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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
2C_5/2021  
 
 
Sentenza del 2 dicembre 2021  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Seiler, Presidente, 
Donzallaz, Hartmann, 
Cancelliera Ieronimo Perroud. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dagli avv. dott. Ettore Item e 
dott. Andreea-Roxana Faldarini, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, Sezione della popolazione, 6501 Bellinzona, 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6501 Bellinzona. 
 
Oggetto 
Permesso di dimora UE/AELS, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 16 novembre 2020 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2019.478). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
A.________ (1971), cittadino italiano entrato in Svizzera il 25 aprile 2016, ha chiesto e ottenuto il giorno successivo dalla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino il rilascio di un permesso di dimora UE/AELS, con scadenza al 25 aprile 2021, per lavorare quale dipendente presso un'azienda con sede a W.________. Ha inoltre dichiarato di vivere in co-locazione in un appartamento a X.________ con il dirigente della società presso la quale lavorava. 
Il 30 novembre 2017, A.________ ha acquistato un'abitazione di 4.5 locali a Y.________, dove si è trasferito il 30 settembre 2018 dopo averla rinnovata. 
 
B.  
Nel frattempo, preso atto delle dichiarazioni rilasciate da A.________ alla Polizia cantonale nel corso del sopralluogo del suo appartamento effettuato il 5 dicembre 2016 (tra l'altro, che trascorreva poco tempo a X.________ siccome ritornava prevalentemente presso l'allora fidanzata a Z.________, dove risiedevano anche la madre, due fratelli e la sorella) nonché dei dati fronti dall'azienda fornitrice di energia elettrica riguardo al consumo riscontrato nell'alloggio e, dopo aver dato all'interessato la facoltà di esprimersi, la Sezione della popolazione gli ha revocato, il 31 agosto 2018, il permesso di dimora UE/AELS e gli ha fissato nel contempo un termine per lasciare la Svizzera, considerando che la sua presenza nel nostro Paese non era effettiva né continua poiché il centro dei suoi interessi si trovava in realtà a Z.________. 
Su ricorso di A.________ questa risoluzione è stata confermata dapprima dal Consiglio di Stato, il 28 agosto 2019, il quale ha ritenuto che l'interessato si comportava alla stregua di un frontaliero, e poi dal Tribunale cantonale amministrativo, con sentenza del 16 novembre 2020. Entrambe le autorità hanno in particolare considerato che il permesso di dimora UE/AELS in realtà era decaduto. 
 
C.  
Il 4 gennaio 2021 A.________ ha inoltrato al Tribunale federale un ricorso in materia di diritto pubblico, con cui chiede in via principale l'annullamento della pronuncia impugnata e la riforma della medesima nel senso che la decadenza del suo permesso di dimora UE/AELS sia annullata e l'autorizzazione litigiosa confermata. In via subordinata domanda che la sentenza cantonale sia annullata e gli atti rinviati all'istanza precedente affinché completi l'istruttoria e si pronunci di nuovo. 
Chiamati ad esprimersi il Tribunale cantonale amministrativo si è riconfermato nella motivazione e nelle conclusioni del proprio giudizio. Il Consiglio di Stato si è rimesso al giudizio del Tribunale federale, mentre la Sezione della popolazione e la Segreteria di Stato della migrazione SEM propongono la reiezione del gravame, asserendo entrambe che la fattispecie dovrebbe essere valutata come quella di un lavoratore frontaliero. 
Con decreto presidenziale dell'8 gennaio 2021 è stato concesso l'effetto sospensivo al ricorso. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
Il Tribunale federale vaglia d'ufficio se e in che misura un ricorso può essere esaminato nel merito (DTF 146 IV 185 consid. 2). 
 
1.1. Ai sensi dell'art. 83 lett. c n. 2 LTF, il ricorso in materia di diritto pubblico è inammissibile contro le decisioni in materia di diritto degli stranieri concernenti permessi o autorizzazioni al cui ottenimento né il diritto federale né il diritto internazionale conferiscono un diritto.  
Il ricorrente è cittadino italiano e l'Accordo del 21 giugno 1999 tra la Confederazione svizzera, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone (ALC; RS 0.142.112.68) gli conferisce, tra l'altro, il diritto di lavorare nel nostro Paese, ragione per cui il citato disposto non trova applicazione nella fattispecie (sentenza 2C_560/2020 del 9 giugno 2021 consid. 1.1 e rinvio). 
 
