati dall'autorità cantonale (art. 277bis PP). Non pos- 
sono quindi essere né criticati accertamenti di fatto né 
addotti fatti nuovi né proposte eccezioni, impugnazioni e 
mezzi di prova nuovi (art. 273 cpv. 1 lett. b PP). Il Tri- 
bunale federale deve fondare il suo giudizio sui fatti 
quali accertati dall'ultima istanza cantonale ed eventual- 
mente su quelli considerati dall'autorità inferiore nella 
misura in cui essi siano ripresi, per lo meno in modo im- 
plicito, nella decisione impugnata (art. 273 cpv. 1 lett. b 
PP; DTF 118 IV 122 consid. 1; Bernard Corboz, Le pourvoi en 
nullité, SJ 1991, pagg. 92 e 93). 
 
d) Nella misura in cui rinvia agli argomenti sol- 
levati in sede cantonale, il gravame è inammissibile (DTF 
111 IV 108, 100 IV 181 consid. 1a). 
 
2.- a) La CCRP ha annullato la condanna dei resi- 
stenti per tratta di esseri umani, reato perseguito all' 
art. 196 CP. Richiamando la recente giurisprudenza pubbli- 
cata in DTF 126 IV 225 e ancora sconosciuta all'epoca della 
decisione sul merito, essa ha ribadito che la tratta di 
esseri umani presuppone un'offesa al diritto all'autodeter- 
minazione in campo sessuale; non è quindi punibile chi si 
occupa d'ingaggiare o di trasferire delle prostitute se 
esse hanno dato il proprio assenso con cognizione di causa. 
Fondandosi sugli accertamenti di prima istanza, la Corte 
cantonale ha ritenuto che le giovani donne avevano scelto 
liberamente di venire in Ticino e di dedicarsi alla prosti- 
tuzione per cui, oggettivamente, non vi erano gli estremi 
per applicare l'art. 196 CP
 
b) Il Ministero pubblico sostiene che l'art. 196 
CP deve essere interpretato alla luce dell'art. 1 cpv. 1 
della Convenzione concernente la repressione della tratta 
delle donne maggiorenni dell'11 ottobre 1933 (RS 0.311.34; 
in seguito: "Convenzione dell'11 ottobre 1933") che postula 
espressamente la punibilità del reato di tratta di esseri 
umani anche nell'ipotesi in cui le giovani donne abbiano 
acconsentito liberamente di prostituirsi. La DTF 126 IV 225 
concerneva un caso interno, ossia il trasferimento di pro- 
stitute ungare da uno stabilimento svizzero all'altro. La 
fattispecie in esame si estende al di là del territorio 
nazionale; pertanto, in applicazione della Convenzione 
dell'11 ottobre 1933, i presupposti della tratta di esseri 
umani sarebbero adempiuti nonostante il consenso delle in- 
teressate. 
 
3.- a) Secondo l'art. 1 cpv. 1 della Convenzione 
dell'11 ottobre 1933 deve essere punito chiunque, allo sco- 
po di favorire l'altrui libidine, arruola, rapisce o svia, 
anche col suo consenso, una donna o una giovane maggiorenne 
per trarla alla prostituzione in un altro paese. La Conven- 
zione dell'11 ottobre 1933 completa l'Accordo internaziona- 
le inteso a garantire una protezione efficace contro il 
traffico criminale conosciuto sotto il nome di tratta delle 
bianche del 18 maggio 1904 (RS 0.311.31; in seguito: "Ac- 
cordo internazionale del 18 maggio 1904"), la Convenzione 
internazionale per la repressione della tratta delle bian- 
che del 4 maggio 1910 (RS 0.311.32; in seguito: "Conven- 
zione del 4 maggio 1910") e la Convenzione internazionale 
per la repressione della tratta delle donne e dei fanciulli 
del 30 settembre 1921 (RS 0.311.33; in seguito: "Convenzio- 
ne del 30 settembre 1921"). Storicamente, siffatti strumen- 
ti s'inserivano nell'ambito della lotta contro il traffico 
e lo sfruttamento di donne a livello internazionale, lotta 
resa necessaria dalla constatazione, alla fine del XIX e 
all'inizio del XX secolo, dell'esistenza di vere e proprie 
organizzazioni che attiravano giovani donne con vantaggiose 
offerte di lavoro all'estero come governanti, istitutrici, 
cuoche, cantanti, ecc. Simili offerte erano un pretesto per 
poi spingerle alla prostituzione. La tratta sfruttava la 
loro inesperienza e ingenuità nonché le condizioni di mise- 
ria in cui vertevano. I trafficanti, ricorrevano all'astu- 
zia, all'inganno, alla minaccia o altri mezzi di costrizio- 
ne per abusare cinicamente e circuire le loro vittime (FF 
1924 III 1059-1060). In tale clima, le norme internazionali 
volevano colmare le lacune di quelle legislazioni nazionali 
che non prevedevano la punibilità della tratta di esseri 
umani (v. in particolare gli art. 2 e 3 della Convenzione 
del 30 settembre 1921). Sotto mira era principalmente il 
traffico internazionale, più pericoloso per la sua ramifi- 
cazione al di là delle frontiere. La Convenzione del 4 mag- 
gio 1910 auspicava la punibilità del traffico di donne mag- 
giorenni solo se quest'ultime non erano consenzienti, ossia 
in caso di "inganno, minaccia, abuso di autorità o altro 
mezzo di costrizione" (art. 2; FF 1924 III 1069-1070). La 
Convenzione dell'11 ottobre 1933 ha poi esteso la persegui- 
bilità anche ai casi in cui vi era consenso. All'epoca, la 
Svizzera aveva ratificato tali strumenti internazionali 
poiché la legge federale del 30 settembre 1925 sulla tratta 
delle donne e dei fanciulli (RU 42 9; in seguito: "Legge 
federale del 30 settembre 1925") perseguiva già la tratta 
senza distinguere tra donne consenzienti o meno (FF 1934 I 
878). 
 
b) Le Convenzioni testé citate non sono diretta- 
mente applicabili (sulla nozione v. Andreas Auer/Giorgio 
Malinverni/Michel Hottelier, Droit constitutionnel suisse, 
vol. I, Berna 2000, pagg. 452-454), ma esortano il legisla- 
tore svizzero a concretizzare i principi universali in esse 
contenuti (FF 1924 III 1067 nonché art. 2 e 3 della Conven- 
zione del 30 settembre 1921). L'interpretazione delle norme 
e dei principi penali deve essere, nella misura del possi- 
bile, conforme al diritto costituzionale e convenzionale 
(DTF 127 IV 66 consid. 2g; 126 IV 236 consid. 4; 118 IV 153 
consid. 4c; 106 Ia 33 consid. 2 e 3). All'epoca della Co- 
stituzione previgente, il Tribunale federale ha ribadito a 
più riprese che la Confederazione non può sottrarsi ai suoi 
obblighi internazionali invocando il diritto interno: 
quest'ultimo deve essere interpretato anzitutto in modo 
conforme alle norme internazionali (DTF 125 II 417 consid. 
4c). In caso di conflitto, esse prevalgono, comunque e in 
linea di massima, sul diritto interno e la regola nazionale 
non conforme non va applicata. Questa soluzione si giusti- 
fica ancor più se la norma internazionale tende a protegge- 
re i diritti dell'uomo. Non fu tuttavia decisa la questione 
se tale modo di procedere dovesse estendersi anche ad altri 
campi (DTF 125 II 417 consid. 4d). Fu poi lasciato indeciso 
il quesito se e in quale misura il diritto convenzionale 
possa "correggere" una norma del Codice civile (DTF 125 III 
209 consid. 6e). Il 12 marzo 2000 la modifica della Costi- 
tuzione concernente la riforma della giustizia è stata 
accettata. Contrariamente alla proposta del Consiglio fede- 
rale, essa non prevede l'introduzione della giurisdizione 
costituzionale. La questione se la decisione politica debba 
avere delle conseguenze sulla giurisprudenza anteriore in 
materia di conflitto tra diritto interno e internazionale 
può, per il momento, rimanere irrisolta. Infine, è d'uopo 
ribadire che nell'ambito penale il principio nullum crimen 
sine lege esclude, in mancanza di una disposizione specifi- 
ca di diritto interno, la punibilità di un comportamento 
esclusivamente in base ad un testo internazionale, in ogni 
caso quando tale testo non è direttamente applicabile (v. 
in generale DTF 127 IV 198 consid. 3b). 
 
4.- a) Conformemente ai suoi obblighi internazio- 
nali, il legislatore svizzero ha adottato, ultimo in data, 
l'art. 196 che prevede la condanna alla reclusione o 
alla detenzione non inferiore a 6 mesi di chi, per favorire 
l'altrui libidine, esercita la tratta di esseri umani. Tale 
disposizione concretizza i dettami contenuti in particolare 
nella Convenzione dell'11 ottobre 1933; conferisce, tra 
l'altro, al principio della punibilità della tratta una 
portata più vasta di quella convenzionale poiché estesa a 
tutti gli esseri umani, cioè a ogni individuo indipendente- 
mente dall'età e dal sesso (FF 1985 II 978). I presupposti 
del reato di cui all'art. 196 CP, interpretato anche alla 
luce della DTF 126 IV 225, sono adempiuti allorquando viene 
pregiudicato il diritto all'autodeterminazione nel campo 
sessuale della persona interessata (FF 1985 II 956; sulla 
nozione di tratta di esseri umani v. anche infra, consid. 
6; nonché Guido Jenny, Delikte gegen die sexuelle Integri- 
tät un gegen die Familie: Art. 187-200, Art. 213-220 CP, in 
Guido Jenny, Martin Schubarth, Peter Albrecht, Kommentar 
zum schweizerischen Strafrecht, vol. 4, Berna 1997, ad art. 
196 CP, n. 5 e 6; Jörg Rehberg, Niklaus Schmid, Delikte 
gegen den Einzelnen, 7a ed., Zurigo 1997, pagg. 413-414; 
Günter Stratenwerth, Schweizerische Strafrecht, Besonderer 
Teil I, 5a ed., Berna 1995, pagg. 174-176, n. 19 e 21). Ciò 
avviene esclusivamente quando un essere umano è sfruttato 
come vera e propria mercanzia, in particolare se tenuto 
all'oscuro di ciò che l'attende, se poco informato o se, 
per altre ragioni, incapace di difendersi (DTF 126 IV 225 
consid. 1d). Più precisamente nel caso di donne che si 
prostituiscono, la loro libertà all'autodeterminazione ses- 
suale non è infranta se acconsentono al trasferimento da un 
postribolo all'altro con l'aiuto di un mediatore. Questo 
principio vale, tuttavia, solo se esse si dedicano sponta- 
neamente alla prostituzione e, dietro compenso, ricorrono a 
intermediari per cambiare posto di lavoro alla stessa stre- 
gua di quanto capita nell'ambito di altre professioni. Una 
simile analogia deve tuttavia essere relativizzata tenendo 
presente la peculiarità del settore della prostituzione, 
ove le persone che vi si dedicano sono confrontate alla 
discriminazione e alla condanna morale da cui possono ri- 
sultare un serio isolamento e una dipendenza personale 
nonché finanziaria da protettori, tenutari di postriboli e 
gestori di saloni di massaggio. Le prostitute che soggior- 
nano illegalmente in Svizzera sono le più esposte (v. anche 
Tiziano Crameri, Immissioni moleste legate all'esercizio 
della prostituzione, con particolare riferimento alle zone 
abitative, in RDAT I-2000, pagg. 168-169). La questione se 
la libertà sessuale sia lesa deve quindi essere decisa in 
funzione delle circostanze concrete; il consenso formale 
della vittima non basta, è imperativo accertare che tale 
consenso sia effettivamente libero da costrizioni (DTF 126 
IV 225 consid 1d). 
b) L'art. 196 CP deve essere interpretato tenendo 
conto delle circostanze attuali (DTF 105 Ib 49 consid. 5a), 
avendo tuttavia come sfondo l'armonizzazione tra diritto 
interno e internazionale. 
 
Come testé ribadito (v. supra consid. 3a), lo scopo 
del legislatore internazionale all'inizio del XX secolo era 
quello di lottare e ostacolare il commercio di donne prove- 
nienti dai paesi poveri, ove difettavano le risorse intel- 
lettuali ed economiche, nei postriboli dei paesi più ricchi 
(FF 1924 III 1060; v. anche DTF 96 IV 118 consid. 2b). La 
stessa prostituzione era un'attività moralmente condannata 
e le attività connesse, quali il lenocinio, erano in alcuni 
casi penalmente perseguibili (v. ad esempio, gli art. 198 e 
segg. vCP). I trafficanti, creando una vera e propria rete 
internazionale, approfittavano delle condizioni sociali te- 
sté descritte con astuzia e sfrontato cinismo per circuire 
ed ingannare giovani donne sul loro destino (FF 1924 III 
1060). Date le difficoltà riscontrate nel determinare se 
esse fossero effettivamente vittime d'inganni o di pressio- 
ni, quest'ultime non volendo parlare per paura di rappresa- 
glie o dell'intervento delle autorità di polizia, la puni- 
bilità della tratta fu resa indipendente dal consenso (FF 
1934 I 882 e art. 1 della Convenzione dell'11 ottobre 
1933). 
 
