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Urteilskopf

104 Ia 381


58. Sentenza 1o novembre 1978 nella causa Comune e Patriziato di Airolo contro Comune e Patriziato di Fusio e Consiglio di Stato del Cantone Ticino.

Regeste

Staatsrechtliche Beschwerde der Gemeinde zur Wahrung ihrer Existenz oder des Bestandes ihres Gebietes.
1. Im Rahmen einer solchen Beschwerde kann die Gemeinde die Willkürrüge nur erheben, wenn diese mit der Rüge wegen Verletzung der Existenz- oder Bestandesgarantie eng zusammenhängt (E. 1).
2. Die Gemeinde ist auch dann zur staatsrechtlichen Beschwerde legitimiert, wenn der angefochtene Entscheid sich darauf beschränkt, einer anderen Gemeinde ein bisher umstrittenes Gebiet zuzusprechen (Änderung der Rechtsprechung) (E. 3).
3. Auch bei Beschwerden der Gemeinden bezüglich ihrer Existenz oder des Bestandes ihres Gebietes prüft das Bundesgericht alle Fragen, die nicht die Auslegung und Anwendung besonderer Normen der Verfassungsstufe betreffen, bloss auf Willkür (E. 6b).
Gebietshoheit über die Alp von Campo la Torba im Sambuco-Tal, Gegenstand eines jahrhundertealten Streites zwischen den Gemeinden Fusio im Maggiatal und Airolo im Livinental.
Prüfung des Entscheides des Regierungsrates, der die Alp zum integrierenden Bestandteil des Gebietes von Fusio erklärt, im Lichte rechtsgeschichtlicher Gutachten, historischer Dokumente - insbesondere der Abschiede der Tagsatzung - und der geographischen Lage (E. 7 bis E. 9).

