Urteilskopf
116 Ia 149
26. Estratto della sentenza 29 agosto 1990 della I Corte di diritto pubblico nella causa X. c. Camera dei ricorsi penali del Tribunale di appello del Cantone Ticino (ricorso di diritto pubblico)
Regeste
Persönliche Freiheit; Verhaftung.
1. Ausnahme vom Erfordernis des aktuellen praktischen Interesses gemäss Art. 88 OG (E. 2).
2. Recht auf persönliche Freiheit insofern, als es vor willkürlicher Verhaftung schützt; Rechtsprechung und Prüfungsbefugnis des Bundesgerichts (E. 3 und 4).
3. Im konkreten Fall Bejahung des fehlenden öffentlichen Interesses an der Beschränkung der persönlichen Freiheit und der Verletzung des Verhältnismässigkeitsprinzips (E. 5).
Arrestato dalla Polizia cantonale il 9 gennaio 1990, verso le ore 14.30, dopo aver causato un incidente della circolazione in stato di ebrietà (tasso di alcolemia dell'1,07 per mille), X. è stato trattenuto in cella per tutta la notte ed è stato rilasciato il mattino seguente, verso le ore 11.00, dietro versamento di una cauzione di Fr. 1'600.--.
Il 10 gennaio 1990 la Camera dei ricorsi penali del Tribunale di appello del Cantone Ticino, davanti a cui X. era insorto, ha
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respinto il reclamo limitatamente alla detenzione, ritenuta corretta e giustificata dalle circostanze, mentre l'ha dichiarato privo d'oggetto al riguardo della cauzione, il Procuratore pubblico avendo ammesso l'inutilità della stessa, con impegno di immediata restituzione.
Con ricorso di diritto pubblico fondato sulla presunta violazione dell'art. 4 Cost. e della garanzia costituzionale della libertà personale, il 2 marzo 1990 X. ha impugnato questo giudizio davanti al Tribunale federale. Il gravame è stato accolto nella misura della sua ammissibilità; il giudizio impugnato è stato annullato.
Dai considerandi:
2. a) Per quanto riguarda la detenzione, è lecito chiedersi se sussista un interesse attuale e pratico all'annullamento della decisione impugnata, il ricorrente avendo ritrovato la libertà ormai da parecchio tempo. Secondo la prassi relativa all'
art. 88 OG, il Tribunale federale entra nel merito delle censure sollevate soltanto se il ricorrente ha un interesse attuale e pratico all'annullamento del giudizio contestato, rispettivamente all'esame delle critiche mosse al giudizio cantonale (
DTF 114 Ia 90 consid. 5b e richiamo). Mancando nella fattispecie queste premesse, è d'uopo ricorrere alla prassi applicata eccezionalmente dal Tribunale federale, cioè quando l'intervento contestato si potrebbe ripetere in qualsiasi momento nelle stesse o in simili circostanze e un tempestivo esame della sua costituzionalità sarebbe impossibile in ogni singolo caso: in queste occasioni si rinuncia, quando sussiste un interesse pubblico sufficiente all'esame delle censure addotte dal ricorrente, al requisito dell'interesse attuale e pratico per evitare che esso assurga, di fatto, a ostacolo del controllo della costituzionalità dell'intervento criticato (
DTF 114 Ia 90 consid. 5b e riferimenti).