Ancor oggi e conformemente alla giurisprudenza 
pubblicata in DTF 126 IV 225, i presupposti del reato di 
tratta di esseri umani possono essere adempiuti in presenza 
di giovani donne consenzienti, se tale consenso è viziato. 
Per potere escludere con la massima certezza una qualsiasi 
relazione di dipendenza che intaccherebbe il libero consen- 
so, le autorità devono prestare un'attenzione accresciuta 
alle condizioni, in particolare sociali ed economiche, in 
cui le donne accettano di essere arruolate per prostituirsi 
(DTF 126 IV 225 consid. 1d). La tratta di esseri umani 
impone che le eventuali vittime siano messe sul mercato e 
sfruttate come vera e propria mercanzia (FF 1924 III 1068). 
Tale non può manifestamente essere il caso se esse sono 
consapevoli e consenzienti e, pertanto, libere nell'eserci- 
zio del loro diritto all'autodeterminazione sessuale. L' 
art. 196 CP, interpretato alla luce della nozione di con- 
senso effettivo, rispetta gli obblighi internazionali as- 
sunti dalla Svizzera e s'inserisce, come si vedrà qui di 
seguito, perfettamente nell'evoluzione normativa attuale. 
 
aa) Il Codice penale tedesco esige che venga eser- 
citata un'influenza sulla capacità di determinarsi della 
vittima (v. art. 180b e 181 CP), non è sufficiente il solo 
fatto di arruolare, senza pressioni di alcun genere. Non vi 
è tratta di esseri umani, poiché non esiste bene giuridico 
degno di protezione, quando la giovane donna, senza essere 
motivata da uno stato di bisogno o di vulnerabilità, accon- 
sente pienamente a prostituirsi all'estero per migliorare 
la propria situazione (v. Adolf Schönke/Horst Schröder, 
Strafgesetzbuch, Kommentar, 26a ed., Monaco 2001, § 181, n. 
14; Reinhart Maurach/Friedrich-Christian Schroeder/Manfred 
Maiwald, Strafrecht, Besonderer Teil, vol. 1, 8a ed., 
Heidelberg 1995, § 22 I, n. 35). In Austria, il reato di 
tratta di esseri umani sembra avere una portata più ampia 
poiché il consenso nella speranza di migliori possibilità 
di guadagno, non esclude di regola la perseguibilità 
(Thomas Philipp, Wiener Kommentar zum Strafgesetzbuch, 2a 
ed., Vienna 2001, 32simo fascicolo, § 217 n. 10). Simile 
portata non è tuttavia esente da critica (Philipp, op. 
cit., § 217 n. 6). La legislazione francese è irrilevante 
ai fini della presente causa poiché il reato di lenocinio, 
consistente tra l'altro nell'aiutare, assistere e proteg- 
gere colui che si prostituisce ricavandone un profitto, è 
tutt'oggi perseguibile (art. 225-5 a 225-10 del nuovo Co- 
dice penale francese). Lo stesso vale per il Codice penale 
italiano, il quale sanziona i reati d'istigazione, favo- 
reggiamento e sfruttamento della prostituzione (art. 
531-534 del Codice penale italiano); una disposizione spe- 
ciale prevede tuttavia la punibilità della tratta di donne 
e di minori, ma solamente in caso di violenza, minaccia o 
inganno (art. 536 del Codice penale italiano). 
 
bb) In seno alle istanze europee e internazionali 
si profila una nozione di tratta di esseri umani che esclu- 
de la punibilità se il consenso è effettivo. La Risoluzione 
del Parlamento europeo del 18 gennaio 1996 sulla tratta di 
esseri umani (Gazzetta ufficiale, n. C 032 del 5 febbraio 
1996, pag. 88; in seguito: "Risoluzione del Parlamento 
europeo del 18 gennaio 1996") la definisce come "l'atto il- 
legale di chi, direttamente o indirettamente, favorisce 
l'entrata o il soggiorno di un cittadino proveniente da un 
paese terzo ai fini del suo sfruttamento utilizzando l'in- 
ganno o qualunque altra forma di costrizione o abusando di 
una situazione di vulnerabilità o incertezza amministrati- 
va". Il 22 gennaio 2001 la Commissione ha proposto al Con- 
siglio e al Parlamento dell'Unione europea una decisione 
quadro sulla lotta alla tratta degli esseri umani (in se- 
guito: "Decisione quadro") la quale prevede all'art. 2 in- 
titolato "Reati relativi alla tratta degli esseri umani a 
fini di sfruttamento sessuale", l'obbligo per ciascun Stato 
membro di adottare le misure necessarie affinché il reclu- 
tamento, il trasporto o il trasferimento di una persona 
siano puniti come reato qualora sia fatto uso di coercizio- 
ne, violenza o minacce, d'inganno o frode, oppure di pres- 
sioni o influenze abusive qualunque sia la loro forma. La 
Raccomandazione del 19 maggio 2000 n. R(2000)11 del Comi- 
tato dei Ministri del Consiglio dell'Europa sulla lotta 
contro la tratta di esseri umani ai fini di sfruttamento 
sessuale (in seguito: "Raccomandazione del Consiglio dell' 
Europa n. R(2000)11") definisce la tratta come l'arruola- 
mento di persone, quand'anche consenzienti, in vista del 
loro sfruttamento sessuale, se del caso ricorrendo a forme 
di costrizione quali violenza, minaccia, abuso di autorità 
o di una situazione di vulnerabilità. La Raccomandazione 
1325 (1997) relativa alla tratta delle donne e alla prosti- 
tuzione coatta negli Stati membri del Consiglio dell'Europa 
adottata dall'Assemblea parlamentare il 23 aprile 1997 (in 
seguito: "Raccomandazione del Consiglio dell'Europa 1325 
(1997)") proponeva già la stessa definizione. Il Protocollo 
aggiuntivo relativo alla lotta contro la tratta di persone 
in particolare di donne e bambini alla Convenzione delle 
Nazioni Unite contro la criminalità transnazionale organiz- 
zata (Doc. ONU AC.254/4 Add. 3, 24 settembre 1999) (in se- 
guito: "Protocollo aggiuntivo relativo alla Convenzione 
delle Nazioni Unite") precisa infine che il consenso della 
vittima è indifferente allorquando vi sia minaccia, utiliz- 
zo della forza, rapimento, frode, inganno, abuso di autori- 
tà o di una situazione di vulnerabilità (art. 3 lett. a e 
b). 
 
cc) Risulta dalla panoramica di diritto comparato 
e internazionale che di regola i presupposti della tratta 
di esseri umani sono adempiuti nonostante l'accordo dell' 
interessata se viene sfruttata una "situazione di vulnera- 
bilità". Quest'ultima può derivare da condizioni economiche 
o sociali difficili o da rapporti di dipendenza personale 
e/o finanziari costrittivi. In assenza di una qualsiasi 
vulnerabilità, non sussiste reato poiché, dato l'inconte- 
stato diritto all'autodeterminazione nel campo sessuale, 
non sussiste bene giuridico da proteggere. 
 
