Urteilskopf
110 II 360
71. Estratto della sentenza 13 marzo 1984 della I Corte civile nella causa Credito Svizzero, Succursale di Chiasso c. W. Inc. (ricorso per riforma)
Regeste
1.
Art. 6 und 176 OR,
Art. 2 ZGB.
Auslegung einer vom Gläubiger stillschweigend angenommenen Erklärung einer Schuldübernahme nach dem Vertrauensprinzip (E. 2b).
2. Art. 20 OR in Verbindung mit Art. 4 und 5 der Verordnung über Massnahmen gegen den Zufluss ausländischer Gelder vom 20. November 1974/22. Januar 1975 sowie mit Art. 14 VStG.
Nichtigkeit eines Vertrags oder einer Vertragsklausel wegen Widerrechtlichkeit; Prüfungsbefugnis des Richters.
Das Versprechen einer Bank, ein ausländisches Guthaben ohne Abzug des Negativzinses und der Verrechnungssteuer zu verzinsen, verletzt die genannte Verordnung und ist deshalb nichtig. Frage offengelassen, ob die Widerrechtlichkeit der Vertragsklausel sich auch aus dem VStG ergibt (E. 3/4).
3.
Art. 97, 397 und 398 OR: Haftung einer Bank wegen Verletzung der Informationspflicht gegenüber den Bankkunden.
Eine Bank, die einem ausländischen Kunden eine Geldanlage empfiehlt und fälschlicherweise die Befreiung von Negativzins und Verrechnungssteuer verspricht, verstösst gegen ihre Informationspflicht; deren Verletzung zieht den Ersatz des positiven Vertragsinteresses nach sich, d.h. des Schadens, den der Kunde nicht erlitten hätte, wenn die Information genau und vollständig gewesen wäre (E. 5).
A.- Fondandosi sulla competenza conferitagli dall'
art. 1 del decreto federale dell'8 ottobre 1971 per la protezione della moneta (RU 1971, 1446), il Consiglio federale ha emanato un'ordinanza che istituiva provvedimenti contro l'afflusso di capitali stranieri del 20 novembre 1974 (RU 1974, 1822), poi modificata con una novella del 22 gennaio 1975 (RU 1975, 105). Secondo il testo della prima ordinanza, adottata per favorire e promuovere una politica monetaria conforme agli interessi generali del Paese, i capitali stranieri depositati in Svizzera a contare dal 31 ottobre 1974 non erano più rimunerati (art. 4 cpv. 1) e le banche dovevano addebitare al creditore estero una provvigione trimestrale del 3% al massimo sui capitali stranieri affluiti dopo il 31 ottobre 1974 (art. 5 cpv. 1); la Banca nazionale doveva disciplinare il modo di calcolo dell'aumento netto, indicare il periodo determinante e
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stabilire il saggio della provvigione tenendo conto della situazione del mercato dei cambi (art. 5 cpv. 3). L'ordinanza del 1975 ha esteso, in sostanza, il divieto di rimunerazione a tutti i capitali stranieri (art. 4) ed ha portato il tasso della provvigione dal 3 al 10% al massimo (art. 5 cpv. 1). La Banca nazionale svizzera ha allestito un commentario e delle direttive relativi a questa ordinanza il 26 novembre 1974 e li ha poi completati il 24 gennaio successivo.
B.- a) Una cittadina straniera domiciliata all'estero ha aperto un conto "Z" presso la Succursale di Chiasso del Credito Svizzero il 18 aprile 1972. Il 10 aprile 1975, la titolare di questo conto ha impartito al Credito Svizzero un ordine scritto di pagamento di Fr. ... a favore della Texon Finanzanstalt di Vaduz, a cui ha fatto seguito un secondo ordine in data 25 settembre 1975 per un importo di Fr. ... Gli investimenti operati sulla Texon, ad un tasso d'interesse annuo del 6% e per una durata di sei mesi, sono stati rinnovati ad ogni scadenza, l'ultima volta il 30 settembre 1976 per un importo di Fr. ... Alla scadenza del 31 marzo 1977, la Texon era debitrice nei confronti della titolare del conto di un importo di Fr. ... in capitale e interessi. Il Credito Svizzero aveva garantito questo investimento fino a concorrenza dell'importo massimo di Fr. ... con un atto di fideiussione semplice rilasciato il 28 dicembre 1976 e scadente il 31 marzo 1977.