Sachverhalt ab Seite 382

BGE 104 Ia 381 S. 382

A.- L'alpe di Campo la Torba in Val Sambuco è oggetto di una plurisecolare vertenza fra Fusio in Valmaggia ed Airolo in Val Leventina. L'ultimo atto di tale conflitto - che, per quanto qui interessa, ha per oggetto la giurisdizione sull'alpe - ha avuto inizio nel 1925 e si è concluso con una decisione di data 1o febbraio 1974 del Consiglio di Stato della Repubblica e Cantone del Ticino. Il Governo ha riconosciuto che l'alpe contestato fa parte integrante del territorio giurisdizionale di Fusio. Nell'ampia motivazione, l'autorità si è criticamente riferita a perizie storico-giuridiche, allestite, per Airolo, dai Prof.
Liver e Caroni, e per Fusio, dal Prof. Broggini. Inoltre, essa si e appoggiata con larghezza di commento a documenti storici, tra cui primeggiano gli atti della Dieta federale. La diffusa motivazione può esser cosi riassunta:
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Né il presunto esercizio di atti di sovranità fiscale (consid. 1), né il fatto che il Patriziato di Airolo sia o meno proprietario dell'alpe (consid. 2), consentono di trarre conclusioni concrete circa la giurisdizione. Per giudicare a tal proposito, occorre fondarsi sulla situazione di fatto. L'alpe di Campo la Torba e situato geograficamente in Valmaggia ed è separato dalla Leventina da una catena di montagne superabili solo attraverso quattro valichi, di cui soltanto due (Naret e Sassello) agibili col bestiame. In linea di principio, vale in tal caso la regola per cui il confine giurisdizionale coincide con lo spartiacque, con il rilievo tuttavia che, anteriormente al XIX secolo, tale norma non era assoluta. In base a codesta norma, l'alpe è in territorio di Fusio, e lo spartiacque costituisce non soltanto il confine tra i comuni, ma anche quello tra i due Distretti di Leventina, Circolo d'Airolo, da un lato, e quello di Vallemaggia, Circolo della Lavizzara, dall'altro. Sulla scorta di tali risultanze, spetta ad Airolo di recare la prova stretta del contrario, cosi come e ammesso esplicitamente dal Prof. Liver ed implicitamente dal Prof. Caroni, sia pure con la pretesa di esser in parte liberato da tal onere probatorio, per l'impossibilità di farvi fronte compiutamente (consid. 3). I fatti storici anteriori alla pace di Lucerna (29 settembre 1479; 3/5 marzo 1480), se consentono di concludere che gli airolesi avevano acquistato diritto o proprietà su detto alpe, e che questi acquisti, mal veduti dai duchi di Milano, furono o la causa principale, o une delle cause della guerra di Giornico, sono ininfluenti per il litigio: infatti, e pacifico che il Trattato di Lucerna lascio Campo la Torba in territorio milanese, ancorché garantisse ai leventinesi l'accesso all'alpe attraverso il territorio ducale, incerta essendo tuttavia l'esatta natura dei diritti airolesi su Campo la Torba (consid. 4). Nell'epoca dei baliaggi, fino alle trattative avanti la Dieta federale (1570/72), la Leventina costituiva possedimento esclusivo di Uri, la Vallemaggia, invece, era uno dei quattro baliaggi comuni dei dodici cantoni (Zurigo, Uri, Zugo, Friborgo, Berna, Svitto, Glarona, Soletta, Lucerna, Unterwalden, Basilea, Sciaffusa), che la governavano per turni biennali nell'ordine testé riferito. Da codeste circostanze, Airolo vuol dedurre che, cessato per Uri il pericolo costituito dal Ducato di Milano, il conflitto giurisdizionale si fosse ridotto al livello delle comunità viciniali. Fusio invece ribadisce come fosse sempre Uri a tentare di far stabilire la sua esclusiva giurisdizione
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su Campo la Torba con interventi presso la Dieta. Da una lettera dell'8 settembre 1569 spedita dalle autorità urane a quelle zurighesi, e prodotta in causa da Airolo soltanto con le conclusioni del 13 settembre 1972, non si possono trarre conclusione circa i vantati diritti urani, ma al massimo dedurre che i fusiesi erano lontani dal riconoscerli. Neppure da questo periodo storico possono quindi trarsi elementi risolutivi per la controversia (consid. 5).
Negli anni 1569/1572 ebbero luogo le trattative considerate dalle parti decisive per la controversia. Alla Dieta di Baden del 4 giugno 1570, Uri chiede il riconoscimento della sua sovranità territoriale sull'alpe di Campo la Torba. Nella successiva seduta del 9 settembre 1570, gli undici cantoni nominano tre rappresentanti (Pfyffer di Lucerna, Lussi di Nidwaldo e Abyberg di Svitto) per tentare un accomodamento, vietando nel contempo ai fusiesi di sfruttare l'alpe durante il procedimento. Il Collegio arbitrale si riunisce il 15 marzo 1572 ad Altdorf; a quella seduta è formulata una proposta di transazione. Il protocollo originale dell'udienza non è stato rintracciato. Il documento prodotto da Airolo è stato allestito nel 1745, per di più sulla scorta d'una traduzione in italiano di un preteso originale in tedesco. Per conoscere il contenuto della transazione occorre pertanto basarsi sulla relazione fornita dai Delegati alla Dieta federale di Baden del 15 giugno 1572, riprodotta nei recessi federali, nonché sull'approvazione data dalla Dieta nella seduta tenutasi ancora a Baden il 7 dicembre 1572. Tali atti, per il loro tenore e per l'organizzazione e le competenze della Dieta federale, non segnano il definitivo componimento della vertenza, con relativo riconoscimento della giurisdizione urana, e pertanto airolese, sul territorio contestato, ma costituiscono semplicemente l'esaurimento della funzione mediatrice della Dieta. Questa lasciava l'ulteriore completazione e la definitiva attuazione ad Uri, Airolo e Fusio, ciò che, in particolare, implicava l'effettivo pagamento di 400 corone - previsto nella ratificata proposta - da parte degli airolesi a quelli di Fusio ed il consenso di quest'ultimi (consid. 6a c). L'unico documento su cui Airolo si appoggia per dimostrare il pagamento è la traduzione italiana di un preteso atto del gennaio 1573, costituito della copia di una traduzione in italiano dell'originale, che sarebbe stato redatto in tedesco da Nicolaus Muheim, scrivano d'Uri. Come l'analisi dimostra, simile documento manca di
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valore probatorio (consid. 6d e), ed a questa inefficienza fondamentale non può supplire il libero apprezzamento delle prove di cui fruisce il giudice: onere della prova ed apprezzamento della prova sono problemi distinti (consid. 6f).
Fallita la prova documentale, la conferma dell'effettiva attuazione della transazione non può nemmeno esser dedotta dagli avvenimenti successivi alle trattative del 1570/72, segnatamente da una posa di termini avvenuta nel 1654. Tali avvenimenti, da cui non risulta la minima menzione del preteso accordo del 1572, costituiscono semmai un indizio per la tesi contraria (consid. 7). Altro indizio importante nel senso che la transazione non venne attuata si deduce dalla relazione di Franz Ziegler, presidente, negli anni 1789/91, del Sindacato dei baliaggi ticinesi, relativa ad un viaggio ufficiale compiuto in Vallemaggia nel 1790 (consid. 8). Il contrario non si desume nemmeno dalle ulteriori pubblicazioni dell'epoca, in particolare quelle corografiche, segnatamente dall'opera del Fäsi (1766/68), del Füesslin (1770/78), di Stefano Franscini, di Lutz-Leresche (1836), dello Schinz (1783), contraddetto, è vero, quest'ultimo, ma in forma dubitativa, dal parroco di Airolo don Albertini. Da tutte queste opere si trae anzi indizio nel senso che la transazione non fu mai attuata. Tutte le carte del XVIII secolo, con un,unica eccezione (la carta Meyer del 1784, compilata però su uno schizzo del parroco Albertini di Airolo), attribuiscono Campo la Torba alla Lavizzara; altrettanto le carte del XIX secolo (consid. 9). Per quanto attiene all'uso privatistico dell'alpe durante il XX secolo, risulta dalle testimonianze assunte in via provvisionale ed a perpetua memoria dalla Pretura di Bellinzona nel 1888, nonché da quelle raccolte nella presente procedura nel 1934 e nel 1936 che, prima e dopo il carico da parte degli airolesi, i fusiesi godevano l'alpe, pascolandovi bestiame, facendovi fieno e legna (consid. 10a). Per quanto poi attiene all'esercizio della sovranità territoriale, non e provato che Airolo l'abbia mai praticata in modo permanente e durevole, se si fa astrazione da qualche episodio sporadico e di dubbia concludenza. Fusio ha invece dimostrato di aver compiuto numerosi atti (rilascio di atti di morte, sepoltura a Fusio di morti a Campo la Torba, contravvenzioni municipali, ecc.), i quali confermano l'esercizio effettivo - ed almeno chiaramente preponderante, se non esclusivo - della sovranità territoriale (consid. 10b). Neppure le procedure giudiziarie del
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secolo scorso, sia quelle dipendenti da una grida fatta pubblicare nel 1843 dal Patriziato di Airolo, cui Comune e Patriziato di Fusio fecero opposizione, sia quelle promosse da parte di Airolo, rispettivamente dal Comune e dal Patriziato di Fusio, consentono di ricavare elementi circa la giurisdizione a favore dell'una o dell'altra parte (consid. 11). Non è neppure lecito trarre in via analogica conclusioni per la vertenza dal caso particolare di Prugiasco, Comune sito in Val Blenio e tuttavia sottoposto, insieme con la Leventina, al solo dominio urano in virtù della pace di Lucerna, mentre il resto della Valle di Blenio sottostava ai tre Cantoni primitivi. Nessun elemento, infine, può esser ricavato, per giudicare circa la giurisdizione politica, dalla giurisdizione ecclesiastica su Campo la Torba, poiché le due giurisdizioni non necessariamente coincidono (consid. 12). Tirando le somme, si deve concludere che numerosi fatti invocati dalle parti sono equivoci o hanno un valore meramente negativo, e pertanto non assurgono ad indizi concludenti. Altri, invece, consentono conclusioni: la circostanza che in quasi trecent'anni di storia non si sia rintracciato riferimento veruno alla transazione del 1572, neppure in quei momenti (terminazioni del 1580 e del 1654) in cui sarebbe stato logico riferirvisi; il silenzio degli storici a proposito di tale convenzione; l'opinione degli autori che, essendo a conoscenza del conflitto, ritennero ch'esso sia rimasto irrisolto; il fatto che Airolo non sia riuscito a render credibile il perfezionamento della transazione del 15 giugno 1572, mentre gli indizi raccolti confermano piuttosto la tesi contraria; la circostanza che Fusio ha esercitato la sovranità effettiva durante il XX e il XIX secolo e - da quanto risulta - anche per buona parte del XVIII, seppur non in modo totalmente incontestato ed esclusivo, almeno in modo preponderante, mentre Airolo, che ha contro di sé la situazione geografica e la difficoltà pratica dell'esercizio di competenze amministrative e giurisdizionali, avrebbe dovuto provare e non soltanto affermare un lungo ed esclusivo esercizio. Da codesti elementi si deve concludere che la tesi airolese, a parte qualche indizio minore ed insufficiente, non è comprovata, mentre l'apprezzamento degli indizi conforta e rafforza la presunzione esistente a favore di Fusio. L'appartenenza di Campo la Torba alla giurisdizione di Fusio deve ritenersi provata, in ogni caso, sin dalla seconda metà del XVIII secolo (consid. 13 e 14). Dato questo accertamento, i mutamenti politici determinati dalla
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creazione della Repubblica Elvetica (1798/1803) e dalla costituzione del Cantone con l'atto di mediazione (19 febbraio 1803), e quelli intervenuti successivamente non influiscono sul risultato. Si può tutt'al più osservare in proposito che nessun testo, nessuna decisione o relazione statale di queste epoche prevede espressamente l'inserzione dell'alpe contestato nel distretto di Valle Maggia o in quello di Leventina, o nei relativi Circoli o Comuni, mentre d'altra parte non v'è ragione di ritenere che una nuova organizzazione statuale debba necessariamente risolvere tutti i conflitti preesistenti (consid. 15). La questione della proprietà dell'alpe non deve esser risolta in questa sede, anche se è opportuno rilevare che i diritti esercitati da Patriziato e Vicinanza d'Airolo assorbono l'essenza dell'alpe, mentre quelli dei fusiesi prima e dopo lo scarico appaiono piuttosto secondari (consid. 16).