1.2. Il ricorso è stato presentato nei termini (art. 100 cpv. 1 LTF combinato con l'art. 46 cpv. 1 lett. c LTF), contro una decisione finale di un tribunale superiore (art. 86 cpv. 1 lett. d e cpv. 2 in relazione con l'art. 90 LTF) e da una persona che ha una legittimazione ad insorgere (art. 89 cpv. 1 LTF).  
Sebbene l'originario permesso sia scaduto nelle more del presente procedimento, il 25 aprile 2021 (vedasi supra consid. A), va anche ammesso il necessario interesse a ricorrere (art. 89 cpv. 1 LTF). Un'autorizzazione di soggiorno UE/AELS ha infatti portata dichiarativa e non perde pertanto validità con il passare del tempo, ma soltanto quando le condizioni previste dall'ALC per il suo riconoscimento (il cui rispetto può comunque essere verificato con regolarità, vedasi sentenza 2C_103/2019 del 3 settembre 2021 consid. 1.2 e richiamo) non sono più adempiute (DTF 136 II 329 consid. 2.2). Comunque sia la conferma del diritto al soggiorno in Svizzera, certificata da un permesso di dimora UE/AELS, è proprio quanto domanda il ricorrente. Di conseguenza, l'impugnativa è ammissibile quale ricorso ordinario in materia di diritto pubblico (sentenza 2C_560/2020 già citata consid. 1.2 e richiami).  
 
1.3. Il Tribunale federale applica d'ufficio il diritto federale (art. 106 cpv. 1 LTF). Nondimeno, tenuto conto dell'onere di allegazione e motivazione imposto dall'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, esamina di regola solo gli argomenti proposti (DTF 142 III 364 consid. 2.4). La parte ricorrente deve pertanto spiegare, in modo conciso e confrontandosi con i considerandi della sentenza impugnata, perché quest'ultima viola il diritto (DTF 143 II 283 consid. 1.2.2; 142 III 364 consid. 2.4). Esigenze più severe valgono poi in relazione alle censure di violazione di diritti fondamentali, che vanno motivate con precisione (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 143 II 283 consid. 1.2.2).  
 
1.4. Per quanto riguarda i fatti, questa Corte fonda il suo ragionamento sugli accertamenti dell'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Può scostarsene se sono stati eseguiti violando il diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto, cioè arbitrario (art. 105 cpv. 2 LTF; DTF 145 IV 154 consid. 1.1).  
 
1.5. A meno che non ne dia motivo la decisione impugnata, il Tribunale federale non tiene neppure conto di fatti o mezzi di prova nuovi, i quali non possono in ogni caso essere posteriori alla pronuncia dell'istanza precedente (art. 99 cpv. 1 LTF; cosiddetti nova in senso proprio; DTF 133 IV 343 consid. 2.1). I nuovi documenti trasmessi dall'autorità di prime cure il 16 marzo 2021 non vanno pertanto considerati.  
 
2.  
 
2.1. Osservato che l'ALC si applicava nella fattispecie e richiamati i relativi disposti che disciplinano la decadenza dei permessi di soggiorno, segnatamente gli art. 6 par. 5, 12 par. 5 e 24 par. 6 Allegato I ALC, di contenuto equivalente a quanto prescritto dall'art. 61 cpv. 2 della legge federale del 16 dicembre 2005 sugli stranieri ([vLStr; RS 142.20] rinominata, dal 1° gennaio 2019, in seguito alla sua revisione, legge federale sugli stranieri e la loro integrazione [LStrI; RU 2007 5437]) nonché la giurisprudenza di questa Corte, il Tribunale cantonale amministrativo ha, in primo luogo, ricordato che, quando era entrato in Svizzera, l'insorgente aveva inizialmente abitato in un 3.5 locali a X.________ con un coinquilino e si era poi trasferito, il 30 settembre 2018, in un 4.5 locali situato a Y.________, acquistato un anno prima e da lui rinnovato. Basandosi poi sulle costatazioni della Polizia cantonale durante il sopralluogo del (primo) appartamento effettuato il 5 dicembre 2016 (cioè pochi capi di abbigliamento nell'armadio della camera da letto, frigorifero sostanzialmente vuoto, salvo alcune bevande), sulle dichiarazioni rilasciate in tale occasione dall'interessato (che si era spostato in Svizzera per motivi professionali, che trascorreva poco tempo a X.________ siccome faceva prevalentemente rientro dall'allora fidanzata a Z.________, dove risiedevano ugualmente la madre nonché i due fratelli e la sorella) e sui dati forniti dalle Aziende Industriali di Lugano (AIL) SA (da cui emergeva un consumo elettrico irrisorio rispetto alle media relativa ad economie domestiche comparabili) la Corte cantonale è giunta alla conclusione che, quando è stata resa la decisione dipartimentale - il 31 agosto 2018 - il permesso di dimora UE/AELS di A.________ era inesorabilmente decaduto poiché la sua presenza in Svizzera si limitava sostanzialmente all'ambito professionale. Il fatto che non intratteneva più una relazione sentimentale con una donna residente a Z.________ proprio a causa della distanza, che sua madre ugualmente ivi domiciliata era deceduta nell'agosto 2019 e che aveva acquistato e rinnovato un appartamento a Y.________, dove indicava di soggiornare ininterrottamente così come i documenti prodotti a conferma della sua presenza in Svizzera non erano decisivi, poiché determinante era la situazione esistente quando l'autorità di prime cure si è pronunciata. Ora dalla stessa risultava che il permesso di dimora UE/AELS era allora inesorabilmente decaduto siccome l'insorgente si limitava a comportarsi alla stregua di un lavoratore frontaliero. I giudici cantonali hanno concluso aggiungendo che A.________ poteva continuare a lavorare quale frontaliero (chiedendo di beneficiare del relativo permesso) oppure domandare il rilascio di un nuovo permesso di dimora UE/AELS sempre che ne adempiva le condizioni.  
 