c) La portata dell'art. 196 CP sviluppata nella 
DTF 126 IV 225 rispecchia perfettamente questa evoluzione: 
non vi è tratta di esseri umani solo se non viene pregiudi- 
cato il diritto all'autodeterminazione sessuale della per- 
sona interessata, ossia in assenza di una qualsiasi forma 
di abuso, minaccia o sfruttamento di una situazione di 
vulnerabilità. Il consenso deve corrispondere effettivamen- 
te alla volontà delle prostitute, le quali devono essere 
adeguatamente informate sul loro destino e coscienti di 
quello che le aspetta senza essere influenzate da condizio- 
ni di debolezza o incertezza. La nozione di consenso deve 
essere interpretata in modo restrittivo tenendo conto dei 
molteplici rapporti di dipendenza in cui esse possono tro- 
varsi, soprattutto se straniere (DTF 126 IV 225 consid. 1c 
in fine). Nel caso di persone che si recano all'estero per 
prostituirsi, il consenso effettivo deve essere ammesso con 
estrema prudenza poiché il rischio di sfruttamento di una 
situazione di povertà è particolarmente acuto (v. per ana- 
logia con il diritto tedesco anche Schönke/Schröder, op. 
cit., § 180b, n. 12). Tale interpretazione è conforme ai 
principi enunciati nelle Convenzioni internazionali ratifi- 
cate dalla Svizzera interpretate alla luce delle circostan- 
ze attuali e non vi è ragione di scostarvisi. Non vi è luo- 
go nemmeno, come sostiene il Ministero pubblico, di diffe- 
renziare dal punto di vista della perseguibilità la tratta 
interna da quella internazionale. Come rileva a ragione la 
CCRP, una siffatta soluzione sarebbe iniqua poiché permet- 
terebbe di punire l'intermediario che colloca in un postri- 
bolo una donna proveniente dall'estero, mentre chi, come 
nella DTF 126 IV 225, si adopera per trasferire una prosti- 
tuta da uno stabilimento all'altro sul territorio svizzero 
andrebbe esente da pena. Ma non solo. Essa sarebbe contra- 
ria agli stessi principi sanciti nella Convenzione dell'11 
ottobre 1933: già a quell'epoca il legislatore internazio- 
nale qualificava d'inammissibile che un paese perseguisse 
in modo diverso il traffico esterno da quello interno (FF 
1924 III 1067 in fine). Essa contravverrebbe altresì allo 
scopo perseguito dall'art. 196 CP, ossia punire il riforni- 
mento di merce umana per i postriboli in tutto il mondo 
(DTF 96 IV 118 consid. 2b in merito al previgente art. 202 
CP). 
 
5.- a) La CCRP ha annullato la condanna dei resi- 
stenti per tratta di esseri umani poiché le ragazze che 
arrivavano all'Osteria Y.________ o in altri postriboli 
ticinesi sapevano a quali condizioni dovevano prostituirsi 
e non hanno subito costrizioni o pressioni né sono state 
influenzate da un qualsiasi rapporto di dipendenza. Esse si 
prostituivano liberamente, non venivano loro imposti clien- 
ti, non furono mai state minacciate o percosse e decidevano 
in modo autonomo delle loro prestazioni, in particolare 
della durata e del prezzo. Tali elementi non sono tuttavia 
sufficienti per escludere i presupposti della tratta di 
esseri umani quali testé delimitati. 
 
b) È d'uopo premettere che in materia di tratta di 
esseri umani, un'attenzione particolare è necessaria quando 
il suo oggetto sono le donne e i bambini provenienti dai 
paesi in via di sviluppo e dai paesi dell'Europa centrale e 
orientale (v. anche consid. 9 della Risoluzione del Parla- 
mento europeo del 18 gennaio 1996). 
 
c) È accertato in modo insindacabile (art. 273 
cpv. 1 lett. b e 277bis cpv. 1 PP) che le ragazze si pro- 
stituivano per povertà. È altresì accertato che nel periodo 
tra novembre 1998 e maggio 2000 i resistenti hanno provoca- 
to ed organizzato la venuta in Svizzera di circa 87 ragaz- 
ze. Di queste, circa 43 hanno trovato posto di lavoro al- 
l'Osteria Y.________, 20 circa grazie all'intermediazione 
di terzi, mentre le altre furono ingaggiate direttamente 
dalla resistente. Di sua iniziativa, essa svolse anche 
un'attività in proprio procurando 38 ragazze provenienti 
dai paesi dell'Est a diversi postriboli del Cantone Ticino. 
Il resistente, dal canto suo, ingaggiò da solo ancora 5/6 
ragazze. Si trattava di un'operazione di chiara importanza, 
per il sovrappiù ben strutturata con una rete d'intermedia- 
ri efficiente. Tutte le ragazze provenivano dall'Europa 
dell'Est in particolare dalla Lettonia. Esse giungevano in 
Svizzera per sfuggire a condizioni economiche difficili e 
migliorare così la loro situazione. Tenuto conto che la 
resistente stessa, di nazionalità lettone, era venuta in 
Svizzera per prostituirsi a causa della sua disastrosa 
situazione finanziaria, gli accusati hanno coscientemente 
approfittato dell'evidente stato di necessità delle giovani 
donne. Quest'ultime non potevano tra l'altro ragionevolmen- 
te rappresentarsi un quadro completo di quello che avrebbe- 
ro vissuto una volta sul suolo elvetico. Ispirato da una 
situazione di vulnerabilità dovuta alle accertate precarie 
condizioni economiche, il loro consenso non può essere con- 
siderato come effettivo. Al riguardo non è necessario, come 
sembra sostenere la CCRP, che le ragazze vertessero in uno 
stato di miseria tale da essere ridotte a una specie di 
schiavitù equiparata a quella vissuta dalle donne prove- 
nienti dai paesi del terzo mondo. Visto anche il numero di 
prostitute implicate e la durata del traffico, la fattispe- 
cie è un tipico caso di tratta di esseri umani. Il proscio- 
glimento dei resistenti dall'imputazione del reato di cui 
all'art. 196 CP, le ragazze avendo liberamente acconsentito 
alla loro venuta in Svizzera per dedicarsi alla prostitu- 
zione, viola pertanto il diritto federale. L'autonomia che 
le giovani donne godevano nell'esercizio della loro attivi- 
tà è rilevante solo per la commisurazione della pena. 
 
6.- a) Resta da esaminare se i presupposti dell' 
art. 196 CP debbano estendersi alla totalità delle ragazze 
la cui venuta in Svizzera era stata organizzata dai resi- 
stenti, ossia a tutte le 87, oppure se in applicazione 
della DTF 96 IV quest'ultimi debbano essere prosciolti 
- come fu il caso in prima istanza - dall'imputazione di 
tratta per le 20 ragazze giunte all'Osteria Y.________ gra- 
zie alla loro intermediazione diretta, anticipando loro il 
denaro per il viaggio e le piccole spese. Il Ministero pub- 
blico contesta l'applicazione della DTF 96 IV 118 alla fat- 
tispecie. La CCRP non ne ha trattato, poiché ha considerato 
come non adempiuti i presupposti del reato di cui all'art. 
196 CP. 
 