b) La Texon Finanzanstalt era una società finanziaria retta dal diritto del Liechtenstein, con sede a Vaduz, che operava in pratica a Chiasso presso gli uffici del Credito Svizzero e presso uno studio legale della città di confine. Fondata nel 1961 con un capitale di Fr. 50'000.--, poi aumentato nel 1977 a Fr. 500'000.--, essa ha raccolto ingenti capitali provenienti nella misura del 90% da clienti stranieri del Credito Svizzero. Agli investitori la Texon assicurava di regola un reddito vantaggioso rispetto ad altri investimenti esteri e impiegava i capitali così ottenuti in molteplici attività imprenditoriali estere. Il "deus ex machina" della Texon era E. X., che ne era l'amministratore e che rivestiva nel contempo la carica di direttore della Succursale di Chiasso del Credito Svizzero; questa duplice veste gli consentiva di dirottare facilmente sulla Texon i capitali appartenenti a clienti del Credito Svizzero, sia consigliando il cliente in tal senso, sia addirittura senza il consenso di quest'ultimo. In molti casi - come ad esempio in quello concernente la titolare del conto "Z" - X. ed il vicedirettore Y. rilasciavano agli investitori, a nome del Credito Svizzero, delle dichiarazioni di fideiussione o di garanzia che
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miravano a guadagnare la fiducia dell'investitore nei confronti della Texon e a far nascere in loro la persuasione di operare un investimento su una società di tutta sicurezza, se non addirittura a considerare la Texon quale fiduciaria appartenente allo stesso Credito Svizzero. In questo modo sono stati aperti a favore di stranieri 1316 conti in franchi svizzeri e i fondi investiti presso la Texon hanno superato al 30 marzo 1977 la somma di Fr. ...
Secondo le deposizioni del direttore, i clienti erano indirizzati alla Texon da amici, a conoscenza delle possibilità d'investimento, stimolati dal reddito di regola superiore a quello dell'euromercato e con la convinzione che, trattandosi di investimenti in una società straniera, essi andavano esenti dal pagamento dell'imposta preventiva e dell'interesse negativo giusta la legge federale sull'imposta preventiva del 13 ottobre 1965 e la citata ordinanza del 20 novembre 1974/22 gennaio 1975.
c) L'affare Texon veniva alla luce nell'aprile del 1977 con il successivo arresto dei dirigenti X. e Y. A questo punto, molti clienti che avevano investito nella Texon si sono rivolti al Credito Svizzero per ottenere il rimborso dei loro averi. Quest'ultimo ha subito comunicato agli investitori ch'esso assumeva nei loro confronti i debiti della Texon, ma che, tenuto a rispettare la legislazione svizzera, doveva riservare fin da quel momento la deduzione dell'imposta preventiva e della provvigione negativa. Per questa ragione, il Credito Svizzero ha rimborsato i creditori della Texon nella misura del 75% e ha trattenuto su conti separati e bloccati - a titolo di garanzia - il rimanente 25%, in attesa che le competenti autorità amministrative stabilissero la ritenuta da operare sui singoli conti sia per l'imposta preventiva sia per l'interesse negativo.
d) Nelle descritte circostanze, anche la titolare del conto "Z" s'è vista accreditare un importo di Fr. ..., mentre la rimanenza di Fr. ... veniva versata su di un conto separato "bloccato per garanzia".
Dopo una procedura assai lunga e complessa (cfr. la sentenza apparsa in
DTF 105 Ib 348 segg., nonché le sentenze inedite del 26 marzo e del 15 giugno 1981), venivano stabilite a carico della titolare del conto "Z" sia l'imposta preventiva che la provvigione negativa. In seguito a questi definitivi accertamenti, il Credito Svizzero ha quindi liberato il conto bloccato a favore della sua titolare per un importo di Fr. ... il 6 marzo 1980 e di Fr. ... il 9 ottobre successivo, conservando la somma di Fr. ... per
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il pagamento dei suddetti contributi.
C.- Con petizione 20 maggio 1977 alla Pretura di Mendrisio-Sud, la W. Inc. - agendo quale cessionaria a titolo fiduciario della titolare del conto "Z" - ha chiesto la condanna del ricorrente al pagamento del saldo da esso trattenuto, ovverosia, dopo riduzione delle pretese in pendenza di procedura, di Fr. ... con interessi del 5% dal 10 ottobre 1980, nonché interessi del 5% su Fr. ... dal 22 aprile 1977 al 6 marzo 1980 e su Fr. ... dal 7 marzo 1980 al 9 ottobre successivo. Il Credito Svizzero ha postulato la reiezione della petizione, che è stata in effetti respinta dal Pretore con decisione del 14 marzo 1982.
Con sentenza del 27 aprile 1983, la II Camera civile del Tribunale di appello ha accolto l'appello 28 aprile 1982 della parte attrice e, in riforma del giudizio di prima istanza, ha ammesso integralmente la petizione.
