Wichtiger Hinweis:
Diese Website wird in älteren Versionen von Netscape ohne graphische Elemente dargestellt. Die Funktionalität der Website ist aber trotzdem gewährleistet. Wenn Sie diese Website regelmässig benutzen, empfehlen wir Ihnen, auf Ihrem Computer einen aktuellen Browser zu installieren.
 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
5C.80/2003 /viz 
 
Sentenza del 12 dicembre 2003 
II Corte civile 
 
Composizione 
Giudici federali Raselli, presidente, 
Escher, Meyer, Hohl, Marazzi, 
cancelliere Piatti. 
 
Parti 
Banca Y.________, 
convenuta e ricorrente, 
patrocinata dall'avv. dott. Carlo Postizzi 
e dall'avv. Luca Zorzi, 
 
contro 
 
Eredità giacente fu A.________, 
attrice e opponente, 
patrocinata dall'avv. Franco Pagani, 
 
Oggetto 
beneficio d'inventario, compensazione, 
 
ricorso per riforma del 20 marzo 2003 contro la sentenza emanata il 14 febbraio 2003 dalla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
 
Fatti: 
A. 
A.________, titolare di una ditta individuale, è deceduto il 12 settembre 1997. Il 17 settembre seguente il Pretore del distretto di Riviera ha ordinato, ad istanza del figlio ed unico erede del defunto, la compilazione di un inventario della successione, ha nominato due amministratori della successione e ha autorizzato la ditta individuale a continuare provvisoriamente la propria attività. Il predetto Pretore, dopo aver ricevuto la comunicazione di rinuncia all'eredità, ha dichiarato il 20 febbraio 1998 vacante la successione e ne ha ordinato la liquidazione in via di fallimento. 
B. 
Nel 1988 il defunto aveva aperto per la sua ditta un conto corrente presso la Banca Y.________ con un limite di credito di iniziali fr. 180'000.--, poi aumentato a fr. 800'000.--. Tra il 15 settembre e il 15 dicembre 1997 alcuni debitori della sua impresa hanno effettuato su tale conto versamenti per complessivi fr. 159'080,80, che la banca ha poi posto in compensazione per crediti vantati nei confronti del de cuius, rispettivamente nei confronti della ditta di quest'ultimo. 
C. 
Gli amministratori della successione hanno convenuto in giudizio la Banca Y.________ con un'azione tendente sia all'accertamento dell'illiceità della compensazione, sia alla restituzione della predetta somma agli amministratori o, in via subordinata, alla stessa successione. Il 15 novembre 2000, ad istanza dell'amministrazione speciale dell'eredità giacente fu A.________ (nominata dopo il decreto che ha dichiarato l'eredità vacante e da liquidare in via di fallimento), il Pretore di Bellinzona ha dimesso dalla lite i precedenti amministratori della successione e ha accertato la qualità di parte attrice dell'eredità giacente. Con sentenza 28 ottobre 2002 il Pretore ha parzialmente accolto la petizione e ha condannato la convenuta a versare fr. 129'080,80, oltre interessi, all'eredità giacente. Il primo giudice ha reputato il