b) Nella DTF 96 IV 118, resa sotto l'imperio del 
diritto previgente, il Tribunale federale escluse dalla 
nozione di tratta l'attività consistente nell'ingaggiare 
delle prostitute per il proprio postribolo. La fattispecie 
in esame concerneva l'impiego di prostitute arruolate in 
Africa dal gestore di un postribolo per prostituirsi nel 
suo locale in Svizzera. Due interpretazioni erano a con- 
fronto: quella più restrittiva per cui il gestore che ar- 
ruola e ingaggia delle prostitute per il suo postribolo non 
è colpevole di tratta di esseri umani, quest'ultima presup- 
ponendo un vero e proprio commercio con l'intervento di un 
intermediario; e quella più estesa per cui la tratta di es- 
seri umani ha una portata più larga che la nozione usuale 
di commercio, dati i comportamenti tipici che ne costitui- 
scono le varie fasi, ossia il fatto di arruolare, allettare 
o rapire (DTF 96 IV 118 consid. 1). Il Tribunale federale, 
dopo aver proceduto all'interpretazione storica e teleolo- 
gica della norma previgente e avere ribadito che le due 
accezioni si fondavano su motivi altrettanto validi, optò 
per quella restrittiva (DTF 96 IV 118 consid. 2). 
 
c) Fino ad oggi non si era presentata l'occasione 
per riesaminare tale giurisprudenza nell'ambito del nuovo 
art. 196 CP, il quale ha comunque essenzialmente ripreso i 
presupposti dell'art. 202 vCP (FF 1985 II 976 nonché Jenny, 
op. cit., ad art. 196, n. 5 e rinvii). 
 
d) Le disposizioni in materia di repressione della 
tratta di esseri umani sono state concepite per armonizzare 
la legislazione svizzera alle regole internazionali vigenti 
in tale ambito (FF 1924 III 1078 e FF 1934 I 877). Lo scopo 
era, ed è ancor oggi, di perseguire la tratta di esseri 
umani con la medesima efficienza che essa si svolga all'in- 
terno del confine svizzero o si estenda al di là del terri- 
torio nazionale (FF 1924 II 1067). Furono così adottate 
dapprima la Legge federale del 30 settembre 1925 (FF 1934 
II 878) in seguito l'art. 202 vCP (DTF 96 IV 118 consid. 
2a) e, infine, l'art. 196 CP attualmente in vigore. L'impe- 
rativo per il legislatore svizzero di tenere conto delle 
convenzioni internazionali in questo settore è stato altre- 
sì ribadito al momento dell'adozione di quest'ultima dispo- 
sizione (FF 1985 II 978). La nozione di tratta di esseri 
umani deve essere quindi interpretata avendo come sfondo 
l'essenziale armonizzazione tra diritto interno e interna- 
zionale; questo aspetto è stato in parte trascurato a torto 
nella DTF 96 IV 118
 
aa) Esiste oramai una nozione internazionale di 
tratta di esseri umani. Già la Convenzione del 4 maggio 
1910 definiva tale attività come l'atto di colui che, allo 
scopo di favorire l'altrui libidine, arruola, sottrae o 
rapisce una donna (art. 1). La Convenzione dell'11 ottobre 
1933 riprendeva sostanzialmente gli stessi termini (art. 
1). Come testé visto (v. supra consid. 4b/bb), i testi 
internazionali più recenti riproducono una nozione di ancor 
più larga portata. In virtù del Protocollo aggiuntivo alla 
Convenzione delle Nazioni Unite l'attività di tratta si 
estende all'arruolamento, al trasporto o al trasferimento, 
ivi compreso al dare alloggio, ai fini di approfittare 
della prostituzione altrui (art. 3 lett. a). L'art. 1 della 
Raccomandazione del Consiglio dell'Europa n° R (2000) 11 
riprende essenzialmente lo stesso concetto. La Raccomanda- 
zione del Consiglio dell'Europa 1325 (1997) definisce la 
tratta come il trasferimento legale o illegale di donne e/o 
il loro commercio in vista di un profitto commerciale. La 
Risoluzione del Parlamento europeo del 18 gennaio 1996 qua- 
lifica la tratta come l'atto illegale di chi, direttamente 
o indirettamente, favorisce l'entrata o il soggiorno di una 
persona ai fini del suo sfruttamento. Nella costellazione 
internazionale un'attività consistente in un vero e proprio 
"commercio" inteso nel senso della DTF 96 IV 118 non è in- 
dispensabile: il solo fatto di arruolare, trasportare o 
trasferire può già essere costitutivo di tratta. Per cui 
l'attività di un gestore che ingaggia e arruola all'estero 
delle prostitute per il proprio postribolo rientra nel cam- 
po di applicazione della nozione di tratta di esseri umani 
consacrata nei testi internazionali, a condizione tuttavia 
che le ragazze non siano consenzienti o meglio che il loro 
consenso appaia viziato. 
 
bb) La nozione di tratta di esseri umani dell'art. 
196 CP deve essere interpretata alla luce di quanto prece- 
de. Siffatta interpretazione s'impone anche tenuto conto 
delle circostanze economiche e sociali attuali (DTF 105 Ib 
49 consid. 5a). La tratta di esseri umani è divenuta per un 
numero sempre maggiore di persone una fonte di lucro di 
forte attrattiva. Il fenomeno è favorito altresì dalla glo- 
balizzazione e dalle tecnologie moderne. Il commercio di 
donne provenienti da paesi lontani, quand'anche apparente- 
mente consenzienti, per dedicarsi alla prostituzione assume 
sfaccettature sempre più complesse e raffinate. In partico- 
lare, proliferano organizzazioni specializzate che si occu- 
pano delle varie fasi indispensabili all'arruolamento e al 
piazzamento di prostitute in vari locali, di regola di loro 
proprietà. Ostacolare perseguendo penalmente i responsabi- 
li la proliferazione di un simile traffico, quand'anche con 
modalità diverse, era già la preoccupazione essenziale del 
legislatore all'inizio del XX secolo (DTF 96 IV 118 consid. 
2a). In virtù dell'interpretazione sviluppata nella DTF 96 
IV 118, i responsabili di queste organizzazioni, ben strut- 
turate e capaci di portare a buon fine l'intero processo di 
tratta dal reclutamento sul posto fino all'ingaggio, non 
sarebbero punibili ai sensi dell'art. 196 CP. Sarebbero 
invece perseguibili coloro che, non potendo usufruire di 
una vasta rete organizzativa, si limitassero a fornire pro- 
stituite a vari locali del nostro paese. Siffatto risulta- 
to, il cui carattere iniquo è manifesto, non poteva essere 
voluto dalla DTF 96 IV 118, la quale, è bene ribadirlo, si 
fondava sull'interpretazione storica e teleologica dell' 
art. 202 vche s'inscriveva in un'epoca ben diversa da 
quella attuale. 
 
cc) Discende da quanto precede che la nozione di 
tratta di esseri umani di cui all'art. 196 CP deve essere 
estesa anche al caso di chi, come nella fattispecie, arruo- 
la all'estero giovani donne in situazione di vulnerabilità, 
organizza la loro venuta in Svizzera e le ingaggia, affin- 
ché si prostituiscano, nel proprio postribolo, indifferen- 
temente che egli agisca con l'aiuto di un intermediario 
prezzolato o direttamente. Di primo acchito, l'attività dei 
resistenti adempie indistintamente tali presupposti e come 
tale deve essere perseguita. Incomberà all'autorità canto- 
nale di esaminare la questione tenendo conto delle conside- 
razioni che precedono. 
 