D.- Con tempestivo ricorso per riforma, il Credito Svizzero, Succursale di Chiasso, ha impugnato la sentenza d'appello, postulando il rigetto integrale della petizione 20 maggio 1977 e protestando le spese e le ripetibili di tutte le istanze. Dei motivi si dirà, se necessario, nei considerandi.
La W. Inc. ha proposto la reiezione del gravame e la conseguente conferma del giudizio impugnato. La corte cantonale non ha presentato osservazioni.
Considerando in diritto:
2. Ai fini del giudizio si deve esaminare in primo luogo se il Credito Svizzero è personalmente vincolato dal contratto relativo all'investimento della cedente dell'attrice nella Texon, vuoi per esser stato parte a questo contratto sin dall'inizio da solo o come coobbligato solidale, vuoi perché le regole della buonafede vorrebbero che esso si lasci opporre questo contratto in virtù dell'unità economica esistente fra Texon e Credito Svizzero, vuoi infine perché il convenuto avrebbe assunto a posteriori - a titolo esclusivo o cumulativo - il debito della Texon nei confronti della titolare del conto "Z". Giova appena rilevare infatti che se codesto contratto obbligasse la banca a pagare le somme ritenute, sarebbe superfluo esaminare se la banca stessa è responsabile per l'inadempimento di un'obbligazione precontrattuale o contrattuale
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di informare, come pure di accertare il danno eventuale che ne è risultato e la natura della riparazione.
a) Dalle costatazioni della corte cantonale, si evince in sostanza che la cedente dell'attrice ha voluto obbligarsi con la Texon in quanto persona giuridica distinta, poiché essa ha firmato a suo favore degli ordini scritti di pagamento ed ha pure ottenuto dal Credito Svizzero degli atti di fideiussione a garanzia degli impegni assunti dall'Anstalt. Questa circostanza non esclude però aprioristicamente che il Credito Svizzero si sia potuto vincolare anch'esso, come condebitore solidale, nei confronti della citata cliente. Certo, l'istituto bancario non poteva essere nel contempo debitore principale e garante in quanto fideiussore e, a prima vista almeno, l'esistenza di dichiarazioni scritte di fideiussione dovrebbe smentire la volontà delle parti (Credito Svizzero e cedente dell'attrice) di obbligarsi mediante il contratto principale; sennonché, ove dovesse risultare che la banca s'è comportata in realtà come parte al contratto principale, con l'accordo della cliente, la fideiussione potrebbe essere considerata senza oggetto ed apparire in casu come una semplice precauzione degli interessati, rivelatasi poi del tutto inutile. Il modo particolarmente intenso in cui la Succursale di Chiasso del Credito Svizzero s'è occupata personalmente dell'investimento, fissando ad esempio il tasso d'interesse, consentono perlomeno di chiedersi se il convenuto non debba esser considerato a priori come coobbligato della Texon. Se ciò non fosse il caso, si porrebbe allora la questione di sapere se le regole della buonafede dedotte dall'
art. 2 CC non impediscano al convenuto di prevalersi della personalità giuridica indipendente della Texon e del Credito Svizzero, ove si pensi che la prima era un'emanazione della Succursale di Chiasso dello stesso istituto bancario e che le due società si presentavano in realtà come una sola entità economica o perlomeno come due entità strettamente connesse. Per l'esame di tale questione, tornerebbe applicabile la giurisprudenza relativa alla responsabilità verso terzi d'una società anonima dominata e del suo azionista unico o principale che forma con questa un'unità economica (cfr.
DTF 108 II 214 consid. 6a e rif.).
Le questioni testé evocate possono tuttavia rimanere aperte per i motivi che si esporranno in seguito.
b) Partendo dall'ipotesi che il Credito Svizzero non s'era obbligato mediante il contratto principale relativo all'investimento nella Texon della cedente dell'attrice, si deve comunque osservare
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che, con la scoperta dello scandalo di Chiasso, il convenuto s'è impegnato ad assumere il debito della Texon (
art. 176 CO). Date le circostanze, non importa stabilire se questa assunzione era esclusiva o cumulativa: favorevole alla titolare del conto "Z", la proposta d'un simile contratto non soggiaceva ad accettazione espressa (
art. 6 CO), ed è stata in effetti accettata tacitamente dalla creditrice. La portata di questo contratto dev'essere interpretata e determinata secondo il principio dell'affidamento, ovverosia secondo il senso che il destinatario della dichiarazione di volontà deve ragionevolmente attribuire in buonafede ai termini utilizzati (
DTF 108 II 317,
DTF 105 II 18 consid. 3a e rif.). Ora, la proposta del Credito Svizzero era destinata a tranquillizzare i clienti dopo lo scoppio dello scandalo e, a parte le riserve espresse, deve dunque esser recepita come un impegno del convenuto volto ad assumere tutti i debiti della Texon in capitale e interessi. Questa interpretazione si impone poi a maggior ragione ove si pensi che l'impegno generale assunto nei confronti di tutti i clienti dell'Anstalt era destinato in larga misura - e comunque lo è stato nel caso in esame - a sostituire le fideiussioni e le garanzie concesse dal Credito Svizzero. Né un senso diverso può esser dedotto dallo scritto inviato dal convenuto al legale della cliente il 10 maggio 1977, poiché le sole riserve ivi espresse concernono l'obbligo del ricorrente di rispettare le prescrizioni federali sull'imposta preventiva e sulla provvigione negativa. Ne consegue che il contratto d'assunzione di debito dev'esser qui inteso nel senso che il Credito Svizzero ha assunto la totalità dei debiti della Texon risultanti dall'investimento operato dalla cliente, con la sola riserva relativa all'adempimento di norme imperative del diritto pubblico.