contesto giuridico vigente durante la procedura del beneficio d'inventario analogo a quello esistente nel corso di una moratoria concordataria e ha per tale motivo ritenuto applicabile per analogia l'art. 297 cpv. 4 LEF, che rinvia all'art. 213 cpv. 2 LEF. Giusta tale normativa, sussiste un divieto di compensazione quando un creditore del fallito diventi debitore di lui o della massa dopo la dichiarazione di fallimento, rispettivamente dopo la pubblicazione della moratoria. Il primo giudice ha quindi decurtato la pretesa attorea di fr. 30'000.--, poiché tale importo è stato versato sul conto bancario prima della data del decreto che ordinava la compilazione dell'inventario successorio. 
D. 
Adita dalla convenuta, la II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino ha, con sentenza 14 febbraio 2003, confermato il giudizio di primo grado. I giudici cantonali hanno negato che la compensazione effettuata nell'ambito di un rapporto di conto corrente debba essere trattata diversamente da quella prevista dall'art. 120 segg. CO e hanno indicato che le pretese all'origine della contestata compensazione sono sorte - per l'importo riconosciuto dal Pretore - mentre il notaio stava allestendo l'inventario, man mano che i pagamenti dei clienti dell'impresa giungevano sul conto bancario. Sempre secondo la Corte cantonale, poiché gli istituti del beneficio d'inventario e della moratoria concordataria si rivelano simili, si giustifica colmare la lacuna praeter legem inerente alla disciplina della facoltà di compensare, applicando per analogia il rimando contenuto nel diritto concordatario (art. 297 cpv. 4 LEF) all'art. 213 cpv. 2 LEF, e non permettere la compensazione del creditore del defunto che diviene debitore della successione durante la procedura di beneficio d'inventario. 
E. 
Con ricorso per riforma del 20 marzo 2003 la Banca Y.________ chiede al Tribunale federale di modificare la sentenza cantonale nel senso che la petizione sia respinta. Essa domanda altresì che le spese e le ripetibili di prima e seconda istanza siano poste a carico dell'attrice. La convenuta sostiene che la Corte cantonale avrebbe sopravvalutato le similitudini esistenti fra l'istituto della moratoria concordataria e quello del beneficio d'inventario, trascurando gli elementi atipici, che impedirebbero l'applicazione per analogia del divieto di compensazione. Non è inoltre ravvisabile alcuna lacuna praeter legem, atteso che il legislatore ha segnatamente disciplinato la sospensione delle esecuzioni durante la procedura di beneficio d'inventario. Gli amministratori della successione avrebbero poi lasciato operativo il conto corrente, motivo per cui gli effetti le sarebbero opponibili. Infine, l'art. 213 LEF non sarebbe applicabile poiché non è stata effettuata alcuna compensazione in "senso tecnico-giuridico". 
Non è stata chiesta una risposta al ricorso. 
 