7.- a) Per quanto concerne la pretesa violazione 
dell'art. 305bis CP, è d'uopo ribadire che il reato di 
riciclaggio di denaro ha per fine la sottrazione all'auto- 
rità penale del provento di un crimine. Qualsiasi atto 
suscettibile di vanificare l'accertamento dell'origine, il 
ritrovamento o la confisca di valori patrimoniali costitui- 
sce oggettivamente un atto di riciclaggio (DTF 119 IV 59 
consid. 2, 242 consid. 1e). Ciò non necessita di operazioni 
finanziarie complicate: anche gli atti più semplici, come 
l'occultazione del bottino, possono essere adeguati (DTF 
122 IV 211 consid. 3b/aa). Tutti i valori patrimoniali pro- 
venienti da un crimine possono costituire oggetto di rici- 
claggio (DTF 119 IV 242 consid. 1b). Il reato di riciclag- 
gio è un reato di esposizione a pericolo astratto; il com- 
portamento è punibile a questo titolo anche se l'atto vani- 
ficatorio non ha raggiunto il suo scopo (DTF 127 IV 20 
consid. 3; 119 IV 59 consid. 2e). È compito della giuri- 
sprudenza di sviluppare una casistica di atti vanificatori 
tipici (FF 1989 II 859). Fino ad oggi l'atto di riciclaggio 
è stato riconosciuto nei casi in cui i valori patrimoniali 
sono stati occultati (DTF 127 IV 20 consid. 3; 122 IV 211 
consid. 2b; 119 IV 59 consid. 2e), investiti (DTF 119 IV 
242 consid. 1d) e cambiati con banconote di taglio diffe- 
rente (DTF 122 IV 211 consid. 2c). Al contrario, non è un 
atto di riciclaggio il semplice versamento su un conto ban- 
cario personale (DTF 124 IV 274 consid. 4) o il solo pos- 
sesso, rispettivamente la custodia, di valori (sentenza del 
Tribunale federale 6S.595/1999 del 24 gennaio 2000 consid. 
2d/aa). Il reato di cui all'art. 305bis CP può essere adem- 
piuto anche, come nella fattispecie, nei confronti di chi 
ricicla valori patrimoniali provenienti da un crimine da 
lui stesso perpetrato (DTF 124 IV 274 consid. 3; 120 IV 323 
consid. 3; Martin Schubarth, Geldwäscherei - Neuland für 
das traditionelle kontinentale Strafrechtsdenken in Fest- 
schrift für Günter Bemmann, Joachim Schulz/Thomas Vormbaum 
ed., Baden-Baden 1997, pagg. 430-435). 
 
b) Il giudice di merito ha qualificato di atto di 
riciclaggio il denaro inviato all'estero ai familiari della 
resistente. Tale comportamento di per se è oggettivamente 
suscettibile di sottrarre il provento della tratta di esse- 
ri umani all'amministrazione della giustizia, ossia d'impe- 
dire di scoprire il legame esistente tra il crimine e i 
valori patrimoniali che ne sono il prodotto (DTF 124 IV 274 
consid. 2; 127 IV 20 consid. 3a; Bernard Corboz, Les prin- 
cipales infractions, vol. II, Berna 1999, ad art. 305bis 
CP, n. 25; Jürg-Beat Ackermann, Geldwäscherei [StGB Art. 
305bis], in Niklaus Schmid, Kommentar Einziehung, organi- 
siertes Verbrechen, Geldwäscherei, vol. 1, Zurigo 1998, n. 
315 e segg.). 
 
c) Il Ministero pubblico insorge contro l'ammonta- 
re stabilito "prudenzialmente" a fr. 10'000.--. La CCRP, 
avendo prosciolto dei resistenti del reato che presuppone 
il riciclaggio ossia quello previsto all'art. 196 CP, non 
ha esaminato la questione. 
 
d) Tenuto conto dell'esito della presente causa e 
del conseguente rinvio per quanto concerne l'applicazione 
dell'art. 196 CP, la CCRP dovrà confrontarsi ex novo con 
l'imputazione di riciclaggio di denaro. Non è quindi possi- 
bile trattare il gravame del Ministero pubblico su questo 
punto. Conviene comunque già fin d'ora ribadire alcuni ele- 
menti essenziali di cui l'autorità cantonale dovrà tenere 
conto. 
 
e) Riferendosi alla giurisprudenza pubblicata in 
DTF 122 IV 211, il giudice di merito ha ritenuto che i 
trasferimenti all'estero del denaro guadagnato con la trat- 
ta di esseri umani destinati a compensare gli intermediari 
nonché gli invii degli anticipi per le spese di viaggio e 
l'evidenza dei fondi alle prostitute erano indispensabili 
per compiere o concludere la tratta e, pertanto, non costi- 
tutivi di riciclaggio. 
 
f) Tale conclusione, sostanzialmente criticata dal 
Ministero pubblico, non è conforme al diritto federale. 
Essa travisa in particolare la giurisprudenza pubblicata 
nella DTF 122 IV 211 relativa al traffico di stupefacenti e 
al suo finanziamento con denaro riciclato, ove è precisato 
che il riciclaggio non deve essere qualificato di comporta- 
mento necessario a tale traffico in quanto si riferisce a 
una fattispecie distinta che concerne unicamente gli atti 
suscettibili di ostacolare l'identificazione di valori pa- 
trimoniali ottenuti con un crimine (DTF 122 IV 211 consid. 
3). La disposizione sulla tratta degli esseri umani e la 
disposizione sul riciclaggio hanno per fine la salvaguardia 
di due beni giuridici distinti, rispettivamente, la prote- 
zione delle donne e della loro libertà sessuale e la buona 
amministrazione della giustizia (DTF 127 IV 79 consid. 2e e 
rinvii); pertanto, gli art. 196 e 305bis CP sono in concor- 
so perfetto, si delimitano in modo chiaro, hanno scopi au- 
tonomi e concernono fattispecie diverse (v. per analogia 
DTF 127 IV 79 consid. 2e; 122 IV 211 consid. 4e). Finan- 
ziare la tratta di esseri umani con denaro illecito prove- 
niente dalla tratta stessa o da altre attività illegali non 
può quindi essere considerato come un atto accessorio ante- 
cedente corepresso dall'art. 196 CP se lo scopo perseguito 
è l'occultamento del provento di un crimine (v. per analo- 
gia di motivi DTF 122 IV 211 consid. 4; sulla nozione v. 
anche Philippe Graven, L'infraction pénale punissable, 2a 
ed., Berna 1995, pagg. 340-342). In altre parole, se l'at- 
tività di finanziamento della tratta, per quanto possa ap- 
parire indispensabile alla sua preparazione, adempie al 
contempo i presupposti oggettivi e soggettivi dell'art. 
305bis CP, coloro che vi si dedicano sono punibili sulla 
base degli art. 196 e 305bis CP, applicati in concorso. Ciò 
vale per l'integralità dell'ammontare trasferito dai resi- 
stenti all'estero senza dover distinguere tra i compensi 
versati agli intermediari e i soldi anticipati alle ragazze 
o i soldi inviati ai familiari della resistente. Non è tut- 
tavia accertato se l'importo versato agli intermediari e 
anticipato alle ragazze fosse effettivamente il provento 
della tratta di esseri umani. Non sono altresì accertati, 
allo stadio attuale, i presupposti soggettivi del reato di 
riciclaggio. Difatti, affinché quest'ultimi siano adempiu- 
ti, l'agente deve conoscere l'origine criminosa dei fondi e 
essere consapevole che il suo atto potrà vanificare l'ac- 
certamento dell'origine, il ritrovamento o la confisca dei 
valori patrimoniali; o quanto meno, in caso di dolo even- 
tuale, egli deve ipotizzarne l'eventualità ed accettarne le 
conseguenze (FF 1989 II 860; DTF 119 IV 242 consid. 2; 122 
IV 211 consid. 2e). Tali elementi non sono stati accertati 
neanche per i fr. 10'000.-- considerati di sicura prove- 
nienza illecita. Incomberà quindi all'autorità cantonale di 
esaminare se il reato di riciclaggio può oggettivamente 
concernere un ammontare superiore a quello stabilito in 
precedenza - tenendo conto tra l'altro che la tratta ri- 
guarda in tutto 87 giovani prostitute - e se i resistenti 
avevano la volontà, foss'anche per dolo eventuale, di ri- 
ciclare tali proventi. 
 
