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Urteilskopf

95 I 462


67. Sentenza del 26 novembre 1969 nella causa Della Savia contro Ministero pubblico della Confederazione.

Regeste

Europäisches Auslieferungsübereinkommen abgeschlossen in Paris am 13. Dezember 1957 und genehmigt von der Schweiz am 27. September 1966.
1. Dieses Übereinkommen ersetzt den schweiz./italienischen Auslieferungsvertrag vom 22. Juni 1868 und bewirkt, dass das BG vom 22. Januar 1892 betreffend die Auslieferung gegenüber dem Auslande im Verhältnis zu Italien grundsätzlich nicht mehr anwendbar ist (Erw. 1).
2. Die Auslieferung setzt voraus, dass die Handlung sowohl nach dem Recht des ersuchenden als auch des ersuchten Staates strafbar ist und dass die Dauer der angedrohten Freiheitsstrafe oder freiheitsbeschränkenden sichernden Massnahme mindestens ein Jahr beträgt (Art. 2 Ziff. 1 des Übereinkommens; Erw. 3 und 4).
3. Begriff der politischen strafbaren Handlung und der mit einer solchen zusammenhängenden strafbaren Handlung (Art. 3 Ziff. 1 des Übereinkommens), für welche die Auslieferung nicht bewilligt wird. Fall einer aus einem anarchistischen Beweggrund begangenen strafbaren Handlung (Erw. 6 und 7).

Sachverhalt ab Seite 463

BGE 95 I 462 S. 463

A.- Con nota del 13 giugno 1969 l'Ambasciata d'Italia a Berna ha chiesto l'estradizione del cittadino italiano Angelo Della Savia, nato l'11 luglio 1949 a San Vito al Tagliamento, e arrestato il 7 maggio 1969 a Losanna su segnalazione dell'Interpol
BGE 95 I 462 S. 464
di Roma, quale sospetto autore di attentati dinamitardi commessi in parecchie città d'Italia. La domanda di estradizione si fonda sull'ordine di cattura emesso il 3 maggio 1969 dal Sostituto procuratore della Repubblica di Milano, il quale rimproverava a Della Savia (e ad altri imputati) i reati di associazione per delinquere, di fabbricazione e detenzione di congegni esplosivi, e di strage. Secondo l'ordine di cattura, Della Savia, in concorso con altre persone cui s'era associato per fini delittuosi, avrebbe fabbricato e detenuto gli ordigni esplosivi dei quali si sarebbe valso, insieme con gli altri, per perpetrare tre attentati dinamitardi. Il primo di questi sarebbe stato compiuto il 3 dicembre 1968 a Genova, sul davanzale degli uffici comunali, provocando il ferimento d'una persona; gli altri due il 25 aprile 1969 a Milano, nel reparto della Fiat alla Fiera campionaria e nell'Ufficio cambi della Banca nazionale delle comunicazioni alla Stazione centrale: quest'ultimo attentato non ha provocato per puro caso alcun ferimento di persona, ma quello commesso alla Fiera si è risolto con numerosi feriti.

B.- Interrogato il 30 giugno 1969 da un ispettore della pubblica sicurezza vodese nel carcere di Bois-Mermet a Losanna, Angelo Della Savia ha contestato la sua partecipazione ai due citati attentati di Milano, riconoscendosi unicamente autore dell'esplosione di Genova (e di un'altra non meglio precisata esplosione, non contemplata nell'ordine di cattura e nemmeno nella domanda d'estradizione, avvenuta a Milano), nonchè di furto di esplosivi in concorso con certo Braschi. Della Savia ha affermato d'aver agito, pur non essendo membro di alcuna associazione politica riconosciuta, in segno di protesta contro l'azione della polizia italiana che avrebbe, con le sue brutalità, causato la morte di due contadini siciliani. Egli ha quindi rivendicato il carattere politico dei suoi atti, opponendosi all'estradizione.
Tale opposizione è stata ribadita dal patrono di Della Savia mediante esposto del 14 luglio 1969 al Dipartimento federale di giustizia e polizia. Il patrono rileva che la predominanza del carattere politico degli attentati dinamitardi è innegabile, Della Savia avendoli compiuti quale membro di un movimento politico anarchico. In data 6 agosto 1969 egli ha prodotto alcuni atti a sostegno di queste affermazioni.