2.2. Ora, come già giudicato da questa Corte in fattispecie analoghe (sentenza 2C_103/2019 già citata, consid. 2.2 e riferimenti), la vertenza non va esaminata dal profilo di una possibile decadenza del permesso, poiché ciò si avvera solo se le condizioni per il rilascio erano date e vengono successivamente a mancare - in particolare, a causa di una partenza all'estero - non se viene sostenuto, come nella fattispecie, che le stesse avrebbero da sempre fatto difetto (art. 61 cpv. 2 LStrI, di principio applicabile anche in relazione a permessi UE/AELS; sentenza 2C_52/2014 del 23 ottobre 2014 consid. 3.2 con riferimento agli art. 6 par. 5, 12 par. 5 e 24 par. 6 allegato I ALC).  
Al riguardo va poi rammentato che, come più volte ribadito, anche di recente, dal Tribunale federale, dal testo dell'art. 61 cpv. 2 LStrI, applicato anche in concreto, risulta che il mantenimento di un permesso di soggiorno presuppone un minimo di presenza sul territorio svizzero e che, per definire questa presenza, il legislatore non ha fatto capo né al criterio del centro degli interessi, né a quello del domicilio, bensì a due criteri formali: la notifica di partenza o un soggiorno all'estero di sei mesi (DTF 145 II 322 consid. 2.2 nonché consid. 2.3 ove viene spiegato come dev'essere inteso il decorso del lasso di tempo di sei mesi, di principio di continuato, fatto salvo ben precise costellazioni, vedasi anche sentenza 2C_762/2020 del 9 giugno 2021 consid. 2.3 e riferimenti). Questa Corte ha altresì precisato che lo spostamento del domicilio rispettivamente del centro degli interessi non determina già la decadenza, che può subentrare unicamente se - nel contempo - sono date le condizioni previste dalla legge, cioè se la persona ha lasciato la Svizzera per almeno sei mesi, o vi ritorna prima dello scadere di tale termine, ma solo per breve tempo, per ragioni turistiche, familiari o d'affari (sentenza 2C_762/2020 già citata consid. 2.3 e rinvii). 
Nel caso di specie, anche se, come menzionato nella sentenza cantonale l'autorità comunale di Y.________ (dove ha acquistato un alloggio) ha invano tentato a più riprese di prendere contatto con il ricorrente, non risulta invece, e nemmeno è stato preteso dalla Corte cantonale, che egli abbia soggiornato all'estero per un periodo continuato di più di sei mesi. Né viene inoltre sostenuto che egli avrebbe fatto ritorno presso la sua abitazione solo per brevi periodi, pari solo al tempo necessario per evitare il trascorrere del termine di sei mesi di cui all'art. 61 cpv. 2 LStrI
 
3.  
 
3.1. Quando il Tribunale cantonale amministrativo si è pronunciato, il termine di controllo del permesso di dimora UE/AELS in esame non era ancora scaduto. La Corte cantonale doveva pertanto porsi la questione di sapere se erano ancora date le condizioni previste dall'ALC per il suo riconoscimento (cfr. supra consid. 1.2) rispettivamente se erano dati motivi di revoca. Sennonché detto termine di controllo è scaduto nelle more della presente procedura, il 25 aprile 2021, ragione per cui neanche quest'ultimo aspetto va esaminato. Rimane pertanto da vagliare unicamente se sussiste tuttora un diritto al rinnovo del permesso di dimora UE/AELS di cui il ricorrente, cittadino italiano, era titolare (DTF 136 II 329 consid. 2.2 relativo al termine di controllo e alla procedura di rinnovo di un permesso UE/AELS).  
 
3.2. Giusta l'art. 4 ALC, il diritto di soggiorno e di accesso a un'attività economica (dipendente o indipendente) è garantito fatte salve le disposizioni dell'articolo 10 e conformemente all'Allegato I ALC. Per l'art. 2 par. 1 Allegato I ALC, i cittadini di una parte contraente hanno diritto di soggiornare e di esercitare un'attività economica nel territorio dell'altra parte contraente conformemente ai capi II-IV dell'Allegato I. Chi richiede un permesso in tal senso deve avere la volontà di stabilirsi sul territorio di una delle parti contraenti per esercitarvi un'attività lavorativa reale ed effettiva (sentenza 2C_103/2019 già citata consid. 3.2 con richiami concernenti sia i lavoratori autonomi che quelli dipendenti). Al riguardo va precisato che anche il soggiorno dev'essere effettivo. Infatti, se si vuole unicamente esercitare un'attività retribuita sul territorio di una parte contraente e mantenere nel contempo la propria residenza sul territorio di un'altra parte contraente, ciò è evidentemente fattibile. In tal caso però va accordato un permesso di lavoratore frontaliero ai sensi dell'art. 7 par. 1 Allegato I ALC (su tale permesso vedasi 2C_264/2020 del 10 agosto 2021 consid. 4.2).  
 
3.3. Un diritto di soggiorno UE/AELS sul territorio di un'altra parte contraente è certificato dal rilascio da parte delle autorità competenti di una carta di soggiorno (art. 2 Allegato I ALC). Come già accennato, la natura delle autorizzazioni UE/AELS alle quali un cittadino di uno Stato dell'Unione europea può avere diritto in virtù dell'ALC non ha carattere costitutivo, ma dichiarativo (DTF 136 II 329 consid. 2.2; 134 IV 57 consid. 4). Ciò vuol dire che quando le condizioni previste dall'accordo sulla libera circolazione delle persone per la concessione di una determinata autorizzazione UE/AELS sono date e non sussistono motivi di ordine pubblico per un diniego (art. 5 Allegato I ALC), il documento richiesto va concesso; in effetti, il permesso non fonda il diritto al soggiorno, limitandosi ad attestarlo (DTF 136 II 405 consid. 4.4; 136 II 329 consid. 2 e 3).  
 
3.4. La procedura di rinnovo di un permesso UE/AELS - riservato l'abuso di diritto (sentenza 2C_1041/2019 del 10 novembre 2020 consid. 6.3 e riferimenti, anche alla prassi della CGUE) - serve per verificare il rispetto delle condizioni previste dall'Accordo sulla libera circolazione delle persone, precisare il tipo di soggiorno o adattare il permesso a cambiamenti eventualmente intervenuti (DTF 136 II 329 consid. 2.2 con ulteriori rinvii). Nel caso concreto ciò significa in particolare esaminare se il ricorrente rientri ancora tra i lavoratori dipendenti con la volontà di stabilirsi nel nostro Paese oppure sotto un'altra categoria. Il rilascio di un permesso di soggiorno UE/AELS presuppone infatti che chi lo domanda ricada in una delle costellazioni previste dall'accordo (DTF 131 II 339 consid. 2), mentre, se così non è, il permesso può essere negato, come previsto anche dall'art. 23 dell'ordinanza sull'introduzione della libera circolazione delle persone del 22 maggio 2002 (OLCP; RS 142.203). In altre parole, dev'essere verificato che siano adempiuti i presupposti esatti, ossia non solo che l'attività lavorativa esercitata sia reale ed effettiva ma anche che il soggiorno sia effettivo.  
 
