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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
6B_949/2014  
   
   
 
 
 
Sentenza del 6 marzo 2017  
 
Corte di diritto penale  
 
Composizione 
Giudici federali Denys, Presidente, 
Eusebio, Rüedi, 
Cancelliera Ortolano Ribordy. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.A.________, 
patrocinato dall'avv. Daniele Timbal, 
ricorrente, 
 
contro 
 
1. Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano, 
2. aa.________Ltd, 
patrocinata dall'avv. Georg Zondler, 
3. G.________, 
4. Cliente 01, 
5. H.________, 
entrambi patrocinati dall'avv. dott. Elio Brunetti, 
6. I.________, 
patrocinato dall'avv. Ilario Bernasconi, 
7. Cliente 02, 
8. bb.________Inc., 
9. Cliente 03, 
10. cc.________Familienstiftung, 
11. dd.________Inc., 
12.ee.________Inc., 
13. J.________, 
14. Cliente 04, 
15. Cliente 05, 
16. K.________, 
tutti patrocinati dall'avv. Luca Marcellini, 
17. ff.________SA in liquidazione, 
patrocinata dall'avv. Paolo Bernasconi, 
18. gg.________Inc., 
patrocinata dall'avv. Emanuela Agustoni, 
19. Titolare relazione 06, 
patrocinato dall'avv. Raffaele Bernasconi, 
20. hh.________Corp. SA, 
patrocinata dall'avv. Andrea Molino, 
opponenti. 
 
Oggetto 
Cattiva gestione, amministrazione infedele, appropriazione indebita, truffa, falsità in documenti, 
dolo, arbitrio, pretese civili, commisurazione della pena, 
 
ricorso in materia penale contro la sentenza emanata 
il 18 agosto 2014 e il 29 settembre 2014 dalla Corte 
di appello e di revisione penale del Cantone Ticino. 
 
 
Fatti:  
 
A.  
 
A.a. Costituita agli inizi degli anni '70, ff.________SA, attualmente ff.________SA in liquidazione (di seguito: ff.________SA o società), aveva quale scopo essenziale la consulenza finanziaria, la gestione patrimoniale e il commercio di valori mobiliari. L.________ è stato l'azionista di maggioranza e il promotore della società. Nel corso degli anni, ha ceduto gradualmente il suo pacchetto azionario, fino a quando nel 1996 ha trasferito tutte le sue azioni a E.E.________, che è divenuto nuovo azionista di maggioranza. Hanno fatto parte del Consiglio di amministrazione della società, tra gli altri, C.________, quale presidente dal 1983 al 26 aprile 2004, A.A.________, quale vice presidente dal 28 gennaio 1999 e tuttora iscritto, E.E.________, membro dal 10 gennaio 1992 e tuttora iscritto, nonché D.________, quale amministratore delegato dal 1988 al 2003.  
 
A.b. A cavallo degli anni '80 e '90 ff.________SA ha avuto serie difficoltà finanziarie, riconducibili in particolare all'utilizzo delle liquidità dei clienti per operazioni effettuate nell'interesse della stessa e/o dei relativi azionisti, accumulando importanti perdite. Si è reso così necessario un risanamento della società: negli anni 1991-1993 L.________ e E.E.________ vi hanno immesso beni propri per complessivi 6 milioni di franchi. L'operazione è stata però solo di facciata, in quanto il primo ha fornito titoli senza valore, poi venduti per buoni ai clienti di ff.________SA, e il secondo fondi mutuati da terzi, la cui remunerazione e restituzione è avvenuta, almeno in parte, con i fondi della stessa società. Durante tutti gli anni '90 è stata tenuta, quanto meno per parte dei clienti, una doppia contabilità, volta a celare agli investitori la minore consistenza del proprio patrimonio rispetto a quello che ritenevano di possedere in base alle fasulle comunicazioni fornite loro sull'esito degli investimenti. Nel 1996 è inoltre sorta una lite giudiziaria negli Stati Uniti tra L.________ e E.E.________, conclusasi nel giugno 1998 con un accordo extragiudiziale (settlement), che ha sancito l'uscita del primo da ff.________SA e comportato per i clienti della società una perdita di circa il 38 % dei loro investimenti. In quel periodo è stato costituito pure il fondo di investimenti T.________, entità giuridica delle Antille Olandesi gestita dalla società americana ii.________Inc. con sede a New York e appartenente economicamente a E.E.________ e a D.________. Quote di tale fondo, in cui non si sa quali beni siano effettivamente stati immessi all'epoca, sono state attribuite ai clienti di ff.________SA in sostituzione delle loro quote di investimenti perdenti e al fine di coprire la perdita generata dal settlement, e ciò a tal punto che la società non aveva più il controllo sul numero di quote del fondo in circolazione.  
 
A.c. Nel 1999 un cliente della società ha denunciato al Ministero pubblico del Cantone Ticino E.E.________ e D.________ per i titoli di appropriazione indebita, amministrazione infedele e falsità in documenti, in relazione a irregolarità nella gestione del suo portafoglio. Ne è scaturito un procedimento penale, nel corso del quale nell'agosto 2000 nei confronti dei denunciati e di L.________ è stata promossa l'accusa di appropriazione indebita qualificata e di amministrazione infedele a scopo di lucro. L'istruzione penale si è in seguito arenata, al punto che il 4 aprile 2012 è stato decretato l'abbandono del procedimento motivato dall'imminente prescrizione dell'azione penale.  
 
A.d. In reazione alla notizia dell'apertura del procedimento penale, il 13 ottobre 1999 si è tenuta una riunione del Consiglio di amministrazione (CdA) di ff.________SA, in assenza del suo vice presidente scusato, a cui hanno presenziato anche gli avvocati di E.E.________ e D.________. Dopo l'esposizione dell'oggetto dell'inchiesta penale, in cui è stata evocata l'eventuale esistenza di una contabilità parallela volta a presentare ai clienti della società una situazione migliore della realtà, nonché una situazione non chiara in relazione al fondo d'investimento T.________, il CdA ha predisposto una verifica contabile dei flussi di denaro, attribuendo tale incarico a N.________, dipendente di jj.________SA, poi divenuto revisore interno di ff.________SA, assistito da E.E.________ e D.________. Nella successiva riunione del CdA del 18 novembre 1999 si è discusso, tra l'altro, dello stato della procedura penale, nonché della composizione del citato fondo d'investimento ed è stato proposto di chiedere un colloquio con il Ministero pubblico per informarlo dei controlli effettuati in seno alla società e della prosecuzione regolare dell'attività.  
 
A.e. Benché a conoscenza della denuncia penale in fase di istruzione, con decisione del 4 luglio 2000 la Commissione federale delle banche (di seguito: CFB; confluita nell'autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari [FINMA]) ha concesso a ff.________SA l'autorizzazione a esercitare quale commerciante di valori mobiliari, riservandosi tuttavia la possibilità di rivalutare la situazione in funzione degli sviluppi dell'inchiesta penale. Nel febbraio 2003, in occasione di un controllo, essa ha constatato gravi violazioni dei doveri di diligenza degli intermediari finanziari commesse da ff.________SA. La CFB ha quindi ordinato a kk.________, revisore esterno della società, una verifica approfondita dell'attività. Nel relativo rapporto venivano rilevate alcune irregolarità, non tali però da rimettere in discussione l'autorizzazione a esercitare quale commerciante di valori mobiliari. Adita da alcune denunce di clienti di ff.________SA, che non avevano ottenuto la restituzione del denaro affidatole, il 18 giugno 2004 la CFB ha disposto una revisione straordinaria, nominando la società di revisione ll.________SA quale osservatrice. A seguito di un rapporto preliminare, la CFB ha vietato alla società l'esercizio di tutti i negozi giuridici, dei pagamenti a detrimento dei suoi attivi e l'accettazione di nuovi fondi di clienti e ha nominato l'osservatrice quale incaricata delle inchieste ai sensi dell' (ormai abrogato) art. 23 quater della legge dell'8 novembre 1934 sulle banche (LBCR; RU 1971 817). Sulla base delle emergenze del rapporto stilato dall'incaricata delle inchieste, con decisione del 19 agosto 2004, la CFB ha ritirato a ff.________SA l'autorizzazione a esercitare l'attività di commerciante di valori mobiliari e ha dichiarato il suo fallimento a far tempo dal 20 agosto 2004, nominando ll.________SA quale sua liquidatrice.  
 
B.   
Il 29 marzo 2004 un cliente di ff.________SA ha inoltrato una denuncia penale, in particolare per i titoli di truffa e amministrazione infedele, preludio di una serie di denunce presentate da numerosi altri clienti della società. È stata così avviata una nuova inchiesta penale che ha condotto sul banco degli imputati, tra gli altri, A.A.________. 
 
C.   
Con sentenza del 14 dicembre 2012, la Corte delle assise criminali ha riconosciuto A.A.________ autore colpevole di cattiva gestione, ripetuta appropriazione indebita aggravata, truffa, amministrazione infedele qualificata e ripetuta falsità in documenti, prosciogliendolo dalle accuse di truffa aggravata e appropriazione indebita. A.A.________ è stato quindi condannato alla pena detentiva di 3 anni e 6 mesi, da dedursi il carcere preventivo sofferto, e al pagamento in favore dello Stato di un risarcimento compensatorio di 7 milioni di franchi. È stato inoltre condannato al pagamento, in parte in solido con altri coimputati, di vari importi ai numerosi accusatori privati. La Corte delle assise criminali ha confiscato [recte: mantenuto il sequestro conservativo di] valori patrimoniali di pertinenza del condannato e di terze persone a lui vicine. Ha infine devoluto il risarcimento compensatorio in favore degli accusatori privati i cui crediti sono stati riconosciuti. 
 
 
D.   
In parziale accoglimento dell'appello del condannato, con sentenza del 18 agosto 2014, rettificata in data 29 settembre 2014, la Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino (CARP) ha riconosciuto A.A.________ autore colpevole di cattiva gestione per dolo eventuale, ripetuta appropriazione indebita aggravata, truffa per dolo eventuale, amministrazione infedele qualificata per dolo eventuale, nonché di ripetuta falsità in documenti, prosciogliendolo da alcune imputazioni di appropriazione indebita aggravata. Ritenuta la violazione del principio della celerità e considerato il lungo tempo trascorso, gli ha inflitto una pena detentiva di 2 anni e 6 mesi, da dedursi il carcere preventivo sofferto, sospendendone parzialmente l'esecuzione in ragione di 24 mesi con un periodo di prova di 2 anni e fissando a 6 mesi la pena da espiare. Lo ha inoltre condannato al versamento di vari importi, in parte in solido con altri coimputati, in favore di diversi accusatori privati, nonché al pagamento in favore dello Stato di un risarcimento compensatorio di 7 milioni di franchi, a garanzia del quale la CARP ha ordinato il sequestro conservativo di numerosi beni di sua pertinenza. Ha devoluto il risarcimento compensatorio, previo soddisfacimento di tasse e spese di giustizia, in favore degli accusatori privati, i cui crediti sono stati riconosciuti. Infine ha posto parte degli oneri processuali a carico del condannato, per esso (al beneficio dell'assistenza giudiziaria) anticipati dallo Stato. 
 
E.   
A.A.________ impugna questo giudizio con ricorso in materia penale al Tribunale federale. Postula, previa concessione dell'effetto sospensivo al gravame, l'annullamento della sentenza cantonale per quanto lo concerne, il suo proscioglimento da ogni accusa e il rinvio degli atti alla CARP, perché si pronunci sulla sua domanda di risarcimento e decreti la decadenza di tutti i sequestri. Domanda inoltre di essere posto al beneficio dell'assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio. 
 
Senza formulare osservazioni, la CARP si rimette al prudente giudizio del Tribunale federale, mentre il Ministero pubblico chiede la conferma della decisione impugnata. G.________ (opponente 3) comunica di non avere osservazioni da presentare, ricordando che le prove sono state valutate sia in prima sia in seconda istanza e che il ricorrente è stato condannato a risarcirlo. In esito alle loro rispettive osservazioni, aa.________Ltd (opponente 2), i clienti 02, 03, 04, 05, K.________, dd.________Inc., cc.________Familienstiftung, ee.________Inc. e J.________, unico beneficiario delle predette strutture societarie, nonché bb.________Inc. (opponenti 7-16), ff.________SA in liquidazione (opponente 17) e gg.________Inc. (opponente 18) postulano la reiezione del gravame, con protesta di spese e ripetibili. Il Cliente 01, H.________, I.________, il Titolare relazione 06 e hh.________Corp. SA sono rimasti silenti. 
 
Il ricorrente ha replicato e gli opponenti 7-16 nonché l'opponente 18 hanno duplicato, riconfermandosi nelle rispettive conclusioni. 
 
F.   
Con decreto presidenziale del 25 novembre 2014 al ricorso è stato conferito un parziale effetto sospensivo limitatamente alla condanna al pagamento dei risarcimenti riconosciuti agli accusatori privati, nonché del risarcimento equivalente in favore dello Stato. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1.   
Presentata dall'imputato (art. 81 cpv. 1 LTF) e diretta contro una decisione finale (art. 90 LTF) resa in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF) da un'autorità cantonale di ultima istanza (art. 80 LTF), l'impugnativa è di massima ammissibile perché inoltrata tempestivamente (art. 100 cpv. 1 unitamente all'art. 45 cpv. 1 LTF) e nelle forme richieste (art. 42 cpv. 1 LTF). 
 
Con scritto del 9 giugno 2016, il ricorrente ha presentato fatti nuovi all'attenzione di questo Tribunale, in relazione alla riapertura del procedimento penale a carico di E.E.________. Il 13 dicembre 2016 ha poi trasmesso la sentenza di merito emanata nei confronti di quest'ultimo. Poiché le condizioni poste dall'art. 99 cpv. 1 LTF non sono realizzate (v. al riguardo DTF 139 III 120 consid. 3.1.2) e nemmeno il contrario è preteso dall'insorgente, tali fatti risultano inammissibili e non sono presi in considerazione. 
 
1.2. Per quanto attiene alle risposte al ricorso, si appalesa d'acchito inammissibile lo scritto dell'opponente 3, in quanto privo di conclusioni (v. art. 42 cpv. 1 LTF).  
 
Nella sua replica il ricorrente chiede di valutare la legittimazione dell'opponente 18 a presentare osservazioni volte a ottenere la conferma della sentenza impugnata, in cui non le è stato riconosciuto alcun risarcimento, avendo fatto valere le sue pretese in sede civile. L'insorgente pare confondere la legittimazione dell'accusatore privato a presentare ricorso in materia penale disciplinata dall'art. 81 cpv. 1 lett. a nonché lett. b n. 5 LTF con quella di parte opponente di cui all'art. 102 cpv. 1 LTF. Orbene, il postulato proscioglimento da ogni accusa avrebbe delle conseguenze sull'indennizzo dei costi di patrocinio riconosciuto in sede cantonale all'opponente 18. In questa misura sussiste un interesse di quest'ultima a partecipare quale opponente al procedimento di ricorso federale, formulando delle conclusioni sull'impugnativa. 
 
2.  
 
2.1. Il Tribunale federale applica d'ufficio il diritto federale (art. 106 cpv. 1 LTF). Tenuto conto dell'onere di allegazione e motivazione imposto dall'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, di regola esso considera tuttavia solo gli argomenti proposti nell'atto di ricorso (DTF 140 III 86 consid. 2; 134 III 102 consid. 1.1). Il ricorrente deve spiegare i motivi per i quali l'atto impugnato lede a suo parere il diritto e deve perciò confrontarsi almeno brevemente con la relativa motivazione (DTF 134 II 244 consid. 2.1).  
 