8.- Per quanto concerne la confisca, la CCRP non 
l'ha esaminata poiché erano cadute le accuse fondate sulla 
tratta di esseri umani. Dato l'esito della presente causa, 
essa dovrà riesaminare la questione in funzione dei consi- 
derandi che precedono. In sede cantonale, si dovrà quindi 
procedere a una stima della somma da confiscare - tenendo 
conto tra l'altro che la tratta concerne in tutto 87 giova- 
ni prostitute - e eventualmente determinare se sono adem- 
piuti i presupposti per pronunciare un risarcimento compen- 
sativo conformemente all'art. 59 cpv. 2 CP (v. DTF 123 IV 
70 consid. 3; 122 IV 299 consid. 3). 
 
9.- a) Il Ministero pubblico critica infine la 
condanna dei resistenti per semplice contravvenzione all' 
art. 23 n. 4 della legge federale del 26 marzo 1931 con- 
cernente la dimora e il domicilio degli stranieri (LDDS; RS 
142.20) per avere impiegato stranieri non autorizzati a 
lavorare in Svizzera. L'entrata nonché il soggiorno sul 
suolo elvetico delle giovani donne provviste di visto da 
turista erano, a sua mente, illegali poiché esse avevano 
fin dall'inizio l'intenzione di esercitare un'attività lu- 
crativa. Non potevano quindi beneficiare dello "statuto di 
favore" di turiste e avrebbero dovuto avvertire le autorità 
conformemente all'art. 2 cpv. 1 seconda proposizione LDDS. 
Fornendo loro alloggio, i resistenti avrebbero favoreggiato 
in particolare la loro entrata e il loro soggiorno illega- 
li, adempiendo così i presupposti del reato di cui all'art. 
23 n. 1 cpv. 5. 
 
b) La questione litigiosa è circoscritta alle 
prostitute regolarmente annunciate alle autorità e rimaste 
in Svizzera per una durata non superiore a 3 mesi. È accer- 
tato che il loro soggiorno veniva regolarmente notificato, 
conformemente all'art. 2 cpv. 2 LDDS, ma si trattava di 
semplici notifiche di soggiorni turistici non comprensive 
dell'annuncio di un'attività lucrativa. È inoltre accertato 
che esse possedevano un visto da turista valido per entrare 
in Svizzera. Dati questi elementi, la CCRP ha ritenuto che 
le giovani donne si trovavano legalmente sul suolo elvetico 
per cui i resistenti erano punibili esclusivamente giusta 
l'art. 23 n. 4 LDDS per avere ingaggiato stranieri non au- 
torizzati a lavorare. 
 
c) In materia di sanzioni penali, l'art. 23 LDDS 
distingue tra i reati citati ai n. 1 e 2 e le contravven- 
zioni perseguite in virtù dei n. 4 e 6. Giusta l'art. 23 n. 
1 cpv. 5 LDDS è punito con la detenzione fino a 6 mesi, a 
cui può aggiungersi una multa fino a fr. 10'000.--, e con 
la sola multa nei casi poco gravi, chiunque faciliti od 
aiuti l'entrata o l'uscita illegale o un soggiorno illegale 
di uno straniero in Svizzera. Secondo l'art. 23 n. 2 LDDS 
chi agisce a scopo d'indebito arricchimento è punito con la 
detenzione e con la multa fino a fr. 10'000.--. Conforme- 
mente all'art. 23 n. 4 LDDS, salvo nei casi di poca gravi- 
tà, chi intenzionalmente impiega stranieri, non autorizzati 
a lavorare in Svizzera, è punito per ogni straniero impie- 
gato illegalmente, con la multa fino a fr. 5'000.-- se ha 
agito intenzionalmente, o fino a fr. 3'000.-- se ha agito 
con negligenza; se l'agente ha agito a scopo di lucro, il 
giudice non è legato da questi massimi. Infine, l'art. 23 
n. 6 LDDS prevede la multa fino a fr. 2'000.-- per le "al- 
tre" infrazioni alle disposizioni di polizia degli stranie- 
ri o ai provvedimenti delle autorità competenti. 
 
d) Secondo giurisprudenza costante, la semplice 
attività consistente nell'assunzione di uno straniero, che 
soggiorna legalmente in Svizzera, senza permesso è una 
contravvenzione (DTF 118 IV 262 consid. 1-4 e rinvii; sen- 
tenza non pubblicata della Corte di cassazione del Tribuna- 
le federale del 12 settembre 1982 nella causa E.M.; v. 
anche Valentin Roschacher, Die Strafbestimmung des Bundes- 
gesetzes über Aufenthalt und Niederlassung der Ausländer 
vom 26 März 1931 (ANAG), Zurigo 1991, pagg. 113-114, nonché 
Heinz Heller, Schwarzarbeit: Das Recht der Illegalen, unter 
besonderer Beücksichtigung der Prostitution, Tesi Zurigo, 
1999, pagg. 25-26). 
 
e) L'entrata o il soggiorno in Svizzera sono ille- 
gali ai sensi dell'art. 23 n. 1 LDDS in particolare se lo 
straniero oltrepassa il confine senza validi documenti di 
legittimazione e/o e risiede sul suolo elvetico senza i 
necessari permessi. Secondo l'art. 1 cpv. 2 dell'ordinanza 
di esecuzione del 1° marzo 1949 della legge federale con- 
cernente la dimora e il domicilio degli stranieri (ODDS; RS 
142.201), uno straniero è entrato legalmente in Svizzera, 
se ha osservato le prescrizioni sul possesso di documenti 
di legittimazione, sul visto, sul controllo di confine, 
ecc. e non ha contravvenuto ad un divieto personale come 
un'espulsione, un divieto e una restrizione di entrata (v. 
anche art. 1 e 2 dell'ordinanza del 14 gennaio 1998 concer- 
nente l'entrata e la notificazione degli stranieri [OEnS; 
RS 142.211] e Roschacher, op. cit., pagg. 27-37). 
 
f) Esercitare una professione senza la necessaria 
autorizzazione non basta di per sé per rendere illegale o 
abusivo il soggiorno (Roschacher, op. cit., pag. 56-57 e 
114-115). Scopo originario della LDDS non è la protezione 
del mercato contro il lavoro clandestino, bensì impedire 
l'entrata e il soggiorno di persone indesiderabili nonché 
un'eccessiva penetrazione di stranieri, lottando contro il 
loro soggiorno illegale e evitando che, sprovvisti di per- 
messo, si sottraggano al controllo delle autorità (v. anche 
FF 1986 III 219; Roschacher, op. cit., pag. 114; Heinz 
Heller, op. cit., pag. 9). Solo in seguito al proliferare 
del lavoro clandestino, le disposizioni penali della LDDS 
sono state completate con l'inserimento dell'art. 23 n. 4 e 
5 LDDS per tentare di dissuadere l'impiego di stranieri 
sprovvisti di permesso (FF 1986 II 219-220 e 225-226). 
 
g) Nella fattispecie, è accertato in modo insinda- 
cabile (art. 273 cpv. 1 lett. b e 277bis cpv. 1 PP) che le 
giovani donne erano giunte in Svizzera in possesso di un 
visto per turisti e che ripartivano una volta trascorsi i 3 
mesi durante i quali potevano risiedere sul suolo elvetico 
senza dover compiere ulteriori formalità (art. 2 cpv. 1 
LDDS). Non risulta tra l'altro che i visti fossero stati 
emessi per una durata inferiore a 3 mesi o che non fossero 
validi. È indubbio che non hanno soggiornato e neanche sono 
entrate in Svizzera come turiste, poiché era loro intenzio- 
ne esercitare un'attività lucrativa ai sensi dell'art. 6 
dell'Ordinanza del 6 ottobre che limita l'effettivo 
degli stranieri (OLS; RS 823.21; v. anche la definizione 
proposta in Roschacher, op. cit., pag. 55, nota che 
qualifica il "turista" come colui che per un tempo determi- 
nato visita la Svizzera per conoscerne le particolarità o 
per riposarsi). Si pone quindi la questione se, come so- 
stiene il Ministero pubblico, a causa di siffatta constata- 
zione la loro entrata nonché il loro soggiorno fossero il- 
legali, nel qual caso i resistenti alloggiandole sarebbero 
effettivamente colpevoli del reato di cui all'art. 23 n. 1 
cpv. 5 LDDS (DTF 118 IV 262 consid. 3a). La risposta è ne- 
gativa per i motivi che seguono. 
 
h) Al momento di oltrepassare il confine svizzero 
e durante il loro soggiorno, le giovani donne erano in pos- 
sesso di un visto per turisti valido (v. art. 11 cpv. 1 
lett. a OEnS). Pertanto, hanno oltrepassato il confine e 
soggiornato legalmente in Svizzera. Poco importa se, even- 
tualmente consigliate e aiutate dai resistenti, esse abbia- 
no ottenuto in modo fraudolento tale autorizzazione, lo 
scopo del loro soggiorno non essendo quello dichiarato. In 
simili casi, è prevista unicamente la revoca senza formali- 
tà del visto prima dello scadere del termine previsto (art. 
15 cpv. 2 lett. b OEnS). Tale revoca - che non risulta es- 
sere avvenuta per nessuna delle giovani donne -, è una fa- 
coltà, non un obbligo (DTF 125 IV 148 consid. 2b in fine). 
Pertanto il visto, quand'anche ottenuto con l'inganno, non 
è nullo ab ovo; la sua validità e, quindi, la legalità 
dell'entrata e del soggiorno perdurano fino al momento 
della revoca (v. anche Roschacher, op. cit., pag. 117 sulla 
revoca del permesso di dimora previsto all'art. 9 cpv. 2 
LDDS). La pratica litigiosa era indubbiamente volta a in- 
durre in errore l'amministrazione affinché le giovani donne 
potessero penetrare in Svizzera ed esercitare indisturbate 
il mestiere di prostitute per 3 mesi. Tale comportamento è 
chiaramente riprovevole ma in assenza di una disposizione 
specifica (v. anche DTF 125 IV 148 consid. 2c e Roschacher, 
op. cit., pag. 57), non può essere eretto come reato ai 
sensi dell'art. 23 n. 1 cpv. 5 LDDS
 
i) Pertanto, poiché le interessate si trovavano 
legalmente sul suolo Svizzero, la condanna dei resistenti, 
non recidivi, per avere contravvenuto all'art. 23 n. 4 LDDS 
non viola il diritto federale. 
 
l) Il Ministero pubblico sostiene altresì che la 
decisione impugnata sarebbe "contraria alla tutela dell'or- 
dine pubblico". A sua mente, giovani donne a beneficio di 
un visto da turista, quand'anche venissero scoperte, non 
potrebbero essere arrestate né espulse. Inoltre l'emanazio- 
ne di un decreto penale limitato ad una semplice multa non 
avrebbe alcun effetto dissuasivo, con il rischio per il 
territorio del cantone di diventare una facile terra di 
conquista. 
 
m) La decisione impugnata è conforme al diritto 
federale e come tale va protetta. Indipendentemente dalla 
loro fondatezza, le motivazioni di cui sopra, di portata 
generale, esulano dalla competenza della Corte di cassazio- 
ne il cui compito è quello di statuire su un caso concreto. 
 
10.- Discende da quanto precede che il gravame de- 
ve essere accolto e la sentenza annullata nella misura in 
cui viene constatata la violazione dell'art. 196 CP, riba- 
dendo che l'attività di tratta concerne l'insieme delle 
ragazze contemplate nella sentenza del giudice di merito, 
ossia 87 in tutto. L'autorità cantonale dovrà altresì rie- 
saminare le questioni dell'imputazione di riciclaggio di 
denaro e della confisca. Per il sovrappiù, il gravame è re- 
spinto nella misura della sua ammissibilità. 
 
Dato l'esito del ricorso, non viene prelevata alcu- 
na tassa di giustizia né accordati ripetibili ai resistenti 
(art. 278 PP). 
 
Per questi motivi 
 
i l T r i b u n a l e f e d e r a l e 
 
p r o n u n c i a : 
 
1. Nella misura in cui è ammissibile il ricorso è 
parzialmente accolto e la causa rinviata all'autorità can- 
tonale per nuovo giudizio ai sensi dei considerandi. 
 
2. Non si riscuotono spese. 
 
3. Non si accordano ripetibili. 
 
4. Comunicazione al Ministero pubblico, alla Corte 
di cassazione e di revisione penale del Cantone Ticino, ai 
patrocinatori dei resistenti e al Ministero pubblico della 
Confederazione. 
 
Losanna, 29 aprile 2002 
 
In nome della Corte di cassazione penale 
del TRIBUNALE FEDERALE SVIZZERO: 
Il Presidente, 
 
La Cancelliera,