Diritto: 
1. 
1.1 Secondo la Corte cantonale fra l'istituto del beneficio d'inventario e quello della moratoria concordataria sussistono similitudini tali da giustificare al primo l'applicazione per analogia delle norme che disciplinano il secondo, e quindi anche l'art. 297 cpv. 4 LEF che rimanda all'art. 213 cpv. 2 LEF. Entrambi gli istituti considererebbero gli interessi di tutte le parti coinvolte (eredi, creditori della successione rispettivamente debitore e i suoi creditori) dopo aver determinato e valutato i rispettivi diritti e obblighi. Essi avrebbero poi lo scopo di chiarire, entro un determinato lasso di tempo, la situazione economica del defunto, rispettivamente del debitore con una procedura ed effetti in parte analoghi, segnatamente per quanto attiene alla pubblicazione di grida per l'accertamento dei crediti e dei debiti da iscrivere nei rispettivi inventari. Inoltre, anche le conseguenze per i creditori che omettono di insinuare i propri crediti o che li producono tardivamente sarebbero simili. I giudici cantonali indicano altresì che sia durante una moratoria concordataria, sia in pendenza della procedura di beneficio d'inventario la legge prevede la sospensione sia delle esecuzioni per i debiti del defunto, rispettivamente del debitore, sia la sospensione della prescrizione (art. 586 cpv. 1 e 2 CC e art. 297 cpv. 1 LEF). Inoltre, in entrambi i casi è possibile continuare un'eventuale attività aziendale. Pure le conseguenze previste dagli istituti in discussione sarebbero simili, atteso che l'erede che accetta l'eredità con il beneficio d'inventario si assume tutti i debiti inventariati. Sempre secondo la sentenza impugnata, l'applicazione per analogia delle norme sulla moratoria concordataria non si giustifica unicamente per le menzionate similitudini, ma anche per il fatto che occorre mantenere - nella maggiore misura possibile - invariata la composizione della successione fino alla decisione dell'erede in merito all'accettazione. L'inventario deve infatti essere affidabile e non subire variazioni, vista l'integrale responsabilità dell'erede che accetta la successione. Dall'imprecisione redazionale degli art. 585 e 586 CC, la Corte cantonale deduce che il silenzio del legislatore in merito alla disciplina dell'istituto della compensazione nell'ambito di una procedura di beneficio d'inventario costituisce una lacuna praeter legem, che può essere colmata dal giudice. 
1.2 La convenuta riconosce che esistono similitudini fra la moratoria concordataria e il beneficio d'inventario, ma ritiene che vi sia un silenzio qualificato del legislatore, il quale si è del resto espressamente chinato sulla problematica del divieto delle esecuzioni. La Corte cantonale avrebbe tralasciato di ponderare le differenze fra i due istituti, misconoscendo segnatamente che il beneficio d'inventario ha per scopo di informare e cautelare l'erede, il quale si assume unicamente i debiti inventariati. Un divieto di compensazione non avrebbe pertanto senso durante tale procedura, atteso che - contrariamente a quanto accade in un fallimento o in un concordato - non sussiste nemmeno la necessità di garantire la parità di trattamento fra i creditori. 
1.3 Per quanto attiene al caso in cui gli eredi rinunciano all'eredità, la LEF si limita ad indicare all'art. 193 che l'autorità competente informa il giudice (cpv. 1 n. 1), il quale ordina la liquidazione in via di fallimento (cpv. 2). Essa non prevede - alla stregua del CC (v. art. 580 - 592) - alcuna norma che regola esplicitamente la compensazione nell'ambito di una procedura di beneficio d'inventario antecedente la liquidazione in via di fallimento di una successione a cui gli eredi hanno rinunciato. Occorre pertanto esaminare se - come ritenuto dalla Corte canto nale - si sia in presenza di una lacuna in senso proprio che può essere colmata dal giudice. Una lacuna in senso proprio presuppone che il legislatore abbia omesso di regolare un punto che avrebbe dovuto disciplinare e che nessuna soluzione risulta dal testo o dall'interpretazione della legge. Se invece il legislatore ha volontariamente rinunciato a regolamentare una situazione che non richiedeva necessariamente un suo intervento, la sua inazione costituisce un silenzio qualificato. Silenzio qualificato è dato anche quando volutamente una certa soluzione non è estesa ad altre fattispecie. Il giudice non può invece, in linea di principio, correggere le cosiddette lacune improprie, che si caratterizzano per il fatto che la legge offre una risposta considerata insoddisfacente, a meno che il fatto di invocare il senso reputato determinante della norma costituisca un abuso di diritto o una violazione della Costituzione (DTF 129 III 656 consid. 4.1 pag. 658; 125 III 425 consid. 3 pag. 427). 