b) Nel caso concreto il ricorrente chiede di esaminare la costituzionalità di una privazione della libertà relativamente breve. Egli lamenta di non essere stato rilasciato la sera dell'incidente, ma soltanto il giorno successivo: è indiscutibile che casi del genere si possano sempre verificare. Secondo le autorità ticinesi, a giustificare l'intervento sarebbero stati interessi istruttori e il pericolo di recidiva. Privazioni della libertà destinate, di fatto, a provocare il riacquisto di una normale sobrietà sono, per loro
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natura, di breve durata, per cui è quasi impossibile operare un esame della loro costituzionalità durante il periodo del fermo. Tuttavia, è lecito chiedersi se sussista un interesse di principio all'esame dell'adozione di tali procedure. La domanda merita risposta affermativa, nonostante l'incarcerazione litigiosa possa essere considerata una misura non troppo incisiva. Privazioni della libertà di così breve durata, immediatamente successive a un presunto comportamento punibile, infatti, sono suscettibili di far temere un certo pericolo di abuso e di eccesso, praticamente incontrollabile data la brevità dell'intervento, com'è dimostrato nella fattispecie. Tali ragioni giustificano di entrare nel merito di almeno alcuni casi e di trattarli a titolo di esempio, proprio per dimostrare alle autorità inquirenti cantonali, sulla scorta di ragionamenti di principio, come l'interesse alla protezione della libertà dell'individuo non escluda a priori, in circostanze analoghe a quelle riscontrate nei casi trattati, un esame della costituzionalità dell'intervento da esse ordinato. Nella fattispecie, poi, un interesse di principio all'esame di merito sarebbe giustificato ove effettivamente esistessero le menzionate direttive interne della Procura pubblica e della Polizia che prevedono l'imprigionamento automatico di qualsiasi conducente sorpreso con un tasso di alcolemia superiore a quello limite: la notizia fornita dal ricorrente non è stata smentita dalle autorità cantonali. Per questi motivi è giustificato vagliare nel merito la controversia.
3. Per costante giurisprudenza la libertà personale è un diritto costituzionale non scritto, inalienabile e imprescrittibile, che garantisce le facoltà proprie alla natura stessa dell'uomo di andare, venire e muoversi liberamente, il cui corollario è costituito dalla proibizione di essere arrestato o internato arbitrariamente e dal diritto di ogni persona di essere tutelata nella sua integrità fisica, intellettuale, morale e spirituale: principio fondamentale del diritto costituzionale, essa protegge inoltre - a titolo sussidiario - tutte le libertà che si caratterizzano come una manifestazione elementare dello sviluppo e dell'affermazione della personalità umana. Il diritto alla libertà personale non è assoluto: restrizioni sono ammissibili se si fondano su di una base legale, se sono sorrette da motivi preminenti d'interesse pubblico e non ledono il principio della proporzionalità; comunque la libertà personale non può essere soppressa completamente o privata del suo contenuto di istituzione giuridica (
DTF 114 Ia 357 consid. 5 con rimandi).
Nel caso concreto trattasi di analizzare se vi sia stata una lesione del diritto alla libertà personale nella misura in cui esso garantisce la facoltà di muoversi liberamente e proibisce arbitrarie incarcerazioni. Il Tribunale federale ha già avuto modo ad esempio di constatare come, in determinate circostanze, soprattutto per esigenze d'istruzione o anche solo per eseguire gli abituali controlli di polizia, tra cui quello dell'identità, il trattenimento di una persona in stato di fermo per un breve periodo (nel caso esaminato da 4 a 6 ore), non leda la libertà personale del cittadino [cfr. DTF
DTF 107 Ia 140 consid. 4a, ripreso anche in
DTF 113 Ia 184 consid. 3b bb, con ulteriori rimandi (un caso, quest'ultimo, che tratta di un'incarcerazione della durata di 4 ore, avvenuta tra due interrogatori, definita illegale dal Tribunale federale); HALLER, in: Kommentar zur Bundesverfassung der schweizerischen Eidgenossenschaft, n. 16 segg., in particolare n. 18, sul diritto alla libertà personale; HAUSER, Kurzlehrbuch des schweizerischen Strafprozessrechts, II ediz., pag. 189 seg.].
4. Il ricorrente non pretende che la misura adottata nei suoi confronti sia provvista di base legale, per cui la decisione impugnata non deve essere sindacata su tal punto. Egli lamenta invece la mancanza di un interesse pubblico sufficiente alla privazione della libertà dopo le ore 18.00 del 9 gennaio 1990 e una lesione del principio della proporzionalità. Siccome l'interesse pubblico a una misura coercitiva è dato soltanto nei limiti in cui quest'ultima si renda necessaria, nel caso concreto le due censure praticamente si confondono e il loro esame può essere congiunto; il Tribunale federale procede alla loro interpretazione con pieno potere cognitivo (
DTF 112 Ia 101 alla fine).
