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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
1B_257/2022  
 
 
Sentenza del 3 giugno 2022  
 
I Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Kneubühler, Presidente, 
Jametti, Merz, 
Cancelliere Crameri. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Ministero pubblico del Cantone Ticino, palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano. 
 
Oggetto 
Carcerazione di sicurezza, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 25 aprile 2022 
dalla Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello 
del Cantone Ticino (60.2022.89). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
In seguito a una denuncia sporta dal Ministero pubblico, nei confronti di A.________è stato avviato un procedimento penale per titolo di appropriazione indebita e truffa. Il denunciato è stato arrestato l'11 ottobre 2021. Con decisione del 13 ottobre 2021 il Giudice dei provvedimenti coercitivi (GPC) ne ha ordinato la carcerazione preventiva fino all'11 dicembre 2021, prorogata poi con decisione del 20 dicembre 2021 fino all'11 marzo 2022
 
B.  
L'8 marzo 2022 il Procuratore pubblico (PP) ha rinviato a giudizio A.________ dinanzi alla Corte delle assise criminali siccome accusato di ripetuta truffa per mestiere (in parte tentata) in correità con terzi e singolarmente, ripetuta falsità in documenti, ripetuto conseguimento fraudolento di una falsa attestazione e inganno nei confronti delle autorità. Il dibattimento, nell'ambito del quale il PP formulerà una richiesta di pena superiore ai cinque anni, è stato aggiornato al 2 e 3 giugno 2022
 
C.  
Contestualmente all'emanazione dell'atto di accusa, il PP ha presentato un'istanza di carcerazione di sicurezza per un periodo di tre mesi, fino all'11 giugno 2022. Con decisione del 16 marzo 2022 seguente il GPC, ritenuta la sussistenza di seri indizi dei prospettati reati e di un pericolo di fuga, ha parzialmente accolto l'istanza e ordinato la carcerazione di sicurezza sino all'8 giugno 2022. Adita dall'interessato, con giudizio del 25 aprile 2022 la Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello (CRP) ne ha respinto il reclamo. 
 
D.  
Avverso questa decisione A.________, il 25 maggio 2022, ha presentato un ricorso in materia penale al Tribunale federale, chiedendo di annullarla. 
 
Non è stato ordinato uno scambio di scritti. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Il ricorso in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF) contro una decisione emanata dall'autorità cantonale di ultima istanza (art. 80 cpv. 1 LTF) relativa a una carcerazione di sicurezza è ammissibile e il rimedio è tempestivo (sentenza 1B_189/2021 del 12 maggio 2021 consid. 1). La legittimazione del ricorrente è pacifica.  
 
1.2. Il Tribunale federale esamina liberamente le decisioni relative a provvedimenti coercitivi in materia di procedura penale, per cui le limitazioni dei motivi di ricorso previste dall'art. 98 LTF (misure cautelari) e il principio dell'allegazione ai sensi dell'art. 106 cpv. 2 LTF non sono applicabili (DTF 140 IV 57 consid. 2.2). Qualora si tratti di mere questioni di accertamento dei fatti e quindi della valutazione delle prove, esso interviene soltanto se gli accertamenti dell'istanza precedente siano manifestamente inesatti o svolti in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF (art. 97 cpv. 1 in relazione con l'art. 105 cpv. 2 LTF; sentenza 1B_325/2014 del 16 ottobre 2014 consid. 3.2).  
 
2.  
 
2.1. L'art. 212 cpv. 1 CPP dispone che di principio l'imputato resta in libertà. Secondo l'art. 221 cpv. 1 CPP, la carcerazione preventiva o di sicurezza è ammissibile soltanto quando egli è gravemente indiziato di un crimine o di un delitto e vi è seriamente da temere che si sottragga con la fuga al procedimento penale o alla prevedibile sanzione (lett. a), influenzi persone o inquini mezzi di prova, compromettendo in tal modo l'accertamento della verità (lett. b), minacci seriamente la sicurezza altrui commettendo gravi crimini o delitti dopo avere già commesso in precedenza reati analoghi (lett. c).  
 
2.2. Giusta l'art. 221 cpv. 1 lett. a CPP, la carcerazione di sicurezza è in particolare ammissibile quando l'imputato è gravemente indiziato di un crimine o un delitto e vi è seriamente da temere che si sottragga con la fuga al procedimento penale o alla prevedibile sanzione. Secondo la giurisprudenza, il pericolo di fuga non dev'essere soltanto possibile, ma deve rivestire il carattere di una certa probabilità. In altri termini, si ammette questo pericolo quando l'imputato, se fosse posto in libertà, si sottrarrebbe con una certa verosimiglianza al perseguimento penale e all'esecuzione della pena. La gravità della presumibile pena non basta di per sé a motivare la carcerazione; devono essere piuttosto valutati e accertati i motivi concreti che rendano la fuga non solo possibile, ma probabile, tenendo conto dell'insieme delle circostanze, quali il carattere dell'interessato, la sua morale, i suoi legami familiari e sociali, l'assenza di un domicilio fisso, la sua professione, la sua situazione finanziaria e le sue risorse economiche come pure i suoi contatti con l'estero. Qualora, come in concreto, il ricorrente, cittadino italiano, dovesse fuggire in Italia, ciò potrebbe impedire anche la sua estradizione. A dipendenza del caso concreto, l'emanazione di un atto di accusa può suscitare nuovi motivi per una fuga (su questi temi vedi DTF 145 IV 503 consid. 2.2; 143 IV 160 consid. 4.3; sentenza 1B_3/2022 del 20 gennaio 2022 consid. 2.2).  
 
2.3. La CRP ha ritenuto l'esistenza di gravi indizi di un crimine o di un delitto, sottolineando che nei confronti del ricorrente l'8 marzo 2022 è stato emesso un atto d'accusa mediante il quale è stato deferito dinanzi alla Corte delle assise criminali per i citati reati. Ha inoltre rilevato ch'egli non ha contestato i gravi indizi di colpevolezza, ridimensionando soltanto il ruolo da lui svolto e le sue responsabilità.  
 
Anche nel ricorso in esame l'insorgente non contesta di per sé la presenza di gravi indizi dei prospettati reati, oggetto di un atto di accusa. L'accenno ricorsuale al fatto che il procedimento penale è stato aperto in seguito a una denuncia d'ufficio del Ministero pubblico, e non da parte di un accusatore privato, è ininfluente. 
 
3.  
 
3.1. Riguardo al pericolo di fuga, ritenuto anche dal GPC, la CRP ha accertato che il ricorrente, cittadino italiano, è nato e cresciuto in Italia, dove ha svolto la sua formazione scolastica e professionale diventando ufficiale della Guardia di finanza, svolgendo i suoi compiti in diverse città italiane e perfino all'estero, occupandosi al suo dire d'importanti indagini finanziarie internazionali. Parallelamente, sempre in Italia, ha assolto gli studi universitari in giurisprudenza e in scienze politiche, nonché nell'ambito economico e finanziario. La Corte cantonale ha osservato che sebbene risieda in Svizzera con la moglie da oltre 13 anni svolgendo la professione di avvocato con un proprio studio legale, egli vanta un'esperienza in contenziosi finanziari internazionali. Ha sottolineato che dirige inoltre, sia pure accessoriamente, uno studio legale anche in Italia. La moglie, anch'essa cittadina italiana, ha iniziato la procedura di naturalizzazione superando la verifica chiesta dalla normativa ticinese nel gennaio 2019. La CRP ha rilevato che il PP ha informato la Commissione ticinese per l'avvocatura, che si è attivata per accedere agli atti del procedimento; ne ha concluso che il ricorrente, in caso di riconoscimento delle sue responsabilità penali, data la gravità dei reati, difficilmente potrà riprendere la propria attività professionale in Ticino. Ha ritenuto che la possibilità che una volta scarcerato ripari subito in Italia, sottraendosi al procedimento nell'ambito del quale, avvalendosi ampiamente della sua facoltà di non rispondere, avrebbe dimostrato di non voler collaborare con gli inquirenti, è quindi alta e concreta. Ha stabilito che, d'altra parte, il suo inserimento sociale e professionale nel suo Paese di origine è senz'altro facilitato, conoscendone egli perfettamente il sistema istituzionale e giuridico, potendovi esercitare immediatamente l'attività legale ch'egli già vi svolge, mai interrotta. La moglie potrebbe facilmente seguirlo, considerato che la sua attività lavorativa consisteva nell'aiutare il ricorrente ad amministrare un'importante società a lui riconducibile. Per di più, il ricorrente ha sempre mantenuto legami stretti con l'Italia, visto che le persone con le quali egli ha interagito a partire dal 2013 sono perlopiù cittadini italiani.  
 