3. a) Come risulta dalle costatazioni della corte cantonale - discusse invano dal convenuto - gli investimenti nella Texon beneficiavano di un interesse pattuito del 6% netto, ovverosia senza imposta preventiva né provvigione negativa. D'altra parte la cliente reputava anche che queste contribuzioni non fossero nemmeno dovute, dal momento che la Texon era una società finanziaria straniera che operava all'estero. Per contro, tanto il convenuto quanto la Texon, tenuti ad informare i loro clienti in modo corretto, dovevano comunque sapere che gli investimenti non potevano sfuggire all'imposta preventiva e all'interesse negativo e dovevano ragguagliare di conseguenza i clienti in modo da risparmiar loro ogni possibile danno. In queste circostanze, una
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simile clausola contrattuale d'interesse netto dev'essere intesa nel senso che la Texon o eventualmente il Credito Svizzero avrebbero sopportato imposta e provvigione ove questi tributi fossero stati invece esatti contro ogni previsione. Ne consegue che il pagamento dell'interesse netto costituisce in casu l'oggetto stesso del contratto e non una semplice condizione di fatto esterna che potrebbe esser presa in considerazione come elemento necessario soltanto nell'ambito dell'
art. 24 cpv. 1 n. 4 CO.
b) La corte cantonale ha accertato la pattuizione di un interesse netto unicamente per gli investimenti nella Texon, mentre la parte attrice sostiene in risposta che la titolare del conto "Z" aveva già effettuato investimenti presso il Credito Svizzero con interesse netto dal 1972 al 1975. Questa pretesa non si appoggia tuttavia sulle costatazioni determinanti dell'istanza cantonale e la resistente non si prevale neppure di circostanze eccezionali che consentirebbero al Tribunale federale di completare o far completare gli accertamenti di fatto (art. 63/64 OG): ciò stante, ci si deve quindi attenere alla costatazione della sentenza impugnata, secondo cui l'interesse netto del 6% è stato concordato unicamente per gli investimenti operati nella Texon Anstalt. Ora, nel concreto caso, gli averi depositati dalla cedente dell'attrice sono stati trasferiti dal Credito Svizzero alla Texon nell'aprile e nel settembre del 1975, ossia dopo l'entrata in vigore dell'ordinanza del Consiglio federale che istituiva provvedimenti contro l'afflusso di capitali stranieri (21 novembre 1974 alle ore 7 antimeridiane).
Per quanto concerne l'imposta preventiva, l'ammontare addossato alla cliente comprende un importo di Fr. ... per gli anni 1972/75 e un importo di Fr. ... per gli anni 1976/77: l'imposta preventiva inerente al periodo che precede il collocamento di capitali nella Texon non è pertanto influenzata dalla nota promessa d'interesse netto e nulla s'oppone pertanto al suo addebitamento in ossequio all'art. 14 cpv. 1 LIP.
4. L'assunzione del debito della Texon da parte del Credito Svizzero sarebbe priva d'oggetto, ove il debito assunto corrispondesse ad un'obbligazione non valida, a causa della nullità del contratto che la prevede (
art. 20 CO). Ora, se l'impegno della Texon è nullo, la promessa del Credito Svizzero di rispettare codesto impegno sarebbe pure nulla (cfr.
DTF 107 II 447 consid. 1) e la fideiussione, in quanto contratto accessorio, sarebbe su tal punto altrettanto inefficace (
art. 492 cpv. 2 CO).
Secondo la giurisprudenza, un contratto o una clausola contrattuale sono nulli per illiceità soltanto se la legge lo prevede espressamente o se la nullità risulta dal senso e dallo scopo della norma in questione (
DTF 107 II 193 /94 consid. 3 e rif.). Il giudice civile deve rilevare la nullità d'ufficio e può esaminare liberamente se il contratto o la clausola contrattuale sono nulli alla luce del diritto privato (
DTF 107 II 449 consid. 2b,
DTF 105 II 312 consid. 2,
DTF 96 II 390 consid. 3a); esso è invece vincolato dalle decisioni cresciute in giudicato ed emanate dall'autorità amministrativa competente che stabiliscono il principio e fissano l'ammontare dei contributi a titolo d'imposta preventiva e di provvigione negativa (cfr.
DTF 108 II 460 segg. e rif.).
a) L'art. 5 dell'ordinanza del Consiglio federale che istituiva provvedimenti contro l'afflusso di capitali stranieri imponeva alle banche l'obbligo di addebitare al creditore estero un interesse negativo. Anche se l'ordinanza è stata in seguito modificata e poi abrogata (cfr. RU 1978, 246; 1979, 1002; 1980, 1110; RS 951.151), essa è rimasta nondimeno applicabile, in quanto disciplina temporanea, ai fatti subentrati durante la sua vigenza (cfr.
DTF 105 IV 2 /3 consid. 1,
DTF 102 IV 202). Ora, il testo della norma appena citata non dice alcunché sulla validità o meno di una clausola convenzionale contraria; per converso, il commentario e le direttive della Banca nazionale - che non erano stati pubblicati (
DTF 105 Ib 375 consid. 16a) - contengono una regola, n. 16, che vieta alle banche di assumersi il pagamento dell'interesse negativo e, nell'ambito di ricorsi proposti da singoli clienti della Texon/Credito Svizzero contro la decisione 27 febbraio 1978 della Banca nazionale (cfr.
DTF 105 Ib 352), il Tribunale federale ha avuto modo di rilevare che tale regola era conforme al senso ed allo scopo della norma, ma che quest'ultima non s'opponeva affatto al computo di indennità di risarcimento eventualmente dovute dalla banca al cliente in virtù del diritto civile (sentenza 15 giugno 1981 in re S., consid. 4c; sentenza 26 marzo 1981 in re D., consid. 10c). Da questa giurisprudenza non v'è motivo di scostarsi, poiché la finalità stessa della legislazione monetaria urgente era quella di impedire agli interessati - tramite accordi privati - di rendere a priori inefficace una disposizione imperativa volta a combattere contro l'afflusso indesiderato di capitali stranieri e a provocarne il deflusso (cfr.
DTF 105 Ib 359 b, 369 consid. 11a); simili accordi, infatti, avrebbero eliminato d'acchito l'effetto dissuasivo insito nella provvigione negativa. In queste circostanze, è dunque
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nulla (
art. 20 CO) una convenzione conclusa fra il cliente e la banca con cui quest'ultima si sarebbe impegnata ad assumere - direttamente o indirettamente - il pagamento dell'interesse negativo: ciò significa in altre parole che, nella misura in cui la pattuizione di un interesse netto del 6% implica la promessa della Texon/Credito Svizzero di prendere a suo carico l'ammontare della provvigione, la relativa clausola contrattuale si rivela nulla per illiceità.
b) In virtù dell'
art. 14 cpv. 1 LIP, il contribuente, ovverosia il debitore della prestazione imponibile (
art. 10 cpv. 1 LIP), deve dedurre l'imposta preventiva all'atto del pagamento, della girata, dell'accreditamento o del computo di codesta prestazione, senza riguardo alla persona del beneficiario, e ogni convenzione in contrario è nulla. Questa disposizione consente al contribuente di recuperare l'imposta addossando il carico fiscale al destinatario della prestazione imponibile, che lo sopporta vuoi provvisoriamente, quando può far valere il suo diritto al rimborso nelle condizioni poste dagli art. 21 e segg. LIP, vuoi definitivamente, quando le dette condizioni non sono adempiute (
DTF 108 Ib 477 consid. 3a/b,
DTF 107 Ib 104 consid. 4; ASA 44.322 segg.). Secondo l'opinione espressa dalla dottrina e dall'Amministrazione federale delle contribuzioni e condivisa dal Tribunale federale, l'
art. 14 LIP non impedirebbe tuttavia al debitore della prestazione imponibile di prendere l'imposta a suo carico; sennonché, avendo il contribuente l'obbligo di diritto pubblico di addossarla al beneficiario (DTF
DTF 108 Ib 477 consid. 3a), l'importo effettivo della prestazione concordata dalle parti ed imponibile sarebbe in pratica più elevato, il debitore dovendo determinare questo importo effettivo, calcolare quello dell'imposta e trasferire poi l'onere fiscale al creditore, ovvero al beneficiario di codesta prestazione imponibile (cfr.
DTF 108 Ib 478 consid. 3c; W. ROBERT PFUND, Die eidgenössische Verrechnungssteuer, n. 3.4 e 3.5 all'art. 13). Ai fini del giudizio, tale questione non merita tuttavia maggiore approfondimento e non occorre esaminare in modo particolare se il giudice civile possa pronunciarsi o meno sull'esistenza e sulla validità d'una simile convenzione stipulata dalle parti: nella fattispecie, la relativa clausola contrattuale si rivela infatti nulla per un altro motivo.
c) La validità della clausola contrattuale che lasciava l'imposta preventiva a carico della banca dev'essere vagliata - d'ufficio -
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anche alla luce del divieto di corrispondere interessi, ovverosia di rimunerare i capitali stranieri depositati in Svizzera (art. 4 cpv. 1 della citata ordinanza del 20 novembre 1974/22 gennaio 1975).
ca) Come risulta dalle considerazioni che precedono, la clausola relativa all'interesse netto dev'essere compresa nel senso che questa clausola comportava un interesse lordo superiore, il quale consentiva a sua volta di versare o bonificare al cliente l'interesse netto dopo deduzione dell'imposta preventiva. Ne discende che, nella misura in cui la cessionaria della titolare del conto "Z" invoca questa clausola per opporsi al trasferimento dell'imposta preventiva, essa si avvale in realtà d'una componente della clausola relativa agli interessi: ora, se questa clausola è nulla giusta l'art. 20 CO, la parte attrice non può ovviamente prevalersene.
cb) La clausola contrattuale testé citata si riferisce ad interessi promessi su capitali esteri depositati in Svizzera fra l'aprile del 1975 ed il 31 marzo 1977 e collocati ogni volta a termine per un periodo di sei mesi. In quel momento, era in vigore la nota ordinanza del 20 novembre 1974, secondo la modificazione del 22 gennaio 1975, e l'art. 4 cpv. 1 di codesta ordinanza stabiliva che i capitali stranieri non potevano più essere rimunerati. Ora, la legittimità e la costituzionalità di questa disposizione non possono essere revocate in dubbio (cfr.
DTF 105 Ib 369 segg. consid. 11): il divieto di rimunerare i capitali stranieri, ovverosia di corrispondere interessi positivi, perseguiva infatti lo stesso scopo insito nel prelevamento della provvigione ed era destinato anzi ad assicurare l'efficacia di questa contribuzione. Dal profilo del diritto civile, la sanzione giuridica legata a questa regola non può essere altro che la nullità di una clausola contrattuale che comporti una trasgressione di questo divieto; basti osservare a titolo di raffronto che la giurisprudenza considera pure nulle le convenzioni d'interessi che appaiono incompatibili con le disposizioni del diritto imperativo che le concernono (cfr.
DTF 96 I 9 consid. 3a,
DTF 93 II 190 segg.,
DTF 80 II 329 consid. 2).
cc) Se ne deve concludere che la clausola contrattuale relativa all'interesse netto dev'esser dichiarata nulla poiché contraria all'art. 4 dell'ordinanza del Consiglio federale. La soluzione potrebbe essere diversa soltanto se la Banca nazionale avesse concesso su tal punto una deroga in applicazione dell'art. 4 cpv. 2 della citata ordinanza: sennonché, una siffatta deroga al divieto di rimunerare i capitali stranieri non risulta né dalla sentenza impugnata, né dalle allegazioni delle parti e la
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questione non merita quindi maggiore approfondimento.
d) Nella fattispecie, tuttavia, le parti e comunque la cedente dell'attrice sono partite dal presupposto che l'investimento nella Texon non era soggetto alla legislazione valutaria. In mancanza d'una tempestiva dichiarazione d'invalidazione ai sensi dell'art. 31 CO non occorre stabilire in questa sede se tale circostanza permettesse - eventualmente - di non mantenere il contratto a causa d'un vizio del consenso. Per converso, si deve rilevare che, su tal punto, non può essere ravvisata un'obbligazione contrattuale assunta dalla Texon/Credito Svizzero sotto forma d'una promessa relativa al suo non assoggettamento alla legislazione monetaria, obbligazione che ingenererebbe la sua responsabilità per inadempienza; del resto, una simile clausola contrattuale destinata ad impedire - anche solo a titolo eventuale - l'applicazione di una norma imperativa che comporta la nullità di accordi contrari, sarebbe inficiata anch'essa da nullità.
e) Da quanto sopra discende che la convenzione d'interessi stipulata dalle parti - attuali o originarie - è nulla in applicazione dell'
art. 20 CO, nella misura in cui essa ha liberato la cedente dell'attrice dall'addossamento dell'imposta preventiva e della provvigione negativa (cfr.
