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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
4A_539/2021  
 
 
Sentenza del 21 febbraio 2023  
 
I Corte di diritto civile  
 
Composizione 
Giudici federali Jametti, Presidente, 
May Canellas, Pontarolo, Giudice supplente, 
Cancelliere Piatti. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Patrick Bianco, 
ricorrente, 
 
contro 
 
B.________ SA, 
patrocinata dall'avv. Raffaele Bernasconi, 
opponente. 
 
Oggetto 
responsabilità della banca; ordini falsificati, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 13 settembre 2021 dalla II Camera civile del Tribunale d'appello del 
Cantone Ticino (12.2020.159). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
 
A.a. Il 14 febbraio 1992 A.________ ha aperto presso l'allora C.________ SA, poi divenuta B.________ SA, una relazione bancaria. Il 10 ottobre 2013 ha comunicato per mezzo di una e-mail alla banca l'imminente entrata di "circa $ 2.3 mill sul conto US". Il 14 ottobre 2013 ha informato, sempre per posta elettronica, B.________ SA di aver aperto un conto presso una banca a Ibiza, invitandola a versare euro 200'000.-- ( "trasferire E. 200,000") per l'acquisto di una casa in quella località balneare.  
 
A.b. Nella seconda metà dell'ottobre del 2013, dando seguito ad altri ordini a lei impartiti tramite e-mail dall'usuale account di posta elettronica, B.________ SA ha eseguito quattro bonifici dal conto di A.________: il 15 ottobre 2013 ha girato euro 60'000.-- su un conto intestato a D.________, presso E.________ Ltd; quindi il 18, il 24 e il 31 ottobre 2013 ha versato in favore di F.________ presso G.________ rispettivamente euro 200'000.--, USD 800'000 e USD 400'000.--.  
Nel frattempo, il 22 ottobre 2013, A.________ aveva domandato tramite e-mail a B.________ SA una copia del suo portafoglio, ricevuto il giorno seguente con delle cifre alterate. 
 
A.c. Il 29 novembre 2013 A.________, dopo aver richiesto a B.________ SA, sempre tramite e-mail, una "situazione aggiornata" del suo conto e averla ottenuta qualche minuto dopo, ha scoperto che qualcosa non quadrava e si è immediatamente lamentato con la banca per il saldo troppo basso, che "era di circa 7.2 a Oct 23.... e ora e' di 4.7??". Quest'ultima ha quindi spiegato che il "saldo del 23.10 era comprensivo dell'entrata di $ 2'497'629 che sono poi usciti in diverse tranches (vedi estratto allegato) ".  
Dopo ulteriori scambi di corrispondenza e verifiche incrociate, A.________ ha riscontrato la presenza tra i dati fornitigli dei quattro summenzionati versamenti di euro 60'000.--, euro 200'000.--, USD 800'000.-- e USD 400'000.--, che egli non aveva ordinato; ha desunto che erano il frutto di una malversazione perpetrata ai suoi danni da pirati informatici e lo ha comunicato all'istituto di credito. 
 
B.  
Avendo invano preteso la rifusione dei quattro versamenti indebiti, A.________ ha, con petizione del 4 luglio 2014, convenuto la banca davanti alla Pretura del distretto di Lugano, chiedendone la condanna al pagamento di euro 260'060.48 e di USD 1'200'105.83, oltre interessi. Con decisione del 6 novembre 2020 il Pretore aggiunto ha accolto parzialmente la petizione e condannato la banca a versare all'attore euro 260'040.48 e USD 480'042.34, oltre interessi. Quest'ultimo importo, corrispondente ai due quinti di USD 1'200'105.83, scaturisce dal parziale riconoscimento di una pretesa risarcitoria che la banca ha posto in compensazione alle richieste del cliente. 
 
C.  
La II Camera civile del Tribunale di appello del Cantone Ticino è stata adita sia con un appello principale dell'attore sia con un appello incidentale della convenuta. Ambedue hanno chiesto la riforma del giudizio del Pretore. Il primo nel senso che la petizione sia interamente accolta, la seconda postulando di essere condannata a versare solo euro 260'040.48, oltre interessi. Statuendo il 13 settembre 2021 la Corte di appello ha respinto entrambi i rimedi di diritto. Essa ha confermato che la banca aveva validamente sollevato, per atti concludenti, l'eccezione di compensazione della pretesa di restituzione degli averi in conto con la propria pretesa di risarcimento danni per le violazioni contrattuali del cliente. Questi non aveva infatti rilevato che il documento riportante il suo portafoglio del 23 ottobre 2013 fosse un falso. I Giudici ticinesi hanno tuttavia ritenuto una concolpa della convenuta nell'eseguire gli ultimi due ordini senza effettuare ulteriori accertamenti, non tanto grave da interrompere il nesso di causalità tra l'agire dell'attore e il danno patito. Hanno quindi confermato la ripartizione di quest'ultimo operata dal Pretore aggiunto in ragione di tre quinti a carico del cliente e di due quinti a carico della banca. 
 
D.  
Con ricorso in materia civile del 15 ottobre 2021 A.________ chiede, in riforma della sentenza cantonale, di accogliere integralmente la sua petizione e di condannare la banca al pagamento delle spese processuali e al versamento in suo favore di ripetibili per tutti i gradi di giurisdizione. In subordine, domanda l'annullamento del giudizio impugnato e il rinvio degli atti all'istanza inferiore per nuova decisione. 
Con risposta del 7 dicembre 2021 B.________ SA propone di respingere il ricorso. La Corte cantonale ha rinunciato a presentare osservazioni. 
Il 23 dicembre 2021 il ricorrente ha presentato una replica spontanea. L'opponente ha formulato ulteriori osservazioni l'11 gennaio 2022. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
Il ricorso in materia civile è presentato tempestivamente (art. 100 cpv.1 LTF) da una parte soccombente nella procedura cantonale (art. 76 cpv. 1 lett. a LTF) ed è volto contro una sentenza finale (art. 90 LTF) emanata su ricorso dall'autorità ticinese di ultima istanza (art. 75 LTF) in una causa civile con un valore litigioso superiore a fr. 30'000.-- (art. 72 cpv. 1 e 74 cpv. 1 lett. b LTF). Sotto questo profilo il ricorso è ricevibile. 
 
2.  
Il Tribunale federale applica d'ufficio il diritto federale (art. 106 cpv. 1 LTF). Tuttavia, tenuto conto dell'onere di allegazione e motivazione imposto dall'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, di regola considera solo gli argomenti proposti nell'atto di ricorso, fatti salvi i casi di errori giuridici manifesti (DTF 140 III 86 consid. 2). Giusta l'art. 42 cpv. 2 LTF nei motivi del ricorso occorre spiegare in modo conciso perché l'atto impugnato viola il diritto. Un ricorso non sufficientemente motivato è inammissibile (DTF 143 II 283 consid. 1.2.2; 142 III 364 consid. 2.4). Per soddisfare le esigenze di motivazione, il ricorrente deve confrontarsi con l'argomentazione della sentenza impugnata e spiegare in cosa consista la violazione del diritto. Egli non può limitarsi a ribadire le posizioni giuridiche assunte durante la procedura cantonale, ma deve criticare i considerandi del giudizio attaccato che ritiene lesivi del diritto (sentenza 4A_273/2012 del 30 ottobre 2012 consid. 2.1, non pubblicato in DTF 138 III 620). 
 
3.  
Il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sugli accertamenti di fatto svolti dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF), che sono vincolanti. A questi appartengono sia le constatazioni concernenti le circostanze relative all'oggetto del litigio sia quelle riguardanti lo svolgimento della procedura innanzi all'autorità inferiore e in prima istanza, vale a dire gli accertamenti che attengono ai fatti procedurali (DTF 140 III 16 consid. 1.3.1, con riferimenti). Il Tribunale federale può unicamente rettificare o completare l'accertamento dei fatti dell'autorità inferiore, se esso è manifestamente inesatto o risulta da una violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF (art. 105 cpv. 2 LTF). "Manifestamente inesatto" significa in questo ambito "arbitrario" (DTF 147 V 35 consid. 4.2; 140 III 115 consid. 2; 135 III 397 consid. 1.5). La parte che critica la fattispecie accertata nella sentenza impugnata deve sollevare la censura e motivarla in modo preciso, come esige l'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 147 IV 73 consid. 4.1.2; 140 III 264 consid. 2.3, con rinvii). Essa deve spiegare in maniera chiara e circostanziata in che modo queste condizioni sarebbero soddisfatte (DTF 140 III 16 consid. 1.3.1, con rinvii). Se vuole completare la fattispecie deve dimostrare, con precisi rinvii agli atti della causa, di aver già presentato alle istanze inferiori, rispettando le regole della procedura, i relativi fatti giuridicamente pertinenti e le prove adeguate (DTF 140 III 86 consid. 2). Se la critica non soddisfa queste esigenze, le allegazioni relative a una fattispecie che si scosta da quella accertata non possono essere prese in considerazione (DTF 140 III 16 consid. 1.3.1). L'eliminazione del vizio deve inoltre poter essere determinante per l'esito del procedimento (art. 97 cpv. 1 LTF). 
Nella parte intitolata "Descrizione dei fatti" del suo rimedio, il ricorrente espone una propria narrazione, con cui completa in parte i fatti accertati dalla Corte di appello. Su questo punto il ricorso ignora i suddetti requisiti di motivazione che permettono al Tribunale federale di scostarsi dalla fattispecie accertata nella sentenza impugnata ed è perciò inammissibile. 
 
4.  
Per situare la vertenza è opportuno precisare che, fra le tre tappe sviluppate dalla giurisprudenza (DTF 146 III 387) per determinare se è la banca o il cliente che deve sopportare il danno risultante dagli ordini falsificati, è unicamente ancora controversa la terza tappa. In altre parole in concreto è pacifico che il ricorrente dispone di una pretesa di restituzione nei confronti della banca per i quattro versamenti fatti senza un debito mandato (prima tappa), non essendo stata stipulata una clausola di trasferimento del rischio (seconda tappa). Con l'impugnativa all'esame il ricorrente contesta invece sia che la banca abbia posto in compensazione una sua pretesa di risarcimento danni (perché egli avrebbe causato o aggravato il danno) sia che i presupposti per riconoscere una tale pretesa siano adempiuti. Qui di seguito verranno quindi prima trattate le censure volte a negare che sia stata sollevata un'eccezione di compensazione e poi quelle che criticano il sussistere della pretesa di risarcimento posta in compensazione. 
 
5.  
 
5.1. La Corte cantonale ha giudicato pretestuose e infondate le contestazioni dell'attore, che rimproverava al Pretore di avere erroneamente ritenuto che la convenuta avesse validamente fatto valere in compensazione nei suoi confronti una pretesa risarcitoria. Ricordato che una - dichiarazione di - compensazione può avvenire anche per atti concludenti, è giunta a tale conclusione poiché già dalla pag. 35 della duplica emergeva che, qualora non avesse trovato spazio l'applicazione dell'art. 402 cpv. 1 CO perché gli ordini non provenivano dal cliente, per la convenuta la petizione era comunque da respingere, poiché si sarebbe imposta una riduzione o un annullamento delle pretese dell'attore a causa d'una sua violazione contrattuale (art. 97 cpv. 1 CO) o d'un atto illecito (art. 41 CO), come espressamente indicato nell'estratto della DTF 112 II 450 consid. 4 letteralmente citato.  
 
5.2. Il ricorrente lamenta una violazione degli art. 124 e 97 CO, 9 e 29 Cost., 8 CC e 55 cpv. 1 CPC. Asserisce che la Corte cantonale sarebbe incorsa in un accertamento dei fatti in contrasto con gli atti, che violerebbe pure l'art. 8 CC, poiché l'opponente non avrebbe posto in compensazione una sua pretesa sgorgante dalla passività del titolare del conto dopo la ricezione dell'estratto patrimoniale contraffatto. Fin dall'inizio della causa - prosegue il ricorrente - la banca avrebbe negato una manomissione dei conti e aveva affermato di avere eseguito correttamente le istruzioni ricevute, acquisendo così un credito per l'importo dei bonifici versati e di - in ogni caso - essere al beneficio di una clausola di trasferimento del rischio. L'opponente non avrebbe però formulato alcuna domanda di compensazione, non bastando il rinvio a una giurisprudenza, né avrebbe dimostrato i presupposti dell'art. 97 CO, in particolare l'esistenza di un nesso di causalità naturale e adeguata tra le negligenze imputategli e il danno subito. Inoltre, poiché aveva sempre negato un credito del cliente, la banca avrebbe dovuto agire in via riconvenzionale, o presentare una domanda di giudizio specifica da cui risultava che "essa avrebbe fatto valere in compensazione le proprie pretese ex art. 97 CO" in caso di accoglimento delle pretese avversarie. La Corte cantonale riconoscendo una valida compensazione avrebbe quindi violato anche la massima dispositiva e, omettendo di pronunciarsi sulle relative censure, pure il suo diritto di essere sentito.  
 
5.3.  
 
5.3.1. Giova innanzi tutto rilevare che, trattandosi di valutare quanto contenuto negli allegati processuali, l'invocazione dell'art. 8 CC, norma che concerne l'onere della prova, è del tutto inconferente. Altrettanto vale per la pretesa violazione dell'art. 97 CO, disposto legale unicamente rilevante per determinare se la pretesa compensante sussiste. Inammissibili si rivelano poi, in seguito alla loro carente motivazione e perché in larga misura estranee alla questione di sapere se l'opponente si è prevalsa della compensazione, le censure concernenti un accertamento manifestamente inesatto dei fatti. Avendo la Corte cantonale spiegato perché ha ritenuto che l'opponente avesse validamente eccepito la compensazione per atti concludenti, anche la - peraltro solo abbozzata - censura di violazione dell'art. 29 Cost. si palesa infondata.  
 
5.3.2. Invano il ricorrente sostiene poi che la banca non avrebbe specificato né in duplica, né nelle conclusioni scritte se l'eventuale annullamento delle richieste di petizione per effetto di una sua colpa fosse da intendere nell'ambito della valutazione della clausola di trasferimento del rischio o nell'ambito di un'azione secondo l'art. 97 CO, opposta in compensazione. Innanzi tutto l'interessato non consta aver preteso tanto con l'appello, ciò che renderebbe il rimedio inammissibile per mancato esaurimento materiale delle vie di ricorso a sua disposizione (DTF 143 III 290 consid. 1.1). È poi vero che nella duplica l'opponente ha biasimato il ricorrente di non aver protetto il proprio account di posta elettronica: quella, però, non era l'unica censura. La banca, infatti, gli ha pure rimproverato di non essersi accorto che l'estratto da lui ricevuto il 23 ottobre 2013 era un falso e di non averle segnalato ciò (cfr. duplica, pag. 19, 20, 22-25, 31 e 34). Come indicato dai giudici cantonali, con la duplica l'opponente aveva perciò opposto al credito del ricorrente una propria pretesa con cui ha fatto valere una riduzione o l'annullamento del suo obbligo di pagamento in virtù dell'art. 97 CO (o dell'art. 41 CO), e questo proprio nell'ipotesi in cui l'art. 402 cpv. 1 CO non trovasse applicazione.  
 
5.3.3. Non è nemmeno ravvisabile, né il ricorrente spiega, perché l'estratto giurisprudenziale, citato dalla banca nella sua duplica, non vada considerato nel determinare se è stata formulata un'eccezione di compensazione a causa di una violazione contrattuale. Non è vero, poi, che l'opponente avrebbe dovuto agire in via riconvenzionale, visto che nulla le impediva di limitarsi a eccepire una compensazione, come è accaduto (cfr. sulla possibilità di far valere in via di eccezione, anche a titolo eventuale, o con una riconvenzione una pretesa, DTF 124 III 207 consid. 3b/bb; sentenze 4A_290/2007 del 10 dicembre 2007 consid. 8.3.1, con rimandi; ANDREAS MÜLLER, in: Basler Kommentar, Obligationenrecht I, 7a ed. 2020, n. 2 e 5 alle considerazioni preliminari agli art. 120-126 CO e n. 3-4 ad art. 124 CO; CORINNE ZELLWEGER-GUTKNECHT, in: Berner Kommentar, 2012, n. 16 seg., 19 ad art. 124 CO).  
In definitiva, la Corte cantonale non ha violato il diritto federale ritenendo che la banca ha formulato un'eccezione di compensazione che scaturisce dalle circostanze (cfr. sentenze 8C_417/2020 del 9 marzo 2021 consid. 8.1; 4A_82/2009 del 7 aprile 2009 consid. 2 con rimandi), ragione per cui il ricorso va respinto su questo punto. 
 
6.  
 
6.1.  
 
6.1.1. La Corte cantonale ha confermato una negligenza dell'attore per non essersi accorto e per non aver denunciato all'istituto di credito l'irregolarità dell'estratto del 23 ottobre 2013. L'interessato poteva facilmente verificare il documento a lui inviato per posta elettronica, visto che il suo computer poteva ingrandirlo e che l'incongruità si trovava sulla parte iniziale dello stesso. La modifica delle cifre, poi, scaturiva pure dalle incongruenze con le altre cifre, dalle evidenti differenze del carattere utilizzato e dall'uso del grassetto. Diversamente da quanto sostenuto dall'attore (esperto di investimenti borsistici e attività bancarie), la liquidità andava verificata, anche se - come da lui asserito - il totale degli averi corrispondeva alle sue aspettative. In verità, la liquidità equivaleva a oltre un terzo del portafoglio, era riportata nella prima parte dell'estratto ed era fondamentale per valutare eventuali, ulteriori investimenti da operare in borsa. La superficialità con cui l'attore aveva trattato quell'estratto costituiva una violazione del suo dovere di diligenza: se egli avesse rilevato le incongruenze e se avesse informato di ciò la banca, quest'ultima avrebbe potuto risalire alla contraffazione e attuare misure atte a evitare almeno gli ultimi due versamenti. Infine, l'obiezione dell'appellante, secondo cui nulla permetterebbe di concludere che lui avesse ricevuto e letto l'estratto del 23 ottobre 2013 prima dell'esecuzione dell'ordine del 24 ottobre 2013, era nuova (art. 317 CPC) e in contraddizione con quanto da lui sostenuto fino a quel punto.  
 
6.1.2. Riferendosi alle colpe della banca, i giudici cantonali hanno reputato la lingua usata negli ordini del 15, 18, 24 e 30 ottobre 2013 dai pirati informatici inidonea a farla insospettire, essendo quelle email compatibili con altri scritti del cliente e che l'espressione "should I send" utilizzata nell'ultimo messaggio poteva ricondursi a uno sbaglio di battitura. Che poi la banca dovesse eseguire ulteriori verifiche, l'aveva rilevato anche il Pretore aggiunto, che le ha del resto addossato una responsabilità per quanto accaduto. Infine, per la Corte cantonale la segnalazione dell'appellante al direttore della banca del 15 febbraio 2013 relativa a un episodio di "hackeraggio" subìto da un suo amico, con l'invito ad adottare un sistema di controllo degli ordini più strutturato, non bastava a incrementare sostanzialmente la gravità di quanto commesso dalla banca. Tutto ponderato, in sintesi, se le colpe della banca erano gravi, esse non raggiungevano un'intensità tale da interrompere il nesso di causalità tra la negligenza dell'attore e il danno verificatosi, ma giustificavano unicamente suddivisione di quest'ultimo fra le parti.  
 
6.1.3. Riguardo a questo riparto, dopo aver rimproverato all'attore una carente motivazione dell'appello, la Corte cantonale ha indicato che l'aspetto temporale e cioè che l'estratto contraffatto fosse anteriore agli ultimi due versamenti effettuati dalla banca ai pirati informatici non andava trascurato. L'appellante non aveva poi portato elementi convincenti e suscettibili di modificare la valutazione operata dal Pretore aggiunto, non bastando, in proposito, affermare che il proprio errore fosse di poca rilevanza rispetto alle mancanze di cui s'era macchiata la banca, ritenute più gravi per numero e intensità rispetto alla sua "svista", né che la sua colpa avesse inciso se mai in misura del 10 %.  
 
6.2. Il ricorrente fa valere una violazione degli art. 97 CO, 8 CC e 55 cpv. 1 CPC e un accertamento manifestamente incompleto dei fatti in relazione a una sua eventuale responsabilità. Afferma che la banca non ha allegato il danno e contesta le violazioni contrattuali imputategli dal Tribunale di appello, segnatamente con riferimento al grado di verifica delle incongruenze e il momento in cui egli avrebbe potuto controllare l'estratto falsificato del 23 ottobre 2013. La Corte di appello non poteva nemmeno considerare nuova e irricevibile la sua obiezione secondo cui non aveva ricevuto e letto tale estratto prima dell'esecuzione del penultimo ordine. Sostiene di non aver avuto inoltre alcun obbligo di reagire subito.  
Per il ricorrente, la banca avrebbe potuto eseguire siffatti ordini solo in presenza di una sua comunicazione preliminare e avrebbe pure infranto un regolamento interno, valido da qualche mese, che esigeva segnatamente una conferma da parte del cliente. Afferma che l'opponente avrebbe dovuto sospettare l'origine delittuosa dei quattro ordini fraudolenti, in seguito alla lingua utilizzata e allo scopo dei pagamenti (acquisti immobiliari in paesi in cui non avrebbe avuto interessi economici o legami). Sostiene che, se valutate nel loro insieme, le violazioni commesse dalla banca erano tanto gravi da interrompere ogni nesso di causalità con il suo agire. 
 
7.  
 
7.1. Secondo la giurisprudenza, la banca che subisce un danno a causa dell'esecuzione di un pagamento senza mandato può al massimo chiedere il risarcimento dei danni al proprio cliente, se quest'ultimo ha contribuito con colpa a causare o ad aggravare il danno da lei subìto (art. 97 cpv. 1 e/o art. 41 cpv. 1 CO). Si tratta di una "azione" di responsabilità della banca contro il cliente, basata principalmente sull'art. 97 cpv. 1 CO, che la banca oppone in compensazione all'azione del cliente diretta alla restituzione degli averi patrimoniali in conto (DTF 146 III 387 consid. 6.1 pag. 398, con rinvii; 146 III 121 consid. 5.1 pag. 135, con rinvii).  
 
7.1.1. La responsabilità ai sensi dell'art. 97 cpv. 1 CO, che si fonda sul rapporto giuridico tra le parti, è soggetta a quattro condizioni: violazione del contratto, danno, rapporto di causalità (naturale e adeguato) tra la violazione contrattuale e il danno, e colpa.  
Occorre anzitutto che il cliente violi i suoi obblighi contrattuali (prima condizione). Ciò avviene, ad es., se il cliente o le persone ausiliarie il cui comportamento è a lui imputabile (art. 101 CO) hanno in qualche modo contribuito al danno, inducendo la banca a eseguire il trasferimento indebito o contribuendo all'aggravamento del danno (DTF 146 III 387 consid. 6.2 pag. 398, con rinvio). Secondo la giurisprudenza, il cliente contribuisce ad aggravare il danno della banca, in particolare non contestando gli scritti irregolari o infondati di cui avrebbe potuto o dovuto accorgersi, consultando gli estratti conto a lui inviati, o non ritirando o non controllando la sua corrispondenza lasciata in giacenza in banca oppure ancora non sorvegliando il suo gestore indipendente (DTF 146 III 121 consid. 5.1 pag. 135, con rinvii). Il danno (seconda condizione) subìto dalla banca corrisponde per legge all'importo che la banca deve pagare - una seconda volta -, a causa del versamento a un non creditore, al cliente in seguito al bonifico che ha effettuato senza mandato di quest'ultimo (DTF 146 III 387 consid. 5.1 pag. 397 e consid. 6.2 pag. 398 con rimandi). La violazione degli obblighi contrattuali da parte del cliente deve causare il danno o aggravarlo (terza condizione). Infine, la colpa (quarta condizione) è presunta se i primi tre requisti sono adempiuti (DTF 146 III 121 consid. 5.1 pag. 135). 
 
7.1.2. Secondo la giurisprudenza in materia di responsabilità civile, applicabile alla responsabilità contrattuale in virtù dell'art. 99 cpv. 3 CO, il comportamento del danneggiato non può di norma interrompere il rapporto di causalità adeguata tra il danno e il comportamento del responsabile, anche se la colpa del danneggiato è maggiore rispetto a quella del responsabile del danno. Perfino in presenza di altre cause a fianco della causa originaria che la relegano in secondo piano, la causa originaria rimane in una relazione di causalità adeguata, almeno finché può essere considerata significativa per il corso degli eventi e non c'è un'altra causa che si scosta dall'andamento ordinario delle cose o che è assurda a tal punto da renderne imprevedibile la sua realizzazione. Decisiva è l'intensità dei due rapporti di causalità. Se, dopo l'esame, una di esse prevale con una tale intensità da scartare per così dire l'altra, privandola di ogni significato apparente, allora si ammette un'interruzione di tale altro nesso di causalità. Detto altrimenti, nel vagliare una pretesa di risarcimento danni di una banca, la colpa concomitante di quest'ultima libera il cliente che ha violato i suoi obblighi contrattuali, solo se essa è così grave da far apparire remote e giuridicamente irrilevanti le violazioni contrattuali del cliente che ha contribuito al danno (DTF 146 III 387 consid. 6.3.1 pag. 399, con rimandi).  
 
7.1.3. La colpa del danneggiato è in particolare un fattore di riduzione dell'indennità (art. 44 cpv. 1 in relazione con l'art. 99 cpv. 3 CO), se non è così grave da interrompere il nesso di causalità e se ha contribuito in modo significativo alla creazione o all'aggravamento del danno, mentre ci si poteva ragionevolmente aspettare che un terzo nella stessa situazione adottasse delle precauzioni che avrebbero evitato o ridotto il danno (sentenza 4A_124/2007 del 23 novembre 2007 consid. 5.4.1). La riduzione è misurata considerando la gravità della colpa concomitante del danneggiato o dei suoi ausiliari (art. 101 CO) rispetto a quella del responsabile. In altre parole, nel valutare la pretesa risarcitoria della banca, si deve ponderare la gravità della colpa sua e dei suoi ausiliari per rapporto a quella del cliente (DTF 146 III 387 consid. 6.3.2 pag. 400, con rimandi).  
 
7.1.4. L'art. 44 cpv. 1 CO concede al giudice del merito un ampio margine d'apprezzamento (DTF 127 III 453 consid. 8c pag. 459). Quando la legge si rimette al suo prudente criterio, il giudice decide secondo il diritto e l'equità (art. 4 CC) : un siffatto giudizio di equità impone che si tenga conto di tutte le particolarità del caso concreto. Per giurisprudenza invalsa il Tribunale federale esamina con riserva l'esercizio del potere d'apprezzamento da parte dell'ultima istanza cantonale e interviene solo quando la decisione si scosta senza motivo dai principi stabiliti da dottrina e giurisprudenza in materia di libero apprezzamento o si fonda su fatti che nel caso concreto non avevano importanza alcuna oppure, al contrario, quando non si è tenuto conto di elementi che avrebbero dovuto essere considerati. Il Tribunale federale, inoltre, sanziona le decisioni rese in virtù di un tale potere d'apprezzamento solo quando esse sfociano in un risultato manifestamente ingiusto o in un'iniquità scioccante (DTF 130 III 182 consid. 5.5.2 pag. 191, con rinvii; sentenza 4C.210/2002 del 12 novembre 2002 consid. 3.1, con rinvii).  
 
7.2. Il ricorrente formula delle critiche rivolte all'accertamento dei fatti, alla valutazione delle prove e al riparto dell'onere della prova, che giova preliminarmente vagliare.  
 
7.2.1. A detta dell'insorgente nella duplica la banca si sarebbe limitata a un semplice rinvio all'art. 97 CO senza quantificare l'importo corrispondente al danno da essa subìto, che non potrebbe essere stabilito d'ufficio dal giudice. La critica non regge, giacché la banca, proponendo il rigetto integrale dell'azione, ha proposto di compensare una pretesa almeno pari a quella del ricorrente. L'invocazione degli art. 8 CC e 55 cpv. 1 CPC in questo contesto è del tutto inconferente.  
 
7.2.2. Per il ricorrente la Corte cantonale non poteva considerare le sue affermazioni sulla possibilità di verifica della contraffazione siccome "mere allegazioni di fatto e pertanto prive di qualsiasi sostegno probatorio", se non violando l'art. 8 CC; egli avrebbe potuto limitarsi a contestare l'interpretazione della lettura dell'estratto conto (falsificato) fatta propria dalla banca e a fornire la propria versione dei fatti, contestando nel contempo la tesi dell'opponente e sostenendo che la contraffazione non sarebbe stata visibile. Riguardo alla contraffazione dell'estratto, aggiunge, la banca non avrebbe provato alcunché e non vi sarebbe nemmeno una causalità naturale, accertata per giunta in modo arbitrario.  
In merito alla falsificazione dell'estratto del 23 ottobre 2013, al di là della possibilità di ingrandire il documento sullo schermo, il Tribunale di appello ha accertato che le incongruità si trovavano nella parte iniziale dello stesso e che la modifica delle cifre balzava all'occhio "per le incongruenze con gli altri importi e per le evidenti differenze di carattere di scrittura, per l'uso del grassetto che le fa spiccare rispetto alle altre e per la ripetizione dello stesso importo due volte di fila e vicino, una delle quali nella riga dei totali". La Corte cantonale ha quindi giudicato le anomalie riscontrate visibili anche a occhio nudo e facilmente percepibili anche a un profano, a maggior ragione al ricorrente, un esperto di investimenti borsistici e attività bancarie. In concreto la Corte cantonale si è così convinta della possibilità per il ricorrente di rilevare il taglio contraffatto del documento in esito a un accertamento, motivato, dei fatti. In simili condizioni un riparto dell'onere della prova diventa senza oggetto (DTF 141 III 241 consid. 3.2). Se mai il ricorrente avrebbe potuto eccepire il carattere arbitrario di tali accertamenti con delle critiche precise, che fanno però difetto in concreto pure per quanto attiene alla causalità. Pertanto, al riguardo, il ricorso è inammissibile. Così stando le cose non occorre nemmeno soffermarsi sulle contestazioni riferite alla possibilità di ingrandimento del citato estratto. 
 
7.2.3. L'insorgente contesta l'accertamento della Corte cantonale secondo cui egli avrebbe letto l'estratto falsificato il 23 ottobre 2013, ossia il giorno della sua ricezione. A suo parere la Corte d'appello avrebbe dovuto accertare quando egli, al più presto, avrebbe potuto verificare l'estratto falsificato, e se quell'analisi gli avrebbe permesso di accertarne le irregolarità; egli non avrebbe mai comunicato o ammesso di aver ricevuto l'estratto falsificato già il 23 ottobre 2013 e l'opponente, gravata dall'onere della prova, avrebbe solo invocato la sua negligenza, senza dimostrare una lettura dell'estratto falsificato già quel giorno. La data di lettura dell'estratto contraffatto non sarebbe mai stata oggetto di discussione, né d'istruttoria davanti al Pretore: egli non doveva pertanto indicarla già in quella sede, e la precisazione sollevata davanti al Tribunale di appello sarebbe ammissibile; infine l'affermazione concernente la mancata lettura sarebbe comunque scaturita dalla decisione del primo giudice e nella procedura d'appello i fatti nuovi potevano essere addotti in virtù dell'art. 99 cpv. 1 LTF, applicato per analogia.  
Le critiche, appellatorie, non reggono. Intanto, l'adduzione di fatti nuovi in appello è regolata dall'art. 317 CPC e non dall'art. 99 LTF, che davanti all'istanza di appello non è applicabile, neppure per analogia. Il ricorrente, poi, non spiega cosa gli avrebbe impedito di allegare già davanti al Pretore le nuove circostanze da lui svelate in modo tardivo solo in appello (cfr. art. 317 cpv. 1 lett. b CPC), né formula una censura che soddisfa i requisiti di motivazione posti a una contestazione degli accertamenti della Corte cantonale. 
 
7.2.4. Il ricorrente fa valere che, se la banca avesse notato l'incongruenza e le anomalie degli ordini del 24 e del 31 ottobre 2013, il danno non si sarebbe realizzato e che, a livello temporale, sarebbe stata proprio la violazione della banca a permettere l'adempimento della richiesta dei pirati informatici. Anche a fronte di una verifica tempestiva, soggiunge, non risulterebbe in alcun modo dalle tavole processuali la possibilità di impedire le malversazioni: infatti, pur ammettendo un suo obbligo di diligenza nell'esame degli estratti conto, quel dovere non imponeva una sua immediata reazione.  
Invano e in modo appellatorio l'insorgente pretende che dal punto di vista cronologico sarebbero state le inadempienze dell'opponente a permettere le sottrazioni patrimoniali: egli, infatti, aveva ricevuto il 23 ottobre 2013 un estratto contraffatto, riportante una situazione patrimoniale errata e sospetta di cui egli non si era lamentato senza indugio con la banca. L'avesse fatto, la banca avrebbe potuto trattare con accresciuta circospezione le istruzioni ricevute sia il giorno seguente che il 31 ottobre successivo e impedire l'uscita di denaro in favore dei pirati informatici. In proposito, il giudizio impugnato è dunque scevro da arbitrari accertamenti. Ciò posto, a poco giova osservare che spesso nelle condizioni generali delle banche si indicherebbe che gli estratti conto si ritengono accettati, qualora non vi siano contestazioni entro un mese. 
 
7.2.5. Per il ricorrente l'espressione "Should I send $ 400'000" avrebbe dovuto risvegliare nella banca dei sospetti sulla paternità del messaggio, visto che i tre precedenti ordini di bonifico erano stati scritti in italiano. Egli, tuttavia, non contesta l'accertamento della Corte di appello secondo cui l'alternanza delle due lingue non era inusuale per lui. Né basta asseverare che l'espressione: "Should I send" tradisca svarioni linguistici evidenti, senza nemmeno appuntarli in modo preciso. In ultima analisi, la Corte cantonale ha sì ammesso delle imprecisioni in quella frase, ma non le ha reputate tanto gravi da dover ritenere che il suo autore non fosse il ricorrente, perché le sue conoscenze linguistiche non erano provate e perché poteva trattarsi d'un errore di battitura, l'inversione delle prime due parole ( "I should send", ossia " dovrei inviare ") rendendo la frase scevra da gravi errori. Ne deriva che gli accertamenti dei giudici ticinesi non appaiono ancora insostenibili.  
 
7.3. Il ricorrente contesta quindi la valutazione delle violazioni contrattuali attribuitegli e sostiene che le omissioni dell'opponente fossero tali da interrompere ogni rapporto tra le sue eventuali negligenze e il danno patito e che in ogni caso la riduzione dell'obbligo di restituzione concessa alla banca sia eccessiva.  
 
7.3.1. Per quanto riguarda le violazioni contrattuali imputategli, afferma che i giudici cantonali non hanno considerato che il grado di verifica delle incongruenze dipenderebbe dagli usi stabiliti dalle parti contrattuali e dalle condizioni generali applicabili, su cui essi non si sarebbero soffermati, e di essere stato biasimato a torto di non aver agito conformemente al "rapporto contrattuale impostogli dalla banca". Così argomentando, tuttavia, il ricorrente non esplicita il contenuto di tali usi, né quello delle condizioni generali di contratto applicabili, e non illustra quali precisi accordi o usi in concreto rilevanti sarebbero stati ignorati. La doglianza, non verificabile, è inammissibile. Egli pare poi dimenticare che, come indicato dalla Corte cantonale, il cliente ha un dovere di diligenza, che gli impone di eseguire almeno la verifica degli estratti a lui sottoposti (sentenze 4A_469/2020 del 31 marzo 2022 consid. 4.4; 4A_354/2020 del 5 luglio 2021 consid. 3.3.1; 4A_556/2019 del 29 settembre 2020 consid. 5.2, tutte con numerosi rinvii).  
 