3.2. Al riguardo il ricorrente fa valere, in maniera del tutto generica, un accertamento inesatto dei fatti e un'erronea valutazione degli stessi.  
 
Il Tribunale federale fonda la sua sentenza sui fatti accertati dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 e 2 LTF). Secondo l'art. 97 cpv. 1 LTF, il ricorrente può censurare l'accertamento dei fatti soltanto se è stato svolto in modo manifestamente inesatto, vale a dire arbitrario (DTF 147 I 73 consid. 2.2; 145 V 188 consid. 2), o in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF e l'eliminazione del vizio può essere determinante per l'esito del procedimento. Il ricorrente può quindi censurare l'arbitrio nell'accertamento dei fatti e nella valutazione delle prove, ma deve motivare la censura in modo chiaro e preciso (DTF 147 IV 73 consid. 4.1.2). Per motivare l'arbitrio non basta tuttavia criticare semplicemente la decisione impugnata contrapponendole, come in concreto, una versione propria, ma occorre dimostrare per quale motivo l'accertamento dei fatti o la valutazione delle prove sono manifestamente insostenibili, si trovano in chiaro contrasto con la fattispecie, si fondano su una svista manifesta o contraddicono in modo urtante il sentimento della giustizia e dell'equità (DTF 143 IV 241 consid. 2.3.1). 
Il ricorrente sostiene che il PP prima e la CRP poi riterrebbero a torto ch'egli in Italia potrebbe continuare a esercitare la professione d'avvocato nel suo studio legale. Ciò poiché al suo dire una tale attività non gli permetterebbe di poter vivere degnamente nella vicina penisola, visto che il suo sostentamento derivava quasi totalmente dai proventi del suo studio legale svizzero. Ora, non appare arbitrario ritenere che il ricorrente, in vista di un'eventuale pesante condanna in Svizzera, potrebbe effettivamente rendersi in Italia ed esercitare in quello Stato la sua attività, non più accessoriamente, ma a tempo pieno. Il fatto che il suo studio legale si troverebbe in Sicilia, e quindi lontano dal Cantone Ticino, è irrilevante, visto ch'egli non dovrebbe più recarsi in Svizzera. L'insorgente sostiene poi che anche l'accertamento secondo cui egli, prima della carcerazione, si recasse in Italia ogni due giorni, sarebbe inesatto, poiché la polizia lo avrebbe calcolato su un periodo temporale limitato di quattro giorni: una giornata sarebbe stata infatti dedicata a un'udienza a Milano mentre il sabato egli si recherebbe in Italia per la spesa settimanale. Questa circostanza non è comunque decisiva, determinante essendo il fatto ch'egli potrebbe esercitare la sua professione in Italia. Al riguardo egli sostiene che avendola esercitata solo sporadicamente in quel Paese, sarebbe ormai abituato alla legislazione e alla procedura svizzera. 
 
Questi accenni non dimostrano affatto che si sarebbe in presenza di un accertamento e di una valutazione addirittura insostenibili e quindi arbitrari dei fatti. Il ricorrente ha studiato giurisprudenza in Italia e fino alla sua carcerazione vi esercitava, seppure a tempo parziale, la professione di avvocato con uno studio legale proprio, attività che in caso di fuga potrebbe esercitare a tempo pieno (vedi per il caso contrario, dove occorreva considerare anche la scolarizzazione in Svizzera dei figli e il fatto che il ricorrente aveva già scontato gran parte della pena inflittagli, sentenza 1B_643/2020 del 21 gennaio 2021 consid. 2.4 e 2.5). Per di più, anche in Svizzera la maggior parte dei suoi clienti erano di nazionalità italiana. D'altra parte nulla parrebbe impedire alla moglie di seguirlo in Italia e di continuare a collaborare con lui nell'amministrazione della società a lui riconducibile o nel suo studio legale. Non è quindi ravvisabile nessun impedimento all'esercizio della sua professione in Italia. La CRP non si è pertanto fondata su semplici supposizioni, ma su circostanze concrete, coerenti, verosimili e condivisibili. 
 
Il ricorrente critica inoltre il fatto che la CRP avrebbe considerato che in caso di un'eventuale condanna egli potrebbe essere sospeso o addirittura radiato dall'esercizio dell'avvocatura in Svizzera e potrebbe temere anche la pena accessoria dell'espulsione. Adduce che la Corte cantonale non avrebbe tuttavia considerato che ciò potrebbe avverarsi di massima soltanto dopo la crescita in giudicato della sentenza di condanna, deducendone che nel frattempo egli potrebbe continuare ad esercitare la sua professione in Ticino. Al riguardo egli disattende che in caso di condanna non potrebbe esercitarla durante l'espiazione della pena e che potrebbe essere pronunciata una sospensione cautelare dall'esercizio dell'avvocatura, rischi che non si realizzerebbero in caso di una fuga in Italia. Il pericolo di fuga poggia pertanto su rischi concreti, che lo rendono non solo possibile, ma probabile. Giova rilevare infine che il mantenimento della carcerazione si impone anche affinché il ricorrente sia presente al dibattimento, previsto per il 2 e 3 giugno 2022
 
3.3. Il ricorrente si diffonde poi su un'asserita violazione dei suoi diritti di difesa nella preparazione del dibattimento. Al suo dire, la carcerazione litigiosa gli impedirebbe di esercitare liberamente gli stessi, segnatamente di collaborare senza ostacoli con il suo difensore e di preparare, come avvocato, anche personalmente la sua difesa, non potendo accedere autonomamente al materiale sequestrato ed estrarne le fotocopie necessarie a sostenere la sua versione dei fatti, nonché a visionare senza impedimenti di tempo e senza dover rinunciare all'ora d'aria i documenti consegnatigli dal suo legale. Aggiunge poi che l'asserito mancato rispetto dei suoi diritti di difesa, limitati a causa della carcerazione, potrebbe comportare l'emanazione di un'eventuale sentenza di condanna addirittura nulla. Queste critiche, premature, esulano dall'oggetto del litigio e potranno se del caso essere sollevate nell'ambito del dibattimento.  
 
L'accenno ricorsuale a un serio nocumento derivante dalla contestata carcerazione, segnatamente il pregiudizio di non poter continuare ad esercitare la sua attività professionale, con il relativo danno economico che ne discende, è intrinseco al criticato provvedimento. 
 
3.4. L'insorgente non critica la mancata adozione di misure sostitutive in luogo della carcerazione, né la durata e la proporzionalità della stessa, motivo per cui queste questioni non devono essere esaminate.  
 
4.  
Ne segue che, in quanto ammissibile, il ricorso dev'essere respinto. Le spese seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Nella misura in cui è ammissibile. il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3.  
Comunicazione al ricorrente, al Ministero pubblico e alla Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 3 giugno 2022 
 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Kneubühler 
 
Il Cancelliere: Crameri