2.2. Giusta l'art. 97 cpv. 1 LTF, la parte ricorrente può censurare l'accertamento dei fatti soltanto se è stato svolto in modo manifestamente inesatto, ovvero arbitrario (DTF 141 IV 249 consid. 1.3.1), o in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF e l'eliminazione del vizio può essere determinante per l'esito del procedimento. Per giurisprudenza invalsa, l'arbitrio non si realizza già qualora la soluzione proposta con il ricorso possa apparire sostenibile o addirittura migliore rispetto a quella contestata; il Tribunale federale annulla la pronunzia criticata solo se il giudice del merito ha emanato un giudizio che appare - e ciò non solo nella sua motivazione bensì anche nell'esito - manifestamente insostenibile, in aperto contrasto con la situazione reale, gravemente lesivo di una norma o di un principio giuridico chiaro e indiscusso, oppure in contraddizione urtante con il sentimento della giustizia e dell'equità (DTF 141 I 49 consid. 3.4). Per quanto attiene più in particolare alla valutazione delle prove e all'accertamento dei fatti, il giudice - che in questo ambito dispone di un ampio margine di apprezzamento - incorre nell'arbitrio se misconosce manifestamente il senso e la portata di un mezzo di prova, se omette senza valida ragione di tener conto di un elemento di prova importante suscettibile di modificare l'esito della vertenza, oppure se ammette o nega un fatto ponendosi in aperto contrasto con gli atti di causa o interpretandoli in modo insostenibile (DTF 140 III 264 consid. 2.3 pag. 266).  
Se, come in concreto, in merito ai fatti l'autorità cantonale ha forgiato la sua convinzione sulla base di un insieme di elementi o d'indizi convergenti, non basta che l'uno o l'altro di questi o addirittura ciascuno di essi, preso isolatamente, risulti insufficiente. La valutazione delle prove dev'essere esaminata nel suo insieme. Non sussiste arbitrio se i fatti accertati possono essere dedotti in modo sostenibile dal collegamento dei diversi elementi o indizi. Analogamente non vi è arbitrio per il solo fatto che uno o più argomenti corroborativi appaiono fragili, nella misura in cui la soluzione ritenuta può essere giustificata in modo sostenibile con altri argomenti atti a portare a un convincimento (sentenza 6B_367/2014 dell'8 settembre 2014 consid. 2.1). 
 
2.3. Le critiche di arbitrio, come quelle di violazione di garanzie di rango costituzionale, devono adempiere accresciute esigenze di motivazione. A norma dell'art. 106 cpv. 2 LTF, il Tribunale federale esamina infatti tali censure solo se motivate in modo chiaro e preciso (DTF 140 III 264 consid. 2.3 pag. 266). L'allegato ricorsuale deve pertanto indicare chiaramente i diritti che si pretendono violati e precisare altresì in che consista tale violazione; critiche appellatorie, argomentazioni vaghe e semplici rinvii agli atti cantonali non sono quindi ammissibili (DTF 141 IV 317 consid. 5.4; 136 II 101 consid. 3). In particolare, qualora sia lamentata la violazione del divieto dell'arbitrio (art. 9 Cost.), non ci si può limitare a criticare la decisione impugnata opponendovi semplicemente la propria opinione, come in una procedura d'appello, ma occorre dimostrare che essa è manifestamente insostenibile con un'argomentazione chiara e dettagliata (DTF 137 V 57 consid. 1.3 pag. 60).  
 
Come si vedrà in seguito l'allegato ricorsuale è poco rispettoso di queste esigenze di motivazione, ciò che gli opponenti non mancano di rilevare. Anche le osservazioni dell'opponente 17 risultano problematiche, atteso che vengono in parte addotti fatti non accertati a complemento di quanto ritenuto in sede cantonale rispettivamente fatti in aperto contrasto con quelli della sentenza impugnata, senza dimostrazione della realizzazione dei presupposti di cui all'art. 97 LTF e senza un riferimento preciso agli atti dell'incarto. Così è, per esempio, laddove afferma che il ricorrente sarebbe stato attivo in società dal 1977 oppure quando evoca un incontro con l'avv. O.________ della CFB. In tale misura, esse si rivelano inammissibili. 
 
3.   
La CARP ha ritenuto realizzato il reato di cattiva gestione. Pur non avendo una cognizione diretta delle malversazioni perpetrate ai danni dei clienti della società, coperte attraverso fittizi collocamenti nei fondi T.________ e U.________, ha accertato la consapevolezza iniziale del ricorrente, risalente al più tardi al momento della presa di conoscenza del verbale della riunione del CdA del 13 ottobre 1999, del sospetto di commissione di reati da parte di D.________, E.E.________ e L.________. Ciò nonostante, malgrado disponesse delle conoscenze e capacità per giudicare rettamente quanto stava accadendo, si è comportato come se nulla fosse accaduto, senza cogliere quei segnali che avrebbero dovuto imporre di far fronte ai doveri impostigli dalla legge e dalla carica ricoperta. Per la CARP il ricorrente ha infranto i suoi doveri di organo societario e dunque gestito malamente ff.________SA ai sensi dell'art. 165 CP. Inoltre ha concluso con quest'ultima un contratto di locazione di locali di sua proprietà, senza che i vani siano mai stati occupati dalla società che ha fatto fronte a costi ingenti e inutili. L'autorità precedente ha ritenuto che nel periodo coperto dall'atto d'accusa vi è stato un importante aggravamento dell'indebitamento societario di oltre 45 milioni di franchi, di cui quasi la metà attribuibile ai reati imputati. Chinandosi sul nesso causale, ha osservato che la condotta e le omissioni rimproverate all'insorgente, pur non costituendo l'unica o la principale causa, hanno provocato o quantomeno favorito in maniera determinante il fallimento della società. Infine, sotto l'aspetto soggettivo, la CARP ha concluso all'esistenza di un dolo diretto per quanto concerne l'affitto dei suoi locali e di un dolo eventuale per le altre imputazioni di cattiva gestione. 
 
Il ricorrente censura gli accertamenti di fatto in relazione sia al danno subito dalla società (v. infra consid. 5), sia al nesso di causalità tra le omissioni imputategli e il danno (v. infra consid. 6), sia alla ritenuta sua consapevolezza sulle irregolarità della gestione societaria (v. infra consid. 7). Contesta la realizzazione degli elementi soggettivi del reato di cattiva gestione (v. infra consid. 8), nonché il carattere penalmente rilevante della locazione degli spazi commerciali a ff.________SA (v. infra consid. 9). 
 
4.   
Si rende colpevole di cattiva gestione giusta l'art. 165 n. 1 CP il debitore che, in un modo non previsto dall'art. 164 CP, a causa di una cattiva gestione, in particolare a causa di un'insufficiente dotazione di capitale, spese sproporzionate, speculazioni avventate, crediti concessi o utilizzati con leggerezza, svendita di valori patrimoniali, grave negligenza nell'esercizio della sua professione o nell'amministrazione dei suoi beni, cagiona o aggrava il proprio eccessivo indebitamento, cagiona la propria insolvenza o aggrava la sua situazione conoscendo la propria insolvenza, sempre che venga dichiarato il suo fallimento o venga rilasciato contro di lui un attestato di carenza di beni. 
 
L'autore della cattiva gestione può essere unicamente il debitore. Se il debitore è una persona giuridica, il reato è imputato alla persona fisica che agisce in qualità di organo o membro di un organo della stessa (v. vecchio art. 172 CP in vigore all'epoca dei fatti in giudizio, rispettivamente art. 29 CP in vigore dal 1° gennaio 2007). 
 
L'art. 165 CP menziona quale atto di cattiva gestione segnatamente le spese sproporzionate. Secondo la giurisprudenza, le spese possono risultare sproporzionate alla luce delle risorse del debitore o della scarsa giustificazione commerciale (sentenza 6B_765/2011 del 24 maggio 2012 consid. 2.1.1). Sussiste invece grave negligenza nell'esercizio della professione in caso di inosservanza delle disposizioni legali relative alla gestione dell'impresa, in particolare in caso di violazione dei doveri incombenti al consiglio di amministrazione di una società anonima (sentenze 6B_492/2009 del 18 gennaio 2010 consid. 2.2, 6S.1/2006 del 21 marzo 2006 consid. 8.1). Secondo l'art. 716a cpv. 1 CO, tra le attribuzioni inalienabili del consiglio di amministrazione figurano, oltre alla nomina e alla revoca delle persone incaricate della gestione (n. 4), l'alta vigilanza sulle stesse, in particolare per quanto concerne l'osservanza della legge, dello statuto, dei regolamenti e delle istruzioni (n. 5). Se l'art. 716a cpv. 1 n. 5 CO non fonda un obbligo generale dei membri del consiglio di amministrazione di controllare costantemente la legalità delle attività della società, impone loro di intervenire ove abbiano conoscenza della commissione di atti illeciti (sentenza 6P.164/2006 del 29 dicembre 2006 consid. 11.2). Giusta l'art. 717 cpv. 1 CO, gli amministratori sono tenuti ad adempiere i loro compiti con ogni diligenza e a salvaguardare secondo buona fede gli interessi della società. Questo dovere di fedeltà obbliga i membri del consiglio di amministrazione a improntare il loro comportamento all'interesse della società e a relegare, se del caso, in secondo piano i loro propri interessi. In presenza di un conflitto di interessi, l'amministratore interessato deve prendere i provvedimenti adeguati affinché gli interessi della società siano presi in debita considerazione (DTF 130 III 213 consid. 2.2.2; v. pure sentenza 6P.168/2006 del 29 dicembre 2006 consid. 9.3.1). 
La cattiva gestione deve cagionare o aggravare un eccessivo indebitamento. La nozione di eccessivo indebitamento corrisponde alla situazione descritta dall'art. 725 cpv. 2 CO e sussiste laddove i debiti sociali non sono più coperti né stimando i beni secondo il valore d'esercizio, né stimandoli secondo il valore di alienazione, in altre parole laddove i passivi eccedono gli attivi. Non è necessario che gli atti o le omissioni rimproverate al debitore siano la causa unica o diretta dell'eccessivo indebitamento. È infatti sufficiente che abbiano contribuito alla sua apparizione o al suo aggravamento e che siano idonei, secondo l'andamento ordinario delle cose e l'esperienza generale della vita, a cagionare o favorire un simile risultato (sentenza citata 6B_765/2011 consid. 2.2.1). 
 
L'elemento soggettivo del reato è oggetto di controversie dottrinali che il Tribunale federale ha illustrato, senza prendere posizione (v. sentenza 6S.24/2007 del 6 marzo 2007 consid. 3.5). Esso è in ogni caso dato se l'autore ha agito intenzionalmente in relazione sia al fatto di cagionare o aggravare l'eccessivo indebitamento o l'insolvenza sia alle circostanze che rendono il suo comportamento superficiale o negligente. Il dolo eventuale è sufficiente (sentenza 6B_359/2010 del 9 luglio 2010 consid. 2.1). 
 
5.   
Sulla scorta della graduatoria fallimentare e della sostanza di pertinenza della società sequestrata nel procedimento penale, la CARP ha accertato che nell'agosto 2004 la massa debitoria non coperta dagli attivi era pari a fr. 128'429'909.33. Considerato che al 19 novembre 1999 il complesso dei debiti verso terzi a carico di ff.________SA era di fr. 83'282'349.73, ha concluso che nel periodo coperto dall'atto d'accusa (ovvero dal 19 novembre 1999 all'agosto 2004) i debiti sociali sono aumentati di fr. 45'147'559.60. Ha poi precisato che oltre 22 milioni di franchi, giunti nella società nel periodo in questione, sono spariti nel nulla senza una causale, forse sottratti da terzi in modo non prevedibile per il ricorrente, cosicché tale importo dev'essere considerato ancora presente nella società. Di conseguenza i giudici cantonali hanno ridotto a fr. 22'298'440.68 l'aggravamento dell'indebitamento societario riconducibile alla cattiva gestione. 
 
5.1. Secondo il ricorrente, che si interroga sulla conformità al principio accusatorio del calcolo del danno, tale accertamento si porrebbe in netto contrasto con quello dello stato di eccessivo indebitamento al momento della pronuncia del fallimento, valutato dall'incaricata delle inchieste in circa 2 milioni di franchi. Nei suoi calcoli l'autorità precedente avrebbe considerato le perdite subite dai clienti della società e quindi un danno estraneo a quello derivante dal reato in parola, violando l'art. 165 n. 1 CP. Avrebbe così ignorato il rapporto di ll.________SA e la rilevanza del suo contenuto in relazione alle cause e alla datazione degli eventi all'origine dello stato d'insolvenza. Ma anche volendo considerare il danno subito dagli investitori nel periodo 1999-2004, per l'insorgente la CARP avrebbe proceduto a valutazioni ipotetiche, approssimative e non affidabili. Avrebbe viepiù negletto i fattori evidenziati nel rapporto peritale di parte in relazione al cosiddetto scoperto dei clienti di ff.________SA indicato dall'équipe finanziaria del Ministero pubblico (EFIN), come per esempio l'impatto dell'importante deprezzamento dei corsi borsistici o del dollaro sulle masse in gestione. Rileva peraltro la presenza di voci in graduatoria che nulla avrebbero a che vedere con pretese risultanti da una non appropriata attività. In assenza di prove certe, la CARP non avrebbe potuto concludere alla sussistenza di un danno e avrebbe dovuto prosciogliere il ricorrente, non essendo riuniti tutti gli elementi costitutivi del reato di cattiva gestione.  
 
5.2. Effettivamente il rapporto dell'incaricata delle inchieste rileva un eccessivo indebitamento della società per un ammontare di circa 2 milioni di franchi. La CARP si è riferita però alla graduatoria del fallimento per stabilire il complesso dei debiti di ff.________SA, ciò che il ricorrente critica, perché i crediti insinuati corrisponderebbero a pretese risarcitorie per la perdita degli investimenti subita dai clienti. Sennonché, non sostanzia oltre tale apodittica obiezione. Peraltro sembra trascurare che i giudici cantonali hanno ritenuto, senza che vi siano censure al riguardo, che tutti i denari sono stati usati per scopi diversi da quelli prefissati dalla clientela (v. sentenza impugnata pag. 173), di modo che a favore di quest'ultima è insorto un credito corrispondente a carico di ff.________SA (v. sentenza impugnata pag. 164). L'incaricata delle inchieste non ha tenuto conto di tali crediti, seppur rilevi anch'essa il mancato rispetto delle istruzioni fornite dai clienti alla società (v. il relativo rapporto pag. 3). In simili circostanze, l'autorità cantonale non ha considerato un danno estraneo alla società, bensì debiti della stessa derivanti dalla sua (non corretta) attività. Quanto alle critiche sui risultati dell'analisi dell'EFIN, il ricorrente se ne prevale per sostenere l'assoluta incertezza nel definire gli scoperti afferenti i clienti post rispettivamente ante novembre 1999, ma non illustra quale incidenza possano avere sulle conclusioni dell'autorità cantonale in merito al ritenuto aggravamento della situazione debitoria della società nel periodo preso in considerazione. Non v'è pertanto motivo di vagliarle. Per determinare la massa debitoria non coperta dagli attivi al momento del fallimento, la CARP ha fatto riferimento al riepilogo della graduatoria agli atti (doc. TPC n. 116) in cui non sono dettagliate le voci che la compongono. Le contestazioni ricorsuali al riguardo, prive di riferimenti a specifici documenti contenuti nel copioso incarto da cui risulterebbero tali voci, non indicano in maniera puntuale e precisa quale prova i giudici cantonali avrebbero valutato in modo insostenibile e risultano pertanto inammissibili. Non spetta infatti al Tribunale federale ricercare negli atti di causa i riferimenti a sostegno di una censura (DTF 133 IV 286 consid. 6.2).  
 
Infine il generico accenno ricorsuale al principio accusatorio disattende le esigenze di motivazione poste dalla LTF e sfugge quindi a un esame di merito. L'insorgente infatti si limita a interrogarsi sul rispetto di tale principio da parte della CARP per essersi scostata dall'importo indicato nell'atto d'accusa. Il compito del Tribunale federale non consiste nel fornire risposte ad approssimativi interrogativi, ma nel pronunciarsi su censure chiare e precise di violazione del diritto. Di transenna rilevasi che la semplice correzione dell'importo del danno alla società, indicato dalla pubblica accusa, effettuata valutando gli atti dell'incarto non raffigura una lesione del principio invocato. La fattispecie per cui è stato condannato l'insorgente non differisce dai fatti contestatigli con l'atto d'accusa: il comportamento concretamente rimproveratogli, la parte danneggiata dai reati imputati e il periodo considerato sono infatti i medesimi. 
 
6.   
Il ricorrente lamenta un mancato corretto accertamento di un nesso causale tre le omissioni imputategli e l'evitabilità del danno. Il rimprovero mossogli dall'autorità cantonale, di aver omesso di prendere iniziative sicuramente idonee a scoprire ed eliminare la gestione truffaldina dei patrimoni in gestione presso ff.________SA, contrasterebbe con le notorie difficoltà di smascherare truffe con lo schema Ponzi (Schneeballsystem) e di verificare l'effettiva consistenza di un fondo d'investimento, che neanche l'istruttoria avrebbe permesso di stabilire. Peraltro, la CARP neppure avrebbe indicato quali misure l'insorgente avrebbe dovuto adottare, sicché non le sarebbe stato possibile affermare che, con un alto grado di probabilità, senza le omissioni sarebbe stato evitato qualsiasi danno. 
 
6.1. A parte la locazione dei suoi locali mai occupati dalla società, il comportamento ritenuto costitutivo di cattiva gestione che la CARP rimprovera al ricorrente è l'aver chiuso entrambi gli occhi di fronte alla malagestione dei direttori di ff.________SA. Consentendo loro di continuare a gabbare la clientela, accontentandosi di verifiche visibilmente inadeguate, non rimettendo in discussione né sorvegliando l'operato di E.E.________ e F.E.________ e D.________, non adottando misure serie ed efficaci dal punto di vista sia organizzativo sia di sorveglianza, per i giudici precedenti l'insorgente ha infranto i suoi doveri di organo societario. Stabilita la posizione di garante del ricorrente, la CARP ha poi accertato che le omissioni imputategli sono tali da poter concludere che, pur senza essere le uniche cause o quella principale, hanno cagionato o, quantomeno, favorito in maniera determinante l'eccessivo indebitamento di ff.________SA. Se fosse intervenuto per chiarire cosa stesse avvenendo in seno alla società, avrebbe senza particolari difficoltà scoperto le gravi irregolarità e avrebbe potuto impedire il protrarsi della perpetrazione delle truffe, allontanando coloro che agivano in prima linea ai danni della clientela e di riflesso a quelli della società.  
 
6.2. Al ricorrente è stata in sostanza rimproverata la sua passività a fronte della probabilità di commissione di reati nell'ambito dell'attività societaria. Per appurare cosa stesse accadendo in seno a ff.________SA, contrariamente a quanto sostenuto nel gravame, la CARP ha indicato quali misure egli avrebbe dovuto adottare. Infatti nei considerandi della decisione impugnata che precedono il capitolo dedicato al nesso causale e ivi richiamati, essa ha esplicitamente rilevato la necessità di far capo a un perito esterno al fine di chiarire le problematiche sollevate con la prima denuncia penale, in merito alle quali il cosiddetto "rapporto N.________" non aveva fornito risposte di sorta (sul dovere di ricorrere a un perito v. sentenza 4C.358/2005 del 12 febbraio 2007 consid. 5.2.1 non pubblicato in DTF 133 III 116). I giudici precedenti hanno inoltre osservato che già solo invitare N.________ a presentare il suo lavoro ai consiglieri di amministrazione avrebbe permesso di comprendere cosa avesse effettivamente esaminato e conseguentemente di minare seriamente la serenità e la fiducia nell'irreprensibilità dell'operato degli indagati e dello stesso N.________ (sentenza impugnata pag. 100). Uno degli aspetti da controllare era la provenienza del denaro e la sua esatta destinazione/collocazione, ciò che avrebbe consentito di verificare l'ipotesi di utilizzo di soldi di nuovi clienti per soddisfare quelli vecchi che intendevano disinvestire. Secondo l'autorità cantonale tale questione meritava maggiore attenzione, perché simile prassi, se riscontrata, sarebbe stata chiaro sintomo di gestione malata. Riferendosi all'anomala riduzione dei ricavi a fronte dell'esponenziale aumento della massa in gestione a ff.________SA e alla dipendenza economica dai guadagni ottenuti mediante l'attività di consulenza fornita a terzi (ii.________Inc. e i relativi fondi), l'autorità precedente ha anche ventilato la necessità di procedere a una verifica approfondita e seria per chiarirne le cause, visto peraltro che la CFB aveva già attirato l'attenzione della società sulla problematica. Trattasi di misure sicuramente idonee a evidenziare la fondatezza dei sospetti di malagestione societaria. Appare dunque conforme al diritto la conclusione della CARP sull'esistenza di un nesso causale tra le omissioni imputate al ricorrente e l'eccessivo indebitamento di ff.________SA, tanto più che nell'ambito dell'art. 165 CP, come già esposto (v. supra consid. 4), non è necessario che il comportamento del debitore sia la causa unica o diretta dell'eccessivo indebitamento.  
 
7.   
La CARP ha accertato la consapevolezza del ricorrente in relazione alle grosse probabilità di commissione di reati nell'ambito dell'attività societaria. Egli è stato tempestivamente informato della denuncia presentata nei confronti di due direttori in carica e dell'ex azionista di maggioranza. In seguito all'intervento dei legali dei denunciati al CdA del 13 ottobre 1999, sapeva inoltre che erano sospettati d'aver commesso gravi reati nell'ambito della loro attività in seno alla società a danno dei clienti. Non poteva poi essergli sfuggito il paradosso di far assistere il revisore, incaricato di far luce sulle ipotizzate malversazioni, proprio dalle persone che avevano in mano le redini operative della società ed erano state denunciate. Il rapporto che ne è scaturito e discusso nella successiva riunione del CdA presentava evidenti lacune, non fornendo le risposte alle problematiche sollevate. Il mancato invito al suo estensore di presentare il referto al CdA è indicativo di una manifesta assenza di volontà di comprendere cosa stesse accadendo, tanto più che lo stesso ricorrente ha riconosciuto di non aver capito il relativo rapporto. L'autorità cantonale ha poi rilevato come fosse notorio e indiscusso che, attraverso ii.________Inc. che ha creato il fondo T.________, ff.________SA piazzava, o meglio dava parvenza di piazzare, i capitali dei clienti, in realtà usati per scopi totalmente diversi da quelli concordati. L'insorgente sapeva che la società americana era una costola di ff.________SA ed era nelle mani di E.E.________ e D.________. In simili circostanze non poteva fare alcun affidamento sulla certificazione di ii.________Inc. in merito alla composizione e solidità del citato fondo. Sicché non poteva ritenersi tranquillizzato da tali verifiche. La CARP ha evidenziato inoltre una serie di ulteriori fattori oggettivamente idonei a destare seri timori circa la correttezza dell'attività svolta nella società, quali ad esempio la diminuzione dei ricavi a fronte di un esponenziale aumento della massa in gestione, nonché una serie di elementi connessi alla persona del ricorrente o a lui noti, determinanti per valutare la sua consapevolezza, quali ad esempio la mancata autonomia da ff.________SA del revisore esterno. Analizzati l'esito positivo della procedura davanti alla CFB e l'atteggiamento di quest'ultima, il comportamento del revisore esterno, la struttura interna di ff.________SA, la presenza in società di personaggi di spicco del mondo economico, nonché l'inattività del Ministero pubblico nell'ambito della procedura del 1999, la CARP ha negato trattarsi di elementi idonei a tutelare la buona fede del ricorrente e a legittimare il suo mancato intervento. 
 
7.1. Il ricorrente critica il metodo di analisi della CARP che, a suo dire, avrebbe interpretato gli indizi in senso univoco senza contrapporli a quelli di senso contrario, di cui relativizzerebbe la portata. Elenca quindi una serie di circostanze di fatto che i giudici precedenti avrebbero omesso di considerare, non valutando il loro carattere obbiettivamente tranquillizzante. L'insorgente ritiene poi insostenibile considerare ininfluente l'affidamento che egli sarebbe stato in diritto di attribuire all'inazione e al silenzio della Magistratura, rispettivamente della CFB. A torto e senza motivi i giudici cantonali avrebbero negato la rilevanza, per la buona fede del ricorrente, dell'organizzazione interna della società, ritenuta soddisfacente dalla stessa CFB, e del "rapporto N.________", che non avrebbe corroborato alcun motivo di sospetto. D'altronde, l'effettiva consistenza patrimoniale dei fondi sarebbe stata confermata nel rapporto speciale commissionato dalla CFB, documento di particolare importanza ignorato dall'autorità precedente. Sarebbe anche arbitrario concludere che gli investimenti nei fondi gestiti da ii.________Inc. dovessero essere ritenuti simulati o fraudolenti unicamente in ragione del legame con E.E.________ e D.________, tanto più che non risulterebbe si dovessero nutrire sospetti pure nei confronti del direttore e formale titolare della società americana. La valutazione degli eventi effettuata dalla CARP si baserebbe su illogiche forzature, che si ridurrebbero alla sola critica della scarsezza di contenuto del "rapporto N.________", senza considerare tutti gli altri fattori che avrebbero infirmato l'ipotetico rischio di una perdurante e attuale gestione irregolare degli attivi di ff.________SA e dei suoi clienti.  
 
7.2. Le critiche ricorsuali hanno carattere meramente appellatorio e risultano inammissibili. L'insorgente elenca infatti una serie di fatti asseritamente negletti dall'autorità cantonale, senza spiegarne l'importanza concreta per l'esito del procedimento e rimprovera la mancata considerazione o l'ingiustificata relativizzazione di indizi a suo parere tranquillizzanti, senza confrontarsi compiutamente con le argomentazioni dell'autorità precedente, limitandosi a opporre la propria valutazione a quella dei giudici cantonali.  
Abbondanzialmente si rileva che in modo del tutto sostenibile la CARP ha negato la rilevanza degli elementi addotti dalla difesa a sostegno della pretesa buona fede. Benché l'organigramma di ff.________SA sia stato ritenuto soddisfacente dalla CFB, come obiettato nel gravame, l'autorità precedente ha rilevato che l'organizzazione interna era solo formale: l'allarme della possibile perpetrazione di reati non è scaturito da controlli interni, ma solo a seguito di una denuncia penale, inoltre gli elementi cardine della direzione e delle commissioni interne erano proprio le persone sospettate delle malversazioni, di modo che era impensabile appoggiarsi sulle stesse; infine il comitato di direzione, quello investimenti e quello crediti sono praticamente rimasti solo sulla carta. Sull'atteggiamento della CFB, la CARP ha rimarcato che se è vero che, pur a conoscenza dell'esistenza di una denuncia, ha concesso a ff.________SA l'autorizzazione al commercio di valori mobiliari, si era espressamente riservata di riesaminare la sua decisione in funzione degli sviluppi della procedura penale. Ciò non poteva essere ritenuto come un elemento a favore dell'inesistenza di qualsiasi sospetto di reato; per di più, essa è intervenuta a più riprese, sollevando dubbi e critiche sull'attività della società. Invece di procedere a una verifica in seno a quest'ultima, il ricorrente ha sempre cercato di gettare acqua sul fuoco. Quanto poi all'inattività della Magistratura nell'istruire i fatti oggetto della denuncia del 1999, i giudici precedenti hanno negato che l'insorgente potesse legittimamente sentirsi confortato dal silenzio del Procuratore pubblico. A fronte non solo dell'apertura del procedimento penale ma anche della promozione dell'accusa e quindi della possibilità che sfociasse in un atto d'accusa, dopo l'incontro con il Procuratore competente (svoltosi prima della promozione dell'accusa), egli non ha proceduto a richiedere neppure un aggiornamento della situazione, né ha preteso di visionare nel dettaglio la denuncia penale, benché la società potesse intervenire quale vittima dei reati. Tali considerazioni appaiono più che sostenibili, anche considerando che, nonostante dopo l'agosto 2000 non vi sia più stato alcun atto d'inchiesta, i sigilli apposti alla documentazione di ff.________SA sono rimasti fino al febbraio 2003, ostacolando l'attività stessa della società. Pur riconoscendo le gravi manchevolezze del revisore esterno, la CARP ha osservato che la gestione dei rapporti con il revisore è stata lasciata principalmente alle persone che avevano dato origine ai sospetti di malversazioni. Peraltro, se effettivamente dal revisore non è mai giunto alcun segnale esplicito di rischio di commissione di reati, i relativi rapporti non contenevano dati rassicuranti. Infatti nonostante l'aumento della massa in gestione, i ricavi sono diminuiti. Inoltre, emergeva una sempre maggiore dipendenza di ff.________SA dalle consulenze (asseritamente) fornite a ii.________Inc., che i revisori hanno considerato un'entità terza, ciò che il ricorrente sapeva non essere vero. Partendo da questo presupposto, i revisori non hanno spulciato i portafogli dei singoli clienti e non hanno formulato alcuna presa di posizione in merito alla loro situazione, di modo che a nulla giova il richiamo ricorsuale all'indicazione della composizione e della consistenza dei fondi T.________ e U.________, contenuta nel rapporto di revisione speciale del 2003. Non va infine dimenticato che già in passato il revisore esterno aveva dimostrato di non avere la necessaria autonomia dalla società revisionata. In simili circostanze appare vana e generica l'obiezione ricorsuale su un preteso pacifico diritto degli amministratori sociali di far affidamento ai rapporti di revisione. Infine, il cosiddetto "rapporto N.________" è stato definito dalla CARP una mera rappresentazione di cifre, per niente comprensibile, che nulla permetteva di concludere circa la solvibilità del fondo T.________ e che lo stesso insorgente ha riconosciuto di non aver capito. L'autorità cantonale ha inoltre rilevato che suddetto rapporto, oltre a produrre cifre che non si conciliavano con quelle del rapporto di revisione di quell'anno, non forniva indicazioni sulle problematiche sul tavolo, ovvero la provenienza e l'esatta collocazione/destinazione del denaro, l'ipotesi di utilizzo di soldi di nuovi clienti per permettere il disinvestimento di quelli vecchi, la questione della doppia contabilità e del connesso ipotetico raggiro della clientela, sicché non può essere seguito il ricorrente laddove afferma che agli occhi del CdA il rapporto non corroborava alcun concreto motivo di sospetto. Quanto alla scelta di far assistere il revisore contabile da E.E.________ e da D.________, considerata scellerata dai giudici cantonali, l'osservazione ricorsuale sulla pretesa natura "usuale" di tale modalità di verifica nelle revisioni risulta inconsistente e appellatoria. L'insorgente a ragione non sostiene che ciò sia il caso anche laddove le persone in questione siano oggetto di una denuncia penale, come in concreto. 
 
A torto il ricorrente pretende che, in modo arbitrario, la CARP avrebbe concluso circa il carattere fraudolento degli investimenti nei fondi gestiti da ii.________Inc. unicamente sulla base dello stretto legame della società americana con E.E.________ e D.________. Nulla di simile è infatti contenuto nella sentenza impugnata: l'autorità precedente ha semplicemente rilevato che, alla luce di tale legame noto al ricorrente, non era possibile fare acriticamente affidamento sull'"autocertificazione" di ii.________Inc., non documentata, in merito alla composizione del fondo T.________. Al proposito non vengono sollevate censure. 
 
8.   
Accertata la sua consapevolezza del sospetto di commissione di reati in seno alla società, per la CARP il ricorrente ha abbassato inaccettabilmente la guardia, comportandosi come se nulla fosse accaduto e se si fosse trattato di un falso allarme. Ha consentito la continuazione dell'attività senza nulla modificare e senza preoccuparsi di chiarire gli importanti dubbi sollevati inizialmente con l'avvio della procedura penale del 1999 e poi scaturenti da tutta una serie di indizi giunti a sua conoscenza in diverse forme e gradi. Benché a conoscenza delle accuse di malversazioni a carico dei direttori, dell'ipotesi di doppia contabilità, della situazione di scarsa redditività e dei costi sproporzionati della società, dei legami con ii.________Inc. e di riflesso con i due fondi d'investimento, nonché dei vari segnali preoccupanti, decidendo di non vedere e di non approfondire, oltre a esami di facciata, l'insorgente ha accettato il rischio che si commettessero delle frodi in seno a ff.________SA e che quindi, oltre a danneggiare gli investitori, si danneggiasse finanziariamente anche la stessa società. L'autorità precedente ha pertanto concluso sulla sussistenza di un dolo eventuale. 
 
8.1. Per il ricorrente tale conclusione sarebbe generica. Osserva che la sua conoscenza delle accuse a carico dei direttori della società si riferirebbe a un'unica denuncia di un cliente per fatti risalenti al 1992-1993. Quanto alla situazione di scarsa redditività e ai presunti costi sproporzionati della società, sarebbero elementi non contenuti nell'atto di accusa, quindi contrari al principio accusatorio, e sottratti a qualsiasi contraddittorio. Risulterebbero peraltro da un apprezzamento soggettivo della CARP e sarebbero talmente vaghi da neppure permetterne la verifica. L'autorità cantonale, criticando il suo mancato intervento, gli contesterebbe un'omissione imprecisata riconducibile a imprevidenza e trascuratezza. L'insorgente lamenta la violazione dell'art. 12 cpv. 2 CP. Pur ritenendo un dolo eventuale a suo carico, la CARP gli avrebbe mosso rimproveri riferibili unicamente a un comportamento negligente, considerando le misure da lui prese non adeguate o sufficientemente efficaci. Essa avrebbe dunque confuso il dolo eventuale con la negligenza. Peraltro il dolo sarebbe stato ritenuto senza considerare l'insieme delle circostanze. I giudici precedenti avrebbero stabilito la sua consapevolezza del rischio di malversazioni nell'ambito della gestione patrimoniale senza disporre di elementi sufficienti al riguardo e senza dimostrare che egli potesse accettare l'avverarsi di tale rischio. Non avrebbero infatti indicato quali doveri di diligenza avrebbe eventualmente violato e avrebbero negletto di considerare l'assenza di un valido movente. La CARP si limiterebbe a rimproverargli di non aver adottato i provvedimenti adeguati a meglio accertare la situazione. Secondo il ricorrente tuttavia il dolo eventuale si configurerebbe come un'azione e non come un'omissione di fare tutto il possibile, atteso che chi prende delle misure per verificare l'esistenza di un rischio dimostrerebbe di non desiderarne la realizzazione. Infine l'insorgente contesta pure che a suo carico possa essere ritenuto un dolo "meno eventuale" di quello del presidente del CdA, giudicato contemporaneamente, come invece ritenuto in sede cantonale senza alcuna motivazione.  
 
8.2. Giusta l'art. 12 cpv. 2 CP, commette con intenzione un crimine o un delitto chi lo compie consapevolmente e volontariamente. Basta a tal fine che l'autore ritenga possibile il realizzarsi dell'atto e se ne accolli il rischio. La seconda frase dell'art. 12 cpv. 2 CP definisce la nozione di dolo eventuale (DTF 133 IV 9 consid. 4), che sussiste laddove l'agente ritiene possibile che l'evento o il reato si produca e cionondimeno agisce, poiché prende in considerazione l'evento nel caso in cui si realizzi, lo accetta pur non desiderandolo (DTF 137 IV 1 consid. 4.2.3).  
 
In mancanza di confessioni, il giudice può, di regola, dedurre la volontà dell'interessato fondandosi su indizi esteriori e regole d'esperienza. Può desumere la volontà dell'autore da ciò che questi sapeva, laddove la possibilità che l'evento si produca era tale da imporsi all'autore, di modo che si possa ragionevolmente ammettere che lo abbia accettato (DTF 133 IV 222 consid. 5.3 pag. 226). Tra gli elementi esteriori, da cui è possibile dedurre che l'agente ha accettato l'evento illecito nel caso che si produca, figurano in particolare la gravità della violazione del dovere di diligenza e la probabilità, nota all'autore, della realizzazione del rischio. Quanto più grave è tale violazione e quanto più alta è la probabilità che tale rischio si realizzi, tanto più fondata risulterà la conclusione che l'agente, malgrado i suoi dinieghi, aveva accettato l'ipotesi che l'evento considerato si realizzasse (DTF 138 V 74 consid. 8.4.1; 135 IV 12 consid. 2.3.2 e rinvii). Altri elementi esteriori rivelatori possono essere il movente dell'autore e il modo nel quale egli ha agito (DTF 130 IV 58 consid. 8.4; 125 IV 242 consid. 3c). 
 
Il discrimine tra dolo eventuale e negligenza cosciente può rivelarsi delicato, poiché in entrambi i casi l'autore ritiene possibile che l'evento o il reato si produca. La differenza si opera quindi al livello della volontà e non della coscienza. Vi è negligenza, e non dolo, qualora l'autore, per un'imprevidenza colpevole, agisce presumendo che l'evento, che ritiene possibile, non si realizzi. Vi è per contro dolo eventuale quando l'autore ritiene possibile che tale evento si produca e ciononostante agisce, poiché lo prende in considerazione nel caso in cui si realizzi, accettandolo pur non desiderandolo (DTF 133 IV 1 consid. 4.1, 9 consid. 4.1; 130 IV 58 consid. 8.3). 
 
Ciò che l'autore sapeva, voleva o ha preso in considerazione sono questioni di fatto (DTF 138 V 74 consid. 8.4.1 e rinvii) che vincolano di principio il Tribunale federale, tranne quando i fatti sono stati accertati in modo manifestamente inesatto o in violazione del diritto (v. art. 105 LTF). 
 
8.3. Dagli accertamenti cantonali risulta in particolare che, venuto a conoscenza dei sospetti di commissione di reati nell'ambito dell'attività di ff.________SA, il consiglio d'amministrazione ha disposto una verifica a cura di N.________, coadiuvato proprio dalle persone denunciate. Il rapporto scaturitone, che lo stesso ricorrente ha ammesso non aver compreso, non ha trattato le problematiche sollevate in occasione della riunione del CdA del 13 ottobre 1999. La CARP ha inoltre evidenziato come, alla luce del fallimento del progetto edilizio riconducibile all'insorgente e finanziato per il tramite delle società mm.________/ nn.________, i disinvestimenti risultanti nella finca "oo.________/mm.________-nn.________" della tabella N.________ non potevano essere considerati delle restituzioni agli investitori del capitale, bensì delle chiare perdite. Doveva pertanto sorgere il sospetto che i clienti erano stati tenuti tranquilli con l'inserimento nel loro portafoglio di titoli T.________/ U.________. Egli avrebbe inoltre dovuto dubitare della copertura del fondo statunitense, atteso che la concessione di quote per oltre 8'000'000.-- di dollari non si conciliava con pretesi investimenti residui, indicati nel "rapporto N.________", di 7'334'082.66 di dollari. Ulteriori timori sulla correttezza della gestione societaria risultavano poi dalla diminuzione dei ricavi, malgrado un esponenziale aumento della massa in gestione, e dalla sempre maggiore dipendenza economica di ff.________SA dalle commissioni di consulenza di ii.________Inc., sulla cui criticità la CFB era intervenuta più volte. I costi sproporzionati e la scarsa redditività emergono poi dai rapporti di revisione (v. sentenza impugnata pag. 132) e non sono dunque il risultato di un apprezzamento soggettivo della CARP, come preteso nel gravame. A ciò aggiungasi che lo stesso insorgente ha ammesso di essersi accorto che i dati forniti al CdA relativi alla massa in gestione divergevano, almeno per alcuni anni, da quelli riportati nei rapporti di revisione. Quale altro segnale d'allarme la CARP ha anche rilevato la petizione con cui un cliente di ff.________SA ha adito le vie legali a causa della mancata consegna, nonostante i ripetuti richiami, degli estratti conto. Considerato il contesto del momento, le affermazioni ivi contenute avrebbero dovuto apparire quantomeno inquietanti. Eloquente è poi lo scritto trasmesso dall'insorgente a ff.________SA con l'indicazione "attestazione su carta ii.________". I giudici cantonali hanno osservato che, oltre a comprovare la sua piena consapevolezza sul legame esistente tra le due entità, tale atteggiamento dimostrava che le dichiarazioni consegnate alla clientela non erano il frutto di un lavoro scientifico, ma di autocertificazioni.  
 
Alla luce di tutti questi elementi, la gestione di ff.________SA dava adito a più di un sospetto. Benché la promozione dell'accusa nei confronti di E.E.________, D.________ e L.________ fosse circoscritta al risanamento della società, come obiettato nel gravame, essa costituiva nondimeno un'importante spia di malagestione a carico di persone che ancora avevano in mano le redini di ff.________SA. Ciò posto e visto l'andamento finanziario della società, nonché la struttura dei suoi ricavi, non poteva che risultare molto alta la probabilità di una perdurante malagestione societaria. Accontentandosi di un rapporto lacunoso e addirittura silente se rapportato alle problematiche sollevate nel corso della riunione del CdA del 13 ottobre 1999, il comportamento del ricorrente appare gravemente lesivo del suo dovere di diligenza verso la società che amministrava (art. 717 cpv. 1 unitamente all'art. 716a cpv. 1 CO). Non dissipando i timori di una doppia contabilità e di utilizzo di fondi di nuovi clienti per tacitare quelli che volevano disinvestire, in particolare, l'insorgente ha dimostrato di accettare simile eventualità e quindi di commettere una grave negligenza nell'esercizio della sua professione. Tenuto conto dell'alta probabilità che il rischio si realizzi e considerata la grave violazione del dovere di diligenza del ricorrente, la conclusione della CARP sulla sussistenza del dolo eventuale non appare dunque lesiva dell'art. 12 cpv. 2 CP. E questo a prescindere dal mancato accertamento sui moventi dell'insorgente. Secondo la giurisprudenza il movente è infatti solo uno degli elementi da cui è possibile dedurre il dolo (v. supra consid. 8.2). 
 
Quanto al paragone con il dolo ritenuto a carico del presidente della società, la sentenza impugnata resiste alle critiche ricorsuali. Se è vero che il presidente ha un ruolo predominante in seno al CdA (v. art. 713 cpv. 1, art. 715 seg. CO) e che C.________ rivestiva questa veste già all'epoca del risanamento, l'insorgente omette di confrontarsi con gli accertamenti cantonali che hanno condotto la CARP a ritenere in capo al presidente una consapevolezza meno diretta e palese rispetto alla sua della gravità della situazione societaria e dei rischi che pesavano su di essa. Il ricorrente infatti era consapevole dello stretto legame di ff.________SA con ii.________Inc., avendo egli messo a disposizione di E.E.________ e di D.________ la pp.________Familenstiftung, allo scopo di intestarle le azioni della società americana detenute da questi ultimi, ed essendo ancora lui a fare in modo che le stesse venissero poi trasferite a un trust, i cui aventi diritto erano sempre E.E.________ e D.________. L'insorgente intratteneva inoltre uno stretto rapporto di amicizia e professionale con E.E.________, considerato il principale artefice delle malversazioni societarie, ed era coinvolto direttamente in tutte le attività della società, come emerge dalle dichiarazioni del teste Q.________ citate dalla CARP. Contrariamente al presidente, che era attivo sulla piazza zurighese, il ricorrente era vieppiù spesso presente in sede di ff.________SA. 
 
9.   
Quale ulteriore atto di cattiva gestione a carico del ricorrente, la CARP ha ritenuto la locazione alla società di 7 locali in uno stabile di sua proprietà per un canone annuo pari a fr. 90'000.-- per il periodo compreso dal 1° ottobre 2000 al giugno 2004, senza che i vani siano mai stati occupati dalla stessa. 
 
9.1. Il ricorrente rileva l'assenza di dimostrazione del carattere inadeguato della pigione, della contrarietà agli interessi commerciali di ff.________SA del contratto di locazione, oppure ancora dell'esercizio da parte sua di un'indebita pressione volta alla conclusione di tale contratto. Rimprovera inoltre alla CARP di non aver evaso l'obiezione difensiva, secondo cui l'addebito di un'eventuale spesa inutile e sproporzionata avrebbe dovuto essere rivolto agli altri membri del CdA e non all'insorgente.  
 
Sul tema, oltre a rilevare che nel periodo in questione la società aveva già difficoltà ad attraversare il guado, come ritenuto dalla CARP, gli opponenti 7-16 evidenziano che, tenuto conto del mancato utilizzo dei vani da parte della società, le pigioni sono state corrisposte unicamente nell'interesse economico dell'insorgente. 
 
9.2. Posto come i locali non siano mai stati occupati dalla società, la loro locazione non appare avere alcuna giustificazione commerciale, di modo che le pigioni pagate costituiscono delle spese sproporzionate ai sensi dell'art. 165 CP (v. supra consid. 4) e questo a prescindere da un'eventuale inadeguatezza del loro importo.  
Ciò premesso, si rivela invece fondata la (implicita) censura di violazione del diritto di essere sentito (su tale diritto v. DTF 139 IV 176 consid. 2.2; 136 I 229 consid. 5.2) per la mancata trattazione dell'obiezione difensiva. Risulta infatti dal verbale del dibattimento dinanzi alla CARP (pag. 29) che l'insorgente ha sostenuto che il rimprovero relativo alla locazione dei locali mai utilizzati avrebbe dovuto essere mosso non a lui, bensì al CdA della società. I giudici precedenti sono rimasti silenti al riguardo, malgrado l'argomento non appaia privo di rilevanza ai fini del giudizio. Sembra di capire che il contratto di locazione sia stato concluso da un lato dal ricorrente, in veste di locatore, e dall'altro da ff.________SA, in veste di conduttrice. Non è dato tuttavia di sapere chi abbia rappresentato la società, se l'insorgente o un altro organo della società. In quest'ultima ipotesi, l'infrazione non potrebbe essere imputata al ricorrente, ma alla persona fisica che ha agito in qualità di organo o membro di un organo della persona giuridica (vecchio art. 172 CP rispettivamente nuovo art. 29 lett. a CP). Sicché l'insorgente non potrebbe essere ritenuto autore dell'infrazione, ma tutt'al più istigatore se dati i presupposti di cui all'art. 24 CP. Nel caso in cui ff.________SA fosse stata rappresentata dal ricorrente medesimo, questi avrebbe concluso un cosiddetto negozio con sé stesso. Secondo la giurisprudenza, il contratto con sé stesso è per principio inammissibile a causa del conflitto di interessi che di regola comporta. Il negozio giuridico concluso in tal modo è pertanto nullo, a meno che la natura dell'atto escluda il rischio di pregiudizio per il rappresentato, che questi abbia specialmente autorizzato il rappresentante ad agire con sé stesso, o che abbia successivamente ratificato l'atto. Queste regole si applicano pure ai casi di rappresentanza di una persona giuridica tramite i suoi organi. Anche in una simile eventualità, in presenza di un rischio di pregiudizio per la società, è necessaria un'esplicita autorizzazione o una successiva ratifica da parte di un organo paritario o superiore (DTF 127 III 332 consid. 2a). Considerato il conflitto di interessi, l'insorgente non poteva quindi rappresentare da solo ff.________SA e l'addebito di cattiva gestione avrebbe dovuto essere mosso anche a chi ha autorizzato, rispettivamente ratificato il contratto. Ciò non toglie che, avendo agito come organo della società, la condanna del ricorrente sarebbe da confermare, giacché nel diritto penale ognuno risponde del proprio agire, l'eventuale comportamento antigiuridico altrui non discrimina né attenua la responsabilità per azioni o omissioni imputabili a propria colpa (DTF 122 IV 17 consid. 2c/bb pag. 24; v. pure sentenza 6B_310/2014 del 23 novembre 2015 consid. 3.9.5). La CARP dovrà pronunciarsi in merito, dopo aver completato i fatti e nel rispetto del principio accusatorio. 
 
 
10.   
Il ricorrente è stato riconosciuto anche autore colpevole di ripetuta falsità in documenti, per aver fatto intenzionalmente uso con i suoi clienti qq.________, R.________, gg.________Inc. e hh.________Corp. SA di false attestazioni patrimoniali, che la CARP ha definito dei falsi ideologici. 
 
10.1. Pur ammettendo la natura di documento degli estratti patrimoniali presentati alla clientela, l'insorgente contesta sia la ritenuta loro falsità sia il loro uso a scopo di inganno. I riepiloghi degli estratti patrimoniali in atti relativi ai cosiddetti "clienti indiretti" altro non sarebbero che la trascrizione degli estratti conto delle banche presso cui erano depositati i titoli. Per quanto concerne la cliente "diretta" qq.________, a cui peraltro non avrebbe neppure sottoposto il documento, l'estratto conto esprimerebbe il saldo attivo, ossia il riconoscimento di un debito di ff.________SA nei confronti della cliente, e conterrebbe la posizione degli investimenti, indicando i titoli e il loro valore di quotazione. La CARP neppure preciserebbe quali circostanze sarebbero state attestate in modo inveritiero, tenuto peraltro conto che, in relazione agli investimenti nei fondi T.________ e U.________, non risulterebbe il deposito di quote inesistenti o diverse da quelle effettivamente di pertinenza della cliente, né un NAV (net asset value, valore dell'attivo netto) diverso da quello pubblicato da TeleKurs. Non vi sarebbero inoltre riscontri di un'intenzione dell'insorgente di indurre i clienti in errore.  
 
10.2. Si rende colpevole di falsità in documenti segnatamente chi, al fine di nuocere al patrimonio o ad altri diritti di una persona o di procacciare a sé o ad altri un indebito profitto, fa uso a scopo d'inganno, di un documento falso o menzognero (art. 251 n. 1 cpv. 3 CP; sulle nozioni di documento, di falsità materiale rispettivamente ideologica v. DTF 142 IV 119 consid. 2.1-2.2 con rinvii). Vi è uso di un documento ove il documento come tale sia reso accessibile alla persona destinata a essere ingannata (DTF 120 IV 122 consid. 5c/cc pag. 131). Il reato è intenzionale, il dolo eventuale è sufficiente. L'autore deve inoltre agire allo scopo di nuocere al patrimonio o ad altri diritti di una persona o di procacciare a sé o ad altri un indebito profitto, precisato che non deve sapere in cosa consista questo profitto (DTF 138 IV 130 consid. 3.2.4). Egli deve viepiù agire con lo scopo di inganno, che risulta dato dal semplice impiego nel circuito giuridico del documento falso o menzognero. L'inganno dev'essere volto a suscitare un'errata rappresentazione circa l'autenticità o la veridicità del documento (DTF 141 IV 369 consid. 7.4).  
 
10.3. La CARP ha fondato l'accertamento del carattere inveritiero dei documenti in parola sulla perizia EFIN, questa facendo stato di discrepanze tra il contenuto degli stessi e la reale situazione patrimoniale dei clienti interessati. Il ricorrente non pretende che l'autorità cantonale abbia valutato in modo arbitrario tale perizia e nemmeno che questa fosse inconcludente o lacunosa in punto alla natura menzognera dei documenti. La censura si riduce a una critica di stampo appellatorio e risulta pertanto inammissibile. L'insorgente adduce pure l'impossibilità di imputargli l'uso di documenti con riferimento alla cliente qq.________, non sussistendo riscontri probatori al riguardo. Disattende tuttavia come proprio dai verbali di interrogatorio del 13 gennaio 2005 rispettivamente del 29 settembre 2010, che cita a sostegno della sua argomentazione, risulta che, se da un lato ha riferito che i clienti avevano dei contatti regolari con E.E.________, dall'altro ha ammesso di aver trasmesso regolarmente agli stessi le situazioni patrimoniali (v. verbali citati pag. 6 rispettivamente pag. 5), ciò che ne configura senza dubbio un uso ai sensi dell'art. 251 CP. A riprova del dolo, la CARP si è richiamata alla richiesta formulata dall'insorgente di far attestare su carta ufficiale della società dati da lui stesso predefiniti, trasmessa a ii.________Inc. per il tramite di ff.________SA. Tale richiamo, contrariamente a quanto preteso nel gravame, non appare insostenibile. Infatti, tra i documenti oggetto dell'imputazione di falsità figurano anche le attestazioni della società americana (v. allegato 15 n. 31 alla perizia EFIN esplicitamente menzionato nella sentenza impugnata pag. 235). Lo scritto del ricorrente non si limitava a chiedere una conferma o una garanzia alla ii.________Inc. per gli investimenti della cliente gg.________Inc., ma conteneva un testo ben definito, che avrebbe dovuto essere riportato su "carta ii.________". Per il resto i giudici precedenti hanno ritenuto che l'insorgente conosceva il carattere inveritiero dei documenti in parola ed è solo a comprova di ciò che essi hanno citato la predetta richiesta, di modo che il fatto che sia posteriore all'uso di documenti inveritieri imputato nulla muta. Questa consapevolezza costituisce un accertamento di fatto (v. supra consid. 8.2), vincolante in questa sede (art. 105 cpv. 1 LTF) in difetto di un'adeguata censura ai sensi dei combinati disposti art. 97 cpv. 1 e 106 cpv. 2 LTF. Quanto all'uso a scopo di inganno, quello di indebito profitto rispettivamente di nocumento al patrimonio o altri diritti di una persona non essendo contestato, esso risulta già dato dall'uso dei documenti come se fossero veritieri (v. supra consid. 10.2).  
 
11.   
L'insorgente è stato condannato anche per titolo di truffa ai danni di R.________ e dell'ormai defunto marito, per averli indotti a trasferire in data 28 marzo 2000 a favore della ii.________Inc. l'importo di fr. 1'658'273.79 (controvalore) per essere investito nei fondi T.________ e U.________, sottacendo loro che, quanto meno a far tempo dal novembre 1999, erano sprovvisti della necessaria copertura e dovendo sapere che di conseguenza non sarebbe stato fatto alcun investimento, ma che i loro averi sarebbero stati utilizzati per risarcire altri clienti che chiedevano il disinvestimento. In sostanza, su consiglio del ricorrente, che conoscevano da 25 anni e di cui si fidavano, R.________ (classe 1930) e il marito hanno venduto uno stabile di cui erano proprietari e conferito a ff.________SA il mandato di amministrare il provento della vendita, ovvero un importo superiore ai 6 milioni di franchi. L'insorgente non ha mai illustrato loro le caratteristiche legate agli investimenti nei citati fondi. Ritenuta la posizione di garante del ricorrente, la CARP ha ravveduto l'inganno astuto, da un lato, nell'aver omesso di rendere attenti i clienti sul fatto che ff.________SA navigasse in acque burrascose e che i capitali affidatile venivano sistematicamente malversati, dall'altro lato, nell'aver evitato di informarli compiutamente sulle caratteristiche dei fondi di investimento in questione e del fatto che i soldi sarebbero stati utilizzati per altri scopi. 
 
11.1. Secondo il ricorrente, la CARP avrebbe omesso di descrivere la fattispecie, non indicando esattamente quali atti penalmente rilevanti avrebbe compiuto. Contesta che il suo consiglio di affidare la gestione di parte del patrimonio a ff.________SA e di sottoscrivere investimenti nei citati fondi possa costituire un inganno astuto. Peraltro non sussisterebbe alcuna prova sul momento in cui il denaro sarebbe stato utilizzato per altri scopi o sul fatto che egli potesse sospettarlo. La CARP non avrebbe rilevato alcun suo interesse personale o indebito profitto, risultante dal comportamento rimproveratogli. Infine, essa avrebbe ammesso il dolo senza disporre di sufficienti elementi in merito alla sua consapevolezza di un concreto e serio rischio di malversazione dei fondi e senza dimostrare che egli potesse accettare la realizzazione di tale rischio.  
 
11.2. Giusta l'art. 146 cpv. 1 CP si rende colpevole di truffa chiunque, per procacciare a sé o ad altri un indebito profitto, inganna con astuzia una persona affermando cose false o dissimulando cose vere, oppure ne conferma subdolamente l'errore inducendola in tal modo ad atti pregiudizievoli al patrimonio proprio o altrui. Sotto il profilo oggettivo, il reato presuppone che l'autore abbia usato l'inganno, ovvero abbia adottato un comportamento volto a suscitare in una persona una rappresentazione di fatti oggettivi presenti o passati diversi dalla realtà. Esso può anche risultare da atti concludenti (DTF 140 IV 11 consid. 2.3.2). Vi è inganno mediante la dissimulazione di cose vere quando l'autore si adopera, con le sue affermazioni o i suoi atti, a nascondere la realtà. Se si limita a tacere o a non rivelare un fatto, gli può essere imputato un inganno solo se si trovava in una posizione di garante, ossia se aveva, in virtù della legge, di un contratto o di un particolare rapporto di fiducia, un obbligo di informare (sentenza 6B_587/2012 del 22 luglio 2013 consid. 4.1). L'inganno dev'essere astuto (sulla nozione d'astuzia v. DTF 135 IV 76 consid. 5.2 pag. 81 con rinvii) e deve aver provocato nella persona ingannata un errore, o confermato un errore pregresso. Tale errore deve averla indotta ad atti pregiudizievoli al proprio patrimonio o a quello di un terzo, purché in questo caso ella sia responsabile della sfera patrimoniale del danneggiato e abbia su tale patrimonio un potere di disposizione quantomeno di fatto (DTF 133 IV 171 consid. 4.3). Sotto il profilo soggettivo, l'autore deve aver agito intenzionalmente e allo scopo di procacciare a sé o ad altri un indebito profitto (DTF 122 IV 246 consid. 3a), precisato che il dolo eventuale è sufficiente anche per lo scopo di indebito profitto (v. DTF 118 IV 32 consid. 2a pag. 34).  
 
11.3. L'inganno imputato al ricorrente consiste nella dissimulazione di cose vere, sottacendo la reale situazione di ff.________SA e dei fondi d'investimento. Ciò presuppone una posizione di garante che la CARP ha riconosciuto in capo all'insorgente e che nel gravame non viene contestata. Da quanto esposto in relazione al reato di cattiva gestione risulta che l'insorgente già nel novembre 1999 sapeva che l'attività di ff.________SA dava adito a pesanti sospetti di malversazioni ai danni dei clienti, segnatamente in relazione all'utilizzo di fondi di nuovi clienti per tacitare coloro che volevano disinvestire, e che la problematica riguardava in particolare i citati fondi d'investimento, di cui uno è stato oggetto del più volte citato inconcludente "rapporto N.________". Queste circostanze non sono state riferite a R.________ e al marito. Si deve dunque concordare con i giudici cantonali laddove rimproverano al ricorrente la dissimulazione di cose vere e quindi un inganno. Anche il carattere astuto dell'inganno va confermato. La CARP ha stabilito che nell'arco di 25 anni il ricorrente era riuscito a costruire un rapporto di cieca fiducia e che i coniugi non avevano dimestichezza alcuna con il mondo della finanza. L'insorgente tenta di contestare quest'ultimo accertamento con un'argomentazione inconsistente e appellatoria, disattendendo, da un lato, che esso si fonda sulle dichiarazioni di R.________ - che nemmeno cerca di mettere in dubbio - e, dall'altro, che il patrimonio liquido di oltre 6 milioni di franchi nulla lascia dedurre in merito alla dimestichezza dei coniugi con il mondo della finanza, costituendo il provento della vendita del loro stabile. Ciò posto, i giudici cantonali hanno ritenuto che il ricorrente, oltre ad avvalersi di documentazione falsa, ha sfruttato la fiducia e la fragilità dei coniugi, potendo confidare nel fatto che non avrebbero mai effettuato alcuna verifica. Considerata pure l'accertata e non contestata assenza di una corresponsabilità delle persone ingannate, l'astuzia appare data. Infine, l'esistenza di un errore non è censurata e non v'è pertanto motivo di attardarsi sulla questione. Il ricorrente non nega peraltro che, sotto l'influenza di questo errore, i coniugi R.________ hanno effettuato degli atti pregiudizievoli al proprio patrimonio, poco importa al riguardo sapere a che momento i soldi trasferiti siano stati utilizzati per scopi diversi. In merito all'aspetto soggettivo della truffa, la CARP, richiamando quanto esposto in relazione al reato di cattiva gestione, ha ricordato la consapevolezza del ricorrente dei grossi rischi che i denari investiti nei fondi, la cui solidità era tutt'altro che scontata, fossero utilizzati per scopi diversi da quelli illustrati e andassero quindi persi. Tuttavia, come rettamente osservato nel ricorso, non si pronuncia minimamente sullo scopo di indebito profitto richiesto dall'art. 146 CP, di modo che questo Tribunale non può verificare l'adempimento del reato e quindi la correttezza della condanna a questo titolo. La CARP dovrà quindi esaminare compiutamente l'aspetto soggettivo della truffa, completando se del caso l'accertamento dei fatti.  
 
12.   
La condanna per ripetuta amministrazione infedele aggravata si riferisce a dieci fattispecie in cui il ricorrente ha agito nella sua qualità di amministratore patrimoniale della clientela indiretta di ff.________SA, commesse tra il gennaio 2000 e l'agosto 2004. Trattasi di clienti diretti dell'insorgente con i quali era legato da un contratto di mandato di gestione patrimoniale. In sette casi, l'insorgente ha bonificato vari importi a debito delle relazioni bancarie intestate rispettivamente a S.________, gg.________Inc., rr.________Corp., K.________, hh.________Corp. SA, ss.________Familienstiftung, nonché tt.________Familienstiftung, a favore di relazioni intestate a ff.________SA, ii.________Inc. o uu.________Familenstiftung, per essere poi investiti nei fondi T.________ e U.________. Nelle altre tre fattispecie, il ricorrente ha sottoscritto, all'insaputa dei clienti, la messa a pegno degli averi riconducibili rispettivamente a vv.________Inc., ww.________Familenstiftung, nonché yy.________Familenstiftung, a favore di conti intestati rispettivamente a ii.________Inc., vv.________Inc., nonché a ff.________SA. 
 
12.1. Si rende colpevole di amministrazione infedele chiunque, obbligato per legge, mandato ufficiale o negozio giuridico ad amministrare il patrimonio altrui o a sorvegliarne la gestione, mancando al proprio dovere, lo danneggia o permette che ciò avvenga (art. 158 n. 1 cpv. 1 CP). L'amministrazione infedele è aggravata se l'autore ha agito per procacciare a sé o ad altri un indebito profitto (art. 158 n. 1 cpv. 3 CP), laddove per profitto s'intende ogni vantaggio patrimoniale (v. sentenza 6B_494/2015 del 25 maggio 2016 consid. 2.5.1).  
 
Sotto il profilo oggettivo il reato presuppone una posizione di gestore dell'autore, una violazione di un obbligo scaturente da tale posizione e un danno. Sotto quello soggettivo, l'autore deve aver agito intenzionalmente, il dolo eventuale è sufficiente (DTF 129 IV 124 consid. 3.1 e 120 IV 190 consid. 2b relative al vecchio art. 159 CP i cui principi sono stati ribaditi nella sentenza 6B_310/2014 del 23 novembre 2015 consid. 3.1 concernente l'attuale art. 158 CP). 
 
12.2. Il ricorrente contesta innanzitutto la realizzazione della forma aggravata del reato, in assenza della quale esso sarebbe prescritto. La CARP non accerterebbe un suo personale indebito profitto né indicherebbe chi l'avrebbe ottenuto, quando e in che misura.  
 
Senza procedere a un distinguo tra i bonifici finalizzati a investimenti nei già citati fondi e le messe a pegno, la CARP ha ravvisato l'indebito profitto nel denaro contante che l'insorgente faceva pervenire a ff.________SA (tramite ii.________Inc.) che poi veniva utilizzato come se fosse di pertinenza della società e delle persone che vi gravitavano attorno. Ha inoltre aggiunto che la copertura di tutte le spese di ff.________SA, incluso quanto corrisposto al ricorrente a titolo di indennità per il CdA e di pigioni, era garantita esclusivamente dagli apporti in contanti dei nuovi clienti, di modo che anche quanto percepito dall'insorgente dev'essere considerato un indebito profitto. 
 
In tal modo la CARP descrive il destino riservato almeno in parte ai fondi che il ricorrente ha bonificato a ff.________SA rispettivamente a ii.________Inc. Nulla indica invece sugli scopi in quanto tali perseguiti dall'insorgente. Sennonché l'aggravante di cui all'art. 158 n. 1 cpv. 3 CP è data se, oltre ad agire intenzionalmente in relazione agli elementi costitutivi del reato, l'autore è mosso dallo scopo di procacciare a sé o ad altri un indebito profitto. La sentenza impugnata tuttavia nulla accerta in merito. Nemmeno ritiene che l'insorgente sapesse o dovesse perlomeno presumere che ff.________SA si trovava in una situazione tale che riusciva a far fronte alle proprie spese solo grazie alla distrazione del denaro che le perveniva per essere investito. Appaiono peraltro dubbie le considerazioni della CARP laddove ravvede un indebito profitto personale dell'insorgente per quanto corrispostogli dalla società a titolo di indennità per il CdA e di pigioni, poiché non accerta che tali prestazioni dipendevano direttamente dall'apporto di fondi di nuovi clienti. L'opponente 16 osserva che il ricorrente avrebbe ricevuto nel corso degli anni importanti retrocessioni per l'apporto di nuova clientela, di modo che lo scopo di indebito profitto sarebbe dato. Nella replica viene apoditticamente contestata tale conclusione, ma non le retrocessioni. Al proposito occorre rilevare che la CARP non accerta esplicitamente il versamento di retrocessioni, che pur sembra ritenere implicitamente, menzionandole al momento di commisurare la pena (v. sentenza impugnata pag. 250). Tuttavia non è dato di sapere se siano legate agli atti oggetto dell'imputazione di amministrazione infedele, non è quindi possibile stabilire se, percependo le retrocessioni, il ricorrente abbia agito per procacciare a sé un indebito profitto. 
 
In assenza di (sufficienti) accertamenti sullo scopo perseguito dal ricorrente, questo Tribunale non può esaminare l'applicazione dell'art. 158 n. 1 cpv. 3 CP. La CARP dovrà dunque completare i fatti e ripronunciarsi sul tema. 
 
12.3. Secondo l'insorgente, che non contesta il suo ruolo di gestore, la CARP avrebbe misconosciuto la natura istantanea del reato, nella misura in cui ritiene che il danno sia intervenuto in seguito alla mancata restituzione dei fondi investiti, nell'ambito della liquidazione della società intervenuta diversi anni dopo. Tuttavia non si saprebbe in che momento tali fondi possano essere considerati persi, in particolare se il danno sia sopravvenuto immediatamente dopo il loro conferimento. L'ipotesi di un uso sistematico del denaro investito nei fondi per il pagamento delle spese generali di ff.________SA non si fonderebbe su alcun accertamento oggettivo.  
 
L'amministrazione infedele è un reato di lesione (  Verletzungsdelikt; 129 IV 124 consid. 3.1) che implica, affinché sia consumato, un danno patrimoniale. Contrariamente all'opinione del ricorrente non è necessario che il danno sia la conseguenza immediata e diretta del comportamento del gestore, è sufficiente che questi permetta a un terzo di provocarlo (BERNARD CORBOZ, Les infractions en droit suisse, vol. I, 3 aed. 2010, n. 10 ad art. 158 CP). Ciò posto, l'insorgente non si confronta compiutamente con quanto rilevato nella sentenza impugnata. La CARP ha accertato che le perdite sono il risultato delle malversazioni di coloro che operavano in seno a ff.________SA, di modo che il trasferimento di capitali alla società ne ha inevitabilmente e prevedibilmente comportato un utilizzo delittuoso e dunque un danno: il ricorrente ha consegnato i fondi amministrati a una società che non li avrebbe utilizzati nell'interesse degli aventi diritto. Egli inoltre sapeva che gli investimenti nei due fondi erano l'unica tipologia di utilizzo di denaro che si faceva in ff.________SA, sicché, come osservato dai giudici cantonali, risulta infruttuoso sostenere che la scelta delle modalità di collocamento dei soldi fosse addebitabile unicamente alla società. In simili circostanze appare vana l'obiezione del ricorrente secondo cui non avrebbe arrecato direttamente il danno, non avendo egli predisposto concreti atti di investimento.  
 
12.4. In relazione all'aspetto soggettivo, l'insorgente ritiene che il dolo avrebbe dovuto essere negato a fronte di rimborsi degli investimenti di cui hanno beneficiato almeno parzialmente alcuni clienti. Rileva poi come non sia stato accertato che egli abbia conferito mandati o trasferito fondi a ff.________SA dopo essere venuto a conoscenza di circostanze qualificanti un rischio di insolvenza. Una sua consapevolezza delle irregolarità operative e gestionali della società avrebbe potuto essere dedotta, semmai, se avesse adottato un'attitudine diversa da quella avuta, ossia se si fosse astenuto sistematicamente dall'affidare alla stessa, di cui era azionista e vice presidente del CdA, la gestione dei risparmi dei suoi più affezionati clienti. D'altronde la sua buona fede in merito alla solvibilità dei fondi d'investimento sarebbe pure dimostrata dal suo impegno personale nei confronti dell'opponente 18 a garantire solidalmente, in caso di inadempienza di ii.________Inc., il rimborso del valore di disinvestimento dei titoli T.________ e U.________, elemento arbitrariamente negletto dalla CARP. Inoltre i giudici cantonali avrebbero concluso per la sussistenza di un dolo eventuale senza disporre di elementi sufficienti in merito alla consapevolezza che, trasferendo il denaro dei suoi clienti, creasse un rischio concreto e serio di un danno e senza dimostrare che egli potesse accettare la realizzazione di tale rischio.  
 
12.4.1. Per l'autorità cantonale, il ricorrente ha agito con dolo eventuale. A conoscenza del rischio che in ff.________SA si commettessero delle malversazioni ai danni dei clienti, con particolare riferimento al fondo T.________, egli era cosciente che qualsiasi trasferimento di denaro alla stessa o a ii.________Inc. fosse indubbiamente svantaggioso e rischioso. L'insorgente ha assunto e accettato il rischio che il patrimonio dei clienti che si fidavano di lui subisse nocumento.  
 
12.4.2. Per quanto già esposto in merito al reato di cattiva gestione (v. supra consid. 8.3), non risulta arbitraria l'accertata consapevolezza del ricorrente sui rischi inerenti l'attività di ff.________SA e i fondi di investimento. Dal fatto di aver effettuato cospicui trasferimenti di denaro dei suoi clienti senza aver dissipato i timori di malversazioni non si può che dedurre che abbia anche accettato tale rischio, pur non desiderandolo. Nulla muta a questo riguardo l'impegno del ricorrente a rispondere solidalmente del disinvestimento dell'opponente 18. Non si conoscono e, salvo un generico rinvio a una sentenza della Pretura, nemmeno il gravame espone le circostanze in cui tale impegno è stato assunto. Nelle sue osservazioni l'opponente 18 le menziona brevemente, trattasi però di fatti che questo Tribunale non può considerare, non essendo accertati nella sentenza impugnata (art. 105 cpv. 1 LTF). Da quest'ultima emerge unicamente che suddetto impegno è stato preso con scritto del 14 giugno 2004, ovvero in un periodo in cui la CFB si interessava da vicino all'attività di ff.________SA (v. supra fatti A.e). Peraltro non risulta, né il ricorrente pretende, che si sia impegnato anche nei confronti di tutti gli altri clienti interessati, di modo che non può essere desunto alcunché in relazione all'invocata buona fede. È vero che, nell'esame del dolo, la CARP non ha tenuto conto dei (parziali) rimborsi che pur accerta. Se ne deve dedurre che li ha considerati irrilevanti, ciò che non appare arbitrario. Infatti, considerato che uno dei sospetti sollevati già nella riunione del CdA del 13 ottobre 1999, su cui non è stata fatta luce, concerneva l'ipotesi che il disinvestimento di alcuni clienti fosse finanziato attraverso denaro di nuovi clienti, il (parziale) rimborso di cui hanno beneficiato alcuni suoi clienti diretti nulla permette di concludere in merito alla bontà degli investimenti e alla buona fede del ricorrente. Ininfluente risulta infine l'obiezione secondo cui non avrebbe trasferito capitali alla società una volta a conoscenza di circostanze qualificanti un rischio di insolvenza. L'avesse fatto, si porrebbe eventualmente la problematica di un dolo diretto.  
 
12.5. Il ricorrente si china poi su ciascuna delle fattispecie relative ai trasferimenti di denaro. Le relative censure saranno trattate nella misura in cui concernono questioni non evase nei considerandi che precedono (v. supra consid. 12.3 e 12.4).  
 
12.5.1. In relazione alle condanne per amministrazione infedele ai danni di ss.________Familienstiftung e di tt.________Familienstiftung, l'insorgente lamenta un accertamento manifestamente errato del danno. Questo non si desumerebbe dal rapporto EFIN. Peraltro nessuna delle due fondazioni si sarebbe costituita accusatrice privata e nemmeno avrebbe fatto valere la propria pretesa nella graduatoria, per cui si può dedurre che siano state rimborsate.  
La censura è infondata. Riferendosi al rapporto EFIN e al relativo allegato 6B, la CARP ha ritenuto un danno pari a fr. 402'313.73 per ss.________Familienstiftung e a fr. 129'525.40 per tt.________Familienstiftung. Se è vero che nel citato allegato 6B, l'EFIN menziona esclusivamente trasferimenti di denaro per i citati importi dai conti delle due fondazioni, senza specificare che vi sia stato un danno, tale danno risulta inequivocabilmente dall'allegato 6del rapporto EFIN costituito da una tabella riassuntiva del denaro raccolto dai clienti indiretti di ff.________SA per i quali è stato ritenuto uno scoperto. Nella finca relativa ai rimborsi per entrambe le fondazioni è indicato l'importo di fr. 0.0, mentre in quella concernente lo scoperto figurano le somme sopraccitate, cosicché gli accertamenti contestati non appaiono arbitrari. Che le due entità non si siano costituite accusatrici private nulla muta perché, oltre al fatto che non ci si trova in una costellazione in cui l'amministrazione infedele sarebbe punibile unicamente a querela di parte (art. 158 n. 3 CP), da ciò non è possibile dedurre l'inesistenza di un danno, ma unicamente la rinuncia a partecipare al procedimento penale e a far valere in questo contesto pretese civili. Quanto poi al riferimento alla graduatoria, quella in atti non elenca singolarmente i creditori e le relative pretese, di modo che le asserzioni ricorsuali si fondano su fatti non accertati e su prove non contenute nell'incarto e risultano pertanto inammissibili. Abbondanzialmente rilevasi che l'assenza di una pretesa in graduatoria da sola non permette di escludere l'esistenza di un danno, ma soltanto di concludere per l'eventuale volontà del creditore di rinunciare a far valere la sua pretesa. Infine notisi ancora che per la realizzazione del reato è sufficiente un danno temporaneo (DTF 123 IV 17 consid. 3d). 
 
12.5.2. L'insorgente si duole anche delle valutazioni delle dichiarazioni degli aventi diritto di hh.________Corp. SA, di ss.________Familienstiftung e di tt.________Familienstiftung, nonché di K.________. Oltre a non sostanziare arbitrio alcuno, egli non spiega che influenza concreta le sue vaghe critiche possano avere sull'esito del procedimento, cosicché esse risultano inammissibili e sfuggono a un esame di merito. Di transenna rilevasi che il ricorrente neppure illustra quale interesse avessero in particolare gli aventi diritto delle citate fondazioni a sottolineare la loro estraneità agli investimenti, come avanzato nel gravame, considerato che non si sono costituite accusatrici private e, secondo quanto preteso dallo stesso insorgente, neanche risultano in graduatoria.  
 
12.6. Con riferimento alla messa a pegno dei conti dei clienti del ricorrente su cui disponeva del diritto di firma individuale, volte a garantire operazioni di finanziamento di cui hanno beneficiato ff.________SA rispettivamente ii.________Inc., l'insorgente lamenta la mancata considerazione degli argomenti difensivi e dei documenti volti a sostanziare un ragionevole dubbio sulla paternità della sottoscrizione degli atti di pegno dei conti di ww.________Familenstiftung e di vv.________Inc., che avrebbero dovuto imporre il suo proscioglimento per mancanza di prove in applicazione del principio in dubio pro reo. Sotto il profilo materiale, il ricorrente contesta la realizzazione del danno, non essendo stati posti limiti dalla banca all'utilizzo dei conti messi a pegno e dunque non sussistendo alcuna diminuzione del valore economico del patrimonio degli interessati. Infine critica la CARP per non aver ritenuto una sua capacità di restituzione, concludendo così all'adempimento dell'aspetto soggettivo del reato.  
 
12.6.1. Sulla contestata paternità delle sottoscrizioni delle messe a pegno, la CARP, dopo aver illustrato l'evoluzione delle dichiarazioni istruttorie del ricorrente, non ha seguito la tesi difensiva ritenendola una giustificazione creata ad arte. Ha evidenziato la tardività con cui è stata sollevata l'eccezione di falso, nonché le modalità titubanti, poco lineari e per certi versi addirittura contraddittorie in cui è stata presentata e infine ha rilevato l'assenza di riscontri sull'inoltro di una formale denuncia per falsità in documenti. A ciò aggiungasi la fretta con cui il 9 luglio 2004 l'insorgente si è recato in banca portando seco più di un milione di franchi, a cui si sono aggiunti fr. 300'000.-- bonificati in data 12 agosto 2004, per evitare l'escussione dei pegni e ottenere la loro estinzione. Infine la CARP non ha ravvisato motivi per cui l'istituto bancario o suoi funzionari avrebbero dovuto mentire o falsificare la documentazione di messa a pegno, rilevando l'assenza di elementi agli atti che consentano anche solo di ipotizzare che a ff.________SA rispettivamente a ii.________Inc. la banca abbia concesso un credito in bianco e poi, per garantire l'operazione azzardata, creato illecitamente una serie di pegni di beni di clienti terzi, non direttamente legati alle due società.  
 
Le critiche ricorsuali si riducono a sollevare generici dubbi fondati su pretesi usi bancari e sull'incompletezza della documentazione, in particolare sull'assenza di "Faustpfandbestätigungen" e di lettere che annunciano la concessione di un credito garantito dai conti messi a pegno. L'insorgente propone possibili moventi a un'asserita falsificazione (in senso lato) degli atti di messa a pegno. L'argomentazione risulta di stampo appellatorio e disattende che, sotto il profilo della valutazione delle prove, l'invocato principio in dubio pro reo si confonde con il divieto generale dell'arbitrio (DTF 138 V 74 consid. 7 pag. 82), che l'insorgente non sostanzia. D'altra parte omette completamente di confrontarsi con la valutazione cantonale delle sue stesse dichiarazioni che ha condotto la CARP a ritenere l'eccezione di falsità una giustificazione creata ad arte. 
 
12.6.2. Nel merito la CARP ha rilevato che la messa a pegno di averi di clienti, senza garanzie di sorta e senza coperture, a favore di terzi privi di legami con loro, costituiva una messa in pericolo concreta del loro patrimonio e dunque un danno ai sensi dell'art. 158 CP. Ha osservato che la costituzione di garanzie a tutela di crediti concessi a terzi crea un debito condizionale che aumenta, anche solo temporaneamente, i passivi a carico degli aventi diritto economici sui beni messi a pegno, di modo che i loro interessi pecuniari sono stati tangibilmente compromessi. Ha quindi aggiunto che in concreto la messa a pegno in favore di un credito lombard concesso senza indicazione di limiti a ii.________Inc., che si sapeva o doveva sapere essere priva di fondi, ha comportato un pregiudizio per i capitali dei clienti interessati che "solo per un pelo" è rimasto a livello di messa in pericolo. Difatti se il ricorrente non fosse intervenuto a coprire il debito, l'istituto bancario avrebbe fatto capo ai pegni.  
 
Nella DTF 121 IV 104 relativa alla costituzione di garanzie, dopo aver affermato che la nozione di danno nell'ambito dell'amministrazione infedele comprende anche una messa in pericolo del patrimonio tale da comportare una riduzione del suo valore economico (consid. 2c), il Tribunale federale ha concluso che, per ammettere la realizzazione del danno, non è necessario che vi sia stata una chiamata alla garanzia, potendo essere sufficiente il rischio di una tale chiamata (consid. 2d). In caso di costituzione di pegni, si deve dunque ritenere una messa in pericolo del patrimonio penalmente rilevante, e quindi un danno, laddove sussista il rischio di realizzazione dei pegni. E questo rischio è stato ritenuto dalla CARP, atteso che i pegni garantivano un credito lombard, concesso senza indicazione di limiti, a una società priva di fondi, accertamento quest'ultimo non contestato nel gravame. Il ricorrente nemmeno critica l'importanza del rischio comprovata dal fatto, peraltro riconosciuto, che se non fosse intervenuto a coprire il debito, l'istituto bancario si sarebbe rifatto sui pegni. In queste circostanze è senza violare il diritto che la CARP ha ammesso la realizzazione del danno. 
 
Che poi, come eccepito nel ricorso unicamente in relazione al pegno dei beni di vv.________Inc., dall'estratto conto non risultasse la messa a pegno, nulla muta. Infatti non sussiste alcun obbligo di menzionare negli estratti bancari la messa a pegno di attivi (v. CARLO LOMBARDINI, Droit bancaire suisse, 2 aed. 2008, pag. 893 n. 52). L'insorgente cerca di obiettare che i pegni non erano effettivi, adducendo come dall'estratto conto risultino importanti prelievi, circostanza negletta dai giudici cantonali. La sentenza impugnata, invero un po' succinta in relazione ai pegni, accerta nondimeno che sono stati messi a pegno i beni di vv.________Inc. depositati sul conto 999. Orbene, dall'allegato 1 del rapporto EFIN emerge che suddetto conto era composto da più sottoconti. I prelievi menzionati nel gravame concernono però solo uno di questi sottoconti, di modo che da essi non è possibile dedurre che i pegni non erano effettivi e difatti nemmeno il ricorrente pretende che tali operazioni siano state possibili per tutti i sottoconti, né che sia stato possibile disporre a piacimento degli averi depositati per tutta la durata del pegno. L'effettività del pegno è poi dimostrata dal fatto che egli stesso si è recato presso l'istituto bancario per coprire il saldo debitorio di ii.________Inc. ed evitare l'escussione dei pegni, ottenendo la loro estinzione.  
 
12.6.3. Quanto infine alla capacità di restituzione (  Ersatzbereitscharft), trattasi di un elemento rilevante unicamente laddove l'autore dell'amministrazione infedele ha agito per procurare a sé o ad altri un indebito profitto (art. 158 n. 1 cpv. 3 CP; v. DTF 121 IV 104 consid. 2e, nonché sentenza 6B_825/2010 del 27 aprile 2011 consid. 6). Considerato che la CARP dovrà ripronunciarsi sull'aggravante di questo reato completando gli accertamenti (v. supra consid. 12.2), ci si potrebbe esimere dall'esaminare le censure al riguardo. Per economia processuale si rileva comunque quanto segue.  
 
La CARP ha escluso una capacità di restituzione del ricorrente, sia a causa del suo atteggiamento, disponendo con leggerezza e senza scrupoli degli averi di persone che si erano fidate di lui invece di cercare altre soluzioni, sia perché per saldare il debito verso la banca ha in parte dovuto ricorrere a prestiti di terzi. Se è vero che, come obiettato nel gravame, la prima ragione appare inconferente per giudicare una capacità di restituzione, il secondo motivo è per contro pertinente. È assodato e non contestato che il ricorrente ha fatto fronte alle pretese della banca in parte con denaro prestatogli. Secondo la giurisprudenza, sussiste una capacità di restituzione quando il denaro è a portata di mano dell'autore, non invece laddove egli se lo debba procurare presso terzi che non sono tenuti a fornirgli alcuna prestazione, come per esempio in caso di prestiti. Tale capacità presuppone quindi che l'autore disponga di mezzi propri (DTF 118 IV 27 consid. 3b pag. 30; v. pure sentenz a 6B_827/2008 del 7 gennaio 2009 consid. 1.4). Poiché il ricorrente ha dovuto far capo anche a prestiti di terzi, l'autorità cantonale a ragione ha negato sussistere una capacità di restituzione. 
 
13.   
La CARP ha riconosciuto l'insorgente autore colpevole di 3 imputazioni di ripetuta appropriazione indebita aggravata, per avere in data 30 aprile 2004 trasferito, all'insaputa dei clienti, euro 193'863.--, fr. 270'000.-- e fr. 160'000.-- a debito dei conti intestati rispettivamente a dd.________Inc., vv.________Inc. e hh.________Corp. SA presso ccc.________, sui quali disponeva diritto di firma individuale, utilizzando tali importi per il finanziamento di una transazione immobiliare della società bbb.________SA di cui era amministratore unico. In corso di inchiesta, i suddetti clienti hanno ottenuto il rimborso degli importi, rimanendo unicamente uno scoperto di fr. 7'000.-- a favore di hh.________Corp. SA. 
 
13.1. Benché sia stato qualificato gerente di patrimoni, il ricorrente rileva che la CARP non avrebbe accertato la violazione di esplicite e comprovate istruzioni dei clienti. Osserva che le somme in questione sarebbero state conferite a bbb.________SA a titolo di mutuo fruttifero, di modo che non sussisterebbe impoverimento, neanche temporaneo: egli si sarebbe limitato a investire il denaro mediante un finanziamento a terzi con un diritto contrattuale di rimborso diretto. Essendo autorizzato a effettuare degli investimenti, non avrebbe utilizzato senza diritto i valori patrimoniali affidatigli. Non sussisterebbe pertanto né appropriazione né disegno di procurare a sé o a terzi un indebito profitto. L'insorgente lamenta infine un accertamento manifestamente errato, nella misura in cui l'autorità cantonale avrebbe ritenuto un saldo scoperto della cliente hh.________Corp. SA pari a fr. 7'000.--.  
 
13.2. Si rende colpevole di appropriazione indebita giusta l'art. 138 n. 1 cpv. 2 CP chiunque, per procacciare a sé o ad altri un indebito profitto, indebitamente impiega a profitto proprio o di un terzo valori patrimoniali affidatigli. Sussiste appropriazione indebita aggravata segnatamente qualora l'autore abbia agito in qualità di gerente di patrimoni (art. 138 n. 2 CP; sulla nozione di gerente di patrimoni v. sentenza 6B_415/2010 del 1° settembre 2010 consid. 4.3.1 con rinvii). Il reato è oggetto di abbondante giurisprudenza, a cui per brevità si rinvia (DTF 133 IV 21 consid. 6; 129 IV 257 consid. 2.2.1). Basti qui ricordare che, sotto il profilo oggettivo, l'infrazione presuppone in particolare l'esistenza di valori patrimoniali affidati. Ciò implica che l'autore ha ottenuto la possibilità di disporne, ma che, in virtù di un accordo (espresso o tacito) o in base a un altro rapporto giuridico, possa farne un uso determinato nell'interesse dell'affidante, segnatamente conservarli, amministrarli o consegnarli a qualcun altro (DTF 133 IV 21 consid. 6.2 pag. 27). L'art. 138 n. 1 cpv. 2 CP non tutela la proprietà, bensì il diritto di colui che ha affidato i valori patrimoniali a un loro utilizzo conforme allo scopo fissato e alle istruzioni impartite. L'elemento caratteristico di questo reato è dunque il comportamento con cui l'autore dimostra chiaramente la sua volontà di non rispettare i diritti dell'affidante (DTF 133 IV 21 consid. 6.1.1; 129 IV 257 consid. 2.2.1).  
 
13.3. Nella misura in cui l'insorgente lamenta un accertamento manifestamente inesatto con riferimento all'importo residuo di fr. 7'000.-- che non sarebbe stato restituito a hh.________Corp. SA, rinviando all'istanza di rettifica della sentenza impugnata, la sua critica si appalesa inammissibile. La motivazione della censura deve infatti essere contenuta nell'atto di ricorso medesimo (art. 42 cpv. 1 LTF; DTF 140 III 115 consid. 2 pag. 116).  
 
Per il resto, tutta l'argomentazione ricorsuale parte dal presupposto che il conferimento del denaro a bbb.________SA sarebbe avvenuto a titolo di mutuo fruttifero. Nulla di simile è però accertato dalla CARP, senza che al riguardo sia censurata una violazione del diritto, di modo che questo Tribunale non può tenerne conto (art. 105 cpv. 1 LTF). 
 
È vero che, come osservato nel gravame, la CARP non precisa quali istruzioni abbia violato. Accerta nondimeno l'esistenza tra il ricorrente e i clienti in questione di un ampio mandato di gestione e sottolinea come il conferimento del denaro a bbb.________SA è avvenuto senza il consenso dei titolari dei conti addebitati, ciò che il ricorrente non contesta. Ora, il riferimento all'assenza del consenso non può essere compreso se non come la violazione degli scopi fissati dagli affidanti. D'altronde non si scorge in che modo il trasferimento del denaro a bbb.________SA, per finanziare un'operazione immobiliare effettuata per fini propri a quest'ultima, possa essere considerato un investimento nell'interesse dei mandanti, interesse sotteso a ogni mandato di gestione. D'altra parte, la CARP ha accertato che gli averi affidati all'insorgente da hh.________Corp. SA costituivano la "cassaforte di famiglia" e dunque potevano essere investiti unicamente in operazioni a basso rischio. Non risulta, e nemmeno il contrario è preteso nel gravame, che nel conferire il denaro a bbb.________SA il ricorrente si sia premurato di ottenere delle garanzie alle pretese di restituzione dei clienti. Né può essere seriamente negata la sussistenza di un danno (sul danno quale elemento costitutivo oggettivo dell'art. 138 CP v. DTF 111 IV 19 consid. 5). È indubbio che quanto messo in atto ha comportato una diminuzione del saldo attivo dei conti dei clienti interessati, quindi un danno, e questo a prescindere da una pretesa di restituzione (v. DTF 90 IV 130). Quanto infine allo scopo di indebito profitto appare pure dato, bbb.________SA avendo beneficiato di fondi a cui non aveva diritto. La CARP ha vieppiù negato una capacità di restituzione del ricorrente, senza che siano sollevate censure in merito. La condanna dell'insorgente per appropriazione indebita non viola pertanto il diritto federale. 
 
14.   
Il ricorrente lamenta anche un errato riconoscimento delle pretese degli accusatori privati, di cui chiede l'annullamento, da un lato, quale conseguenza del postulato proscioglimento, dall'altro, perché "avvenuto in modo sommario e superficiale con riguardo a quanto previsto dall'art. 126 cpv. 3 CPP". Gli accusatori privati avrebbero dovuto essere rinviati al foro civile, le loro pretese non essendo "correttamente quantificate secondo i criteri di legge". La sua condanna al pagamento delle pretese civili sarebbe avvenuta senza riferimento alcuno ai criteri articolati del CO sulla responsabilità degli amministratori nei confronti dei creditori sociali in caso di fallimento e senza tener conto di una possibile concolpa degli stessi. 
 
Se l'imputato è dichiarato colpevole il giudice pronuncia sull'azione civile promossa in via adesiva (art. 126 cpv. 1 CPP). Riservate le eccezioni di cui all'art. 126 cpv. 2-4 CPP, il giudice è tenuto a emanare una decisione in merito all'azione adesiva (sentenza 6B_75/2014 del 30 settembre 2014 consid. 2.4.3). Egli può tuttavia limitarsi a pronunciare una decisione di principio sulle pretese civili, qualora il giudizio completo delle stesse comportasse un onere sproporzionato (art. 126 cpv. 3 CPP). Questo onere sproporzionato si riferisce all'assunzione delle prove e non alla complessità delle problematiche giuridiche sollevate dall'azione civile (v. Messaggio del 21 dicembre 2005 concernente l'unificazione del diritto processuale penale, FF 2006 1081 n. 2.3.3.4). 
 
Premesso che l'insorgente non lamenta la violazione del diritto a una decisione motivata, le critiche ricorsuali appaiono incomprensibili e carenti di motivazione. L'entità del danno patito dagli accusatori privati è stata stabilita sulla base del rapporto EFIN e la sua determinazione non ha comportato oneri sproporzionati, visto peraltro che dinanzi alla CARP la difesa non ha sollevato censure particolari al riguardo. I giudici cantonali hanno poi rinviato gli accusatori privati al competente foro civile per le restanti richieste di indennizzo in applicazione dell'art. 126 cpv. 2 lett. b CPP. Il ricorrente non spiega quali ulteriori prove sarebbero state necessarie per il giudizio sulle pretese civili, la cui assunzione avrebbe implicato un onere sproporzionato, né sostanzia oltre i motivi per cui ritiene che le pretese avanzate non sarebbero state "correttamente quantificate secondo i criteri di legge". Neppure illustra quali disposti del CO sarebbero violati dalla sua condanna a risarcire gli accusatori privati. Non si giustifica quindi attardarsi oltre sull'argomento, salvo osservare che, in seguito all'accoglimento del ricorso in punto alla condanna per titolo di ripetuta amministrazione infedele aggravata, decadono i risarcimenti pronunciati in favore degli accusatori privati danneggiati da questo reato e limitatamente al danno che ne è scaturito. 
 