5. La Procura pubblica e la Camera cantonale giustificano il prolungamento dell'arresto con "i bisogni dell'inchiesta" (verifica dello stato del veicolo, esame delle tracce, preparazione di un eventuale sopralluogo alfine di poter ricostruire la dinamica dell'incidente alla presenza del reclamante, assunzione di possibili testimoni) e il "concreto pericolo di recidiva", il ricorrente essendo ancora sotto l'influsso dell'alcol, ritenendo, in casi del genere, per ragioni di sicurezza e di interesse pubblico, insufficienti e inidonee misure sostitutive quali il ritiro della patente, la mancata riconsegna del veicolo o delle chiavi di avviamento, l'affidamento a un parente o a una persona di fiducia.
Proprio per le particolarità della fattispecie quest'argomentazione non regge. Le autorità cantonali, infatti, non hanno dimostrato
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l'esistenza di un pericolo di fuga o di collusione tale da poter ostacolare l'inchiesta, per cui si può considerare pressoché senza scopo la necessità di trattenere in carcere il ricorrente durante la notte. Non emerge inoltre per nulla dagli atti come la sera del 9 gennaio 1990 o il mattino successivo la presenza del ricorrente sia stata indispensabile per compiere ulteriori atti istruttori. Dal rapporto di esecuzione del 16 gennaio 1990 risulta unicamente che la Polizia "doveva ancora accertare in luogo le eventuali altre cause che avevano concorso all'incidente ... per cui occorreva tenere a disposizione il conducente per eventualmente eseguire un sopralluogo, rispettivamente verificare lo stato del veicolo che, seppur mal ridotto, poteva dimostrare eventuali guasti che avrebbero potuto originare l'incidente, indipendentemente dallo stato fisico del conducente". Non risulta tuttavia se e in quale misura il ricorrente vi abbia partecipato e nemmeno che gli accertamenti si siano protratti fino a tarda sera (si ricorda che, per compiere quelli necessari, in un caso del genere dovrebbero bastare 4, al massimo 5 ore). Neppure emerge dagli atti che il ricorrente si sia opposto a collaborare all'esperimento di prove necessarie.
Pure insostenibile è, nel caso concreto, ricorrere al pericolo di recidiva per giustificare la durata del fermo. Infatti, già l'esame dell'alito effettuato alle ore 15.10 ha fornito un tasso alcolico non troppo elevato (1,23 per mille), una concentrazione riducibile a zero nel giro di circa 8 ore. Questo tasso denota un influsso alcolico, ma non indica ancora uno stato di ubriachezza da leggera a media (da 1,3 a 2,0 per mille). Ora, anche se al sopraggiungere degli agenti della Polizia stradale sul luogo dell'incidente "il conducente si aggirava nelle vicinanze del veicolo e palesava segni evidenti di euforia alcolica", il suo stato non è sembrato agli agenti tale da impedire di sottoporlo, il 9 gennaio 1990 alle ore 16.00, a un interrogatorio. Al medico incaricato di eseguire la perizia chimica, poi, il ricorrente è apparso calmo, in uno stato psichico normale, privo di amnesie, con normale orientamento nel tempo e nello spazio e solo debolmente sotto l'influsso alcolico; mal si capisce dunque come tali caratteristiche siano potute sfuggire alle autorità di polizia. Da notare altresì che il veicolo, molto danneggiato alla parte anteriore, era già stato trasportato - come attesta il rapporto steso della Polizia stradale il 16 gennaio 1990 - in un'officina di riparazione. Pure l'eventualità che la sera dell'incidente, dopo il ritiro della patente, il ricorrente si fosse potuto porre al volante di un'altra vettura sembra poco probabile.
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Al limite, come misura di sicurezza, se fosse sussistito ancora qualche dubbio sulla sua responsabilità, la Polizia stradale avrebbe potuto affidarlo temporaneamente a un familiare (dal rapporto di arresto risulta che egli ha informato la moglie del fermo).
Alla luce delle circostanze descritte e dei dati deducibili dagli atti una privazione della libertà protrattasi per circa una ventina di ore appare sproporzionata. La questione di sapere se questa misura sia stata dettata da direttive unilaterali e burocratiche, direttamente applicate dagli organi di polizia, oppure se sia stata assoggettata ad automatismo e non valutata e ponderata singolarmente, come si pretende nella memoria ricorsuale, può rimanere indecisa.