B.- Con tempestivo ricorso di diritto pubblico, fondato sulla violazione dell'art. 4 Cost. (arbitrio), il Comune ed il Patriziato d'Airolo insorgono contro la decisione del Consiglio di Stato, chiedendo al Tribunale federale di annullarla. Dei motivi del ricorso si dirà nei considerandi di diritto.
Il Comune ed il Patriziato di Fusio postulano la reiezione del gravame e la conferma della risoluzione impugnata. Identica conclusione formula il Governo.

Erwägungen

Considerato in diritto:
I. Questioni d'ordine

1. Secondo la giurisprudenza, un Comune ha qualità per interporre ricorso di diritto pubblico contro decreti o decisioni che lo toccano, quale titolare di pubblico potere, nella sua autonomia (DTF 103 Ia 472 consid. 1; DTF 100 Ia 83 consid. 1, 90 consid. Ia, 202 consid. 1, 282 consid. 3 e riferimenti) o nella sua esistenza o consistenza territoriale (DTF 93 I 66 consid. 2, 445 consid. 7c; DTF 94 I 354 consid. 2, 543 consid. 1; DTF 96 I 467 consid. 2; DTF 99 Ia 110 consid. 1). Il Comune ha ugualmente veste per impugnare decreti o decisioni che lo colpiscono alla stregua di un privato, segnatamente quale proprietario di beni del patrimonio fiscale, ovvero finanziaro (DTF 96 I 468 consid. 2a; DTF 97 I 641 consid. 2b), o del patrimonio amministrativo (DTF 95 I 46; DTF 97 I 640 641 consid. 2b; DTF 99 Ia 110 111, consid. 1; circa i beni d'uso comune, cfr. DTF 96 I 467 consid. 2; DTF 97 I 641 consid. 2 e DTF 96 I 329 consid. 1).
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Nella sua qualità di detentore del potere pubblico, il Comune può far valer la censura d'arbitrio non a titolo indipendente, ma solo in connessione con quella di lesione della sua autonomia (DTF 103 Ia 478 479; DTF 100 Ia 90 consid. 1b; DTF 98 Ia 431 consid. 2 e 3; DTF 96 I 327 consid. 2; DTF 94 I 455 consid. 1b. Ancorché ciò non sia mai stato detto esplicitamente, uguale connessione va logicamente richiesta anche quando il Comune si duole non di una lesione dell'autonomia, ma di quella della sua esistenza o integrità territoriale.