15.   
Contestata è inoltre la condanna al risarcimento compensatorio che secondo l'insorgente violerebbe l'art. 71 cpv. 1 CP, perché egli non avrebbe tratto alcun vantaggio patrimoniale dai reati per i quali è stato riconosciuto colpevole. La CARP avrebbe disatteso il principio della specialità. Inoltre, a fronte all'impossibilità di verificare la sussistenza iniziale di beni confiscabili, sarebbe illogica l'ipotesi di un loro consumo quale presupposto del risarcimento compensatorio. Il ricorrente lamenta inoltre l'assenza di una chiara spiegazione in merito alla determinazione dell'importo ritenuto e una disparità di trattamento rispetto ai suoi coimputati. 
 
15.1. L'insorgente è stato condannato per cattiva gestione (v. supra consid. 3-9), ripetuta falsità in documenti (v. supra consid. 10), truffa (v. supra consid. 11), ripetuta amministrazione infedele aggravata (v. supra consid. 12) e ripetuta appropriazione indebita aggravata (v. supra consid. 13). Queste condanne hanno trovato conferma in questa sede, eccezion fatta per quelle di cattiva gestione con riferimento alle pigioni per i locali mai occupati dalla società, di truffa e di ripetuta amministrazione infedele aggravata, per cui sono necessari ulteriori accertamenti in punto alle persone che hanno concluso a nome della società il contratto di locazione rispettivamente allo scopo di indebito profitto di cui agli art. 146 e 158 n. 1 cpv. 3 CP. Quest'ultimo aspetto è decisivo anche per quanto riguarda il risarcimento equivalente qui in discussione, atteso che la maggior parte dei valori patrimoniali che la CARP ha ritenuto confiscabili risultano proprio da questi reati patrimoniali. Se, completati gli accertamenti, i giudici cantonali dovessero negare l'adempimento della forma aggravata dell'amministrazione infedele e constatare l'intervenuta prescrizione del reato sostenuta dal ricorrente, non sarebbe nemmeno più possibile una confisca rispettivamente un risarcimento equivalente (v. art. 70 cpv. 3 CP rispettivamente vecchio art. 59 n. 1 cpv. 3 CP). In caso contrario, invece, sorgerebbe nuovamente e in termini pressoché identici la problematica sottoposta a questo Tribunale, di modo che, per economia processuale e considerato che il principio di celerità è già stato violato, si impone comunque di esaminare le censure sollevate al riguardo.  
 
15.2. Giusta l'art. 70 cpv. 1 CP, il giudice ordina la confisca dei valori patrimoniali che costituiscono il prodotto di un reato o erano destinati a determinare o a ricompensare l'autore di un reato, a meno che debbano essere restituiti alla persona lesa allo scopo di ripristinare la situazione legale. Se l'importo dei valori patrimoniali sottostanti a confisca non può essere determinato o può esserlo soltanto con spese sproporzionate, il giudice può procedere a una stima (art. 70 cpv. 5 CP). Se i valori patrimoniali sottostanti alla confisca non sono più reperibili, il giudice ordina in favore dello Stato un risarcimento equivalente; nei confronti di terzi, tuttavia, il risarcimento può essere ordinato soltanto per quanto non sia escluso giusta l'art. 70 cpv. 2 CP (art. 71 cpv. 1 CP; risarcimento compensatorio). Scopo di tale risarcimento è quello di evitare che la persona che ha disposto di beni soggetti a confisca sia avvantaggiata rispetto a chi li ha conservati. Questa misura si sostituisce alla confisca in natura e, rispetto a quest'ultima, non deve dunque comportare né vantaggi né inconvenienti. In ragione della sua natura sussidiaria, il risarcimento compensatorio può essere pronunciato solo se, nel caso in cui i valori patrimoniali fossero stati disponibili, la confisca sarebbe stata pronunciata (DTF 140 IV 57 consid. 4.1.2 pag. 62).  
 
La confisca e il risarcimento in favore dello Stato si fondano sul principio che il crimine non deve pagare (DTF 139 IV 209 consid. 5.3 pag. 211). In virtù del principio della specialità, possono essere confiscati unicamente i valori patrimoniali che costituiscono il risultato diretto dell'infrazione o che erano destinati a determinare o ricompensare l'autore del reato, oppure i loro surrogati (DTF 136 IV 4 consid. 6.6 pag. 14). Secondo la giurisprudenza, il reato dev'essere la causa essenziale e adeguata dell'ottenimento dei valori patrimoniali e questi devono provenire tipicamente dal reato in questione. Deve quindi esistere, tra il reato e l'ottenimento dei valori patrimoniali un nesso causale tale da fare apparire il secondo come la conseguenza diretta e immediata del primo (DTF 141 IV 155 consid. 4.1 pag. 162). È in particolare questo il caso quando l'ottenimento dei valori patrimoniali costituisce un elemento oggettivo o soggettivo del reato o quando rappresenta un vantaggio diretto derivante dalla commissione dell'infrazione. Per contro, i valori patrimoniali non possono essere considerati come il risultato del reato, quando quest'ultimo ha soltanto facilitato il loro ottenimento ulteriore mediante un atto successivo senza connessione immediata con il reato stesso (DTF 137 IV 79 consid. 3.2 pag. 80). 
 
Sono soggetti a confisca tutti i vantaggi economici illeciti, valutabili in denaro, suscettivi di essere cifrati, se del caso, nell'ambito di una decisione sul risarcimento compensatorio. Possono presentarsi sotto forma di un aumento degli attivi, una diminuzione dei passivi, una mancata diminuzione degli attivi oppure di un mancato aumento dei passivi. La nozione di valori patrimoniali di cui agli art. 70 seg. CP è vasta e comprende, oltre a cose materiali, quali il denaro contante, le pietre preziose o beni immobili, anche diritti reali limitati, i crediti (come gli averi in conto), le carte valore e i diritti immateriali (sentenza 6S.667/2000 del 19 febbraio 2001 consid. 2b). 
 
15.3. Considerando che tutto quanto apportato dai clienti in ff.________SA è stato utilizzato in maniera contraria ai loro interessi e consumato nella sua quasi integralità, la CARP ha concluso che l'attività societaria, la copertura dei costi, delle evoluzioni e la sopravvivenza in generale della società dipendevano interamente dai profitti degli atti illeciti. Ha quindi concluso che tutto quanto incassato dall'insorgente, in qualsiasi forma, da ff.________SA e da ii.________Inc. dev'essere ritenuto confiscabile. Poiché le somme in questione non sono più rintracciabili, essa lo ha condannato a un risarcimento equivalente, confermando l'importo di 7 milioni di franchi stabilito in prima istanza solo perché limitata dal rispetto del divieto della reformatio in peius.  
 
Alla luce dei principi appena esposti, queste considerazioni, scarne e alquanto approssimative, non possono essere tutelate. Richiamando quanto dichiarato dall'insorgente nel suo verbale di interrogatorio del 18 marzo 2011, la CARP ha ritenuto confiscabili gli importi versatigli da ff.________SA a titolo di emolumenti del CdA e di pigioni (per complessivi fr. 415'000.--) a cui ha aggiunto i capitali oggetto dei reati patrimoniali imputati all'insorgente. Sennonché i fatti esposti nella sentenza impugnata non permettono di concludere che l'integralità di questi importi abbiano profittato al ricorrente. Al contrario, risulta che i capitali (della truffa rispettivamente dell'amministrazione infedele) sono stati bonificati dai conti dei danneggiati a conti intestati a ff.________SA rispettivamente a ii.________Inc., o ancora a uu.________Familenstiftung. Non emerge peraltro che queste entità fossero in realtà da identificare con la persona dell'insorgente. Aggiungasi viepiù che, nell'ambito dell'amministrazione infedele aggravata, è considerato prodotto del reato ai sensi dell'art. 70 cpv. 1 CP, l'indebito profitto di cui all'art. 158 n. 1 cpv. 3 CP (NIKLAUS SCHMID, in Kommentar Einziehung, organisiertes Verbrechen, Geldwäscherei, vol. I, 2 aed. 2007, n. 31 ad art. 70-72 CP). Tale indebito profitto può essere procacciato in favore dell'autore medesimo e/o di terzi. Sarebbero dunque confiscabili in capo al ricorrente ad esempio i valori patrimoniali da questi ottenuti quali commissioni o retrocessioni per l'apporto dei capitali in parola nelle diverse entità e, se non più reperibili, sarebbe possibile condannarlo a un risarcimento compensatorio di pari importo. Per quanto concerne poi gli emolumenti del CdA e le pigioni percepite dall'insorgente, non possono essere considerati come la conseguenza diretta e immediata dei reati imputatigli. Risultano piuttosto essere la remunerazione per prestazioni effettivamente fornite alla società dall'insorgente. Sotto questo aspetto, benché all'origine dei reati che hanno consentito alla società di disporre dei fondi per pagare tali importi, la posizione del ricorrente sarebbe piuttosto da accostare a quella di un terzo acquirente ai sensi dell'art. 70 cpv. 2 CP (sulle nozioni di terzo acquirente rispettivamente di beneficiario nell'ambito della confisca v. sentenza 6B_80/2011 dell'8 settembre 2011 consid. 4.2-4.3). Sarebbe dunque concepibile ordinare un risarcimento compensatorio per le somme in questione nella misura in cui fosse stabilito che l'insorgente era consapevole, quanto meno per dolo eventuale, dei fatti che giustificavano una confisca (v. sentenza 6S.298/2005 del 24 febbraio 2006 consid. 4.2, in SJ 2006 I pag. 461), ovvero che la società si trovava in una situazione tale che riusciva a far fronte alle proprie spese solo grazie alla distrazione del denaro che le perveniva per essere investito (v. supra consid. 12.2). Su questo punto, il ricorso si rivela dunque fondato, senza che sia necessario esaminare le ulteriori critiche di disparità di trattamento rispetto agli altri coimputati.  
 
16.   
Il ricorrente critica infine anche la commisurazione della pena. Considerato che le condanne per titolo di cattiva gestione riferita alla locazione dei locali (v. supra consid. 9), di truffa (v. supra consid. 11) e di amministrazione infedele aggravata (v. supra consid. 12.2) devono essere annullate e di riflesso anche la pena, non occorre esaminare tali censure, l'autorità cantonale dovendo nuovamente chinarsi sul caso e rendere una nuova decisione. 
 
17.   
Ne segue che, in quanto ammissibile, il ricorso merita parziale accoglimento. La sentenza impugnata dev'essere annullata e la causa rinviata alla CARP, affinché si pronunci nuovamente sui reati appena citati, dopo aver effettuato gli ulteriori necessari accertamenti, nonché sulla pena e sul risarcimento compensatorio. Per il resto il ricorso dev'essere respinto. 
 
Le spese giudiziarie e le ripetibili seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 e 4 nonché art. 68 cpv. 1 e 3 LTF). Il grado di soccombenza dell'insorgente può essere valutato a 60 %, anche tenendo conto dell'esito della domanda di effetto sospensivo. Si annullano la condanna per cattiva gestione relativamente a un'imputazione comunque secondaria (v. consid. 9), la condanna per truffa per assenza di accertamenti sull'indebito profitto di cui all'art. 146 CP (v. consid. 11.3), la condanna per amministrazione infedele aggravata per assenza di accertamenti sullo scopo di indebito profitto di cui all'art. 158 n. 1 cpv. 3 CP (v. consid. 12.2) pur essendo dati gli elementi costitutivi dell'infrazione di base (v. consid. 12.3-12.6) e la condanna al risarcimento compensatorio (consid. 15). Sono invece confermate la condanna per cattiva gestione relativamente all'imputazione più importante di grave negligenza nell'esercizio della professione (consid. 5-8), la condanna per appropriazione indebita aggravata (consid. 13), quella per falsità in documenti (consid. 10), nonché la condanna al risarcimento degli accusatori privati per quanto non pronunciata sulla base della condanna per titolo di amministrazione infedele aggravata (consid. 14). Per la parte in cui risulta vincente il ricorrente ha diritto a un'indennità a titolo di ripetibili a carico degli opponenti che hanno preso posizione sul gravame chiedendo la sua reiezione. 
 
Nella misura in cui non è divenuta priva di oggetto, la domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio può essere accolta. Infatti le conclusioni ricorsuali non apparivano d'acchito prive di possibilità di successo e il ricorrente non dispone dei mezzi necessari per far fronte alle spese giudiziarie, alle ripetibili dovute agli opponenti parzialmente vincenti e agli onorari del suo avvocato (art. 64 cpv. 1 LTF), rilevato che praticamente tutta la sua sostanza soggiace da anni a sequestro conservativo e che egli e la moglie vivono con le rendite di vecchiaia. L'avvocato Daniele Timbal viene pertanto incaricato del gratuito patrocinio dell'insorgente e a tale titolo la Cassa del Tribunale federale gli verserà un'adeguata indennità. Anche le ripetibili ridotte dovute agli opponenti in parte vincenti, sono assunte dalla Cassa del Tribunale federale. Se in seguito però è in grado di farlo, il ricorrente è tenuto a risarcire la Cassa del Tribunale federale (art. 64 cpv. 4 LTF). 
L'opponente 18 è l'unica parte al procedimento che ha presentato una nota d'onorario e spese di complessivi fr. 3'645.80, IVA compresa. Essa appare congrua e va quindi riconosciuta per quanto vincente. 
 
 
  
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è accolto. La sentenza impugnata è annullata e la causa è rinviata alla Corte di appello e di revisione penale per nuovo giudizio nel senso dei considerandi. Per il resto il ricorso è respinto. 
 
2.   
La domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio è accolta nella misura in cui non è divenuta priva di oggetto. L'avv. Daniele Timbal viene incaricato del gratuito patrocinio del ricorrente. 
 
3.   
Le spese giudiziarie di fr. 4'000.-- sono poste in ragione di fr. 1'600.-- a carico degli opponenti 2 e 7-18 e di fr. 2'400.-- a carico del ricorrente. La quota del ricorrente è per il momento assunta dalla Cassa del Tribunale federale. 
 
4.   
La Cassa del Tribunale federale verserà fr. 2'000.-- all'opponente 2, fr. 2'000.-- agli opponenti 7-16, fr. 2'000.-- all'opponente 17 e fr. 2'200.-- all'opponente 18 a titolo di ripetibili della procedura innanzi al Tribunale federale. Non appena sarà in grado di farlo, il ricorrente è tenuto a risarcire la Cassa del Tribunale federale. 
 
5.   
Il Cantone Ticino e gli opponenti 2 e 7-18 verseranno al patrocinatore del ricorrente fr. 1'600.-- a titolo di ripetibili della procedura innanzi al Tribunale federale. 
 
6.   
La Cassa del Tribunale federale verserà al patrocinatore del ricorrente un'indennità di fr. 2'400.--. 
 
7.   
Comunicazione alle parti e alla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 6 marzo 2017 
 
In nome della Corte di diritto penale 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Denys 
 
La Cancelliera: Ortolano Ribordy