DTF 102 II 403 segg.), ritenuto altresì che, per le particolarità del caso, non occorre valutare l'incidenza della nullità di talune clausole contrattuali sulla validità dell'intero contratto (
art. 20 cpv. 2 CO). È pacifico quindi che, per la nullità della clausola invocata, la pretesa della resistente di ricuperare le somme trattenute non può fondarsi su di una valida obbligazione di fare, che la Texon/Credito Svizzero non può neppure esser tenuta a risarcire un danno derivato dall'inadempimento d'una siffatta obbligazione giuridicamente inesistente e che, per lo stesso motivo, la domanda della parte attrice non può essere accolta sulla base dell'
art. 400 CO, contrariamente a quanto asseverato dalla corte cantonale.
5. La nullità della clausola contrattuale litigiosa non impedisce tuttavia che il Credito Svizzero possa esser tenuto a rispondere di un danno in virtù di un'altra causa giuridica (cfr.
DTF 45 II 553 /54,
DTF 40 II 370 /72, criticate a torto dal ricorrente).
a) Come risulta dalla querelata sentenza, la cedente dell'attrice era legata per contratto al Credito Svizzero fin dal 1972 e vi aveva depositato i propri averi. Ora, ai fini del giudizio, non occorre stabilire con esattezza la natura e la portata delle relazioni instaurate
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con la banca, che fa menzione di un contratto di deposito di titoli e conto corrente retti dalle disposizioni sul mandato, ad esclusione di un mandato avente per oggetto la gestione di un patrimonio (cfr.
DTF 100 II 370 segg. consid. 3,
DTF 96 II 149 /50 consid. 2,
DTF 91 II 445 segg.). Per converso, basta osservar invece - con la corte cantonale - che il direttore X. ha consigliato alla cliente di investire Fr. ... sulla Texon nel 1975 nell'ambito di rapporti contrattuali, facendole credere che essa avrebbe beneficiato di un interesse del 6% e che questo interesse sarebbe stato netto da imposta preventiva e provvigione negativa poiché la Texon non era a parer suo soggetta a questi contributi, essendo una persona giuridica straniera operante all'estero. Ora, questi ragguagli erano - come s'è visto - totalmente errati, ed anche volendo supporre che il contratto stipulato fra le parti non prevedesse sin dall'inizio un simile dovere contrattuale della banca di consigliare il cliente, si dovrebbe comunque dedurre che le parti stesse hanno in quel mentre esteso a tal fine l'oggetto del mandato per atti concludenti.
Ne consegue che, in quanto mandatario incaricato di vigilare agli interessi della sua cliente, il Credito Svizzero doveva fare tutto il necessario per eseguire regolarmente e fedelmente l'affare affidatogli e gli incombeva in modo particolare di informare senza indugi il mandante su ogni circostanza che poteva impedire o rendere difficile l'adempimento del proprio compito; se il convenuto voleva dare consigli circa la possibilità e le modalità d'investimento, doveva farlo allora in modo corretto, nella misura che da lui si poteva ragionevolmente pretendere, e semmai sarebbe stato suo dovere di ragguagliarsi preventivamente prima di consigliare il proprio mandante (art. 397/398 CO;
DTF 108 II 197 segg.,
DTF 93 II 313 /14 consid. 2a). Ora, nella fattispecie, ci si poteva perlomeno attendere da un istituto bancario come la Succursale di Chiasso del Credito Svizzero che fosse a conoscenza della legislazione sull'imposta preventiva e sulla protezione della moneta, in modo da consigliare con compiutezza e diligenza la propria cliente, ed una corretta informazione in tal senso si imponeva poi a maggior ragione ove si pensi che la normativa urgente sulla salvaguardia della moneta era destinata a dissuadere gli investitori stranieri dal collocare capitali in franchi svizzeri, colpendo contemporaneamente i relativi averi con un divieto di rimunerazione e con il prelevamento di una provvigione negativa (cfr. sentenza 26 marzo 1981 in re D., già citata, consid. 5c/d). È dunque evidente che il convenuto
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ha disatteso in modo particolarmente grave l'obbligo che gli incombeva di informare la cedente dell'attrice, spingendola anzi ad investire denaro nella Texon, in special modo mediante il rilascio di una fideiussione atta a garantire tale investimento.
In questo contesto, del resto, non è superfluo rilevare che se le parti - contrariamente al caso in esame - non fossero già state legate da un contratto al momento del deposito di capitali presso la Texon, le regole inerenti ai doveri precontrattuali avrebbero comunque imposto agli organi dell'istituto bancario di informare i clienti sia sulla situazione di fatto, sia sulla legislazione bancaria e valutaria concretamente applicabile (cfr.