2. a) Il patriziato ticinese è garantito dalla Costituzione cantonale (art. 9), la quale prevede che la legge lo disciplina. La legge organica patriziale del 29 gennaio 1962 (LOP) lo definisce una corporazione di diritto pubblico, autonoma nei limiti stabiliti dalla legge, il cui scopo consiste nella conservazione dello spirito viciniale, nel buon governo dei beni di cui è proprietaria e nel loro impiego a favore della comunità (art. 1). L'art. 86 cpv. 1 LOP specifica che i beni patriziali si distinguono in beni amministrativi, direttamente connessi all'adempimento di compiti di diritto pubblico, e in beni patrimoniali. È pacifico, e si desume peraltro e contrario dall'art. 90 bis LOP, che i beni patriziali possono situarsi nella giurisdizione di Comuni politici diversi. D'altra parte, statuendo in materia di elezioni e votazioni, il Tribunale federale ha già riconosciuto il carattere politico della corporazione autonoma patriziale (sentenza inedita 11 novembre 1970 in re L. c. Amministrazione patriziale di Robasacco consid. 1; sentenza 16 febbraio 1972 in re F. c. Amministrazione patriziale di Dalpe, apparsa in BORGHI, Giurisprudenza amministrativa ticinese, 1975, n. 262, consid. 1a). Si deve quindi ammettere che, sotto il profilo della tutela dell'autonomia e dell'esistenza, il patriziato può avvalersi del ricorso di diritto pubblico alla stessa stregua di un comune politico.
b) La decisione impugnata si limita a stabilire che l'alpe di Campo la Torba è situato nella giurisdizione del Comune politico di Fusio, nel distretto di Vallemaggia, Circolo della Lavizzara. Essa lascia invece assolutamente impregiudicata la proprietà dell'alpe, rivendicata dal Patriziato d'Airolo. Questo non e quindi toccato nella sua qualità di proprietario di beni patriziali, poco importa se amministrativi, patrimoniali o d'uso comune. Il Patriziato d'Airolo non afferma nemmeno d'esser colpito dalla decisione impugnata nella sua facoltà di amministrare
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autonomamente tali beni, né si scorge invero come potrebbe esserlo. La risoluzione del Consiglio di Stato non concerne quindi il Patriziato d'Airolo nella sua qualità di detentore di poteri pubblici di natura autonoma, né nella sua qualità di proprietario. Per carenza di legittimazione, il suo ricorso di diritto pubblico è dunque irricevibile (art. 88 OG).

3. Invece, la decisione impugnata concerne indubbiamente la consistenza territoriale del Comune politico di Airolo.
a) In DTF 89 I 206 208 (Comune di Flüelen) il Tribunale federale ha riconosciuto che un comune ha veste per insorgere con ricorso di diritto pubblico non solo contro decreti o decisioni che lo smembrino in più comuni o lo costringano a fondersi con altri, ma anche contro provvedimenti intesi a staccare dal comune una parte essenziale del territorio o della popolazione per attribuirla ad un altro. Quest'ultima regola soffre tuttavia eccezione in due casi. Il comune non può insorgere contro quelle modificazioni che, come la rettifica dei confini giurisdizionali con o senza compenso reciproco, concernono porzioni limitate di territorio e perseguono il fine di semplificare o migliorare il tracciato del confine. In secondo luogo, la veste per proporre ricorso di diritto pubblico è negata al comune allorquando la decisione impugnata si limita a riconoscere ad un altro comune un territorio sinora in contestazione, e ciò indipendentemente dall'importanza dell'oggetto del litigio. Il Tribunale federale, per negare la legittimazione, ha rilevato che in simili casi non è lecito parlare di modifiche suscettibili di intaccare la consistenza territoriale del comune, poiché tale conseguenza può configurarsi solo se dal comune sia staccata una porzione di territorio che indubbiamente gli appartiene, non invece quando si accerti soltanto il confine in un territorio controverso. Secondo questa giurisprudenza, al Comune d'Airolo dovrebbe esser negata la legittimazione. La decisione impugnata, infatti, si limita ad accertare l'appartenenza giurisdizionale di un territorio litigioso.
b) Criticata in dottrina (H.P. MATTER, Die Legitimation der Gemeinde zur staatsrechtlichen Beschwerde, tesi, Berna 1965, pagg. 70/71), questa giurisprudenza merita riesame, se non per la questione minore delle semplici rettifiche (che qui non interessa e può rimanere aperta), almeno per l'eccezione concernente i giudizi di accertamento in controversie di giurisdizione territoriale tra due comuni.
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La citata sentenza Flüelen (DTF 89 I 207 208) richiama il precedente dei Comuni di Mels e Sargans (DTF 87 I 214 215) e adduce inoltre tanto la sentenza inedita del 6 febbraio 1947 in re Comune di Tägerwilen, quanto la sentenza del 14 luglio 1949 concernente il Comune turgoviese di Sirnach (riassunta in ZBl 50/1949, pag. 440 segg.). Ora, in quest'ultima sentenza, il Tribunale federale aveva ripudiato l'argomentazione addotta nel caso di Tägerwilen. In particolare, nel considerando 2 della sentenza di Sirnach, il Tribunale federale aveva espressamente sottolineato che l'argomento per cui, quando v'e controversia sul territorio, si tratterebbe soltanto di delimitare reciprocamente due enti pubblici coordinati, non ha rilevanza, almeno quando sono in gioco porzioni importanti di territorio. Mal si comprende infatti, aveva aggiunto, come si possa riconoscere al comune il diritto di difendersi contro lesioni della sua autonomia, ma negargli invece la possibilità di adire il Tribunale federale per lamentare violazioni della Costituzione in forza delle quali gli vien sottratto quel territorio che costituisce la premessa ed il substrato stesso dell'autonomia.
In realtà, non si vede motivo per trattare in modo diverso, sotto il profilo della legittimazione, il caso in cui un comune sia costretto a cedere territorio in (pretesa) disapplicazione di norme del diritto cantonale che reggono la materia, dal caso in cui l'autorità cantonale proceda, in modo che si pretende incostituzionale, all'accertamento dell'appartenenza giurisdizionale di un territorio controverso ad un determinato comune. La distinzione fatta dalla giurisprudenza ha tanto meno ragion d'esser mantenuta da quando il Tribunale federale ha riconosciuto - in materia d'autonomia - che per fondare la legittimazione occorre, ma basta anche, che il provvedimento impugnato colpisca il comune nella sua qualità di titolare del pubblico potere, la questione dell'esistenza di autonomia tutelabile e della lesione di questa attenendo al merito (DTF 93 I 431 consid. 1; DTF 100 Ia 203 consid. 1; DTF 103 Ia 472 consid. 1). Le ragioni che hanno indotto il Tribunale federale a permettere al comune di avvalersi eccezionalmente di un rimedio normalmente riservato ai privati cittadini per difendersi contro gli abusi del potere statuale, sono d'altronde di natura giuridico-politica e risiedono, da un lato, nel riconoscimento della funzione attribuita al comune nell'edificio dello Stato democratico e, dall'altro, nella necessità di impedirne il decadimento (DTF 103 Ia 474
BGE 104 Ia 381 S. 391
consid. 4 e riferimenti): applicata in tema di difesa del territorio, questa motivazione fa apparire artificiosa la sottile distinzione della cennata giurisprudenza.
c) La legittimazione del Comune di Airolo deve quindi essere riconosciuta. Non è necessario esaminare, a tal proposito, se debba esser mantenuta la restrizione quantitativa ritenuta nella già citata sentenza di Flüelen. Non è infatti contestato che il territorio controverso ha un'importanza rilevante tanto per la sua estensione quanto per la sua funzione economica. Neppure, sia rilevato di transenna, va qui esaminata la questione di sapere se un comune possa censurare col ricorso di diritto pubblico unicamente lesioni del suo statuto giuridico (così la sentenza 23 dicembre 1970 nella causa Comune di Höri, pubblicata in ZBl 72/1971, pagg. 428/429, consid. 3) oppure lamentare anche lesioni di fatto che si ripercuotono sulla sua esistenza o integrità.
d) Per ragioni di completezza, giova infine rilevare che la legittimazione non può esser negata al comune di Airolo con l'argomento che nel testo del gravame è espressamente invocato solo l'art. 4 Cost. Certo, il comune non ha veste per proporre un ricorso per arbitrio a titolo indipendente (supra, consid. 1), ma, nel caso in esame, l'arbitrio lamentato dal Comune e in connessione immediata con la lesione dell'integrità territoriale.

4. Le osservazioni del Governo ticinese sono state inoltrate trascorso il termine assegnato e non possono quindi esser prese in considerazione. Per contro, debbono esser ritenute tempestive quelle del Comune e del Patriziato di Fusio, presentate dagli intimati tempestivamente all'autorità cantonale incaricata di raccoglierle, ancorché da questa tardivamente ritrasmesse al Tribunale federale.
II. Questioni di merito

5. Il Comune ricorrente sostiene che, nonostante le apparenze, la decisione impugnata non si fonda su molteplici motivazioni indipendenti, ma su un argomento essenziale, sviluppato nel considerando 6 (pagg. 25 a 40). Contro questa motivazione esso dichiara pertanto di appuntare la critica ricorsuale; le ulteriori censure non fanno che completarla.
Secondo il ricorrente, l'autorità cantonale è caduta in arbitrio su un punto decisivo, ossia nel ritenere che la transazione
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di Altdorf del 15 marzo 1572, il cui tenore è riprodotto nel recesso della Dieta del 15 giugno 1572 e che la Dieta approvo incontestatamente nella seduta di Baden del 7 dicembre 1572, non fosse perfetta e definitiva, ma sottoposta alla condizione sospensiva del pagamento della somma pattuita da parte di quelli d'Airolo a quelli di Fusio. Da codesta errata ed arbitraria interpretazione è stata dedotta, secondo il ricorrente, l'esigenza che Airolo provasse in causa l'avvenuto pagamento.
A mente del Comune d'Airolo, tale prova è stata comunque considerata fallita a torto ed arbitrariamente. Come l'esistenza dell'istituto della prescrizione decennale nel diritto odierno dimostra, non si può esigere dopo quattro secoli la prova documentale perfetta, ed è arbitrario considerare apocrifo il documento del (primo?) gennaio 1573, che prova l'avvenuto pagamento immediato: in effetti, un atto del genere non s'inventa. Che per tre secoli, dopo le dispute degli anni 1569/72, non siasi più parlato della giurisdizione di Campo la Torba, depone a favore della tesi che il litigio sia stato tolto per transazione, non di quella ch'esso si sia esaurito per la spossatezza degli antagonisti. Nel seguito del ricorso si espongono critiche su punti specifici della motivazione del Consiglio di Stato a proposito della data dell'atto del gennaio 1573, della terminazione del 1654, della relazione dello Ziegler, dei reperti corografici e cartografici e della proprietà dell'alpe ai sensi del diritto civile. Tali critiche, ove occorra, saranno riprese in seguito.

6. a) Allorquando una decisione è fondata su più motivazioni indipendenti fra di loro, il ricorrente deve impugnarle tutte, e dimostrare che ognuna di esse è incostituzionale, sotto pena di vedersi dichiarato irricevibile il ricorso in applicazione dell'art. 90 OG, oppure di vederselo respinto nel merito, se avendo egli ossequiato all'obbligo processuale, anche una sola delle motivazioni impugnate resistesse alla censura d'anticostituzionalità. Il Comune ricorrente sostiene però a ragione che questa situazione non si verifica in casu. Effettivamente, come emerge dal riassunto dei motivi della decisione governativa, l'autorità cantonale ha ritenuto che l'approvazione data dalla Dieta federale di Baden del 7 dicembre 1572 non costituisse il componimento definitivo della vertenza giurisdizionale tra Uri, signore esclusivo della Leventina, rispettivamente la vicinanza d'Airolo, da un lato, e gli undici altri cantoni condomini con Uri della Vallemaggia, rispettivamente la vicinanza di Fusio,
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dall'altro, ma che a tale approvazione della Dieta ancora dovesse far seguito l'approvazione e l'attuazione definitiva dell'accordo transattivo tra i due più diretti interessati, cioè le vicinanze di Airolo e di Fusio.
Partendo da questa interpretazione degli atti della Dieta, l'autorità cantonale ha poi ricercato se la prova della transazione definitiva risultasse direttamente da documenti, oppure dovesse desumersi indirettamente da circostanze ed eventi storici successivi alle Diete federali del 15 giugno, rispettivamente del 7 dicembre 1572.
È quindi chiaro che, ove l'interpretazione della portata degli atti della Dieta fornita dall'autorità cantonale fosse costituzionalmente inaccettabile, come sostiene Airolo, l'intero edificio della decisione governativa rovinerebbe. Sotto l'accennato profilo il ricorso è quindi ricevibile, e lo sarebbe anche se Airolo si fosse limitato a sollevare la sua censura principale.
b) Come lo stesso Comune ricorrente ammette, le sue censure possono essere esaminate dal Tribunale federale soltanto sotto il profilo dell'arbitrio. Tanto nelle contestazioni riguardanti l'autonomia, quanto in quelle concernenti l'esistenza e la consistenza territoriale di un comune, il Tribunale federale giudica infatti con cognizione ristretta all'arbitrio tutte le questioni che non concernono l'interpretazione e l'applicazione di norme del livello costituzionale, liberamente invece quest'ultime (cfr. DTF 101 Ia 395 consid. 2a; DTF 102 Ia 71; DTF 104 Ia 127 consid. 2b ove è stata espressamente abbandonata la precedente giurisprudenza di DTF 96 I 383 segg., consid. 3).