1.3.1 Ora, fra l'istituto della moratoria concordataria e quello del beneficio d'inventario non sussistono unicamente - come indicato nella sentenza impugnata - diverse similitudini. Lo stesso legislatore ha esplicitamente parificato - con la revisione del 16 dicembre 1994 della LEF - in due occasioni la durata di una procedura concordataria antecedente la dichiarazione di fallimento al lasso di tempo intercorso fra il giorno della morte del debitore e l'ordine di liquidazione dell'eredità in via di fallimento. Tali periodi non vengono infatti computati né nei termini stabiliti dalla legge per la collocazione dei crediti in prima e seconda classe (art. 219 cpv. 5 n. 4 LEF) né in quelli previsti per una revocazione ai sensi degli art. 286 a 288 LEF (art. 288a n. 3 LEF). Il Messaggio dell'8 maggio 1991 concernente la revisione della LEF giustifica siffatta equiparazione con il fatto che sovente fra la morte del debitore e la liquidazione in via di fallimento dell'eredità trascorrono diversi mesi, segnatamente perché la rinuncia alla successione viene preceduta da una procedura di beneficio d'inventario, che impedisce ai creditori di "accelerare i tempi" (FF 1991 III 1 segg., pag. 99). Infatti, durante la procedura di beneficio d'inventario sono escluse esecuzioni per debiti del defunto (art. 586 cpv. 1 CC) ed analoga regola vale - in linea di principio (cfr. le eccezioni previste dall'art. 297 cpv. 2 LEF) - nei confronti del debitore al beneficio di una moratoria concordataria (art. 297 cpv. 1 LEF). Si può peraltro osservare che tale circostanza aveva già portato, sotto l'egida del diritto previgente, il Tribunale federale a prolungare il termine entro il quale può essere proposta un'azione revocatoria non solo della durata di una moratoria concordataria, ma pure della durata di una procedura di beneficio d'inventario (DTF 62 III 62 consid. 2, 54 II 115 consid. 2 pag. 119). Scopo degli art. 288a n. 3 e 297 cpv. 4 LEF è quello di escludere abusi (cfr. segnatamente per l'azione revocatoria Kurt Amonn / Fridolin Walther, Grundriss des Schuldbetreibungs- und Konkursrechts, 7a ed., § 52 n. 6, pag. 426 e per la procedura concordataria DTF 40 III 300 consid. 3 pag. 304) e di quindi tutelare i creditori sia nell'evenienza di una procedura concordataria sia nell'ipotesi di una procedura di beneficio d'inventario antecedente una liquidazione in via di fallimento dell'eredità. 
1.3.2 Gli art. 213 e 214 LEF regolano la compensazione nell'ambito del fallimento e prevedono, al fine di evitare abusi, dei divieti (Kurt Amonn / Fridolin Walther, op. cit., § 40 n. 46, pag. 323). Il legislatore ha scorto la possibilità di abusi in materia di compensazione anche nell'ambito di una procedura concordataria e ha esteso nella novella del 1994 la disciplina prevista per il fallimento a tutti i tipi di concordato (cfr. Messaggio citato, pag. 131), sostituendo la data determinante della dichiarazione di fallimento con quella della pubblicazione della moratoria concordataria (art. 297 cpv. 4 LEF). Egli ha però omesso di estendere l'applicazione di tale disciplina pure alla procedura del beneficio d'inventario, che ha preceduto la liquidazione dell'eredità in via di fallimento in seguito alla rinuncia degli eredi, nonostante il fatto che, come appena visto (supra consid. 1.3.1), egli ritiene che i creditori del defunto meritino la medesima tutela di quelli del debitore al beneficio di una procedura concordataria. I materiali legislativi non permettono tuttavia di dedurre che trattasi di un silenzio qualificato né che la normativa concernente il beneficio d'inventario sia esaustiva. Ci si trova pertanto in presenza di una lacuna propria della legge, che dev'essere colmata dal giudice secondo la regola che egli adotterebbe come legislatore (art. 1 cpv. 2 CC). In queste circostanze la Corte cantonale ha giustamente parificato - come esplicitamente già fatto dal legislatore nelle summenzionate due ipotesi - la situazione antecedente la liquidazione dell'eredità per fallimento a quella esistente nel caso in cui il fallimento sia stato preceduto da una moratoria concordataria, applicando per analogia il diritto sulla moratoria concordataria e segnatamente l'art. 297 cpv. 4 LEF alla procedura di beneficio d'inventario. Infatti, contrariamente a quanto pretende la convenuta (supra consid. 1.2), nella successiva liquidazione dell'eredità in via di fallimento i creditori del defunto possono essere - a causa della sospensione delle esecuzioni - vittime di abusi in materia di compensazione alla stregua dei creditori di un debitore al beneficio di una moratoria concordataria. 