C.- Il 14 ottobre 1969 il Dipartimento federale di giustizia
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e polizia ha trasmesso al Tribunale federale l'incarto per il giudizio sull'opposizione. La memoria del 26 settembre 1969 del Ministero pubblico della Confederazione, che l'accompagna, conclude nel senso che l'opposizione sia accolta limitatamente al reato d'associazione per delinquere, e che l'estradizione venga accordata per gli altri capi d'imputazione.

Erwägungen

Considerando in diritto:

1. L'estradizione reciproca dei delinquenti tra la Svizzera e l'Italia è retta dalla Convenzione europea di estradizione, conclusa a Parigi il 13 dicembre 1957 e ratificata da entrambi gli Stati. Questa (v. art. 28) ha abrogato e sostituito il trattato bilaterale sull'estradizione conchiuso tra la Svizzera e l'Italia il 22 luglio 1868.
Nelle grandi linee, la Convenzione concorda con l'ordinamento assunto nella legge federale del 22 gennaio 1892 sull'estradizione agli Stati stranieri. Alcune sue disposizioni sono state tuttavia precisate da dichiarazioni o riserve espresse dalla Svizzera nell'art. 2 del decreto federale che approva sei convenzioni del Consiglio d'Europa, del 27 settembre 1966. Valendosi della facoltà prevista dall'art. 2 § 3 e 4 della Convenzione, la Svizzera ha inoltre allestito e notificato al Consiglio d'Europa un elenco dei reati per i quali il diritto svizzero autorizza l'estradizione, restringendo così la portata della clausola generale contenuta all'art. 2 § 1 della Convenzione.
La legge federale del 22 gennaio 1892 è pertanto in principio inapplicabile, riservate talune eccezioni, segnatamente ove trattisi di colmare una lacuna della Convenzione e semprecchè la sua applicazione non porti ad una soluzione contraria a quest'ultima (RU 87 I 137, consid. 1; 199, consid. 1; 91, I 130, consid. 2).

2. ...

3. Secondo il principio della doppia incriminazione, consacrato nell'art. 2 § 1 della Convenzione, perchè si dia luogo all'estradizione occorre innanzitutto che i fatti addebitati al perseguito o ricercato siano punibili secondo le leggi tanto della Parte richiedente quanto della Parte richiesta. Inoltre, giusta la riserva espressa dalla Svizzera all'art. 2 § 1 della Convenzione, per dar luogo all'estradizione occorre che il reato per il quale essa è domandata sia contemplato nel citato elenco. Nella fattispecie, sono addebitati ad Angelo Della Savia i
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reati di fabbricazione e detenzione di congegni esplosivi, di strage, e di associazione per delinquere.
a) Il reato di fabbricazione e detenzione di esplosivi è contemplato e punito dagli art. 1 e 2 della legge italiana n. 895 del 2 ottobre 1967. Esso corrisponde al reato di "fabbricazione, occultamento e trasporto di materie esplosive o gas velenosi" previsto dall'art. 226 del codice penale svizzero (CPS). Il requisito della doppia incriminazione posto dall'art. 2 § 1 della Convenzione è quindi adempiuto a questo riguardo. Esso è realizzato anche per il reato di strage, contemplato dall'art. 422 del codice penale italiano (CPI), e i cui elementi costitutivi corrispondono a quelli previsti dall'art. 224 CPS, che punisce 1,"uso delittuoso di materie esplosive o gas velenosi".
Entrambi i reati, che rientrano nella nozione di "uso indebito di materie esplosive", sono d'altra parte contemplati nel citato elenco (capo VI, num. 27; cfr. SCHULTZ, Das schweizerische Auslieferungsrecht, p. 161). Per essi l'estradizione è quindi, di per sè, possibile.
b) L'altro reato addebitato a Della Savia, e cioè l'associazione per delinquere, è previsto dall'art. 416 CPI, ed è realizzato già quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti. Esso non è contemplato dal diritto svizzero, il quale prevede soltanto, in casi particolari, l'associazione ad una banda quale elemento aggravante del furto (art. 137 num. 2 CPS) e della rapina (art. 139 num. 2 CPS).
Tale reato non figura del resto nemmeno nel citato elenco (mentre esso era esplicitamente contemplato dall'art. 2, ultimo capoverso, dell'abrogato trattato del 1868, sotto il cui imperio la Svizzera, prescindendo dal requisito della doppia incriminazione, accordava di massima l'estradizione a questo riguardo: v. RU 5, 228; 17, 454 consid. 1; sentenza inedita dell'8 giugno 1966 nella causa Nesti). Ne consegue che, in virtù della Convenzione, l'estradizione non può essere accordata per il reato di associazione a delinquere.

4. Giusta l'art. 2 § 1 della Convenzione non basta tuttavia che il reato per il quale è chiesta l'estradizione sia punibile in entrambi gli Stati interessati, ma occorre ancora che, ove si tratti di estradare un prevenuto, sia comminata nella legislazione di entrambe le Parti una pena privativa di libertà il cui massimo raggiunga almeno l'anno (v. GRÜTZNER, Aktuelle
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Probleme der Auslieferung, in Zeitschrift für die gesamte Strafrechtswissenschaft, vol. 81 - anno 1969 - p. 129). Secondo l'art. 2 § 2 della Convenzione, tuttavia, quando la domanda d'estradizione concerne più fatti distinti puniti ciascuno dalle leggi di entrambe le Parti, ma di cui taluni non adempiono le condizioni sulla misura della pena, la Parte richiesta ha la facoltà di accordare l'estradizione (cosiddetta accessoria) anche per questi ultimi. La Svizzera, nel citato decreto del 27 settembre 1966, ha espresso una dichiarazione su questo paragrafo allo scopo di consentire l'estradizione accessoria anche per i reati non compresi nell'elenco, ma perseguibili giusta il diritto materiale svizzero (MARKEES, Die Schweiz und das europäische Auslieferungsübereinkommen vom 13. Dezember 1957, Revue pénale suisse, vol. 83 - anno 1967 - p. 118 e segg.; v. inoltre SCHULTZ, Aktuelle Probleme der Auslieferung, in Zeitschrift für die gesamte Strafrechtswissenschaft, vol. 81 - anno 1969 - p. 215). Il problema dell'estradizione accessoria e dell'autorità federale competente a concederla non si pone però in concreto, il requisito della misura della pena privativa di libertà essendo adempiuto per tutti i reati addebitati a Della Savia e per i quali è di massima possibile la estradizione (v. art. 422 CPI, art. 1 e 2 Legge italiana n. 895 del 2 ottobre 1967, art. 226 cpv. 1 e 2 e art. 224 cpv. 1 CPS).

5. Della Savia contesta d'essere l'autore delle due esplosioni avvenute alla Fiera campionaria e alla Stazione centrale di Milano. Questo motivo d'opposizione non è però proponibile. Per costante giurisprudenza, il tema della colpevolezza infatti sfugge alla cognizione del Tribunale federale, giudice dell'estradizione, il quale è vincolato dalle risultanze dell'atto di cattura, fin tanto almeno ch'esso non contenga errori manifesti (RU 87 I 137 consid. 2 in fine; 88 I 40 e seg.; 92 I 113 consid. 1 e 387 consid. 2). Certo, tale giurisprudenza è criticata nella dottrina, specie per il caso in cui l'opponente invochi un alibi (SCHULTZ, op.cit., p. 234, in particolare nota 68; v. inoltre le risoluzioni del colloquio preparatorio al X Congresso internazionale di Roma, contenute nella Zeitschrift für die gesamte Strafrechtswissenschaft, vol. 81 - anno 1969 - p. 243, num. III, 4 a così come nella Revue internationale de droit pénal, anno 1968, p. 831). Tuttavia, anche per i fautori della sua modificazione, occorre che il prevenuto sia in grado di dimostrare immediatamente e direttamente l'impossibilità ch'egli sia
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l'autore materiale dell'atto (SCHULTZ, op.cit.). Ora, questo non si avvera in concreto, perchè l'alibi dell'opponente risulterebbe dalla deposizione di una coimputata che il Tribunale federale non può in questa sede vagliare. Ne consegue che un eventuale riesame della giurisprudenza stabilita su questo punto si rivela in casu superfluo.

6. Anche se i requisiti posti dall'art. 2 § 1 della Convenzione sono tutti adempiuti, l'estradizione non viene tuttavia accordata quando i fatti delittuosi per i quali essa è domandata siano considerati dalla Parte richiesta come un reato politico o come un fatto connesso a un simile reato (art. 3 § 1 della Convenzione).
Giusta il § 2 di quest'ultimo articolo, l'estradizione viene altresì rifiutata quando la Parte richiesta ha motivi seri per credere che la domanda sia stata presentata allo scopo di perseguire o punire un individuo per considerazioni di razza, di religione, di nazionalità o di opinioni politiche, o che la condizione di questo individuo arrischi di essere aggravata per l'uno o per l'altro di questi motivi. Ispirata da considerazioni umanitarie tratte dalla nozione del diritto d'asilo e dalle convenzioni internazionali sui rifugiati (v. GRÜTZNER, op.cit., p. 131 e seg.; lo stesso in Die Grundrechte, vol. II, p. 601; v. inoltre OEHLER, Revue internationale de droit pénal, anno 1968, p. 408; LINKE, ibidem, p. 453; SCHULTZ, ibidem, p. 807; cfr. infine la sentenza del Bundesverfassungsgericht tedesco pubblicata in Entscheidungen des Bundesverfassungsgerichts, vol. 9, p. 174 e segg., in particolare p. 180 e 181), l'applicazione di codesta clausola, che costituisce una importante innovazione rispetto all'ordinamento previsto dalla nostra legge sull'estradizione del 1892, comporta un giudizio estremamente delicato sugli affari interni della Parte richiedente, in particolare sul suo regime politico e le sue istituzioni, la sua concezione delle libertà fondamentali della persona, il rispetto di cui, concretamente, tali libertà godono, l'indipendenza e l'obiettività del suo apparato giudiziario. Comunque, l'applicazione di questo secondo paragrafo dell'articolo 3 della Convenzione - che del resto l'opponente a ragione non invoca - appare di primo acchito esclusa. Nessun elemento permette infatti non che di ritenere, di dubitare che la domanda d'estradizione sia pretestuosa, o che la situazione del perseguito arrischi in Italia di essere aggravata a motivo
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delle opinioni politiche da lui professate o di altre considerazioni menzionate nel citato disposto.

7. La Convenzione non dà alcuna definizione del reato politico di cui è discorso nell'art. 3 § 1. Poichè tuttavia essa non innova rispetto all'ordinamento scaturiente dall'art. 10 cpv. 1 e 2 della legge federale sull'estradizione del 1892 (v. Messaggio del Consiglio federale all'Assemblea federale concernente l'approvazione di sei convenzioni del Consiglio d'Europa, del 10 marzo 1966, FF, ed. italiana, anno 1966, vol. I, p. 434), possono fare stato al riguardo i criteri che giurisprudenza e dottrina hanno elaborato a proposito della nozione di reato politico contemplato nel diritto federale. D'altra parte, giusta quanto emerge dall'art. 3 § 1 della Convenzione, il quesito relativo al carattere politico del reato va in concreto risolto partendo dal punto di vista svizzero ed in applicazione del diritto svizzero, senza tener conto della legislazione o della giurisprudenza dello Stato richiedente (RU 34 I 544 e riferimenti; 90 I 299 e riferimenti).
La Convenzione esclude l'estradizione non solo per il reato politico puro e semplice, ma anche per il cosiddetto delitto connesso, cioè per quel reato di diritto comune compiuto non per sè stesso, ma per preparare o assicurare l'esito di un delitto politico. Se ne deve quindi dedurre che la nozione di reato politico previsto dal citato art. 3 § 1 abbraccia tanto i reati politici assoluti, volti contro l'organizzazione sociale e politica dello Stato, quanto i reati politici relativi, vale a dire le infrazioni di diritto comune che acquistano un carattere politico predominante per le circostanze in cui sono state commesse, segnatamente per il loro movente ed il loro scopo (RU 27 I 84; 32 I 539; 59 I 145; 77 I 62; 78 I 50; 90 I 299).
Nella fattispecie, Angelo della Savia rivendica appunto, per i fatti delittuosi addebitatigli, i quali di per sè attengono al diritto comune, il carattere politico predominante. Ora, è vero che, secondo la giurisprudenza del Tribunale federale, il movente anarchico d'una infrazione non esclude a priori la natura politica del reato (RU 17, 456; 27 I 85). Tuttavia, affinchè la predominanza del carattere politico possa essere riconosciuta, occorre che il delitto si situi nell'ambito della lotta contro o per il potere, oppure tenda a sottrarre alcuno a un potere che escluda ogni forma di opposizione. Tra l'atto ed il
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fine politico deve sussistere un rapporto chiaro, stretto e diretto, non soltanto una relazione indiretta e lontana. Occorre inoltre che la lesione cagionata stia in una certa proporzione con lo scopo perseguito, e che gli interessi in campo appaiano sufficientemente importanti se non per giustificare, per lo meno per far apparire scusabile il reato.
Nell'apprezzare il peso e la portata di codesti interessi, il Tribunale federale tiene conto anche della valutazione soggettiva che può aver ispirato l'agente, e dei mezzi dei quali egli si è servito per propugnarli, indipendentemente dalle prospettive reali d'un esito favorevole (RU 90 I 299 e segg.).
Alla luce di questi principi giurisprudenziali - dai quali non v,è motivo di scostarsi - la prevalenza del carattere politico dei reati addebitati a Della Savia dev'essere negata.
a) Al momento in cui furono commessi i reati, la lotta politica non aveva travalicato, in Italia, le forme democratiche per assumere caratteri di agitazione rivoluzionaria. Anche se, localmente, si erano verificate manifestazioni che sporadicamente avevano comportato prove di forza fra dimostranti e polizia, codesti disordini non si erano generalizzati a tutto il Paese. D'altronde, gli attentati alla bomba, che sono rimproverati a Della Savia, non stanno neppure in relazione diretta, nè di tempo, nè di luogo, con le accennate agitazioni locali.
b) Tra i fatti delittuosi ed il fine politico, che, secondo l'opponente, essi perseguivano, non sussiste d'altra parte alcuna ragionevole proporzione. L'opponente afferma di aver compiuto l'attentato di Genova davanti ad una sede della polizia, per "protestare" contro i metodi impiegati dalle forze dell'ordine nel reprimere manifestazioni di contadini siciliani. Tale giustificazione non può essere ritenuta: non solo fa difetto, tra i pretesi abusi polizieschi e la reazione di protesta, un qualsiasi rapporto diretto di tempo e di luogo, ma le vie ed i metodi scelti dagli autori dell'esplosione per esprimere il loro dissenso si risolvono in gratuite manifestazioni di violenza che - per la loro gravità e la loro pericolosità - ripugnano ad ogni coscienza civile, e confinano con gli atti di indiscriminato e gratuito terrorismo. Tale motivazione traspare d'altronde dall'ammissione fatta dall'opponente per cui egli avrebbe compiuto altro atto analogo senza alcun motivo preciso di provocare un'esplosione, semplicemente per "confermare" l'azione precedente.
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c) Quanto alle esplosioni verificatesi alla Fiera e alla Stazione di Milano - che l'opponente contesta di avere commesso - la carenza di una qualsiasi comprensibile motivazione politica è ammessa persino dal movimento anarchico, cui partecipa l'opponente, il quale ne denuncia l'estrema pericolosità per la vita e l'integrità di terzi innocenti.
Ammettere l'opposizione in simili circostanze, significherebbe far beneficiare del diritto d'asilo chi ne è indegno. L'estradizione di Angelo Della Savia all'Italia viene quindi concessa per i reati indicati nell'ordine di cattura, ad eccezione del reato di associazione a delinquere, per il quale essa è rifiutata.

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Erwägungen 1 2 3 4 5 6 7

Referenzen

BGE: 90 I 299, 88 I 40, 92 I 113

Artikel: art. 1 e 2, ; 90 I 299, § 3 e 4, ; 91, I 130 mehr...

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