7.3.2. Con riferimento all'agire dell'opponente, il ricorrente biasima la Corte cantonale di non essersi espressa su talune violazioni commesse dalla banca, da lui segnalate nel suo appello (omissione della verifica preventiva degli ordini superiori alla soglia di fr. 500'000.-- e mancato esame delle conseguenze relative alla violazione del regolamento interno in merito ai trasferimenti in uscita del 27 agosto 2013) e si sofferma su quelle contenute nella sentenza del primo giudice, riconducibili al carattere insolito della frequenza delle operazioni immobiliari da lui eseguite negli ultimi vent'anni, allo scopo delle stesse (bisogni personali o dei suoi familiari) e al luogo indicato negli ordini. A torto. La Corte di appello, in effetti, le ha considerate e ha giudicato un loro esame superfluo, giacché nel suo giudizio il primo giudice s'era espresso nel senso voluto dal ricorrente. Certo, se la banca avesse contattato il cliente per verificare la provenienza degli ordini di USD 800'000.-- e di USD 400'000.-- prima di predisporne l'uscita, forse il danno non si sarebbe concretizzato. Come rilevato dalla Corte di appello, però, si poteva evitare lo stesso danno, se il ricorrente avesse rilevato e segnalato senza indugio all'opponente il carattere alterato dell'estratto ricevuto il 23 ottobre 2013 dai pirati informatici.  
Quando rimprovera poi alla Corte cantonale di non avere considerato adeguatamente la sua comunicazione del 15 febbraio 2013 al direttore della banca circa il precedente "hackeraggio" del conto e-mail d'un suo amico, che avrebbe dovuto incrementare il "livello di colpa" dell'opponente, il ricorrente non si confronta con l'argomentazione dei giudici cantonali, secondo cui la segnalazione del precedente caso di manomissione costituiva una censura che, anche se accolta, non aveva conseguenze pratiche, perché nulla aggiungeva se non un motivo in più al livello di gravità delle colpe della banca, senza tuttavia incrementarlo. 
 
7.3.3. Secondo il ricorrente la Corte cantonale avrebbe dovuto valutare nel suo insieme le violazioni commesse dalla banca e concludere che esse sarebbero state tanto gravi da interrompere ogni nesso di causalità tra le sue negligenze e il danno patito.  
Le omissioni dell'opponente, tuttavia, non possono dirsi così gravi da far apparire remote e giuridicamente irrilevanti le violazioni contrattuali commesse dal cliente potenzialmente all'origine del danno, visto che un suo agire diligente nel rinvenire il carattere fasullo dell'estratto ricevuto dai pirati informatici e tempestivo nel segnalarne l'irregolarità avrebbe permesso di evitare gli addebiti del 24 e del 31 ottobre 2013 a carico del suo conto. Anche sotto questo profilo la sentenza impugnata non viola il diritto federale. 
 
7.3.4. Per quanto attiene alla ponderazione delle colpe delle parti giova ricordare che, in definitiva, queste sono le seguenti: per la banca l'assenza di ulteriori approfondimenti, codificati anche da regolamenti interni in materia di trasferimenti in uscita e di lotta al riciclaggio di denaro, prima di eseguire i versamenti del 24 e del 31 ottobre 2013, che per i loro contenuti (operazioni immobiliari non preannunciate, svolte in un continente - l'Asia - in cui il cliente non aveva interessi economici, né particolari legami; importi superiori di fr. 500'000.--) e tempistiche (le attività immobiliari fino all'acquisto a Ibiza nel 2013 erano state rare; e due ordini di addebito a distanza di pochi giorni erano inconsueti) presentavano delle anomalie e incongruenze; e per il ricorrente la mancata verifica, presa di coscienza e segnalazione del carattere falso - malgrado gli evidenti segnali di contraffazione - dello specchietto patrimoniale ricevuto il 23 ottobre 2013, che cronologicamente si collocava prima delle negligenze commesse dalla banca.  
Ora, non si misconosce che, se avesse seguito le proprie normative interne e se avesse prestato più attenzione sia al carattere inedito in cui l'operazione immobiliare - non preannunciata - doveva essere ultimata, ossia in Corea, sia allo scopo non personale della stessa, l'opponente avrebbe potuto evitare l'avverarsi del danno sorto con gli addebiti del 24 e del 31 ottobre 2013. Le negligenze del ricorrente, tuttavia, sono importanti. Egli, infatti, il 23 ottobre 2013 poteva bloccare ogni futura transazione a debito del suo conto se avesse rilevato e denunciato alla banca senza indugio il carattere alterato dello specchietto patrimoniale fasullo che dei malintenzionati gli avevano trasmesso al posto di quello a lui inviato dalla banca quello stesso giorno e mai ricevuto, indicante un suo patrimonio inferiore di oltre USD 350'000.-- e la cui falsificazione era facilmente accertabile (sopra consid. 7.2.2). Del resto ha dato prova della sua capacità di analisi il 29 novembre 2013, quando neanche dieci minuti dopo aver chiesto e ottenuto "la situazione aggiornata" ha reagito, segnalando al suo interlocutore bancario degli errori (cfr. sopra, consid. A.c). 
In condizioni del genere, la sentenza impugnata, in cui tutte le circostanze rilevanti sono state considerate e che ha per finire ridotto di due quinti la pretesa di risarcimento - che la banca ha posto in compensazione - per il danno occorso con le ultime due operazioni, riconoscendo quindi al ricorrente una pretesa di restituzione di complessivi USD 480'042.34 oltre interessi, non tradisce un esercizio del potere di apprezzamento del giudice tale da reputare il risultato un'iniquità scioccante. Né il ricorrente può essere seguito quando ritiene che un tale giudizio gli retroceda " il rischio dell'operazione controversa ". 
 
8.  
Da quanto precede, segue che il ricorso, nella misura in cui si rivela ammissibile, si palesa infondato e come tale va respinto. Le spese giudiziarie e le ripetibili seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 e 68 cpv. 1 LTF).  
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 9'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3.  
Il ricorrente verserà all'opponente la somma di fr. 10'000.-- a titolo di ripetibili per la procedura davanti al Tribunale federale. 
 
4.  
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 21 febbraio 2023 
 
In nome della I Corte di diritto civile 
del Tribunale federale svizzero 
 
La Presidente: Jametti 
 
Il Cancelliere: Piatti