3.5. Nella fattispecie concreta è quindi a ragione che il Tribunale cantonale amministrativo ha esaminato se il ricorrente aveva la volontà di stabilirsi in Svizzera o se la sua presenza si limitava in realtà ad una presenza puramente professionale, in qual caso avrebbe dovuto essere trattato come un frontaliero. Ai sensi dell'art. 7 par. 1 Allegato I ALC viene definito come frontaliero il cittadino di una parte contraente che ha la sua residenza sul territorio di una parte contraente e che esercita un'attività retribuita sul territorio dell'altra parte contraente e ritorna al luogo del proprio domicilio di norma ogni giorno, o almeno una volta alla settimana. In altre parole anche chi lavora durante tutta la settimana in Svizzera e, nel corso della stessa, torna una volta sola in Italia può essere considerato un frontaliero. In queste condizioni il fatto che, quando ha iniziato a lavorare in Svizzera, nell'aprile 2016, il ricorrente aveva a disposizione un appartamento a X.________, dove poteva pernottare e che, occasionalmente se ne sia servito, non esclude che in quel periodo venisse considerato un frontaliero e non un dimorante. Dalle sue dichiarazioni rilasciate alla Polizia cantonale il 5 dicembre 2016, riprodotte nella sentenza impugnata (cfr. consid. 3.2 della stessa pag. 7 segg.), emerge peraltro chiaramente che all'epoca non aveva la volontà di stabilirsi in Svizzera. Va pertanto condivisa l'opinione della Corte cantonale secondo cui il ricorrente si comportava in quel periodo come un frontaliero. Che sia però possibile concordare con i giudici cantonali quando pensano, sulla base unicamente del basso consumo di elettricità rilevato in quel appartamento, che detta situazione è perdurata fino al mese di novembre 2017, è invece dubbio. Da questi soli dati non poteva in ogni caso essere dedotto che il ricorrente, quando è stata emanata la decisione dell'autorità di prime cure (ossia il 31 agosto 2018), andava ancora considerato come frontaliero. Per appurare se il ricorrente aveva la volontà di stabilirsi sul territorio svizzero, il Tribunale cantonale amministrativo non poteva infatti limitarsi ai fatti sui quali la Sezione della popolazione rispettivamente il Consiglio di Stato si sono fondati, ma doveva tenere conto del contesto esistente quando esso stesso si è pronunciato e, quindi, considerare anche elementi posteriori che potevano essere determinanti al fine di comprovare il soggiorno in Svizzera (vedasi anche art. 110 LTF). È quindi a torto che si è rifiutato di prendere in considerazione fatti e mezzi di prova prodotti in un secondo tempo dal ricorrente, poiché riferiti a un periodo successivo rispetto alle decisioni delle istanze inferiori e ritenuti quindi ininfluenti (cfr. sentenza cantonale consid. 3.5 pag. 11 seg.).  
 
3.6. Nella presente fattispecie, per potersi pronunciare sul diritto (eventuale) del ricorrente al rinnovo del permesso di dimora rispettivamente sulla questione se le esigenze richieste fossero adempite, segnatamente se fosse data la volontà di stabilirsi in Svizzera (l'attività lavorativa reale ed effettiva non essendo mai stata messa in discussione), la Corte cantonale avrebbe quindi dovuto, come sopra accennato, fondarsi sulla situazione esistente al momento in cui essa stessa si è pronunciata e quindi tener conto anche degli elementi da lei scartati che potevano essere idonei a comprovare la presenza in Svizzera del ricorrente. Ciò che però non è stato fatto.  
Premesse queste considerazioni, l'incarto dev'essere rinviato al Tribunale cantonale amministrativo affinché chiarisca quale tipo di permesso UE/AELS entri oggi effettivamente in discussione, verifichi il rispetto delle condizioni previste dall'ALC per il suo rilascio rispettivamente rinnovo e pronunci una nuova decisione in merito (art. 107 cpv. 2 LTF). 
 
4.  
 
4.1. Il ricorso viene di conseguenza accolto e la sentenza impugnata annullata. La causa è rinviata al Tribunale cantonale amministrativo per nuovo esame della fattispecie, nel senso dei considerandi.  
 
4.2. Per giurisprudenza, il rinvio dell'incarto all'istanza inferiore per procedere a complementi istruttori con esito aperto comporta che chi ricorre sia considerato vincente (sentenza 2C_103/2019 già citata consid. 4.2 e rinvio).  
 
4.3. Soccombente, lo Stato del Cantone Ticino è dispensato dal pagamento di spese giudiziarie (art. 66 cpv. 4 LTF); deve però corrispondere al ricorrente, patrocinato da due avvocati, un'indennità per ripetibili per la sede federale (art. 68 cpv. 1 e 2 LTF).  
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Il ricorso è accolto, la sentenza del 16 novembre 2020 è annullata e la causa rinviata al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino per nuovo giudizio nel senso dei considerandi. 
 
2.  
Non vengono prelevate spese. 
 
3.  
Lo Stato del Cantone Ticino verserà al ricorrente un'indennità di fr. 2'500.-- per ripetibili della sede federale. 
 
4.  
Comunicazione ai patrocinatori del ricorrente, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, nonché alla Segreteria di Stato della migrazione SEM. 
 
 
Losanna, 2 dicembre 2021 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Seiler 
 
La Cancelliera: Ieronimo Perroud