DTF 105 II 79 consid. 2); ed in questa ipotesi, il contratto sarebbe comunque intervenuto in seguito ed il dovere contrattuale di fedeltà della Texon/Credito Svizzero avrebbe voluto allora che il cliente fosse immediatamente informato sull'impossibilità di soddisfare il contratto.
b) Stante quel che precede, il Credito Svizzero deve pertanto rispondere nei confronti dell'attrice per l'inadempimento di questa obbligazione di informare ai sensi degli
art. 97, 397 e 398 CO. In materia contrattuale, il mandante può far valere il suo interesse all'esecuzione di detta obbligazione, ovverosia l'interesse contrattuale positivo, e chiedere il risarcimento del danno che egli non avrebbe patito ove la necessaria informazione fosse stata esatta e completa (e non l'interesse all'adempimento del contratto concluso con la Texon in seguito all'informazione erronea, ovvero al rispetto della clausola d'interesse netto, come ritenuto - a quanto sembra - dalla corte cantonale). Ora, su tal punto, i giudici di seconda istanza - che non hanno posto il problema in modo corretto - non hanno neppure raccolto sufficienti elementi che permettano di valutare l'esistenza ed eventualmente l'estensione del pregiudizio subito. Senza dubbio, essi rilevano nella sentenza impugnata che l'investimento nella Texon non era particolarmente vantaggioso e che sussistevano sull'euromercato possibilità equivalenti; ma questa considerazione della corte cantonale - che esclude espressamente il calcolo del danno sulla base dell'interesse negativo alla conclusione del contratto - non appare sufficiente ed in particolare non permette al Tribunale federale di sapere ciò che la cliente della Texon avrebbe fatto ove fosse stata esaurientemente informata. Vero è che, per pronunciarsi su fatti congetturali e retrospettivi di questo tipo, il giudice
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civile deve far capo alla regola dell'
art. 42 cpv. 2 CO, a cui rinvia l'
art. 99 cpv. 3 CO: tuttavia, egli ha pur sempre bisogno di fatti precisi - ai quali la sentenza impugnata neppure allude - che riguardino l'ipotetico comportamento del danneggiato senza il verificarsi dell'evento dannoso. In quest'ordine di idee, sarebbe utile conoscere la reazione di clienti stranieri di altre banche nel momento in cui essi vennero informati circa la portata della legislazione monetaria, e sapere altresì se vi sono motivi per ritenere che la cedente dell'attrice avrebbe reagito in un determinato modo, ove fosse stata debitamente ragguagliata.
Se ne deve concludere che, mancando qualsiasi indicazione a tal proposito, il Tribunale federale non può stabilire se la cedente dell'attrice abbia diritto al risarcimento di un danno, il cui importo corrisponda realmente a quello fatto valere con la domanda; da questo profilo, il ricorso del convenuto deve pertanto essere accolto, la sentenza impugnata annullata e la causa dev'essere rinviata alla corte d'appello perché completi i fatti, nella misura consentita dalla procedura cantonale, e si pronunci in diritto sui punti testé evocati conformemente ai considerandi del Tribunale federale (
art. 64 cpv. 1 e 66 OG).
6. In caso d'accoglimento della petizione nel suo principio, il convenuto pretende in sostanza che la sua responsabilità dovrebbe essere sminuita vuoi a causa di un'asserita colpa concomitante o concolpa della cliente (
art. 44 CO), vuoi in considerazione del suo intervento disinteressato (
art. 99 cpv. 2 CO). A ragione la corte cantonale ha però respinto queste eccezioni. Basti osservare che il Credito Svizzero ha perlomeno assunto il debito della Texon e deve pertanto onorarlo, e che questo argomento è anche incompatibile con le regole della buonafede poiché il danno subito dalla cliente è dovuto essenzialmente - per non dire esclusivamente - alle azioni ed omissioni degli organi del convenuto, commesse del resto nell'ambito di un'attività lucrativa. D'altra parte il Credito Svizzero è anche malvenuto a rimproverare ai suoi clienti l'ignoranza della disciplina fiscale e valutaria nonché l'inconsapevolezza della situazione di fatto della Texon, propria a determinare l'applicazione di questa disciplina: non v'è motivo infatti per ritenere che i clienti stranieri abbiano avuto debita contezza di codesta legislazione e, dinanzi al grave inganno messo in atto dagli organi della Texon, rispettivamente della Succursale di Chiasso del Credito Svizzero, non si può certo addebitare a questi clienti l'ignoranza della legge o la disconoscenza
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della situazione di fatto; ed in questo contesto, la circostanza - allegata dal convenuto - per cui la cedente dell'attrice sia stata assistita da un ragioniere, è assolutamente irrilevante.
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
Il ricorso è parzialmente accolto, la sentenza impugnata è annullata e la causa è rinviata alla corte cantonale per nuova decisione nel senso dei considerandi.