2. 
Atteso che dal precedente considerando discende che, qualora la liquidazione dell'eredità in via di fallimento sia stata preceduta da una procedura di beneficio d'inventario, risulta applicabile per analogia l'art. 297 cpv. 4 LEF con il rinvio alle norme che regolano la compensazione nel fallimento, occorre stabilire se nella fattispecie sono adempiuti i presupposti che, giusta l'art. 213 cpv. 2 LEF, impediscono la compensazione da parte di un creditore del fallito rispettivamente del defunto che diviene debitore di lui o della massa (o della successione) dopo la dichiarazione di fallimento, rispettivamente dopo la decisione del Pretore di far allestire l'inventario. 
2.1 La sentenza impugnata indica che, mentre il notaio incaricato stava allestendo l'inventario, la banca ha compensato fr. 129'080,80 versati dai clienti dell'impresa del defunto. Poiché la banca è divenuta debitrice della controparte unicamente nel momento in cui ha ricevuto i predetti versamenti, la causa dell'obbligazione è sorta a quel momento e non può essere ricondotta al periodo in cui il defunto aveva stipulato i contratti d'appalto o a quello in cui aveva emesso le fatture che hanno portato ai versamenti. I Giudici cantonali hanno altresì rilevato che non entra in linea di conto l'asserita cessione di tali crediti alla convenuta, poiché dagli atti non risulta alcuna cessione scritta e che la consegna di polizze di versamento di una determinata banca non soddisfa l'esigenza della forma scritta richiesta dall'art. 165 CO. Per questi motivi la contestata compensazione violerebbe l'art. 213 LEF
2.2 La convenuta sostiene invece che l'art. 213 cpv. 2 LEF non sarebbe applicabile alla fattispecie, poiché in concreto non ricorre "l'ipotesi di una compensazione in senso tecnico-giuridico" ai sensi dell'art. 120 CO, atteso che trattasi di un rapporto di conto corrente. Inoltre, gli amministratori della successione hanno lasciato sussistere il rapporto di conto corrente e il mandato d'incasso della convenuta. Infine, i versamenti effettuati sul conto corrente avrebbero natura solutoria e potrebbero al massimo essere soggetti ad un'azione revocatoria ai sensi dell'art. 287 cpv. 1 n. 2 LEF
2.3 Un rapporto di conto corrente contiene un contratto di compensazione, secondo il quale tutte le pretese inerenti al rapporto di conto corrente vengono compensate automaticamente o alla fine del periodo contabile o in modo continuo (DTF 100 III 79 consid. 3; cfr. anche DTF 127 III 147 consid. 2b). La giurisprudenza ha poi già avuto modo di specificare che un debitore non può, segnatamente mediante un contratto di compensazione, crearsi in anticipo la possibilità di compensare la propria contropretesa e rendere così illusori gli effetti del fallimento del creditore (DTF 115 III 65 consid. 3c). In queste circostanze è del tutto irrilevante che gli amministratori della successione abbiano lasciato operante il conto bancario. Giova inoltre rilevare che la convenuta non può nemmeno essere seguita laddove afferma l'esistenza di un mandato d'incasso, atteso che lo stesso non risulta dalla sentenza impugnata né può essere dedotto dagli accertamenti di fatto - che vincolano il Tribunale federale nella giurisdizione per riforma (art. 63 cpv. 2 OG) - effettuati dalla Corte cantonale. Ne segue che la Corte cantonale non ha violato il diritto federale, negando alla banca la facoltà di compensare i versamenti pervenutile durante la compilazione dell'inventario. 
3. 
Da quanto precede discende che il ricorso si rivela infondato e come tale va respinto. La tassa di giustizia segue la soccombenza (art. 156 cpv. 1 OG), mentre non si giustifica assegnare ripetibili all'attrice, che non ha dovuto presentare una risposta. 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
1. 
Il ricorso è respinto. 
2. 
La tassa di giustizia di fr. 7'000.-- è posta a carico della ricorrente. 
3. 
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
Losanna, 12 dicembre 2003 
In nome della II Corte civile 
del Tribunale federale svizzero 
Il presidente: Il cancelliere: