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Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 1/2} 
1P.562/2001 /mde 
 
Sentenza del 13 giugno 2002 
I Corte di diritto pubblico 
 
Giudici federali Aemisegger, presidente della Corte e vicepresidente del Tribunale federale, 
Aeschlimann, Reeb, Féraud e Catenazzi, 
cancelliere Crameri. 
 
TDC Switzerland SA (già diAx SA), 8050 Zurigo, patrocinata dall'avv. Milo Caroni, via Ramogna 4/III, 6600 Locarno, 
Orange Communications SA, 1000 Losanna 30, patrocinata dall'avv. Daniela Leoncini, studio legale Sganzini, Bernasconi, Peter & Gaggini, via Somaini 10, 6901 Lugano, 
Swisscom Mobile SA, 3050 Berna, patrocinata dall'avv. Gianfranco Barone, studio legale Grandini, Barone, Ripepi, via Vegezzi 4, casella postale 2683, 6900 Lugano, 
ricorrenti, 
 
contro 
 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, residenza governativa, 6500 Bellinzona. 
 
Regolamento di applicazione dell'Ordinanza federale sulla protezione da radiazioni non ionizzanti (RORNI) 
 
(ricorso di diritto pubblico contro il RORNI, promulgato il 26 giugno 2001 dal Consiglio di Stato del Cantone Ticino) 
 
Fatti: 
A. 
Il 23 dicembre 1999 il Consiglio federale ha promulgato, sulla base degli art. 12 cpv. 2, 13 cpv. 1, 16 cpv. 2, 38 cpv. 3 e 39 cpv. 1 LPAmb e 3 LPT, l'ordinanza sulla protezione dalle radiazioni non ionizzanti (ORNI; RS 814.710). A sua volta, il Consiglio di Stato del Cantone Ticino ha emanato il 26 giugno 2001, con immediata entrata in vigore, un regolamento di applicazione dell'ordinanza (RORNI; Bollettino ufficiale delle leggi e degli atti esecutivi del Cantone Ticino del 3 luglio 2001, n. 31/2001, pag. 172 e segg.). 
B. 
La TDC Switzerland SA (già diAx), l'Orange Communications SA e la Swisscom Mobile SA impugnano il regolamento con un ricorso di diritto pubblico al Tribunale federale. Postulano, in via principale, di annullare la normativa, subordinatamente di annullarne gli art. 2, 5, 6 e 10. In via supercautelare e inaudita parte chiedono di concedere effetto sospensivo al ricorso, nel senso di non applicare il RORNI, eventualmente di non applicarne gli art. 2, 5 cpv. 2 e 6 cpv. 2; ripropongono le stesse conclusioni, subordinatamente e in via cautelare. 
 
Le norme essenziali del regolamento, attorno alle quali verte il ricorso, sono le seguenti: 
Art. 2 (titolo marginale: Definizione): 
 
In generale, è considerato uno spazio ristretto ai sensi dell'allegato 1 n. 62 cpv. 1 e n. 72 cpv. 1 ORNI, una distanza di ca. 100 metri. In presenza di potenze d'emissione elevate, questa distanza può essere conseguentemente aumentata. 
 
Art. 5 (titolo marginale: Pianificazione e coordinamento): 
 
1 La scelta dei siti per l'installazione degli impianti deve essere coordinata, per permettere una loro razionale distribuzione sul territorio e, se fattibile, il loro uso comune. 
2 Gli impianti in zone a caratter prevalentemente residenziale o nelle vicinanze di locali dove soggiornano persone particolarmente sensibili (bambini, anziani, ammalati) sono, per quanto possibile, da evitare. 
3 Gli operatori in possesso di una concessione federale (in seguito: operatori) devono fornire i dati necessari al coordinamento, in particolare la pianificazione dei siti e le giustificazioni delle scelte effettuate. 
4 L'impossibilità di utilizzazione in comune di un determinato sito deve essere sufficientemente motivata. 
5 Il coordinamento dei siti per l'installazione degli impianti, può essere regolato tramite convenzione tra il Dipartimento e gli operatori. 
 
Art. 6 (titolo marginale: Autorizzazione e procedura): 
 
1 Gli impianti e le modifiche che comportano un aumento dei valori d'immissione devono essere autorizzati. 
2 È applicabile la procedura ordinaria della domanda di costruzione ai sensi della legge edilizia. Gli operatori informano la popolazione interessata, tramite annunci su tutti i quotidiani locali, della presentazione della domanda di costruzione. 
3 Gli impianti di telefonia mobile e le stazioni di radiocomunicazione con una potenza equivalente irradiata (ERP) inferiore a 6 W non necessitano di un'autorizzazione ai sensi del presente regolamento. 
4 Sono riservate le procedure di competenza dell'autorità federale. 
 
Art. 10 (titolo marginale: Spese per perizie e studi specialistici): 
 
1 Le spese per eventuali perizie o studi specialistici commissionati dal Cantone a periti esterni sono a carico del titolare degli impianti. 
2 In tali casi a quest'ultimo deve essere data la possibilità di esprimere il proprio parere prima della nomina dei periti. 
Le ricorrenti sostengono che il regolamento violerebbe il divieto dell'arbitrio (art. 9 Cost.), i principi costituzionali della forza derogatoria del diritto federale (art. 49 cpv. 1 Cost.) e della separazione dei poteri (art. 164 cpv. 2 Cost., art. 51, 59 cpv. 1 lett. c e 70 lett. b Cost./TI), come pure le garanzie costituzionali della proprietà (art. 26 Cost.) e dell'uguaglianza giuridica (art. 8 cpv. 1 Cost., art. 7 Cost./TI). Lamentano pure il grave rischio che le Autorità preposte alla sua applicazione ne pieghino interpretativamente e in modo strumentale le norme a criteri di opportunità politica. 
C. 
Con decreto del 28 settembre 2001 il Presidente della I Corte di diritto pubblico ha respinto l'istanza provvisionale e negato l'effetto sospensivo al ricorso. 
D. 
Il Consiglio di Stato del Cantone Ticino, con osservazioni del 20 novembre 2001, propone di respingere il ricorso. L'Ufficio federale dell'ambiente, delle foreste e del paesaggio (UFAFP), senza formulare proposte di giudizio, ritiene il regolamento conforme alla LPAmb e all'ORNI. Le ricorrenti, a loro espressa istanza, hanno potuto replicare, con allegati distinti del 21 febbraio 2002. 
Diritto: 
 
1. 
Il Tribunale federale si pronuncia d'ufficio e con pieno potere d'esame sull'ammissibilità del rimedio esperito (DTF 128 I 46 consid. 1a, 128 II 13 consid. 1a, 46 consid. 2a). 
 
Nel gravame le ricorrenti, accennando al diritto di essere sentite, postulano di ordinare un pubblico dibattimento. Secondo l'art. 91 cpv. 2 OG, un dibattimento può essere ordinato, eccezionalmente, se esistono motivi speciali. Tali motivi non sussistono in concreto, ritenuto che alle ricorrenti è stata concessa la facoltà di replicare, per cui il loro diritto di essere sentito è manifestamente rispettato: le esigenze minime dell'art. 29 cpv. 2 Cost. (e del previgente art. 4 vCost.), non implicano infatti il diritto di esprimersi oralmente davanti all'Autorità chiamata a statuire (DTF 125 I 209 consid. 9a e b, 122 II 464 consid. 4c e rinvii). 
1.1 Il ricorso di diritto pubblico, tempestivo (art. 89 cpv. 1 in relazione con l'art. 34 cpv. 1 lett. b OG), e rivolto contro un regolamento cantonale di portata generale e astratta, è l'unico rimedio di diritto federale a disposizione delle società interessate per censurare una violazione di diritti costituzionali ai sensi dell'art. 84 cpv. 1 lett. a OG (art. 84 cpv. 2 OG; DTF 128 I 46 consid. 1b/aa in fine, 128 II 13 consid. 2a, 34 consid. 1b in fine, 56 consid. 1a/aa, 126 I 250 consid. 1a, 125 II 440 consid. 1a, 124 I 159 consid. 1a). 
1.2 Il requisito dell'esaurimento delle istanze cantonali (art. 86 cpv. 1 OG) si applica anche ai ricorsi di diritto pubblico interposti contro decreti cantonali (DTF 119 Ia 197 consid. 1b, 321 consid. 2a). Poiché il diritto ticinese non prevede una procedura di controllo astratto delle normative cantonali, la citata esigenza è adempiuta nella fattispecie (DTF 124 I 159 consid.1b; Marco Borghi/Guido Corti, Compendio di procedura amministrativa ticinese, Lugano 1997, pag. 9 e 14). 
1.3 Secondo l'art. 88 OG il diritto di ricorrere spetta ai privati o agli enti collettivi che si trovano lesi nei loro diritti da decreti o da decisioni che li riguardano personalmente o che rivestono carattere obbligatorio generale. Se l'atto impugnato è un decreto, la via del ricorso di diritto pubblico è aperta a qualsiasi persona fisica o giuridica che è colpita dalla regolamentazione impugnata nei suoi interessi giuridicamente protetti o che, con un minimo di verosimiglianza, potrebbe esserlo in futuro (DTF 125 I 173 consid. 1b, 474 consid. 1d, 124 I 159 consid. 1c). Non basta in ogni caso far valere semplici pregiudizi di fatto o difendere puri interessi pubblici (DTF 124 I 159 consid. 1c e riferimenti.). Nella fattispecie la legittimazione delle società ricorrenti, operatrici concessionarie in materia di telefonia mobile, attive anche nel Cantone Ticino, è chiaramente data. 
1.4 Il Tribunale federale esamina anche nell'ambito del controllo astratto delle norme soltanto le censure addotte con il gravame e sufficientemente motivate (art. 90 cpv. 1 lett. b OG; DTF 125 I 71 consid. 1c, 124 I 159 consid. 1e, 118 Ia 64 consid. 1b). Le ricorrenti criticano gli art. 2, 5, 6 e 10 del regolamento, del quale postulano l'annullamento integrale perché essi sarebbero il suo perno normativo, tanto che, se annullati, risulterebbe irrimediabilmente snaturato l'insieme. Su questo argomento si ritornerà in seguito (consid. 9). 
2. 
Le ricorrenti lamentano innanzitutto di non avere potuto prendere attivamente parte alla promulgazione del regolamento. 
 