7. Il ricorrente assevera in sostanza che la Dieta federale, nella seduta del 7 dicembre 1572 tenutasi a Baden, ratificò a titolo definitivo una transazione già perfezionata a livello delle comunità locali di Airolo e di Fusio; che cioè la deliberazione della Dieta suggellò definitivamente l'accordo con l'adesione di Uri, signore esclusivo della Leventina, e degli 11 altri cantoni, condomini con Uri della Vallemaggia, senza che più fosse richiesta un'ulteriore adesione delle comunità locali. Essa qualifica d'arbitraria l'opposta opinione del Consiglio di Stato con argomenti tratti dal testo dei recessi federali, e sostiene che pertanto l'autorità cantonale ha richiesto a torto da Airolo la prova del definitivo perfezionamento della transazione, in particolare quella dell'intervenuto versamento della somma pattuita.
L'argomento essenziale della ricorrente si esaurisce in
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pratica nel sostenere che il consenso di Fusio deve ritenersi intervenuto prima del 7 dicembre 1572, ossia prima della Dieta di Baden che approvo definitivamente il testo della transazione.
L'interpretazione data dal Consiglio di Stato resiste alla censura d'arbitrio.
a) Essa collima con l'opinione espressa nella prima perizia del 15 agosto 1953 dell'esperto di Airolo Prof. Liver. Al momento in cui quel referto fu steso, il recesso della Dieta federale di Baden del 15 giugno 1572, alla quale i tre delegati della Dieta Pfyffer, Abyberg e Lussi riferirono all'Assemblea sull'esito del loro mandato, era noto al perito d'Airolo non solo attraverso la copia esistente a quel momento negli atti, ma attraverso l'originale esistente nell'archivio di Stato di Berna, col quale il Prof. Liver dichiara (referto 15 agosto 1953, originale in tedesco, cifra 3, pag. 16) di averla personalmente collazionata. Non noto al perito (né, sembra, alle stesse parti) era per contro a quel momento il recesso della Dieta del 7 dicembre 1572 nel suo testo originale, se non per la menzione che di quella deliberazione della Dieta è fatta nel tanto discusso documento di data gennaio 1573 (perizia Liver, pag. 23 segg.). Ora, per lo stesso perito d'Airolo è essenziale dimostrare non solo che la transazione fu accettata da Uri e dagli 11 cantoni, ma che essa fu accettata da Fusio (perizia, pag. 33). Il Prof. Liver, cui non era ancora noto a quel momento il recesso della Dieta del 7 dicembre 1572, dichiara che è verosimile ("darf wohl angenommen werden") che gli 11 cantoni abbiano accettato la transazione, ma subito soggiunge che decisiva è la questione di sapere se anche Fusio l'abbia accettata ("entscheidend ist die Frage, ob Fusio ihn (den Vergleich) angenommen hat"). Ed il Prof. Liver constata che l'adesione di Fusio mancava al momento in cui i tre arbitri riferirono alla Dieta tenuta a Baden il 15 giugno 1572 circa la riunione di Altdorf del 17 marzo 1572, e la proposta di transazione fu inserita nel recesso della Dieta del 15 giugno 1572. Ciò risulta, secondo lo stesso perito d'Airolo, dal passo del recesso in cui è detto che i tre arbitri fanno la proposta che ognuno degli 11 cantoni voglia donare a quelli di Fusio 50 corone "damit söllicher vertrag vff vnnd angenommen würde". Così testualmente commenta Liver: "Durch diese Gabe sollen die Leute von Fusio bewogen werden, den Vergleich anzunehmen. Das ist zweifellos der Sinn dieser Stelle
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des Abschiedes", per poi trarne la conclusione che - se il consenso di Fusio fu acquisito - esso lo fu più tardi, cioè posteriormente al 15 giugno 1572.
La stessa perizia del Prof. Liver interpreta pertanto la dibattuta frase "damit söllicher vertrag vff vnnd angenommen würde" nello stesso senso che le è stato attribuito dal Consiglio di Stato nella decisione impugnata. Il Comune d'Airolo è manifestamente mal venuto a rimproverare all'esecutivo cantonale mancanza di esame critico, per non aver avallato l'altra traduzione (eseguita nel 1851 da Geremia Steiner, segretario traduttore presso il Consiglio di Stato), secondo cui la controversa frase significherebbe "perché ciò venne accettato" e non "affinché il contratto venga accettato". Nella misura in cui Airolo vuol dedurre l'intervenuta adesione di Fusio dal testo del recesso della Dieta del 15 giugno 1572, la censura d'arbitrio mossa al Consiglio di Stato, che ha seguito su tal punto l'opinione autorevole dello stesso perito del ricorrente Prof. Liver, e quindi infondata.
b) Ma, argomenta Airolo nel gravame, il consenso di Fusio deve necessariamente esser intervenuto prima del 7 dicembre 1572, ossia prima della Dieta di Baden che approvo definitivamente il testo sottoposto dai tre arbitri ai cantoni sovrani nella precedente seduta del 15 giugno 1572.
Tale sottile conclusione si imporrebbe soltanto se fosse consentito affermare con certezza che l'accettazione dell'accordo da parte degli 11 cantoni sarrebbe stata priva di senso, e quindi non sarebbe intervenuta, se nel frattempo Fusio non avesse già aderito da parte sua alla convenzione. Tuttavia, e contrariamente alla tesi del ricorrente, una simile conclusione non s'impone affatto.
Se, per muovere quelli di Fusio ad accettare, i tre delegati della Dieta ritennero opportuno (Dieta del 15 giugno 1572) proporre che ognuno degli 11 cantoni versasse volontariamente alla vicinanza di Fusio cinquanta corone supplementari, non e affatto arbitrario sostenere - in assenza di contraria risultanza - che Fusio non abbia dato la propria adesione all'accordo prima che il previsto dono fosse consacrato in un impegno formale assunto dai cantoni sovrani. Ora, tale promessa fu data non già alla Dieta del 15 giugno 1572, alla quale la proposta degli arbitri fu dai rappresentanti dei cantoni sovrani
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semplicemente registrata "ad referendum", ma soltanto alla Dieta del 7 dicembre 1572, in cui la proposta degli arbitri si concreto in un impegno di tutti i cantoni interessati.
Che tale fosse il normale iter del procedimento è stato del resto ammesso - ancora una volta - dallo stesso perito d'Airolo, Prof. Liver, ancor prima che fosse rintracciato il recesso della Dieta del 7 dicembre 1572. Commentando il documento del gennaio 1573 (di cui si dirà in seguito), Liver scrive che tale atto espone "in richtiger Folge" che le 400 corone dovute da Airolo a Fusio furono pagate dopo che l'accordo era stato accettato alla Dieta del 7 dicembre 1572 dagli 11 cantoni e dopo che anche Uri aveva dato la propria adesione (perizia citata, pag. 33 in fine). Ora, il pagamento è considerato dall'esperto non tanto come la prova dell'esecuzione dell'impegno da parte degli airolesi, quanto come la prova della conclusione dell'accordo stesso, cioè dell'intervenuto consenso da parte di quelli di Fusio. ("Ohne diese Zustimmung wären den Leuten von Fusio sicher auch die 400 Kronen nicht bezahlt worden").
Né, d'altro canto, Liver sostiene che la prova (al momento della sua perizia ancora mancante) dell'accettazione della proposta arbitrale da parte degli 11 cantoni implicasse automaticamente anche quella dell'intervenuto consenso di Fusio: dall'eventuale conferma documentale della decisione della Dieta del 7 dicembre 1572, Liver trae infatti, e giustamente, solo una conclusione negativa: che cioè sino a quella data Fusio non aveva rifiutato di aderire all'accordo ("entscheidend ist die Frage, ob Fusio ihn (den Vergleich) angenommen hat. Hat Fusio sich dessen geweigert, erübrigte sich die Abstimmung an der Tagsatzung").
c) Ne viene cosi che, contrariamente all'assunto del ricorrente, non può rimproverarsi al Consiglio di Stato arbitrio per essersi rifiutato di inferire dai testi dei recessi della Dieta del 15 giugno 1572, rispettivamente del 7 dicembre 1572 che Fusio avesse già dato la propria adesione alla proposta arbitrale, e che pertanto il recesso del 7 dicembre costituisse l'atto finale posto a suggellò della transazione.
L'opinione del Consiglio di Stato circa il peso determinante da attribuirsi all'adesione di Fusio alla transazione (ed alla prova di tale adesione) si giustifica d'altronde proprio in base alla tesi sostenuta da Airolo, cioè che, caduto il dominio ducale milanese sulla Vallemaggia e scomparso od attenuato il pericolo
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che tale dominio costituiva per Uri, la vertenza giurisdizionale di Campo la Torba si fosse praticamente ridotta al livello di un conflitto fra comunità locali, la cui soluzione presupponeva si il consenso dei cantoni interessati, ma anche l'accordo delle comunità locali, alle quali mal poteva esser imposta dall'alto.
A torto, d'altronde, il Comune ricorrente rimprovera al Consiglio di Stato di aver esatto da Airolo la prova dell'intervenuto pagamento delle 400 corone previste dalla transazione, rifiutandosi di far capo su tal punto ai principi della prescrizione. Il Consiglio di Stato, infatti, non doveva decidere su una pretesa di Fusio volta al pagamento della somma dovuta da Airolo, caso nel quale sarebbe stato lecito ad Airolo sollevare l'eccezione di prescrizione. L'autorità cantonale era invece chiamata ad accertare se un accordo transattivo si fosse perfezionato - oltre che fra Uri e gli 11 cantoni - anche fra le due comunità di Airolo e Fusio; in tal ambito, la prova documentale dell'intervenuto pagamento avrebbe nel contempo certificato l'adesione di Fusio alla transazione, per il logico motivo cui accenna il Prof. Liver. Da Airolo non è stata quindi tanto richiesta la prova dell'esecuzione da parte sua di una convenzione stipulata, quanto, attraverso la prova dell'esecuzione, quella della stipulazione della convenzione stessa, preratificata dai cantoni sovrani con la promessa di un'elargizione a Fusio per il caso della sua accettazione.
d) Tale risultato non muta neppure se si prendono in considerazione gli argomenti suppletori di Airolo, in particolare quelli tratti dal tenore del recesso della Dieta del 7 dicembre 1572. Le critiche ricorsuali alla versione in tedesco moderno, prima, ed alla traduzione in italiano, poi, di tale recesso sono infondate: basti dire che, nella decisione impugnata, il Consiglio di Stato si è fondato sui documenti prodotti dal ricorrente medesimo, tra l'altro sulla versione in tedesco moderno allestita dall'archivio di Stato di Argovia e sulla versione in italiano dello stesso recesso certificata conforme dal dott. Carlo Marti, già segretario comunale di Airolo.
In ogni caso, l'interpretazione del Consiglio di Stato sfugge al rimprovero d'arbitrio nella misura in cui - come già rilevato - rifiuta di inferire dal testo del recesso del 7 dicembre 1572 che Fusio già avesse dato il proprio consenso alla transazione: anzi, da quel testo non è arbitrario inferire che, a quel
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momento, neppure constasse l'adesione della stessa gente d'Airolo, che i cari confederati d'Uri dovevano "dahin wyssen unnd halten", "anhalten und anweisen" (versione dell'archivio di Stato d'Argovia), "istruire e obbligare" "a pagare e dare ai prefati nominati di Fusio le 400 corone, cosi come previsto nella transazione" (traduzione italiana del dott. Carlo Marti).
Sia rilevato, infine, che il Consiglio di Stato nell'impugnata decisione non si è limitato a fondarsi sui testi dei recessi per asseverare che con l'approvazione della Dieta del 7 dicembre 1572 la transazione ancora non era perfetta, ma ha inquadrato tale interpretazione dei testi con riferimento all'organizzazione, alle competenze ed alla prassi seguita dalla Dieta federale (consid. 6c) Nessuna critica è mossa nel ricorso a tale argomentazione. Ne viene così che la censura fondamentale di Airolo s'avvera infondata.

8. A torto, secondo il ricorrente, il Consiglio di Stato avrebbe negato valore probatorio al documento datato gennaio 1573, dal quale si dedurrebbe l'avvenuto pagamento di Airolo a Fusio. La motivazione principale del ricorrente risiede nell'invocare in via analogica l'applicazione dei principi della prescrizione: già si è rilevato sopra (consid. 7c) come tale argomentazione non sia pertinente, poiché da Airolo non è stata richiesta tanto la prova del pagamento in sé, quanto la prova, dedotta da quella del pagamento, dell'adesione di Fusio all'accordo. A parte ciò, il ricorrente si limita ad apoditticamente dichiarare che il documento del gennaio 1573 (a mente sua, del 1o gennaio) non può essere apocrifo.
Ciò non basta manifestamente a sostanziare una censura d'arbitrio. Nella sua decisione, il Consiglio di Stato ha diffusamente esposto perché a quel documento - d'altronde neppure prodotto in atti dal ricorrente, ma deducibile solo dalla trascrizione nella perizia Liver - non può esser riconosciuto valore probatorio. Sull'esauriente e circostanziata argomentazione della pronunzia impugnata il ricorrente non spende una parola, per cui il ricorso è su tal punto irricevibile per carenza di motivazione (art. 90 OG).
D'altronde, si volesse prescindere da codesto difetto formale, la censura ricorsuale dovrebbe esser dichiarata infondata: per negare senza arbitrio valore probatorio all'atto, basta il rilievo del Consiglio di Stato per cui la cennata copia-traduzione, anche a non volerla considerare apocrifa, potrebbe riferirsi
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semplicemente ad un progetto rimasto inattuato. D'altronde, lo stesso perito d'Airolo, Prof. Liver, sottolinea nel suo referto del 15 agosto 1953 che, in assenza dell'originale, la prova può esser recata soltanto attraverso una copia autentica del documento originale.
L'irricevibilità, rispettivamente l'infondatezza delle censure ricorsuali nella loro impostazione di principio, risparmiano quindi al Tribunale federale l'esame delle critiche di dettaglio sollevate nel ricorso in merito alla data del controverso documento.

9. Le altre critiche mosse nel gravame alla decisione impugnata (v. supra, consid. 5) hanno carattere meramente appellatorio, non sostanziano minimamente la censura d'arbitrio e sono pertanto irricevibili in applicazione dell'art. 90 OG (DTF 99 Ia 148 consid. 3, 354 consid. 2b; DTF 100 Ib 126).
Comunque, tanto nella valutazione delle prove, quanto in quella degli indizi probatori, le autorità cantonali fruiscono di una larga libertà, che autorizza quindi il Tribunale federale ad intervenire soltanto in caso d'abuso o d'eccesso di potere (DTF 83 I 9; DTF 96 I 433; DTF 100 Ia 17 d). Una tale violazione dell'art. 4 Cost. non è in casu minimamente dimostrata. Il Consiglio di Stato doveva accertare se la transazione approvata dalla Dieta federale del 7 dicembre 1572 si era o meno perfezionata con l'adesione definitiva delle comunità locali ed era stata attuata. Esso ha minuziosamente esaminato gli indizi a disposizione, giungendo alla conclusione che essi non consentono di dedurre il perfezionamento di quell'accordo, e che anzi gli indizi significativi confermano la presunzione derivante a favore di Fusio dalla chiara situazione geografica. Tra gli argomenti determinanti dell'autorità cantonale due fanno particolarmente spicco: quello per cui alla controversa transazione non siasi fatto da nessuno riferimento per circa tre secoli, nemmeno in quei momenti in cui sarebbe stato naturale riferirvisi, e quello per cui non v'è traccia di un lungo ed esclusivo esercizio di poteri giurisdizionali da parte di Airolo sull'alpe di Campo la Torba. Bastano questi due argomenti, che la critica ricorsuale non scalfisce, a sottrarre l'impugnata decisione al rimprovero d'arbitrio.
Nella misura in cui è ricevibile, il ricorso del Comune di Airolo deve quindi essere respinto.
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Dispositiv

Il Tribunale federale pronuncia:
1. Il ricorso del Patriziato di Airolo è irricevibile.
2. Il ricorso del Comune di Airolo è respinto nella misura in cui è ricevibile.