Secondo la giurisprudenza (relativa al previgente art. 4 vCost., ora art. 29 cpv. 2 Cost.), non esiste alcun diritto di essere sentito nella procedura legislativa: inoltre, anche qualora un simile diritto dovesse essere riconosciuto, non sarebbe possibile riprendere tali e quali i principi sviluppati per l'emanazione di decisioni (DTF 121 I 231 consid. 2, 334 consid. 1c). Le ricorrenti, che hanno potuto discutere il progetto di regolamento, anche se non hanno partecipato alla sua elaborazione, non adducono ragioni che inducano a scostarsi da questa prassi. Limitandosi ad accennare ai più elementari aspetti di "fairness procedurale", non meglio precisati, esse non sostengono che le Autorità cantonali, mediante assicurazioni vincolanti poi disattese, avrebbero violato la loro buona fede, tutelata dall'art. 9 Cost.; segnatamente, non fanno valere che, nella fattispecie, sarebbero adempiute le condizioni poste dalla giurisprudenza per ammettere una siffatta violazione (DTF 127 I 31 consid. 3a, 126 II 377 consid. 3a, 121 II 473 consid. 2c). La censura di lesione del diritto di essere sentito dev'essere, in tali circostanze, respinta. 
3. 
Le ricorrenti sostengono che il regolamento e segnatamente i suoi art. 2, 5, 6 e 10 violerebbero, perché contrari all'ORNI, il principio della forza derogatoria del diritto federale; richiamano inoltre l'art. 65 LPAmb
3.1 Per il principio della forza derogatoria del diritto federale (art. 49 cpv. 1 Cost.), che costituisce un diritto costituzionale individuale, i Cantoni non sono autorizzati a legiferare nelle materie disciplinate esaustivamente dal diritto federale; negli altri campi possono emanare norme giuridiche che non violino né il senso né lo spirito del diritto federale e non pregiudichino la sua realizzazione (DTF 128 I 46 consid. 5a, 128 II 66 consid. 3, 127 I 60 consid. 4a e riferimenti, 126 I 76 consid. 1, 118 Ia 299 consid. 3a). 
 
Trattandosi del controllo astratto delle norme fondato sull'art. 49 Cost. (e sul previgente art. 2 Disp. trans. Cost.), il Tribunale federale esamina liberamente la conformità delle disposizioni cantonali con il diritto federale: tuttavia, le annulla soltanto quando non siano suscettibili d'essere interpretate conformemente al diritto federale (DTF 125 I 474 consid. 2a e riferimenti, 123 I 112 consid. 2a e b). Al riguardo, il Giudice costituzionale deve esaminare le circostanze concrete in cui saranno applicate le norme, tenendo conto delle qualità degli organi chiamati a eseguirle e delle dichiarazioni rese dalle Autorità cantonali sulla loro applicazione futura (DTF 125 II 440 consid. 1d, 123 I 112 consid. 2c, 313 consid. 2b, 118 Ia 427 consid. 3b). Su questo punto si ritornerà in seguito. 
3.2 Le ricorrenti fanno poi valere una violazione del principio della separazione dei poteri: rilevano che nell'ordinamento ticinese il potere legislativo spetta al Gran Consiglio e rimproverano al Governo di avere ecceduto nella concretizzazione del concetto di "impianto fisso" secondo l'art. 2 cpv. 1 lett. a ORNI e il n. 62 cpv. 1 allegato 1 ORNI, stabilendo un limite di distanza assoluto; inoltre, escludendo la procedura di notifica in tutti i casi di modificazione di un impianto con aumento dei valori di immissione, e imponendo agli operatori di pubblicare su tutti i quotidiani locali la presentazione di una domanda, il Governo avrebbe scardinato le procedure previste dalla LPT e dalla legge edilizia cantonale. 
Il contenuto del principio della separazione dei poteri, riconosciuto quale diritto individuale dei cittadini, è determinato dal diritto cantonale. Il Tribunale federale esamina liberamente l'interpretazione delle norme costituzionali mentre rivede dal ristretto profilo dell'arbitrio quelle di rango inferiore (DTF 127 I 60 consid. 2a e riferimenti); valuta di massima con libero esame la questione dell'ammissibilità, dal profilo costituzionale, della delegazione di competenze legislative (DTF 126 I 180 consid. 2a/aa, 121 I 22 consid. 3a). 
4. 
L'art. 17 ORNI, invocato dalle ricorrenti, stabilisce che l'esecuzione dell'ordinanza spetta ai Cantoni, fatto salvo l'art. 18, concernente l'esecuzione da parte della Confederazione quand'essa applichi, in particolare, altre leggi federali. Nel regolamento il Consiglio di Stato ha richiamato la LPAmb, l'ORNI e il decreto legislativo ticinese di applicazione della LPAmb, del 16 dicembre 1991 (DLLPAmb), e stabilito ch'esso disciplina l'applicazione delle norme della LPAmb e dell'ORNI nel settore della protezione dalle radiazioni non ionizzanti, nella misura in cui essa competa ad autorità o altri enti nel Cantone (art. 1). 
4.1 L'ORNI e la sua sistematica differenziano chiaramente i valori limite d'immissione dai valori limite dell'impianto. I primi devono essere rispettati ovunque possano trattenersi persone (art. 13 cpv. 1), i secondi nei luoghi a utilizzazione sensibile (n. 65 allegato 1 ORNI) e si applicano soltanto alle radiazioni prodotte da un singolo impianto (art. 3 cpv. 6 ORNI): essi servono alla limitazione preventiva delle emissioni ai sensi dell'art. 11 cpv. 2 LPAmb e, indipendentemente dal carico inquinante esistente, devono limitare le emissioni nella misura massima consentita dal progresso tecnico, dalle condizioni d'esercizio e dalle possibilità economiche. 
 
Per la limitazione delle emissioni, e in genere per l'esecuzione della LPAmb, gli art. 12 cpv. 2, 13 cpv. 1, 16 cpv. 2, 38 cpv. 3 e 39 cpv. 1 LPAmb conferiscono un'ampia delega al Consiglio federale, cui è assegnato il compito di emanare le ordinanze di esecuzione. L'ORNI si iscrive nel quadro di questa delega, che il Consiglio federale aveva già precedentemente utilizzato in altri campi. 
4.2 La conformità dell'ORNI alle norme di rango superiore, e in particolare alla LPAmb, è già stata esaminata e risolta positivamente dal Tribunale federale (DTF 126 II 399 in particolare consid. 4). Il concetto di protezione contro le radiazioni non ionizzanti, nonché i valori limite di emissione e immissione fissati nell'ordinanza e nei suoi allegati, sono stati ritenuti rispettosi della LPAmb, che costituisce in proposito la necessaria e sufficiente base legale (DTF 126 II 399 consid. 3 e 4, pag. 402 e segg.). Il Tribunale federale ha pure riconosciuto la compatibilità dell'ORNI con il principio della prevenzione sancito all'art. 11 cpv. 2 LPAmb, riservando la possibilità di un riesame e di un adeguamento dei valori limite, nell'ambito della protezione contro gli effetti non termici delle radiazioni, nel caso di nuove conoscenze scientifiche in materia (DTF 126 II 399 consid. 4c). 
 
L'ORNI ha lo scopo di proteggere l'uomo dalle radiazioni non ionizzanti dannose o moleste (art. 1), regolando in particolare la limitazione delle emissioni provenienti da campi elettrici e magnetici con frequenze da 0 Hz a 300 GHz prodotte durante l'esercizio di impianti fissi (art. 2 cpv. 1 lett. a). Al riguardo essa prevede, all'art. 4, una limitazione preventiva delle emissioni e all'art. 5 una loro limitazione completiva più severa quando sia accertato o probabile che uno o più valori limite di immissione siano superati; gli allegati 1 e 2 disciplinano queste limitazioni, particolarmente importanti nei luoghi a utilizzazione sensibile (art. 3 cpv. 3). Gli art. 13 e segg. prevedono valori limite d'immissione. Le limitazioni preventive delle emissioni sono dettagliatamente precisate nell'allegato 1 dell'ordinanza, i valori limite d'immissione nell'allegato 2. 
4.3 Le ricorrenti, invocando l'ORNI, contestano, oltre la competenza del Consiglio di Stato a emanare il regolamento, le definizioni che vi sono date di impianto e di spazio ristretto. Rilevano che il concetto di impianto dovrebbe riferirsi a ogni singolo operatore, per cui le antenne di operatori diversi installate su uno stesso traliccio dovrebbero essere considerate come più impianti, e aggiungono che la determinazione in termini assoluti - e fondati sulla distanza - dello spazio ristretto obbligherebbe a considerare due antenne lontane tra loro meno di 100 metri come un unico impianto, anche quando le loro direzioni di propagazione fossero del tutto opposte: in sostanza questo accenno fa entrare in discussione, o richiama, il cosiddetto modello delle isolinee, cui si riferisce l'UFAFP nelle osservazioni al ricorso. 
Le ricorrenti contestano il regolamento laddove fissa in termini generali e assoluti ("una distanza di ca. 100 metri") il concetto di "spazio ristretto" in cui è collocato un impianto, secondo il n. 62 cpv. 1 allegato 1ORNI; fanno valere che la nozione di impianto è disciplinata esaustivamente dal diritto federale e mettono in dubbio la sussistenza di un margine a favore delle Autorità cantonali per la promulgazione di disposizioni esecutive. La criticata determinazione in via astratta e assoluta della distanza contrasterebbe d'altra parte, secondo le ricorrenti, con i criteri oggettivi stabiliti nell'ORNI (che fa capo alle espressioni "stesso traliccio", "segnatamente sul tetto dello stesso edificio"), ledendo la forza derogatoria del diritto federale; la violerebbe altresì perché la norma litigiosa disattenderebbe la distinzione tra il concetto di valore limite d'immissione ai sensi dell'art. 13 cpv. 1 ORNI e il concetto di valore limite dell'impianto secondo il n. 64 allegato 1 ORNI. Le ricorrenti fanno quindi valere che l'art. 2 del regolamento sarà applicato soprattutto nei comparti urbani, ove già sussiste la maggior concentrazione di impianti, sicché l'applicazione del concetto di "spazio ristretto" nei termini assoluti previsti farebbe assurgere di fatto il valore limite dell'impianto a unico valore di riferimento. Dal fatto che quest'ultimo valore è sensibilmente inferiore a quello d'immissione le ricorrenti deducono che, a parità di traffico comunicativo, ogni operatore dovrebbe realizzare un numero sensibilmente più elevato di antenne, essendo così obbligato a un aumento di siti e di contratti, con conseguente notevole maggiorazione dei costi e lesione della garanzia della proprietà: ora, una siffatta restrizione necessiterebbe di una base legale in senso formale, una norma di esecuzione non essendo sufficiente. Le ricorrenti considerano poi l'art. 2 del regolamento impreciso, non giustificato da un preponderante interesse pubblico, e lesivo dell'art. 9 Cost.; richiamano infine un caso portato davanti al Tribunale federale e concernente la Orange Communications SA avverso un giudizio del Tribunale amministrativo del Cantone Zurigo, del 2 novembre 2000, legato alla nozione di spazio ristretto (procedura 1A.10/2001, nel frattempo conclusa con sentenza dell'8 aprile 2002). 
4.4 Recentemente il Tribunale federale ha rilevato che il n. 62 cpv. 1 allegato 1 ORNI si riferisce a tutte le antenne di trasmissione montate sullo stesso traliccio o situate in uno spazio ristretto, indipendentemente dal fatto che siano gestite da uno o più concessionari e appartengano o no alla stessa rete di telefonia mobile (sentenze del 21 settembre 2001 in re B., consid. 4a, causa 1A.316/2000, e dell'8 aprile 2002, consid. 3.3, citata). 
4.5 Anche il quesito dello spazio ristretto è stato già esaminato dal Tribunale federale. Nella sentenza dell'8 aprile 2002 esso ha considerato la presenza di più antenne sul tetto dello stesso edificio, giusta l'esempio indicato al n. 62 cpv. 1 allegato 1 ORNI, come un indizio per ammettere la sussistenza di uno spazio ristretto, valutato secondo un criterio fondato sulla distanza. Questo modello imperniato sulla distanza, seguito dalla prassi di alcuni cantoni, corrisponde al tenore della norma, anche se dà luogo a qualche discussione, visto che la dimensione dei tetti può essere assai diversa. Ma pure il cosiddetto modello delle isolinee - imperniato sulla sovrapposizione spaziale delle radiazioni e variabile quindi secondo le potenze di trasmissione e le direzioni d'emissione delle antenne - formulato dall'UFAFP nella causa decisa l'8 aprile 2002, ribadito in quella presente e pure richiamato implicitamente dalle ricorrenti - non risolve compiutamente i problemi perché non garantisce che i valori limite dell'impianto siano sempre rispettati quando i perimetri non si sovrappongono (consid. 3.4.3 della citata sentenza). Secondo la definizione dell'art. 7 cpv. 2 LPAmb le radiazioni sono definite, all'uscita di un impianto, emissioni e, nel luogo di impatto, immissioni. Il valore limite dell'impianto è certo concepito quale limitazione preventiva delle emissioni: esso non dev'essere tuttavia rispettato alla fonte, ma nei luoghi a utilizzazione sensibile, cioè là dove si esplica l'effetto della radiazione. Di regola, le immissioni vengono valutate globalmente, tenendo conto di tutti gli effetti (cfr. art. 8 LPAmb) o per lo meno di tutti gli effetti simili in un luogo preciso, mentre secondo l'art. 3 cpv. 6 ORNI il valore limite dell'impianto si applica soltanto alle radiazioni prodotte da un singolo impianto e, in tale misura, vale come limitazione delle emissioni di una singola fonte (consid. 3.4.4.1 della citata sentenza). Il rimprovero, secondo cui il metodo delle isolinee farebbe divenire il valore limite dell'impianto un secondo valore limite d'immissione è pertanto ingiustificato. In effetti, anche tale metodo non conduce a tener conto di tutte le fonti di radiazione, visto che addiziona soltanto le radiazioni delle antenne i cui perimetri si sovrappongono, altri impianti di trasmissione di telefonia mobile non essendo considerati; sono altresì ignorate tutte le altri fonti di radiazioni non ionizzanti (consid. 3.4.4.2 della citata sentenza). Questa disparità di trattamento non può essere evitata neppure mediante la fissazione di una distanza, prevista dal regolamento litigioso, e ancorata nell'ORNI stessa (art. 3 cpv. 6 e cifra 62 cpv. 1 allegato 1). La soluzione ivi adottata comporta inevitabilmente che in determinati casi le radiazioni vengano addizionate ("in uno spazio ristretto" delle antenne) ma non in altri, sebbene la situazione delle immissioni nei luoghi a utilizzazione sensibile possa essere la stessa in ambedue le costellazioni (consid. 3.4.5 della sentenza). 
4.6 In sostanza, il Tribunale federale ha rilevato che il metodo delle isolinee è senz'altro opportuno per la definizione della nozione d'impianto e presenta alcuni vantaggi rispetto a una soluzione fondata semplicemente sulla distanza, come quella oggetto del regolamento. La soluzione delle isolinee non è però stata prescritta dal Consiglio federale nel n. 62 cpv. 1 allegato 1 ORNI, il cui tenore, riguardo alle radiazioni delle antenne, non tiene conto della loro intensità né della loro direzione. Anche dalla genesi, dal senso, dallo scopo e dalla sistematica dell'ORNI non si può dedurre che il Consiglio federale intendesse definire lo spazio ristretto in maniera variabile, a dipendenza dell'intensità e della direzione delle radiazioni delle antenne. Il modello fondato sulla distanza ha del resto il vantaggio di poter essere applicato facilmente nella procedura di rilascio della licenza edilizia, mentre l'altro modello, che non conduce sempre a soluzioni convincenti, implica, in parte, complicati calcoli. Il Tribunale federale ha quindi ritenuto che il n. 62 cpv. 1 allegato 1 ORNI si richiama a una regola basata sulla distanza, anche se dall'ordinanza non si desume da quale momento si è di fronte a uno spazio ristretto (consid. 3.4.6 - 3.5 della citata sentenza). Il Tribunale federale ha concluso come, nell'interesse della sicurezza del diritto, sia preferibile stabilire una distanza fissa, la cui determinazione compete tuttavia al Consiglio federale, e non al Tribunale federale, che doveva nondimeno decidere la causa sottoposta al suo esame. Procedendovi, esso ha stabilito che occorreva far riferimento al caso normale, vale a dire alla grandezza media di un tetto, non tuttavia uniforme nei comparti urbani, e che nella prassi le distanze applicate o proposte variano da 30 a 100 metri. Il Tribunale federale ha poi rilevato che uno spazio ristretto dev'essere ammesso anche tra due antenne distanti 40 metri tra loro e situate su due differenti tetti, separati da una strada; ha precisato che i 40 metri devono essere intesi come distanza minima, aggiungendo ch'esso non doveva pronunciarsi sulla questione di sapere fino a quale distanza massima può essere ammesso uno spazio ristretto ai sensi della menzionata norma (sentenza citata, consid. 3.5.2. - 3.5.4). 
5. 
Nella fattispecie le ricorrenti contestano la distanza di "ca. 100 metri" stabilita dall'art. 2 del regolamento cantonale. 
 
Nella risposta al ricorso, l'UFAFP ricorda che quando l'ORNI, come in concreto, lascia un margine d'interpretazione, l'autorità esecutiva può, o deve, decidere tenendo conto delle condizioni locali: il criterio determinante sarebbe esclusivamente quello della sovrapposizione spaziale dell'irradiazione, ritenuto comunque che esistono situazioni in cui antenne distanti oltre 100 metri possono essere considerate un impianto. L'UFAFP, richiamato il margine di apprezzamento (desumibile dai termini "in generale", "ca.") lasciato all'autorità esecutiva dall'art. 2 del regolamento a dipendenza della potenza dell'impianto, conclude che, nel suo insieme, la norma è conforme al diritto federale. 
5.1 Come si è visto, il Tribunale federale non ha ritenuto il cosiddetto modello delle isolinee: il n. 62 cpv. 1 allegato 1 ORNI si fonda su una regola basata sulla distanza, anche se da essa non si desume esattamente quale questa deve essere, perché un impianto sia considerato unico. Lasciare tale decisione e, in particolare, il quesito di sapere se si sia in presenza di manovre di elusione, alle autorità di esecuzione, che possono tener conto delle situazioni locali e delle particolarità di ogni singolo caso, potrebbe comportare tuttavia grandi differenze nell'applicazione dell'ORNI, rendendone poco prevedibili i risultati, ciò che ostacolerebbe la pianificazione delle reti di telefonia mobile: nell'interesse della sicurezza del diritto sarebbe quindi preferibile stabilire una distanza fissa. In effetti, come si è visto, l'Ufficio federale delle comunicazioni, che proponeva di lasciar concretare il concetto di spazio ristretto dall'autorità incaricata di applicare l'ordinanza, rilevava che nella prassi le distanze applicate o proposte variano da 30 a 100 metri (sentenza dell'8 aprile 2002, consid. 3.2.3). Quest'ultima distanza è applicata per esempio dalla sezione edilizia della città di Zurigo ed è stata ritenuta anche nella "Convention entre les opérateurs de téléphonie mobile et le Département de la sécurité et de l'environnement et le Département des infrastructures du Canton de Vaud" (FAO Vaud 1999 pag. 2704 seg.); il Tribunale amministrativo del Cantone dei Grigioni ha addirittura stabilito che tre antenne, previste sullo stesso traliccio di un progettato impianto, e altre tre antenne montate su un traliccio situato sul tetto di un altro edificio distante circa 120 metri, si trovavano manifestamente in uno spazio ristretto (decisione del 24 ottobre 2000, consid. 5c, pubblicata in PTA 2000 n. 55, cresciuta in giudicato, visto che i ricorsi interposti contro di essa sono stati ritirati, cause 1A.8/2001 e 1P.18/2001). 
5.2 La scelta del Consiglio di Stato del Cantone Ticino di fissare una distanza di circa 100 metri non è pertanto, di massima, inidonea a raggiungere lo scopo del n. 62 cpv. 1 allegato 1 ORNI. Questa regolamentazione generale e astratta da parte di un singolo Cantone non tiene tuttavia sufficientemente conto del fatto che, come deciso nella sentenza dell'8 aprile 2002 (consid. 3.5.3), spetta in primo luogo al Consiglio federale precisare la nozione di spazio ristretto e la scelta del metodo per stabilirlo. Anche per evitare le esistenti disparità cantonali e nell'interesse della sicurezza del diritto, visto che tale concetto è stato concretato nella prassi, mediante convenzione, regolamento e giurisprudenza, occorre che la fissazione di questa distanza, o eventualmente di altri metodi di calcolo, venga attuata dal Consiglio federale, visto ch'essi necessitano di un'unificazione a livello federale (sentenza dell'8 aprile 2002, consid. 3.4.6). In tal modo, nell'ambito di cui si tratta, la protezione dalle radiazioni non ionizzanti può essere garantita in modo uniforme e prevedibile in tutta la Svizzera. La criticata regolamentazione ticinese - fondata su una norma generale e astratta - viola quindi la forza derogatoria del diritto federale e l'art. 2 del regolamento dev'essere pertanto annullato integralmente, vista la stretta connessione tra i due periodi di questa norma. Come si è visto, non spetta inoltre al Tribunale federale stabilire - esaminando una norma generale e astratta, e non una decisione concreta come quella oggetto della sentenza dell'8 aprile 2002 - fino a che distanza può essere ammesso uno spazio ristretto. 
6. 
Le ricorrenti criticano in seguito l'obbligo imposto agli operatori di coordinare la scelta dei siti ove installare gli impianti al fine di permettere una loro razionale distribuzione sul territorio e, se fattibile, il loro uso comune; quest'ultimo onere ammette deroghe solo quando l'impossibilità sia sufficientemente motivata (art. 5 cpv. 1, 3 e 4 RORNI). La coordinazione attuata volontariamente sulla base di una convenzione tra il Dipartimento del territorio e gli operatori (art. 5 cpv. 5 RORNI) non è invece contestata. 
6.1 Secondo le ricorrenti l'obbligo di coutenza violerebbe il principio della forza derogatoria del diritto federale, in contrasto con l'art. 36 cpv. 2 della legge federale sulle telecomunicazioni, del 30 aprile 1997 (RS 784.10; LTC): questa norma, relativa al diritto di espropriazione e di coutenza, prevede che i concessionari di servizi di telecomunicazione possono essere obbligati dall'Ufficio federale delle comunicazioni (UFCOM) a concedere in coutenza i rispettivi impianti di telecomunicazione dietro adeguata retribuzione, a condizione che questi dispongano di capacità sufficienti. Le ricorrenti sostengono che il diritto federale non prevederebbe pertanto un obbligo generalizzato di coutenza, che sarebbe imposto solo ove lo disponesse l'UFCOM mediante una decisione concreta. Non prevedendo alcun indennizzo per la coutenza, la norma litigiosa lederebbe inoltre, secondo le ricorrenti, la garanzia della proprietà, il regolamento non costituendo una base legale sufficiente (art. 5 cpv. 1 e 36 cpv. 1 Cost.); esse aggiungono che tale onere, equivalente a un obbligo di ubicazione vincolata per la mancata libera scelta dei siti, disattenderebbe anche la LPT, segnatamente l'art. 22 e sostengono che l'obbligo di motivare la necessità di un'ubicazione vincolata potrebbe essere richiesto, sulla base dell'art. 24 LPT, solo riguardo a un impianto previsto fuori della zona edificabile, ma non al suo interno, spettando in tale evenienza all'autorità indicare per quali motivi non potrebbe essere rilasciata una licenza edilizia. L'obbligo di coordinazione e di coutenza corrisponderebbe inoltre, sempre secondo le ricorrenti, all'introduzione di un piano di utilizzazione cantonale ai sensi degli art. 44 e segg. della legge ticinese di applicazione della LPT, del 23 maggio 1990 (LALPT) senza che ne vengano però rispettate le disposizioni procedurali per adottarlo. La delega contenuta nell'ORNI non permetterebbe infatti all'Esecutivo cantonale di intervenire a tutela di siffatti interessi pianificatori, senza scardinare la disciplina prevista dalla LALPT. Nelle zone ad alta densità di abitazioni l'obbligo di coutenza comporterebbe poi un indesiderato accumulo dei valori limite d'immissione e dei valori limite dell'impianto. La contestata coordinazione non potrebbe quindi fare astrazione tra comparto urbano e non urbano, mentre la norma, non idonea né necessaria a limitare le immissioni, disattenderebbe altresì il principio della proporzionalità e sarebbe inoltre superflua, visto che, su base volontaria, i siti sono già stati coordinati. 
 
Nella osservazioni al ricorso l'UFAFP rileva che l'ORNI comprende soltanto esigenze relative a impianti di emissioni, sicché la facoltà di emanare prescrizioni relative alla pianificazione generale e al coordinamento della rete di telefonia mobile non scaturisce dal diritto sulla protezione dell'ambiente ma da quello concernente la pianificazione del territorio: per tale motivo l'Ufficio non si esprime al riguardo. 
6.2 Nella risposta al ricorso il Consiglio di Stato rileva che i criticati obblighi si riflettono anche nell'interesse degli operatori, con i quali è stato raggiunto un accordo per il coordinamento delle ubicazioni al di fuori delle zone edificabili. Secondo il Governo sono poi stati sottoscritti ulteriori accordi concernenti, per determinate aree del Cantone, anche le zone residenziali site nei cosiddetti comparti non urbani, mentre altre pianificazioni sono in consultazione o in preparazione: sul piano pratico, il coordinamento avrebbe avuto successo e sarebbe in avanzata fase di completazione. Il Governo precisa che nei comparti urbani (in pratica i centri di Lugano, Locarno, Bellinzona, Mendrisio e Chiasso) non si esegue alcun coordinamento, non ritenuto attuabile dal profilo pratico, la delimitazione dei comparti urbani e la rinuncia al coordinamento nel loro interno avvenendo in applicazione dell'art. 5 cpv. 2 del regolamento. Il Governo rileva poi che l'UFCOM e la stessa Conferenza svizzera dei direttori delle pubbliche costruzioni, della pianificazione del territorio e della protezione dell'ambiente raccomanderebbero il coordinamento e la coutenza (raccomandazioni per il coordinamento delle procedure di pianificazione e di concessione delle autorizzazioni a costruire per le stazioni base della telefonia mobile e di raccordo senza filo, del gennaio 2001). Secondo il Governo il coordinamento e la coutenza possono essere imposti per i siti fuori delle zone edificabili, mentre sono ora applicati consensualmente all'interno della zona edificabile, ove è semplicemente richiesto, per quanto possibile, di evitare gli impianti nelle zone a carattere prevalentemente residenziale: il Governo precisa che questo principio, previsto dall'art. 5 cpv. 2 del regolamento, è concretato nel senso che nelle zone residenziali non urbane il coordinamento avviene su base consensuale, mentre non v'è nessun coordinamento nelle zone urbane. 
6.3 Le concessioni (art. 4 LTC) comportano l'obbligo degli operatori di sforzarsi per consentire, a determinate condizioni, l'utilizzazione in comune, con altri operatori concessionari, dei siti per gli impianti di trasmissione (Urs Walker, Baubewilligung für Mobilfunkantennen; bundesrechtliche Grundlagen und ausgewählte Fragen, in: Baurecht 2000, pag. 3). Le concessioni per la telefonia mobile fondano l'interesse pubblico alla realizzazione dell'infrastruttura necessaria ma non conferiscono il diritto all'autorizzazione di una determinata antenna. La legislazione sulla pianificazione del territorio prescrive l'obbligo di licenza anche per queste infrastrutture e fornisce la procedura necessaria per ottenerla, anche in applicazione del diritto sulla protezione dell'ambiente. Le esigenze si differenziano quando le antenne vengano realizzate al di fuori della zona edificabile: è allora necessaria, secondo la natura dell'impianto, o un'autorizzazione eccezionale ai sensi dell'art. 24 LPT o l'adozione di un piano di utilizzazione allorché esso, per dimensioni e incidenza sulla pianificazione locale, possa venir disciplinato correttamente solo attraverso una procedura pianificatoria (DTF 124 II 252 consid. 3). 
Il Tribunale federale, pronunciandosi in applicazione degli art. 2 e 24 LPT sull'obbligo di pianificazione e di coordinamento nell'ambito dell'autorizzazione di impianti di trasmissione per la telefonia mobile, ha negato l'obbligo di elaborare un piano di utilizzazione per un singolo impianto. Ha rilevato che l'allestimento di una rete di telecomunicazione esige la coordinazione di molteplici interessi, di diverse materie e di differenti campi del diritto e concerne le competenze di varie autorità, sicché la Confederazione e i Cantoni sono tenuti, di massima, a fornire le basi per pianificare e coordinare questi compiti. Il Tribunale federale ha rilevato nondimeno che nella legge sulle telecomunicazioni il legislatore si è pronunciato contro un monopolio pubblico e per una concorrenza efficace nella fornitura di servizi di telecomunicazione, per cui spetta in linea di principio agli operatori privati, e non all'ente pubblico, pianificare la rete per la telefonia mobile e scegliere le ubicazioni adatte per le antenne. La Confederazione e i Cantoni devono però garantire la necessaria coordinazione e l'ottimizzazione delle reti e provvedere affinché i citati, variegati interessi siano debitamente considerati. Il rapporto del Consiglio federale sulle misure della Confederazione concernenti la politica d'ordinamento del territorio, programma di attuazione 2000-2003 (FF 2000 V 4602 segg., in particolare pag. 4616 cifra 2.10), prevedeva che entro la fine del 2001 fossero elaborati, con la partecipazione dell'UFCOM, dell'Ufficio federale dello sviluppo territoriale (USTE), dell'UFAFP e dei Cantoni, i "Fondamenti per l'installazione di antenne della telefonia mobile". Come si è visto, nel gennaio 2001 un gruppo di lavoro, comprendente rappresentanti della Confederazione, dei Cantoni, delle città, dei Comuni e degli operatori, su incarico del Dipartimento federale dell'ambiente, dei trasporti, dell'energia e delle comunicazioni (DATEC) e della Conferenza svizzera dei direttori dei lavori pubblici, della pianificazione del territorio e della protezione dell'ambiente, ha pubblicato le Raccomandazioni per il coordinamento delle procedure di pianificazione e di concessione delle autorizzazioni a costruire per le stazioni di base della telefonia mobile e di raccordo senza filo (antenne). Esse contemplano, oltre alla chiarificazione della coutenza dei siti, raccomandazioni generali per i concessionari e le autorità interessate riguardo alla pianificazione e alla costruzione delle antenne. Vi è posto l'accento sulle differenze tra progetti al di fuori e progetti all'interno della zona edificabile e si rileva che le questioni concernenti l'applicazione dell'ORNI nelle zone edificabili sarebbero trattate ulteriormente dall'UFAFP. Vi si propone pure ai concessionari di coordinare, in quanto possibile, le loro antenne e di fornire a tale scopo all'autorità cantonale competente i dati relativi alle antenne costruite o progettate nel cantone e a una distanza di due km all'interno del territorio dei cantoni limitrofi, tali informazioni dovendo essere aggiornate almeno ogni due mesi. Nell'allegato 1 alle raccomandazioni, concernente una nota del 30 ottobre 1998 dell'UFAFP, quest'Ufficio, esprimendosi sull'obbligo di coordinamento dei cantoni, si è pronunciato sull'applicazione dell'art. 36 LTC, fornendo loro ragguagli sul modo di procedere. Applicando l'art. 24 LPT, il Tribunale federale tiene conto delle citate raccomandazioni (DTF 128 I 59, consid. 6b inedito, causa 1A.62/2001); dal luglio 2001, infine, tutti i siti delle antenne sono pubblicati dall'UFCOM su una carta sinottica in Internet. 
6.4 Il Tribunale federale ha stabilito che antenne per la telefonia mobile possono essere conformi alla zona artigianale (sentenza del 21 settembre 2001 in re B., consid. 5a, causa 1A.316/2000), mentre non sono conformi alla zona agricola, dove necessitano pertanto di un'autorizzazione eccezionale secondo l'art. 24 LPT. Ciò implica di limitarle a quanto effettivamente necessario e di ottimizzare i siti, come ritenuto dall'Ufficio federale dello sviluppo territoriale ("Merksätzen zur Problematik von Mobilfunkanlagen und Raumplanung", del giugno 1998/luglio 2000 che, riguardo all'art. 24 LPT, corrispondono sostanzialmente alle direttive appena citate; sentenza surriferita del 24 ottobre 2001 consid. 6c). 
Come si è visto, le condizioni applicabili alle costruzioni di antenne al di fuori della zona edificabile sono rette dal diritto federale, mentre la loro conformità alla zona di utilizzazione all'interno della zona edificabile è disciplinata dal diritto cantonale (cfr. al riguardo anche Walker, loc. cit., pag. 5 seg., e pag. 9). Nella fattispecie, comunque, le ricorrenti, incentrando le critiche al regolamento sulla mancata distinzione operatavi tra la zona edificabile e quella non edificabile, non contestano, di massima, la coordinazione, e pertanto la connessa, eventuale, coutenza, al di fuori della zona edificabile. Del resto, in tale ambito, il regolamento non istituisce, per lo meno espressamente, né lo potrebbe, una disciplina differente da quanto previsto dal diritto federale. 
6.5 Riguardo alla censura principale rivolta all'art. 5 del regolamento, il Tribunale federale ha già avuto occasione di rilevare che la questione di sapere se, sulla base del diritto vigente, la concessione della licenza edilizia per antenne all'interno della zona edificabile possa o debba essere condizionata a una coordinazione con altri siti di antenne del medesimo operatore o di altri, è dubbia. Di massima sussiste infatti il diritto al rilascio del permesso di costruzione, quando l'impianto sia conforme allo scopo della zona di utilizzazione e le condizioni poste dal diritto cantonale e dal diritto federale, segnatamente dalla legislazione edilizia e dall'ORNI, siano rispettate; un esame dell'ubicazione vincolata e una valutazione globale degli interessi in gioco, come impone l'art. 24 LPT, non hanno infatti luogo. Il Tribunale federale ha inoltre aggiunto che la concentrazione di antenne in pochi siti comporta un aumento del carico di radiazioni nei loro dintorni, che nei comparti densamente popolati è inopportuna e potrebbe implicare in molti casi un superamento dei valori limite dell'impianto. Il Tribunale federale ha rilevato che per questi motivi le citate raccomandazioni del gennaio 2001 concludono che, in linea generale, all'interno della zona edificabile non è opportuno raggruppare, concentrandoli, gli impianti di trasmissione su pochi siti (sentenza del 21 settembre 2001, consid. 5b/aa, citata; in tal senso anche Walker, loc. cit., pag. 9). 
6.6 Il Consiglio di Stato, nella risposta al ricorso, ha rilevato (pag. 26) che il coordinamento è sempre stato effettuato, e viene effettuato anche dopo l'entrata in vigore del regolamento, "solo per le zone non edificabili e per quelle residenziali non urbane"; ha aggiunto che "fuori zona edificabile vi è la possibilità di imporre coordinamento e coutenza; di fatto, questi principi sono applicati consensualmente"; ha infine precisato che "nelle zone edificabili è semplicemente richiesto - per quanto possibile - di evitare gli impianti nelle zone a carattere prevalentemente residenziale e nelle vicinanze di locali dove soggiornano persone particolarmente sensibili". Ne consegue che, per stessa ammissione del Consiglio di Stato, il principio espresso dall'art. 5 cpv. 2 RORNI è da intendere nel modo seguente: "nelle zone residenziali non urbane coordinamento su base consensuale" e "nelle zone urbane nessun coordinamento" (pag. 15). 
Nella replica le ricorrenti rilevano che il menzionato concetto sarebbe invero accettabile, ma aggiungono ch'esso non è comunque quello fissato dal Consiglio di Stato all'art. 5 cpv. 1, 3 e 4 RORNI. 
6.7 Il Giudice costituzionale deve esaminare le circostanze concrete in cui saranno applicate le norme, tenendo conto anche delle dichiarazioni delle Autorità cantonali sulla loro applicazione futura (vedi consid. 3.1). Non vi sono motivi per ritenere che l'Esecutivo cantonale, dopo quanto da lui espresso e dopo quanto è stato qui sopra testualmente riferito, seguendo attentamente l'evoluzione della materia in esame, non si attenga alle direttive e alle menzionate proposte formulate dalle competenti autorità federali, di cui richiama in particolare le citate raccomandazioni del gennaio 2001, sia riguardo alla coordinazione dei siti che alla connessa tematica della coutenza, oggetto anch'essa di studi e di proposte a livello federale. In tali circostanze, l'art. 5 del regolamento può essere interpretato e applicato in modo conforme al diritto federale e costituzionale (cfr. DTF 125 II 440 consid. 3a-d). Nelle richiamate raccomandazioni si rileva ch'esse devono servire, in una certa misura, a uniformare l'esecuzione delle procedure di rilascio dei permessi di costruzione, ed eventualmente ad accelerarli: si precisa che i cantoni e i comuni sono invitati ad adattare le loro procedure a queste raccomandazioni (n. 1.3 pag. 3). 
Nella risposta al ricorso, il Consiglio di Stato sottolinea inoltre che l'art. 5 cpv. 2 del regolamento, secondo cui gli impianti sono, per quanto possibile, da evitare nelle zone a carattere prevalentemente residenziale, concerne "una norma di principio e non coercitiva", finalizzata a dare semplicemente un'indicazione d'indirizzo, non a fondare obblighi specifici (pag. 26 e 30); rileva poi che la norma non ha mai comportato alcun diniego di un permesso di costruzione per impianti di telefonia mobile (pag. 29), sicché essa può pertanto essere interpretata in modo conforme all'art. 3 cpv. 3 ORNI
 
Il ricorso è del resto imperniato sull'assunto che le contestate disposizioni si presterebbero a interpretazioni strumentali da parte dei Municipi, chiamati ad applicarle. Secondo le ricorrenti, l'atteggiamento di paura e il diffuso sentimento di rifiuto espresso dalla popolazione riguardo alle radiazioni non ionizzanti si rifletterebbero facilmente in posizioni intransigenti e ostruzionistiche verso ogni progetto d'impianto e spingerebbero le Autorità comunali a negare pretestuosamente il rilascio delle licenze edilizie per gli impianti, impedendo di realizzarli. Ora, esse non contestano tanto il contenuto delle norme quanto la loro potenziale interpretazione: sollevano, al riguardo, solo supposizioni e non dimostrano che le Autorità chiamate a eseguire il regolamento lo applicheranno in maniera incostituzionale, la via del ricorso essendo comunque pure sempre aperta contro le decisioni concrete (DTF 120 Ia 299 consid. 2b e rinvii). 
 
Per tutte le considerazioni esposte l'art. 5 del regolamento, secondo l'interpretazione data dal Consiglio di Stato, non viola il diritto federale. 
7. 
Le ricorrenti chiedono poi di annullare l'art. 6 del regolamento, relativo all'assoggettamento a un'autorizzazione, secondo la procedura ordinaria della domanda di costruzione, degli impianti e delle modifiche che comportano un aumento dei valori d'immissione. Fanno valere che l'obbligo di sottoporre ogni intervento o modifica di un impianto ai sensi dell'ORNI alla procedura edilizia ordinaria, e di annunciarlo su tutti i quotidiani locali, violerebbe la disciplina istituita dalla legge edilizia cantonale, del 13 marzo 1991 (LE); quest'obbligo contrasterebbe altresì con la garanzia costituzionale dell'uguaglianza giuridica (al riguardo v. DTF 127 I 185 consid. 5, 123 I 112 consid. 10b pag. 141), visto che per impianti (invero non meglio precisati) del tutto simili o assimilabili a quelli su cui sono installate le infrastrutture tecniche di radio-telefonia mobile tale obbligo non sarebbe previsto. Le ricorrenti sostengono inoltre che l'estensione della potenza di emissione non sarebbe necessariamente rilevante dal profilo edilizio e pianificatorio, ma soggiacerebbe soltanto all'obbligo di notifica imposto dall'art. 11 ORNI per la costruzione, il trasferimento in un altro sito, la sostituzione o la modifica di un impianto. Secondo le ricorrenti il diritto federale imporrebbe la sussistenza di due distinte procedure di autorizzazione parallele, che potrebbero competere a due autorità diverse: una concernente soltanto l'ORNI, di competenza dell'autorità cantonale, l'altra di licenza edilizia spettante ai Municipi. Esse adducono poi che gli interventi relativi alla realizzazione e alla modificazione di impianti soggetti all'ORNI potrebbero essere suddivisi in tre gruppi, e cioè la modifica dell'assetto elettronico-informatico ("software"), l'aggiunta di uno o più corpi tecnici ("armadi") e, infine, la nuova costruzione o modifica integrale di un impianto, sicché il fatto di sottoporre indiscriminatamente qualsiasi tipo di intervento alla procedura edilizia ordinaria contrasterebbe con le disposizioni legali vigenti. 
 
Nella risposta al ricorso il Consiglio di Stato rileva che, secondo l'art. 11 ORNI, la notifica avviene nell'ambito della procedura di rilascio dell'autorizzazione, non stabilita dal Consiglio federale bensì dai Cantoni, e che nel Cantone Ticino spetterebbe quindi al Consiglio di Stato (art. 2 DLLPAmb) stabilire autonomamente detta procedura. Il Governo aggiunge d'avere proceduto in tal senso in base alla legge edilizia cantonale, con un'unica modifica relativa alla pubblicazione, e precisa che i citati interventi sono soggetti, di massima, alla procedura di domanda di costruzione sicché è opportuno, tenuto conto anche del principio del coordinamento stabilito dall'art. 25a LPT, esperire un'unica procedura, come già avviene nella prassi. Osserva infine che l'applicazione della legge edilizia è proposta pure nelle citate raccomandazioni del gennaio 2001. L'art. 22 LPT permetterebbe d'altra parte al diritto cantonale di prevedere una procedura semplificata, senza annuncio pubblico della domanda, soltanto nei casi di piccoli interventi edilizi, per i quali siano escluse ripercussioni sul vicinato, ciò che non si verificherebbe per gli interventi indicati nell'art. 6 del regolamento, la procedura di notifica essendo limitata ai casi ove è scontata l'applicazione del solo diritto di competenza cantonale; l'applicazione dell'ORNI, affidata al Dipartimento, escluderebbe la procedura di notifica. 
7.1 Le ricorrenti censurano, con una motivazione conforme all'art. 90 cpv. 1 lett. b OG, solo i capoversi 1 e 2 dell'art. 6 del regolamento; dei capoversi 3 e 4 della contestata norma non viene addotta alcuna incostituzionalità, per cui il loro contenuto non dev'essere esaminato oltre. 
 
L'assunto ricorsuale secondo cui il diritto federale, nel campo d'applicazione dell'ORNI, imporrebbe la sussistenza di due distinte autorizzazioni non regge. Come si è visto, il diritto federale esige una determinata procedura soltanto per l'autorizzazione di costruzioni al di fuori della zona edificabile; il rilascio di autorizzazioni all'interno della zona edificabile e la loro conformità alla zona di utilizzazione discende dal diritto cantonale, riservate eventuali procedure di competenza dell'autorità federale, come disposto dall'art. 6 cpv. 4 del regolamento. Nel rapporto esplicativo del 23 dicembre 1999, l'UFAFP rileva che nel settore dell'ORNI non sono state create nuove procedure per il rilascio dell'autorizzazione: l'esecuzione è attribuita alle autorità già competenti in materia di autorizzazioni, approvazione dei piani o rilascio di una concessione per gli impianti, dove si tratta in prevalenza di autorità federali. Per gli altri casi, segnatamente per le antenne di telefonia mobile, il rapporto precisa che l'esecuzione è di competenza dell'autorità cantonale (pag. 15; cfr. anche Walker, loc. cit., pag. 8). Anche nelle citate raccomandazioni del gennaio 2001, ove si precisa che l'applicazione dell'ORNI all'interno della zona edificabile sarà ulteriormente trattata dall'UFAFP, si rileva che, riguardo alle procedure di rilascio dei permessi edilizi, sussistono differenze cantonali e comunali (pag. 4), precisando, nel promemoria annessovi, che il rilascio delle licenze edilizie è una questione che spetta, di massima, ai cantoni e ai comuni. 
 
L'art. 6 cpv. 1 del regolamento, concretato anche all'art. 4 lett. g del regolamento di applicazione della LE, non impone, contrariamente all'assunto ricorsuale, un'autorizzazione generalizzata per tutti gli interventi edilizi, ma soltanto per le costruzioni e le modificazioni che comportano "un aumento dei valori d'immissione". Per questi interventi l'art. 6 cpv. 2 primo periodo del regolamento dispone che è applicabile la procedura ordinaria della domanda di costruzione (art. 4 e segg. LE). Ne segue, e contrario, che per gli altri interventi edilizi non è, di massima, qualora ne siano adempiute le condizioni, esclusa la possibilità di far capo alla procedura di notifica, applicabile ai lavori di secondaria importanza, ove la decisione sulla domanda compete esclusivamente al Municipio (art. 11 e segg. LE). Ora, premesso che l'obbligo di sottoporre alla procedura ordinaria la costruzione di nuovi impianti non può essere seriamente definito come incostituzionale, esso non lo appare neppure per le modifiche che comportano un aumento dei valori d'immissione. Ciò è del resto manifesto per i progetti previsti al di fuori della zona edificabile, la cui autorizzazione non compete esclusivamente al Municipio, e quando per essi entrino in considerazione competenze cantonali (cfr. Adelio Scolari, Commentario, Cadenazzo 1996, n. 839 e 842 all'art. 11 LE, pag. 408 segg.). Vista la complessità della materia appare dubbio che anche negli altri casi spetti soltanto al Municipio applicare l'insieme delle norme giuridiche entranti in linea di conto: in effetti, secondo i non criticati art. 3 e 4 del regolamento, al Dipartimento del territorio compete la vigilanza sulla corretta applicazione della LPAmb e dell'ORNI e di coordinare i rapporti con l'autorità federale (art. 3 cpv. 2), mentre la Sezione protezione aria e acqua lo coadiuva, ed esegue i compiti d'attuazione prendendo le decisioni non attribuite ad altre autorità: essa è in particolare competente per determinare o far determinare le immissioni di radiazioni non ionizzanti provocate da impianti, allestire ed aggiornare il catasto degli impianti e definire il contenuto delle relative schede, esaminare la conformità con le norme della LPAmb e dell'ORNI degli impianti vecchi e nuovi ed esaminare le proposte di risanamento ed eventuali domande di deroga (art. 4). 
Visto che spetta alla citata Sezione determinare o far determinare le immissioni, la criticata soluzione di escludere, di massima, la procedura di notifica nell'ambito di modifiche che comportano un aumento dei valori d'immissione, e che devono pertanto essere esaminate globalmente, non appare incostituzionale (cfr. sentenza del 2 agosto 1995 in re R., consid. 2d, apparsa in RDAT I-1996 n. 62). Inoltre, la complessità della materia, dimostrata già dal fatto che, come si è visto, sia la nozione di "impianto" sia quella di "spazio ristretto" ai sensi del n. 62 cpv. 1 allegato 1 ORNI, sono oggetto di diverse e complesse interpretazioni, come pure la continua, rapida evoluzione che si registra in questo campo, fanno propendere per la scelta operata dal Governo. Nell'interesse della sicurezza del diritto e della prevedibilità, tenuto conto altresì del rischio di eludere la norma appena citata, la scelta di sottoporre determinati interventi alla procedura edilizia ordinaria non appare priva di senso, né incostituzionale. Inoltre, scopo della procedura edilizia ordinaria è anche quello di garantire che la realizzazione di interventi edilizi, che implicano importanti conseguenze sul territorio, sia previamente sottoposta al controllo della collettività o dei vicini. Di massima, una procedura semplificata, come quella della notifica, è ammissibile, dal profilo dell'art. 22 LPT, solo quando si tratti di interventi minimi, che non implichino ripercussioni sui vicinato: ciò non si verifica, di regola, per impianti che, producendo determinate immissioni, sono suscettibili di aumentarle, con conseguenze per il vicinato (cfr. DTF 120 Ib 379 consid. 3c e 3e). 
7.2 Le ricorrenti criticano del resto la scelta della procedura ordinaria in particolare e soprattutto perché sarebbe incostituzionalmente abbinata all'obbligo imposto agli operatori di informare la popolazione interessata, attraverso annunci su tutti i quotidiani locali, della presentazione della domanda di costruzione (art. 6 cpv. 2, seconda frase, del regolamento). 
 
Nella risposta al ricorso il Consiglio di Stato rileva che la pubblicazione sui giornali era stata richiesta dalla Commissione della legislazione del Gran Consiglio, nell'ambito dell'esame di un'iniziativa, per garantire un'informazione corretta e completa, più efficace di quella ordinaria prevista dall'art. 6 LE (pubblicazione della domanda presso la cancelleria comunale nonché avviso negli albi comunali e ai proprietari confinanti). L'intento di voler informare tutta la popolazione è invero comprensibile, ma il criticato obbligo non accresce la protezione delle persone dalle radiazioni non ionizzanti ed è sproporzionato. In effetti, ricordato che spetta in primo luogo all'autorità competente vegliare sull'applicazione dell'ORNI, scopo della pubblicazione della domanda di costruzione è d'informare eventuali interessati del progettato intervento affinché possano, se del caso, opporvisi (Scolari, op. cit., n. 764 all'art. 6 LE; DTF 120 Ib 379 consid. 3). 
7.2.1 La giurisprudenza del Tribunale federale riconosce la legittimazione a opporsi a un impianto di telefonia mobile alle persone che abitano nelle sue immediate vicinanze e che, pertanto, sono toccate in maniera particolare dalle radiazioni prodottevi. Esso l'ha ammessa per tutte le persone che abitano all'interno di un raggio, al di fuori del quale in ogni caso è prodotta una radiazione inferiore al 10% del valore limite dell'impianto, indipendentemente dal fatto che la radiazione concreta sul loro fondo, tenuto conto dell'attenuazione della potenza rispetto alla direzione principale d'irradiazione, sia inferiore al 10% del valore limite dell'impianto (sentenza del 25 febbraio 2002 in re H., consid. 2.3, destinata a pubblicazione in DTF 128 II xxx, causa 1A.142/2001; DTF 126 II 399 consid. 1a inedito). In tale contesto ha riconosciuto la legittimazione a una persona la cui abitazione si trovava a circa 280 metri dalla prevista antenna e che rientrava quindi nel citato raggio (DTF 128 I 59 consid. 1b) e a un'altra il cui luogo di lavoro si trovava a una distanza di 290 metri dall'antenna (sentenza del 25 febbraio 2002, consid. 2.4, citata) e l'ha negata a una persona che abitava a una distanza di 800 metri dalla progettata antenna e che si trovava al di fuori della direzione principale d'irradiazione (sentenza del 26 ottobre 2000 in re S., consid. 1, causa 1A.194/2000, apparsa in URP 2001 155). 
 
Nella risposta al ricorso il Consiglio di Stato precisa che l'obbligo di pubblicare la domanda di costruzione su tutti i quotidiani persegue lo scopo di garantire un'informazione corretta e completa, in particolare nei confronti dei proprietari, degli affittuari e di chi usualmente soggiorna in locali potenzialmente colpiti da immissioni. Ora, questo scopo, legittimo, è raggiunto, di massima, con la pubblicazione prevista dall'art. 6 LE (e dall'art. 12 LE nella procedura di notifica) per i progetti previsti all'interno della zona edificabile. Per interventi al di fuori della zona edificabile l'art. 6 cpv. 3 LE, in applicazione del diritto federale e con riferimento al diritto di ricorso delle organizzazioni (art. 12a cpv. 1 LPN, art. 55 cpv. 4 LPAmb), prescrive anche l'avviso nel Foglio ufficiale: in queste zone la protezione delle persone dalle radiazioni non ionizzanti, visto che di regola non vi soggiornano, riveste comunque, manifestamente, un'importanza minore. Ora, l'obbligo di pubblicazione dell'art. 6 LE è legato al diritto di opporsi a un determinato progetto edilizio; secondo la giurisprudenza, come si è visto, anche nell'ambito dell'ORNI non esiste, a livello federale, l'azione popolare, la legittimazione a opporsi a un impianto di telefonia mobile essendo riconosciuta solo a chi abita nelle sue immediate vicinanze (sentenza del 26 ottobre 2000, consid. 1, citata): la pubblicazione ai sensi dell'art. 6 LE soddisfa quindi tali esigenze. Ritenuto che l'informazione della popolazione avviene, al di fuori della zona edificabile, anche mediante avviso nel Foglio ufficiale, all'interno della zona edificabile mediante le pubblicazioni previste dagli art. 6 e 12 LE, ritenuto che i siti delle antenne sono pubblicati dall'UFCOM su una carta sinottica in Internet, e che il criticato obbligo di pubblicazione non è, secondo il Consiglio di Stato, di massima ancorato e collegato al diritto di opporsi a eventuali, progettate, antenne, l'obbligo stesso appare non necessario, comunque sproporzionato, e dev'essere annullato. Esso comporterebbe un numero elevato di pubblicazioni, non solo riferite alle domande di costruzione d'impianti, ma anche alle modificazioni di questi ultimi quando comportino un aumento dei valori d'immissione, e esulerebbe in forte misura dalla ristretta cerchia delle persone eventualmente legittimate a opporsi. 
 
Certo, l'adozione del piano regolatore (e di sue varianti) non solo è pubblicata presso la cancelleria comunale ma è altresì annunciata nel Foglio ufficiale e nei quotidiani del Cantone (art. 34 cpv. 3 LALPT). Questa pubblicazione, assai meno frequente di quella connessa alle domande di costruzione, è tuttavia concepita in funzione del diritto di ricorso riconosciuto in quell'ambito, oltre che a ogni persona o ente che dimostri un interesso degno di protezione, anche a ogni cittadino attivo del Comune (art. 35 cpv. 2 LALPT): ha quindi lo scopo di accrescere, in siffatto contesto, la protezione giuridica (Scolari, op. cit., n. 337 all'art. 34 LALPT). Come si è visto, la situazione è diversa per i progetti di costruzione soggetti all'ORNI. Invero, nel rapporto del 31 maggio 2000, riguardante un'iniziativa parlamentare in materia di radiazioni non ionizzanti emesse da antenne di telefonia mobile - rapporto richiamato dal Consiglio di Stato - la Commissione della legislazione rilevava che le procedure della LE sono, nella forma attuale, lacunose e aggiungeva che, in particolare, occorrerebbe allargare agli inquilini e ai proprietari non immediatamente confinanti con gli immobili situati nel raggio di irradiazione delle antenne l'informazione sulla domanda di costruzione; la Commissione ipotizzava la posa di cartelli e la pubblicazione sulla stampa, e raccomandava al Governo di studiare la possibilità di estendere l'informazione oltre le procedure previste dalla LE, tenendo conto anche di altre casistiche assimilabili. Sennonché nel caso delle radiazioni non ionizzanti, la legittimazione a opporsi risulta di massima limitata anche in sede cantonale alle persone che dimostrano un interesse legittimo (cfr. art. 8 LE), che sono quindi suscettibili di essere toccate dai loro effetti e che pertanto abitano o soggiornano nelle immediate vicinanze dell'impianto; in tali circostanze l'allargamento della pubblicità della domanda alla popolazione dell'intero Cantone non si giustifica come obbligo. 
8. 
Le ricorrenti chiedono infine di annullare l'art. 10 del regolamento, secondo cui le spese per eventuali perizie o studi specialistici commissionati dal Cantone a periti esterni sono a carico del titolare degli impianti. Fanno valere ch'esso violerebbe la forza derogatoria del diritto federale, segnatamente riguardo alle spese in materia di procedura amministrativa non contenziosa. Questa materia sarebbe a loro dire esaustivamente disciplinata dall'art. 48 LPAmb che, peraltro, non contemplerebbe l'allestimento di perizie o studi specialistici, e, subordinatamente, dall'ordinanza federale sulle tasse e spese nella procedura amministrativa, del 10 settembre 1969 (RS 172.041.0). Secondo le ricorrenti il contestato art. 10 del regolamento, che non contiene alcuna tariffa, e in particolare nessun limite massimo delle tasse, lederebbe altresì, addossando l'integralità delle spese peritali agli operatori, i principi costituzionali dell'equivalenza, della copertura e della proporzionalità dei costi; d'altra parte, spetterebbe allo Stato, tenuto ad applicare d'ufficio l'ORNI, chiarire e accertare d'ufficio i fatti rilevanti per l'emanazione di una decisione amministrativa, assumendosene i costi. Secondo le ricorrenti, infine, solo l'assunzione di mezzi di prova chiesti dagli amministrati implicherebbe il loro obbligo di pagarne le spese; la criticata norma, limitata all'ORNI, a esclusione di altri campi del diritto sulla protezione dell'ambiente, lederebbe inoltre il principio dell'uguaglianza e, addossando i costi delle perizie senza tener conto di chi ne abbia reso necessario l'allestimento, quello di causalità dell'art. 2 LPAmb
 
Nella risposta al ricorso il Governo cantonale rileva che la norma litigiosa non concerne le tasse, cui si riferiscono gli art. 48 LPAmb e 9 del regolamento, non impugnato dalle ricorrenti, ma l'art. 46 LPAmb. Esso precisa che la criticata norma non si scosta dal principio fissato all'art. 2 LPAmb, che dev'essere sempre rispettato e rileva che la stessa, tenuto conto del principio della proporzionalità, potrebbe essere applicata in casi ove l'insufficienza dei dati forniti dagli operatori potrebbe giustificare misure di controllo. Si prende atto che, comunque, secondo il Governo cantonale, l'allestimento di studi o perizie non sarà indiscriminato ma richiesto secondo le circostanze e tenuto conto del principio della proporzionalità, e che l'accollamento dei costi e la loro adeguata ripartizione sarà inoltre oggetto di una specifica decisione dell'autorità, se del caso impugnabile, fondata sulle circostanze del caso specifico (risposta pag. 48 seg., pag. 51). 
8.1 La norma litigiosa non si riferisce in primo luogo alle tasse disciplinate dall'art. 9 del regolamento (in applicazione dell'art. 48 LPAmb) che, per le prestazioni e i controlli, fissa un minimo di fr. 300.-- e un massimo di fr. 5000.-- (cpv. 1), stabilendo inoltre il metodo di calcolo del suo ammontare, in funzione della natura delle prestazioni fornite e della complessità dell'esame, e sulla base delle tariffe SIA (cpv. 2). Le critiche delle ricorrenti concernenti il metodo di calcolare le tasse, su cui si incentrano le obiezioni mosse all'art. 10 del regolamento, non devono essere pertanto esaminate oltre. La contestata disposizione, come addotto dal Consiglio di Stato, concreta l'art. 46 LPAmb, secondo cui ognuno è obbligato a fornire alle autorità le informazioni necessarie all'esecuzione di quella legge e, se necessario, a svolgere o a tollerare indagini (cpv. 1). L'art. 10 ORNI disciplina a sua volta l'obbligo di collaborazione del titolare dell'impianto, precisando ch'egli è tenuto a fornire all'autorità, su richiesta, le informazioni necessarie all'esecuzione, segnatamente le indicazioni giusta l'art. 11 cpv. 2 ORNI, relativo alla scheda dei dati sul sito. L'art. 10 seconda frase ORNI dispone che, all'occorrenza, il titolare dell'impianto deve effettuare o tollerare misurazioni o altri accertamenti. Esso concreta l'art. 46 LPAmb, ritenuto che, per quanto concerne i costi, si applica il principio di causalità (art. 2 LPAmb; v. rapporto esplicativo dell'UFAFP del 23 dicembre 1999, pag. 12). 
L'art. 10 del regolamento non ha, come addotto dalle ricorrenti, carattere perentorio, né l'Esecutivo cantonale, come si è visto, intende applicarlo in maniera indiscriminata. Spetta infatti in primo luogo agli operatori fornire, conformemente agli art. 10 e 11 ORNI e 7 del regolamento, concernente l'obbligo di informazione e di notificazione, i dati necessari per il rilascio dell'autorizzazione. Qualora l'autorità dovesse ritenerli insufficienti spetterà in primo luogo agli operatori, conformemente anche al principio della proporzionalità, completarli ("effettuare ... misurazioni o altri accertamenti" giusta l'art. 10 seconda frase ORNI). Per l'art. 10 del regolamento solo eventualmente si potranno commissionare perizie o studi specialistici a periti esterni. L'art. 46 LPAmb impone un obbligo speciale di cooperazione delle parti all'accertamento dei fatti (art. 13 cpv. 1 lett. c PA; Ursula Brunner, Kommentar zum Umweltschutzgesetz, 2a ed., n. 3 all'art. 46; sulla nozione di informazione cfr. n. 13 e 14 all'art. 46; riguardo alle radiazioni cfr. n. 21g all'art. 46). Come ogni limitazione dei diritti fondamentali, anche l'obbligo d'informazione deve rispettare il principio della proporzionalità: le restrizioni devono essere idonee e necessarie e trovarsi in una relazione ragionevole con lo scopo e l'effetto dell'intervento, e le informazioni richieste presentare un rapporto ragionevole tra costi e utilità (Brunner, loc. cit., n. 5 e 14a all'art. 46). 
 
Certo, di massima i costi causati dall'allestimento di perizie sono sostenuti, conformemente al principio di causalità, da chi ne è la causa (art. 2 LPAmb; cfr. anche, relativamente alla richiesta di perizie nell'ambito dell'esame dell'impatto sull'ambiente, l'art. 9 cpv. 6 LPAmb, i cui costi sono, di regola assunti, da chi richiede l'autorizzazione; Brunner, loc. cit., n. 132 all'art. 9). Le informazioni fatte assumere dalle autorità non rientrano nondimeno sempre nel campo di applicazione dell'art. 46 LPAmb, potendo essere oggetto anche di tasse ai sensi dell'art. 48 LPAmb (cfr. Brunner, loc. cit., n. 29a all'art. 46, n. 13a segg. all'art. 48). Ora, il Governo nella risposta al ricorso rileva che l'accollamento delle spese dev'essere oggetto di una decisione specifica, nell'ambito della quale "si potrà effettuare la ripartizione dei costi più corretta ed adeguata alle circostanze del caso concreto, tenendo conto di tutti i principi giuridici applicabili", e aggiunge che simili domande non possono essere definite astrattamente, in anticipo, poiché è solo nell'ambito della valutazione del caso concreto che può essere stabilito chi ha causato le spese (pag. 51). 
8.2 A tale riguardo spetterà all'Autorità determinare se le perizie o gli studi specialistici commissionati dal Cantone rientrano nel quadro dell'art. 46 LPAmb, oppure, per le autorizzazioni, i controlli e le prestazioni speciali, nel quadro dell'art. 48 LPAmb, secondo il quale viene riscossa una tassa (cfr. al riguardo DTF 119 Ib 389 consid. 4b e c, 122 II 65 consid. 5c). Nel primo caso dovrà essere individuato (ad esempio nell'ambito della coutenza) chi ha causato i costi, e accertato in quale misura li ha provocati (sul concetto di "Verursacher" cfr. Hansjörg Seiler, Kommentar zum Umweltschutzgesetz, 2a ed., n. 58 segg. all'art. 2, sull'assunzione dell'integralità dei costi, n. 82 segg., sulla loro ripartizione in presenza di più autori n. 92 - 94 e sulla loro fissazione nel singolo caso, n. 102 seg.). In effetti, il principio di causalità, principio fondamentale per esaminare la legalità del diritto di esecuzione, lascia alle autorità incaricate di applicarlo un grande margine di apprezzamento: questa norma dev'essere presa in considerazione procedendo all'interpretazione di altre disposizioni della LPAmb, segnatamente anche riguardo all'art. 48 LPAmb (Seiler, op. cit., n. 24 - 26 e n. 126 all'art. 2). Visto quanto precede e tenuto conto delle assicurazioni fornite dal Consiglio di Stato nella risposta, la contestata norma può essere interpretata in modo conforme alla Costituzione. 
9. 
Discende dalle suesposte considerazioni che l'art. 2 e la seconda frase del capoverso 2 dell'art. 6 del regolamento devono essere annullati, le altre disposizioni potendo essere interpretate, viste le precisazioni fornite dal Governo cantonale, in modo conforme alla Costituzione. L'annullamento di queste norme non snatura, come pretendono le ricorrenti, il regolamento nel suo insieme, che non dev'essere pertanto annullato integralmente (DTF 123 I 112 consid. 2b e rinvii). Esso contiene del resto disposizioni sulle autorità competenti, sull'obbligo di fornire informazioni e sul risanamento, non strettamente connesse con le criticate norme. 
10. 
Le spese seguono l'esito della causa. Il ricorso è accolto solo parzialmente: la tassa di giustizia, ridotta, è pertanto posta a carico delle ricorrenti (art. 156 cpv. 1 OG). Visto che esse soccombono in larga misura, si giustifica di assegnare loro ripetibili ridotte della sede federale (art. 159 cpv. 1 OG). 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
1. 
Il ricorso è parzialmente accolto e di conseguenza sono annullati l'art. 2 e la seconda frase del capoverso 2 dell'art. 6 RORNI; per il resto il ricorso è respinto. 
2. 
La tassa di giustizia ridotta di fr. 3000.-- è posta a carico delle ricorrenti in ragione di un terzo ciascuna. Lo Stato del Cantone Ticino verserà alle ricorrenti un'indennità complessiva, ridotta, di fr. 2000.-- per ripetibili della sede federale. 
3. 
Comunicazione ai patrocinatori delle ricorrenti, al Consiglio di Stato del Cantone Ticino e all'Ufficio federale dell'ambiente, delle foreste e del paesaggio. 
Losanna, 13 giugno 2002 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il presidente: Il cancelliere: