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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
6B_1442/2020  
 
 
Sentenza del 31 marzo 2022  
 
Corte di diritto penale  
 
Composizione 
Giudici federali Jacquemoud-Rossari, Presidente, 
Muschietti, van de Graaf, 
Cancelliera Ortolano Ribordy. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Niccolò Giovanettina e 
dall'avv. Guglielmo Palumbo, 
ricorrente, 
 
contro 
 
1. Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano, 
2. B.________, 
3. C.________, 
opponenti. 
 
Oggetto 
Sfruttamento dello stato di bisogno; interdizione dell'esercizio di un'attività; divieto dell'arbitrio, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 6 ottobre 2020 dalla Corte di appello e di revisione penale del 
Cantone Ticino (incarto n. 17.2019.291+17.2020.277+282-285+289). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
Con sentenza del 9 ottobre 2019, la Corte delle assise criminali ha riconosciuto A.________ autore colpevole di ripetuto sfruttamento dello stato di bisogno per avere, agendo nella sua posizione di medico psichiatra, determinato B.________, C.________, e D.________, sue pazienti, a compiere e a subire atti sessuali, nonché di atti sessuali con persone incapaci di discernimento o inette a resistere in danno di E.________ Lo ha invece prosciolto dalle imputazioni di ripetuta truffa e di ripetuto sfruttamento dello stato di bisogno ai danni di F.________, G.________, H.________ e di I.________ Lo ha quindi condannato alla pena detentiva di 3 anni e 8 mesi, da dedursi il carcere preventivo sofferto, e all'interdizione dall'esercizio dell'attività professionale di psichiatra per un periodo di 3 anni. 
 
B.  
Accogliendo parzialmente l'appello presentato dal condannato, con sentenza del 6 ottobre 2020, la Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino (CARP) ha prosciolto A.________ dall'accusa di atti sessuali con persone incapaci di discernimento o inette a resistere a danno a E.________ e dall'accusa di sfruttamento dello stato di bisogno, a danno di D.________, nonché a danno di B.________ limitatamente a uno dei quattro episodi imputatigli. Per il resto la CARP ha confermato la condanna per ripetuto sfruttamento dello stato di bisogno ai danni di B.________ e di C.________, e lo ha condannato alla pena detentiva di 3 anni e 6 mesi, da dedursi il carcere preventivo e di sicurezza sofferti e la pena anticipatamente espiata, nonché all'interdizione dell'esercizio dell'attività professionale di psichiatra per la durata di 3 anni. 
 
C.  
Avverso questo giudizio, A.________ adisce il Tribunale federale con un ricorso in materia penale. Postula, a titolo principale, il suo integrale proscioglimento dalle imputazioni di sfruttamento dello stato di bisogno ai danni di B.________ e di C.________ e il conseguente annullamento della pena detentiva nonché dell'interdizione all'esercizio della professione di medico psichiatra, l'annullamento dei risarcimenti in favore delle accusatrici private e delle spese processuali poste a suo carico, e infine il riconoscimento di un indennizzo giusta l'art. 429 CPP pari a fr. 338'200.-- oltre interessi. In via subordinata chiede l'annullamento della sentenza impugnata e il rinvio della causa alla CARP per nuovo giudizio. 
 
Non sono state chieste osservazioni sul ricorso, ma è stato richiamato l'incarto cantonale. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
Presentato dall'imputato (art. 81 cpv. 1 LTF), e diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF) resa in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF) da un'autorità di ultima istanza cantonale (art. 80 cpv. 1 LTF), il ricorso in materia penale è proponibile e di massima ammissibile, in quanto tempestivo (art. 100 cpv. 1 LTF) e presentato nelle forme richieste (art. 42 cpv. 1 LTF). 
 
2.  
Il ricorrente contesta la realizzazione degli elementi costitutivi del reato di sfruttamento dello stato di bisogno e ritiene che i fatti su cui si fonda la sua condanna sarebbero stati accertati in modo arbitrario e in violazione del principio in dubio pro reo.  
 
2.1. Il Tribunale federale fonda la sua sentenza sui fatti accertati dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). La parte ricorrente che intende scostarsene deve dimostrare che il loro accertamento è stato svolto in modo manifestamente inesatto, ovvero arbitrario, o in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF, spiegando inoltre in che misura l'eliminazione dell'invocato vizio è determinante per l'esito del procedimento (art. 97 cpv. 1 LTF). In caso contrario, esso non tiene conto di uno stato di fatto diverso da quello posto a fondamento della decisione impugnata (DTF 146 IV 88 consid. 1.3.1).  
 
Per costante giurisprudenza, l'arbitrio non si realizza già qualora la soluzione proposta con il ricorso possa apparire sostenibile o addirittura preferibile a quella contestata; il Tribunale federale annulla la pronuncia criticata solo se il giudice del merito ha emanato un giudizio che appare - e ciò non solo nella motivazione bensì anche nell'esito - manifestamente insostenibile, in aperto contrasto con la situazione reale, gravemente lesivo di una norma o di un principio giuridico chiaro e indiscusso oppure in contraddizione urtante con il sentimento della giustizia e dell'equità (DTF 146 IV 88 consid. 1.3.1). Per quanto riguarda in particolare la valutazione delle prove e l'accertamento dei fatti, il giudice - che in questo ambito dispone di un ampio margine di apprezzamento - incorre nell'arbitrio se misconosce manifestamente il senso e la portata di un mezzo di prova, se omette senza valida ragione di tener conto di un elemento di prova importante, suscettibile di modificare l'esito della vertenza, oppure se ammette o nega un fatto ponendosi in aperto contrasto con gli atti di causa o interpretandoli in modo insostenibile (DTF 143 IV 500 consid. 1.1). 
 
Con riferimento alla valutazione delle prove, la presunzione di innocenza (art. 32 cpv. 1 Cost., art. 10 CPP) e il principio in dubio pro reo, che ne è il corollario, implicano che il giudice penale non può dichiararsi convinto dell'esistenza di una fattispecie più sfavorevole all'imputato quando, secondo una valutazione oggettiva del materiale probatorio, sussistono dubbi che i fatti si siano verificati proprio in quel modo. Poiché sempre possibili, semplici dubbi astratti e teorici non sono tuttavia sufficienti, non potendo essere esatta una certezza assoluta. Il principio è disatteso solo quando il giudice penale avrebbe dovuto nutrire, dopo un'analisi globale e oggettiva delle prove, rilevanti e insopprimibili dubbi sulla colpevolezza dell'imputato. Nell'ambito della valutazione delle prove nella procedura dinanzi al Tribunale federale, il principio in dubio pro reo non assume una portata che travalica quella del divieto dell'arbitrio (DTF 146 IV 88 consid. 1.3.1; 145 IV 154 consid. 1.1 con rinvii).  
 
Se rimprovera all'autorità inferiore un accertamento dei fatti manifestamente inesatto, la parte ricorrente deve sollevare la censura e motivarla in modo preciso, come esige l'art. 106 cpv. 2 LTF. Le critiche di natura appellatoria non sono ammissibili (DTF 146 IV 88 consid. 1.3.1 con rinvii). 
 
2.2. Si rende colpevole di sfruttamento dello stato di bisogno giusta l'art. 193 CP chiunque, sfruttandone lo stato di bisogno o profittando di rapporti di lavoro o comunque di dipendenza, determina una persona a compiere o a subire un atto sessuale. Il reato tutela la libera autodeterminazione in ambito sessuale (DTF 131 IV 114 consid. 1). La norma concerne quei casi in cui si ravvisa un consenso della vittima all'atto sessuale. Questo consenso appare però motivato dallo stato di bisogno o di dipendenza in cui si trova, che inibisce in qualche modo il suo libero arbitrio. L'art. 193 CP contempla quindi una situazione che si inserisce tra l'assenza di consenso e il libero consenso che esclude qualsiasi reato: il consenso è alterato da uno stato di bisogno o da un rapporto di dipendenza di cui approfitta l'autore. I limiti non sono sempre facili da porre. Il reato deve permettere di sanzionare chiunque sfrutta in modo vergognoso una situazione di bisogno o di dipendenza, in casi in cui la vittima non avrebbe manifestamente dato il suo consenso se non si fosse trovata in tale situazione (sentenza 6B_457/2021 del 22 ottobre 2021 consid. 2.1).  
 
2.2.1. È sulla scorta delle circostanze concrete del singolo caso che occorre esaminare se esiste uno stato di bisogno o un rapporto di dipendenza giusta l'art. 193 CP e se la capacità della vittima di determinarsi liberamente ne sia notevolmente limitata. Un rapporto di dipendenza si fonda di regola su un particolare rapporto di fiducia e, immancabilmente, su un rapporto di potere marcatamente sbilanciato (DTF 133 IV 49 consid. 5.2). La situazione di bisogno o di dipendenza dev'essere valutata in funzione della percezione degli interessati (sentenza 6B_1307/2020 del 19 luglio 2021 consid. 1.2).  
 
Secondo la giurisprudenza, nel contesto di una relazione terapeutica tra uno psicoterapeuta e un paziente può crearsi un rapporto di dipendenza (DTF 131 IV 114 consid. 1). Nella psicoterapia il paziente, psicologicamente afflitto, si confida al terapeuta con tutti i suoi problemi, le sue apprensioni e debolezze, rivelando sentimenti, fantasie, paure e desideri molto personali. Nel corso della terapia può dunque crearsi una situazione di straordinaria intimità, che rende il paziente altamente vulnerabile. Di regola il rapporto terapeutico tra lo psicoterapeuta e il paziente è caratterizzato da un intenso rapporto di fiducia. Spesso, anche se non sistematicamente, le terapie conducono il terapeuta ad avere un grande ascendente sul paziente, e quindi a un rapporto di potere sbilanciato, e a processi interni tipici della terapia che comportano nel paziente una perdita di controllo e di autonomia sufficiente sotto il profilo dell'art. 193 CP (DTF 133 IV 49 consid. 5.3). Non è tuttavia possibile dedurre l'esistenza di un particolare rapporto di fiducia e di dipendenza unicamente da un trattamento psicoterapeutico. Occorre piuttosto esaminare in ogni singolo caso se si sia creato un simile rapporto. Di rilievo al riguardo risultano, ad esempio, la durata della terapia, la condizione fisica e psichica del paziente, l'oggetto, la natura e la forma del trattamento, il (mancato) rispetto della distanza terapeutica da parte del terapeuta in occasione delle sedute con il paziente. Talvolta un particolare rapporto di fiducia e di dipendenza giuridicamente rilevante può anche non instaurarsi a causa della brevità della terapia o di altre ragioni, come l'assenza di un'implicazione personale del paziente nel trattamento o nelle sedute (ad esempio in caso di terapie comportamentali), o ancora a causa di un atteggiamento distante, critico o addirittura di rifiuto del paziente nei confronti del terapeuta (DTF 131 IV 114 consid. 1). 
 
2.2.2. Oltre all'esistenza di un rapporto di dipendenza, l'art. 193 CP esige che l'autore, sfruttando il suo ascendente, induca la vittima a compiere o a subire un atto sessuale. Egli deve quindi approfittare della sostanziale limitazione della libertà di decisione o della capacità di resistenza della vittima e della sua conseguente docilità, al fine di ottenere la sua condiscendenza sessuale. Il reato presuppone il consenso della vittima all'atto sessuale. Se essa dipende dall'autore, non è più pienamente libera di decidere di acconsentire agli atti sessuali o di rifiutarli. In questa situazione, anche se accetta l'atto sessuale o addirittura dà il suo esplicito consenso e vi partecipa, l'autore è punibile se la dipendenza l'ha resa consenziente. Nell'ambito dell'art. 193 CP, è necessario dunque determinare se la persona interessata ha acconsentito all'atto sessuale a motivo del rapporto di dipendenza o spontaneamente e indipendentemente da questo rapporto. Il rapporto di dipendenza deve dunque essere in nesso causale con il consenso della vittima all'atto sessuale. Secondo la giurisprudenza, non vi è sfruttamento ove la persona interessata abbia acconsentito liberamente all'atto sessuale o preso addirittura la relativa iniziativa (DTF 131 IV 114 consid. 1; v. pure sentenza 6B_567/2020 del 6 dicembre 2021 consid. 3.5.3, destinata alla pubblicazione).  
 
2.2.3. Sotto il profilo soggettivo, lo sfruttamento dello stato di bisogno è un reato intenzionale. L'autore deve sapere o quantomeno prendere in considerazione che la vittima acconsente agli atti sessuali unicamente a causa del rapporto di dipendenza (DTF 131 IV 114 consid. 1).  
 
3.  
Il ricorrente contesta la metodologia di analisi delle prove adottata dalla CARP con riguardo alla valutazione della credibilità delle parti, che considera arbitraria. La Corte cantonale avrebbe infatti decretato che la ritenuta credibilità delle accusatrici private avesse quale inevitabile corollario un giudizio opposto sulla sua credibilità, benché sia "ovviamente risaputo che due versioni contraddittorie" possano "essere entrambi credibili". Tale posizione avrebbe impedito un esame equo delle diverse versioni. Questa metodologia sarebbe ancora più scioccante, ove si consideri che la CARP avrebbe riconosciuto che su vari aspetti le dichiarazioni delle accusatrici private avrebbero trovato conferma proprio in quelle dell'insorgente. A seguire il ragionamento dell'autorità precedente, egli non sarebbe credibile solo quando la sua versione non conferma quella delle donne, ma queste sarebbero credibili in quanto il loro racconto sarebbe confermato dalle dichiarazioni del ricorrente. Questa valutazione sarebbe contraddittoria e insostenibile. L'insorgente considera arbitraria anche la valutazione delle dichiarazioni potenzialmente sfavorevoli alle parti operata dai giudici cantonali, che definisce asimmetrica. Mentre la menzione da parte delle accusatrici private di dettagli che avrebbero potuto essere usati contro di loro sarebbe stata considerata indice delle loro sincerità e trasparenza e quindi valutata a loro favore, altrettanto non si potrebbe dire per il ricorrente. Nessuno dei fatti da lui ammessi, potenzialmente sfavorevoli, sarebbe stato valutato a sostegno della sua attendibilità, privandolo di qualsiasi possibilità di apparire credibile. Secondo il ricorrente, anche la valutazione delle incertezze espresse dalle parti sarebbe arbitraria, perché disuguale. Se quelle delle accusatrici private sarebbero state considerate segno della loro credibilità, la CARP avrebbe ritenuto a sfavore dell'insorgente ogni evoluzione delle sue dichiarazioni. In modo asimmetrico, la Corte cantonale considererebbe che la credibilità delle accusatrici private sarebbe rafforzata dalle loro incertezze e che invece la credibilità del ricorrente "sarebbe diminuita in situazioni analoghe". 
 
3.1. Con riferimento alla contestata metodologia di analisi, la censura si fonda su una lettura parziale e meramente strumentale della sentenza impugnata, estrapolando ad arte frasi dal loro contesto e attribuendo loro un significato artefatto. La CARP ha invero ritenuto che il giudizio di totale credibilità delle accusatrici private comportasse, come corollario, quello opposto per le dichiarazioni del ricorrente in punto alle loro divergenze. Sennonché essa non si limita a esaminare le versioni delle accusatrici private, ma spiega con dovizia di argomenti, richiamando in parte anche il giudizio di primo grado, le ragioni per cui il racconto dell'insorgente non è stato considerato credibile, ciò che il gravame semplicemente sottace. Le conclusioni della CARP relative alla credibilità delle parti non risultano quindi da un ragionamento per esclusione, bensì da un articolato esame delle diverse dichiarazioni.  
 
3.2. Priva di pregio è anche la censura riferita alla pretesa asimmetria con cui la Corte cantonale avrebbe valutato le dichiarazioni potenzialmente sfavorevoli alle parti.  
 
In merito a B.________, la CARP ha rilevato la sua trasparenza e la sua incapacità di mentire, nonché la linearità e la costanza delle sue dichiarazioni, di particolare rilievo alla luce dei suoi limiti cognitivi. L'accusatrice privata ha colpito anche per la sua spontaneità, riferendo quanto avvenuto, senza alcuna valutazione di opportunità, descrivendo i suoi stati d'animo e i sentimenti che i gesti compiuti o lasciati compiere al ricorrente le facevano sorgere. Così ad esempio quando ha affermato di essersi sentita "presa come una puttana" e conseguentemente di aver chiesto all'insorgente di essere pagata "come una puttana". Trattasi di un dettaglio rivelato senza calcoli che avrebbe potuto essere usato contro di lei. Quanto invece alla versione del ricorrente, la CARP ne ha evidenziato la mancanza di costanza e linearità e, a tratti, l'assurdità intrinseca. Su queste valutazioni l'impugnativa non si sofferma, l'insorgente limitandosi a rilevare come l'autorità cantonale abbia valutato il dettaglio della "puttana" a sostegno della credibilità dell'accusatrice privata, non dando invece alcun peso, nell'esame della propria credibilità, alla sua ammissione di aver detto alla donna che era "proprio una porca". Non si scorge né è spiegato nel gravame come questa ammissione potesse essere considerata indice della sua credibilità, atteso che si inserisce in dichiarazioni che la CARP ha definito tutto fuorché costanti e lineari e che il giudizio di primo grado, da essa richiamato, ha descritto come ondivaghe. 
 
Quanto a C.________, i giudici cantonali hanno ritenuto il suo racconto dei fatti lineare, dettagliato e contestualizzato in modo coerente. Ella, che non si è mai contraddetta e non ha mostrato alcun accanimento, ha fornito un quadro coerente, nella misura in cui gli atti descritti trovano un'evoluzione logica e verosimile, sono contestualizzati in situazioni adeguate e arricchite da dettagli che ne sostengono l'autenticità. L'accusatrice privata si è mostrata sincera e trasparente anche quando ha riferito di aver invitato il ricorrente a prendere un caffè a casa sua, nonostante tale invito potesse essere letto a suo sfavore. Da parte sua l'insorgente, continua la CARP richiamando anche la decisione di prima istanza, ha inizialmente negato qualsiasi atto sessuale con C.________, non esitando a dichiararsi addolorato per quanto riferito dall'accusatrice privata. Ha poi mutato posizione, rendendo dichiarazioni inverosimili e prive di logica, nonché cangianti nel tempo. Neppure in questo caso il ricorrente contesta di aver cambiato versione e la pretesa asimmetria di valutazione tale non è. L'invito dell'accusatrice privata a bere un caffè a casa è stato effettivamente considerato indice di sua trasparenza. Non si scorge però come l'ammissione del ricorrente, per cui il rapporto sessuale che ne è seguito risultasse da un'"iniziativa comune", possa in concreto essere ritenuto, come perorato, a sostegno della sua credibilità. Proprio su questo punto la CARP ha evidenziato, nelle sue dichiarazioni in corso di inchiesta, una progressiva enfatizzazione del ruolo trascinatore dell'accusatrice privata e una conseguente e speculare graduale sua passività. Evoluzione questa che l'impugnativa sottace e che non depone certo per la credibilità dell'insorgente. 
 
3.3. Riguardo alle incertezze, il ricorso propone paragoni che non reggono. La CARP ha effettivamente ritenuto che le incertezze espresse dalle accusatrici private deponevano per la credibilità del loro racconto. C.________ ha riferito, ad esempio, di non ricordare esattamente se l'insorgente le avesse chiesto a voce di praticargli una fellatio o se invece le avesse semplicemente "preso la testa" per guidarla verso il suo membro. Mentre B.________ ha mostrato incertezze sul tipo di masturbazione praticatale dal ricorrente, ma non sull'episodio in quanto tale. Da parte sua il ricorrente non ha espresso incertezze, ma ha reso dichiarazioni evolutive nel tempo, così relativamente al primo atto sessuale compiuto con C.________, esempio addotto nell'impugnativa, egli ha inizialmente riferito trattarsi di un'iniziativa comune per infine attribuire un ruolo trascinatore alla donna. Trattasi di un vero mutamento di versione che non giova certo alla sua credibilità. La pretesa asimmetria di valutazione tale non è.  
 
4.  
Con riferimento ai fatti che hanno coinvolto C.________, la CARP ha riconosciuto il ricorrente autore colpevole di ripetuto sfruttamento dello stato di bisogno per averla in 2 occasioni baciata in bocca con la lingua; in un'occasione, prendendola dal dietro, averle toccato i seni con le mani; in un'altra occasione, fattosi praticare un rapporto orale, averla leccata in vagina e penetrata vaginalmente e, in un'ulteriore occasione, averla leccata e penetrata in vagina. 
 
La Corte cantonale ha accertato i fatti sulla scorta delle dichiarazioni di C.________, che ha ritenuto credibile, il suo racconto essendo lineare, dettagliato e contestualizzato in modo coerente. Diverso invece l'esame della versione dell'insorgente: egli ha dapprima negato la materialità dei fatti, ammettendola solo successivamente e facendo evolvere in corso di inchiesta il ruolo dell'accusatrice privata fino ad attribuirle quello di trascinatrice. La CARP ha poi ritenuto assodato un profondo legame di dipendenza di C.________ dal ricorrente, sviluppatosi in 15 anni di rapporto terapeutico, durante i quali egli è diventato per la donna, dalle precarie condizioni psicofisiche, un punto di riferimento imprescindibile, dipendendo da lui sia per il trattamento delle sue affezioni psichiche sia per la gestione del suo quotidiano, ciò di cui l'insorgente era consapevole. I giudici cantonali hanno inoltre constatato il disagio con cui l'accusatrice privata ha vissuto gli atti sessuali in giudizio, in relazione ai quali non ha saputo determinarsi liberamente. Dato è infine, concludono, anche lo sfruttamento del rapporto di dipendenza. 
 
4.1. Il ricorrente rimprovera alla CARP di aver negletto di valutare dei mezzi di prova decisivi, in particolare la cartella medica di C.________ da lui redatta, nonché la documentazione medica di C.________ afferente i suoi ricoveri. Trattasi di riscontri oggettivi che smentirebbero la descrizione fornita dall'accusatrice privata in merito a quanto accaduto posteriormente agli atti sessuali e che ne minerebbero la credibilità. Da essi risulterebbe poi che quello dei fatti sarebbe stato per la donna un periodo positivo, privo di particolari malesseri. Ciò sarebbe peraltro confermato da quanto accaduto nella seduta del 28 ottobre 2015. L'accertamento dello stato psicofisico dell'accusatrice privata, che secondo la CARP spiegherebbe la sua incapacità di opporsi agli atti sessuali, sarebbe pertanto arbitrario perché in contrasto con gli atti di causa. Secondo l'insorgente vi sarebbe un altro elemento rilevante per valutare la credibilità dell'accusatrice privata. Secondo le di lei dichiarazioni, avrebbe riferito a suo figlio dei rapporti sessuali avuti con l'insorgente, confessione che sarebbe all'origine della sua partenza da casa. Sennonché, dalla cartella medica di C.________ risulterebbe che il figlio se ne sarebbe andato via di casa ben dopo i fatti e per ragioni diverse, andando egli a convivere con la sua compagna. La Corte cantonale avrebbe arbitrariamente omesso di valutare questo aspetto, benché rilevante per il giudizio sulla credibilità di C.________ Oltre a ciò, essa non avrebbe considerato che, dopo e malgrado gli atti sessuali, l'accusatrice privata avrebbe continuato la terapia con il ricorrente, nonostante la Corte abbia ritenuto questo elemento per negare la credibilità di E.________, applicando così due metodi di valutazione diversi sulla base dello stesso criterio obbiettivo. Sempre nel contesto dell'analisi della credibilità di C.________, l'insorgente rimprovera la CARP per non aver tenuto conto delle false accuse di reati sessuali mosse anni fa da C.________ contro un innocente. Tale omissione costituirebbe "una grave mancanza nell'ambito dell'apprezzamento delle prove" e comporterebbe un'arbitraria conclusione in merito alla credibilità delle parti.  
 
4.2. Erra il ricorrente laddove intravvede nel proseguimento della terapia da parte di C.________ un elemento che ne sgretolerebbe la credibilità. Il raffronto con quanto ritenuto dai giudici cantonali in relazione a E.________ non regge. È vero che la CARP ha evidenziato l'assoluta mancanza di coerenza interna del racconto di E.________, nella misura in cui dopo il preteso atto sessuale ha riferito di essersi riseduta sulla sedia, continuando con la seduta terapeutica come se niente fosse. Ma, oltre a questa incoerenza interna, essa ne ha rilevato anche la mancanza di linearità, la contraddittorietà e la sconfessione da riscontri esterni. Trattasi di una valutazione diametralmente opposta a quella delle dichiarazioni di C.________, definite lineari, dettagliate, costanti e contestualizzate in modo coerente. L'insorgente peraltro non si avvede che la fattispecie imputatagli a danno di quest'ultima concerne lo sfruttamento dello stato di bisogno giusta l'art. 193 CP, mentre quella a danno di E.________ atti sessuali con persone incapaci di discernimento o inette a resistere ai sensi dell'art. 191 CP, reato questo che non implica l'esistenza di un rapporto di dipendenza. Proprio la ritenuta dipendenza di C.________ dal ricorrente, non contestata nel gravame, spiega il proseguimento della terapia anche dopo la commissione degli atti sessuali. La CARP ha del resto ritenuto credibili le spiegazioni fornite dalla donna in merito, spiegazioni che, ove fosse stato ancora necessario, confermavano tale dipendenza. Rilevasi ancora che, dopo il secondo rapporto sessuale, C.________ ha lasciato in tutta fretta lo studio del ricorrente, senza nemmeno andare in bagno, malgrado egli avesse eiaculato sulla sua schiena. Il disagio così dimostrato, per la Corte cantonale, è del tutto coerente non solo con l'atto che descrive e le modalità con cui è stato consumato, ma anche con il fatto che in realtà quei rapporti sessuali l'accusatrice privata non li voleva. È quindi a torto e in modo specioso che l'insorgente si duole di due metodi di giudizio diversi sulla base di uno stesso criterio obbiettivo.  
 
Quanto poi alle accuse di abusi che C.________ aveva formulato in passato contro un innocente, invano il ricorrente ne biasima la mancata considerazione da parte della CARP nella valutazione della sua credibilità. La sentenza impugnata infatti richiama espressamente le motivazioni del tribunale di primo grado. Orbene, quest'ultimo rileva che l'accusatrice privata ha tardato a denunciare i fatti anche per paura di non essere creduta perché 20 anni prima, sotto l'effetto dell'alcol, aveva denunciato falsamente il padre per abusi sulla figlia, siccome non voleva andare da lui a vivere, accuse però subito ritirate (sentenza di prima istanza pag. 124 seg.). La Corte delle assise criminali ha in proposito ritenuto che tali ammissioni non fanno che suffragare la credibilità di C.________ (sentenza di prima istanza pag. 267), giudizio che la CARP ha condiviso e confermato con il rinvio a tale motivazione effettuato sulla base dell'art. 82 cpv. 4 CPP (v. al riguardo DTF 141 IV 244 consid. 1.2.3). Sulle richiamate considerazioni l'insorgente non formula critiche di sorta, in particolare non spiega perché sarebbe insostenibile considerare credibile l'accusatrice privata, malgrado la passata falsa denuncia. Di transenna, si rileva che non risulta in concreto che C.________ abbia denunciato il ricorrente sotto l'influsso dell'alcol, che abbia avuto un movente particolare per eventualmente sollevare false accuse contro di lui o ancora che abbia in tutto o in parte ritrattato, emerge al contrario che, benché interrogata più volte anche a confronto, ha sempre ribadito con fermezza la sua versione dei fatti, senza mai contraddirsi. 
Facendo riferimento a elementi del racconto di C.________ relativamente al periodo posteriore agli atti sessuali, che secondo l'impugnativa divergerebbero dai riscontri oggettivi agli atti, il ricorrente tenta di dimostrare la generale non credibilità dell'accusatrice privata e quindi l'arbitrio nella contraria valutazione della CARP. Tentativo però vano. Propone infatti una propria valutazione di determinati elementi, facendo completa astrazione di altri. Così per esempio quando C.________ riferisce che, rendendosi conto di quanto subito, avrebbe iniziato a saltare gli appuntamenti con lo psichiatra, ciò che, a mente dell'insorgente, sarebbe contraddetto dalla sua cartella medica. Sennonché egli dimentica che tale circostanza trova conferma nelle sue stesse dichiarazioni rilasciate in occasione del confronto con l'accusatrice privata, allorquando indica di aver dovuto, dopo l'incontro in cui si è consumato il rapporto sessuale nello studio medico, sollecitare la donna che aveva disdetto l'appuntamento successivo (incarto cantonale allegato 203 pag. 42). Vero è che C.________ ha affermato agli inquirenti di aver perso fiducia nel suo psichiatra e che risulta dalla documentazione medica che egli è nondimeno coinvolto nei ricoveri che la donna farà a partire dal 2016. Questa circostanza tuttavia non intacca la credibilità dell'accusatrice privata, tenuto conto dell'accertata sua dipendenza, comprovata ulteriormente dalla continuazione del rapporto terapeutico. Quanto poi allo stato di salute della donna, non si scorge come il solo fatto che, nel periodo dei fatti in giudizio, non abbia necessitato di ricoveri possa sconfessare la sua versione per cui, non stando bene, non avrebbe potuto rifiutare gli atti sessuali. Prescindendo dalla singolarità della tesi sottesa alla censura per cui solo le persone ricoverate accusano malessere, mentre le altre no, la CARP ha in proposito giustamente rilevato che la dipendenza dell'accusatrice privata non variava in funzione del grado di sofferenza del momento, ma derivava dal fatto che, ormai da anni, aveva affidato il suo benessere non solo psichico allo psichiatra, diventato il suo costante e consolidato punto di riferimento. Di transenna, si evidenzia ancora, come emerge dalla decisione di primo grado richiamata dalla CARP, che la figlia dell'accusatrice privata ha riferito che in quel periodo sua madre non stava bene e che era "un periodo no per lei" (v. sentenza di prima istanza pag. 147). Infine, con riferimento alle ragioni per cui il figlio ha lasciato la casa materna, anche volendo ritenere che l'accusatrice privata abbia fornito motivazioni diverse da quelle alla base della decisione, la valutazione della credibilità della sua versione dei fatti non ne risulterebbe ribaltata, alla luce di tutte le argomentazioni sviluppate in prima e in seconda istanza. 
 
5.  
Relativamente alla fattispecie che coinvolge B.________, la CARP ha riconosciuto il ricorrente autore colpevole di ripetuto sfruttamento dello stato di bisogno per avere in un'occasione, toccatosi il pene, introdotto il pene nella bocca della donna, facendosi praticare un rapporto orale; in due occasioni, toccatosi il pene e toccato i seni della donna, fattosi praticare un rapporto orale; e infine in un'altra occasione, toccato la donna in vagina con le mani. 
 
Anche in questo caso la Corte cantonale ha accertato i fatti sulla scorta delle dichiarazioni dell'accusatrice privata, ritenute totalmente credibili. Ella ha dato concreta e ripetuta prova di raccontare solo quel che è davvero accaduto nei precedenti procedimenti che l'hanno vista coinvolta, di essere incapace di mentire e di avere una natura semplice ma sincera. Le sue dichiarazioni si contraddistinguono per la linearità e la costanza, di particolare importanza tenuto conto dei limiti cognitivi della donna. Il suo racconto è in sé credibile, perché colloca gli atti in un contesto spaziale e "relazionale" adeguato, è denso di dettagli anche insoliti, descrive i sentimenti causatile dai gesti compiuti dal ricorrente o a questi lasciati compiere e mette in relazione i fatti con i suoi stati d'animo. Le sue dichiarazioni sono pacate e prive di malanimo nei confronti dell'insorgente. Quelle di quest'ultimo, per contro, non hanno certo il pregio della costanza, considerata la loro evoluzione in particolare in merito all'episodio di sesso dopo la visione di foto erotiche, culminato con una descrizione di se stesso incompatibile già solo con il buon senso, fornendo quindi un quadro intrinsecamente assurdo dei fatti. A ulteriore dimostrazione della mancanza di costanza e di credibilità del ricorrente, la CARP ha richiamato pure le considerazioni del tribunale di primo grado, che ha rilevato le versioni ondivaghe rese sull'arco dell'intero procedimento anche su circostanze del tutto marginali. I giudici cantonali hanno poi accertato l'esistenza di un rapporto di dipendenza ed escluso che gli atti sessuali siano avvenuti su iniziativa di B.________ che non li voleva, seppur non sia riuscita a manifestarlo. 
 
5.1. Il ricorrente osserva di aver sempre negato di avere effettuato con B.________ delle sedute di rilassamento, nel cui contesto sarebbero stati compiuti alcuni degli atti sessuali. Tali sedute non figurerebbero nemmeno nella cartella medica dell'interessata, dettagliata e precisa, con cui inspiegabilmente la CARP avrebbe omesso di confrontarsi, malgrado la sua imprescindibile importanza, incorrendo così nell'arbitrio. Poiché quelle sedute non sarebbero avvenute, nemmeno potrebbero essere avvenuti gli abusi a danno di B.________, ciò che porrebbe un evidente problema con riguardo alla sua credibilità. Tale problema emergerebbe con più forza con mente all'episodio con le mestruazioni. L'accusatrice privata avrebbe dapprima dichiarato di aver fatto sesso, anche se non aveva voglia, dovendole venire le mestruazioni. Sennonché successivamente, a confronto, ella avrebbe affermato che in quell'occasione non ci sarebbe stato un rapporto orale, il ricorrente avendole unicamente toccato il seno. La Corte cantonale si porrebbe poi in aperto contrasto con gli atti, quando ritiene un'assenza di malanimo della donna nei confronti dell'insorgente, considerati i toni e gli epiteti non certo pacati da lei utilizzati nelle sue audizioni. La CARP avrebbe anche omesso di considerare che l'accusatrice privata avrebbe continuato a frequentare il ricorrente ancora molto tempo dopo i rapporti sessuali, nonostante questa stessa circostanza l'abbia condotta a negare la credibilità di E.________ Essa avrebbe così applicato due metodi di giudizio diversi sulla base di uno stesso criterio obbiettivo, incorrendo nell'arbitrio. La valutazione della credibilità di B.________ sarebbe insostenibile anche alla luce del profilo della sua personalità. L'insorgente menziona la sua condanna penale per i titoli tra l'altro di usurpazione di funzioni e truffa, che implicherebbero una capacità di mentire e sarebbero indizio di una personalità disonesta; l'esercizio della prostituzione con offerte, quasi pubbliche, di fellatio a pagamento; la sua ricerca di un'identità sessuale, il suo atteggiamento seduttivo, la sua sessualità grossolanamente disturbata; il suo disturbo di personalità emotivamente instabile di tipo borderline, patologie che non potrebbero che diminuire la credibilità della donna e profilo psicologico aderente alle dichiarazioni del ricorrente quando afferma che sia stata B.________ a proporre il rapporto orale. Per tutte queste ragioni, la conclusione della CARP sulla credibilità di B.________ risulterebbe arbitraria.  
 
5.2. Riguardo al proseguimento dei contatti con il ricorrente dopo gli atti sessuali, valgono, mutatis mutandis, le stesse considerazioni già esposte in relazione alla medesima censura sollevata con riferimento a C.________, a cui si rinvia (v. supra consid. 4.2). È sufficiente qui rilevare che la CARP ha accertato, senza che al riguardo siano mosse critiche di sorta, l'esistenza di un rapporto di dipendenza di B.________ dall'insorgente, dipendenza che spiega tale continuazione.  
Vanamente poi il ricorrente critica l'accertamento sulle sedute di rilassamento. Il fatto che esse non figurino nella cartella medica di B.________ non appare decisivo, posto che dalla sentenza di prima istanza, a cui la CARP rinvia, risulta che lo stesso insorgente ha dichiarato che quanto scritto nella cartella medica dell'interessata in merito alla seduta in cui è avvenuto il coito orale è "sicuramente viziato a seguito dei fatti" (sentenza di prima istanza pag. 89). Egli stesso quindi riconosce che la cartella medica non riporta necessariamente e fedelmente le sedute con B.________, soprattutto se in quel contesto si sono consumati atti di carattere sessuale. Omette poi di confrontarsi con le ragioni che hanno spinto la CARP a ritenere credibile il racconto della donna anche in relazione alle contestate sedute di rilassamento. L'autorità cantonale ha segnatamente evidenziato come ella le avesse rese plastiche, mimando la posizione sdraiata e il modo in cui lo psichiatra si toccava in mezzo alle gambe, e riferendo la sua frase "respiriamo, ci allunghiamo e ci rilassiamo", ossia una frase che viene normalmente pronunciata durante tali sedute. La restituzione di questa frase, continua la CARP, ha una valenza particolare, posto come sia ben difficile che B.________ potesse, con i suoi limiti, inventarsi un dettaglio di questo genere afferente a una situazione che, altrimenti, non faceva parte del suo vissuto. Orbene, come detto, su queste considerazioni il ricorrente non spende una parola per dimostrarne, o almeno tentare, l'insostenibilità. 
 
Con riferimento all'episodio delle mestruazioni, il ricorrente tenta di proporre una lettura delle successive dichiarazioni di B.________ tale da evincerne una contraddizione sostanziale. Nel verbale di interrogatorio del 3 dicembre 2018, ella dichiara esprimendosi in dialetto: " (...) Però una volta am rigordi che a som naia giù in terapia e sevi un po' insci, om vegniva i mestruaziom e sevi un po' e ghevi mia vöia e lì l'ho...l'ho fai, però uscendo dal... dall'ufficio ho piangiü (...) " (incarto cantonale allegato 27 pag. 8). Sennonché B.________ non ha minimamente spiegato quale atto di natura sessuale sia stato compiuto in quell'occasione. Interrogata nuovamente a confronto il 16 gennaio 2019, alla puntuale domanda volta a sapere se vi sia stato un rapporto orale quando era indisposta, ha risposto negativamente, precisando di essere stata toccata solo al seno (incarto cantonale allegato 70 pag. 8). Il ricorrente tenta di inferirne una contraddizione che minerebbe la credibilità dell'accusatrice privata. Trattasi però unicamente di una precisazione per un episodio rimasto inizialmente dai contorni vaghi, e in quanto tale non idonea a inficiare la credibilità del suo racconto.  
Vero è che in occasione dell'interrogatorio del 3 dicembre 2018 (incarto cantonale allegato 27 pag. 3 e 9) B.________ ha definito il ricorrente come "porco", rispettivamente "schifoso bastardo", epiteti che, secondo l'insorgente, dimostrerebbero l'arbitrarietà della ritenuta assenza di malanimo da parte della CARP. Con tale censura tuttavia egli dimostra di fraintendere il concetto espresso dalla Corte cantonale. L'assenza di malanimo a cui fa riferimento è infatti costituita dalla pacatezza delle dichiarazioni di B.________ in relazione agli atti imputatigli, che non ha ingigantito dimostrando di non voler infierire contro di lui, la CARP adducendo in proposito numerosi esempi, come la precisazione che l'accusatrice privata, rispondendo a una puntuale domanda, dichiara di non aver mai dovuto masturbare il ricorrente o ancora che questi, chiedendole di non riferire a nessuno quanto accaduto, non l'aveva minacciata. Si è limitata in sostanza a raccontare la verità. Ciò posto, i citati epiteti non sono idonei a intaccare la credibilità del racconto di B.________ 
 
Specioso e riduttivo appare poi il tentativo di annichilire la credibilità dell'accusatrice privata richiamando la sua condanna penale per reati che sarebbero asseritamente "indizio di una personalità disonesta". In proposito la CARP ha infatti evidenziato come, nel procedimento che l'ha vista coinvolta nel ruolo di imputata, ella abbia dato prova di sincerità e abbia dimostrato di essere incapace di mentire. Eloquente appare la considerazione del tribunale di primo grado, richiamata anche dalla sentenza impugnata, per cui nel citato procedimento B.________ ha fornito puntuali e complete ammissioni, assumendosi appieno le proprie responsabilità (v. sentenza di prima istanza pag. 263), ciò che nel ricorso non è contestato. Sicché si deve concludere che la pretesa disonestà non si manifesta nei confronti delle autorità inquirenti e giudicanti. Analogo discorso vale con riguardo alle avanzate patologie di B.________, che secondo il ricorrente impatterebbero la sua percezione dei fatti. Sennonché, a parte questo apodittico asserto, egli non adduce nemmeno un esempio a sostegno di un'eventuale sua percezione errata dei fatti. Infine, neppure le circostanze che, all'epoca dei fatti qui in giudizio, B.________ si prostituiva e aveva offerto una fellatio in un bar sono idonei a ribaltare il giudizio sulla sua credibilità e a confermare la versione dell'insorgente, secondo cui sarebbe stata B.________ a proporgli un rapporto orale e poi a richiedergli fr. 100.--. Certo, la CARP propone un'argomentazione un po' azzardata, quando rifiuta di seguire la tesi difensiva per non aderire a "una visione del mondo che vede l'uomo come un essere condannato a ripetere, senza possibilità di modifiche, gesti già compiuti". Tuttavia, essa rileva anche che le situazioni evocate (l'offerta della fellatio in un bar e quella praticata nello studio medico) divergono sostanzialmente per il luogo, il contesto e le persone implicate. Ora, il ricorrente non tenta neppure di insinuare che B.________ facesse della mercificazione sempre, ovunque e con chiunque. Significative risultano in proposito le considerazioni del tribunale di primo grado, richiamate nella sentenza impugnata. La Corte delle assise criminali ha osservato che la richiesta di denaro dopo il rapporto orale praticato all'insorgente è da ricondurre alla struttura mentale di B.________ e al suo modo di ragionare estremamente elementare, per cui sentendosi trattata come una prostituta "le è apparso logica conseguenza chiedere di essere pagata", la richiesta essendo la conseguenza di quanto il ricorrente "l'aveva indotta a fare e non la causale dello stesso" (sentenza di prima istanza pag. 263). 
 
Alla luce di tutte queste considerazioni, la valutazione della credibilità di B.________ effettuata dalla CARP non risulta arbitraria. 
 
6.  
Secondo il ricorrente, la CARP avrebbe violato in modo flagrante la presunzione di innocenza, nella misura in cui gli avrebbe rimproverato di non aver saputo fornire ragioni per cui le accusatrici private avrebbero dovuto mentire sul suo conto. In tal modo, essa gli avrebbe imposto di dimostrare la propria innocenza, nonostante sia compito della pubblica accusa dimostrare la sua colpevolezza. Al contempo, la Corte cantonale incorrerebbe nell'arbitrio, visto che egli avrebbe spiegato le "menzogne" delle donne riconducendole alle loro "particolari condizioni psicofisiche". Sarebbe peraltro risaputo che le persone borderline possono avere tendenza a mentire più facilmente. 
 
Tale asserito rimprovero è contenuto nella sentenza di prima istanza, ampiamente richiamata dalla CARP. Contrariamente a quanto si pretende nell'impugnativa, non costituisce in alcun modo una violazione del principio invocato riferito alla ripartizione dell'onere probatorio (v. al riguardo DTF 145 IV 154 consid. 1.1). Giunge infatti al culmine di un articolato esame delle dichiarazioni delle parti, che ha evidenziato la linearità, la costanza e la credibilità intrinseca ed estrinseca delle versioni delle accusatrici private da un lato, e la mutevolezza e, a tratti, l'inverosimiglianza, l'assenza di logica e buon senso, del racconto del ricorrente dall'altro lato. È sulla base di questa valutazione che le autorità cantonali hanno ritenuto accertati i fatti, senza minimamente imporre all'insorgente di provare la sua innocenza. Certo, egli ha richiamato le condizioni psicofisiche delle donne per spiegare quelle che definisce menzogne. Tuttavia, il fatto che le persone borderline abbiano tendenza a mentire non significa certo, come cerca di far credere in questa sede, che lo facciano sempre e sistematicamente, essendo già peraltro stato constatato che in concreto le accusatrici private sono state considerate incapaci di mentire. Il ricorrente ha spiegato pure che "fa parte dell'atteggiamento borderline non assumersi la responsabilità all'interno della situazione, colpevolizzando l'altro invece di assumere le responsabilità" (v. ricorso pag. 34). In proposito giova, di transenna, rilevare che in un primo tempo è lui che si è dichiarato "estremamente addolorato", "stupito", incapace di capacitarsi di quanto raccontato ad esempio da C.________, per poi ammettere l'esistenza degli atti sessuali, disconoscendone però gradualmente la paternità per infine attribuirla in modo esclusivo alla donna. Trattasi di un'evoluzione di posizione radicale, assente nelle accusatrici private. 
 
7.  
Sempre con riferimento alla presunzione di innocenza, il ricorrente sostiene che tale principio avrebbe imposto alla CARP di ritenere la sua versione dei fatti "prioritaria" rispetto a quelle delle accusatrici private. 
 
7.1. Con riguardo alla fattispecie che coinvolge C.________, osserva che le due versioni dei fatti sarebbero molto simili, divergendo in sostanza unicamente sulla persona che avrebbe preso l'iniziativa dei rapporti sessuali. Se avesse valutato senza arbitrio la credibilità della donna, la CARP non avrebbe potuto non dubitare "che i rapporti possano essere avvenuti su iniziativa di C.________". Come l'insorgente, anche C.________ avrebbe cambiato versione, ma il mutamento sarebbe stato considerato per lei segno di credibilità e per lui di sconfessione della sua tesi. Rileva ancora che nulla potrebbe essere dedotto dal fatto che egli si sia recato a casa della donna "preservativomunito" e che le sue spiegazioni di aver "accettato di sottoporsi alle voglie della paziente" non potrebbero essere definite inverosimili, confermando invece che l'iniziativa del rapporto sessuale sarebbe stata di C.________ La CARP inoltre non avrebbe minimamente considerato l'effetto del noto fenomeno di transfert, l'accusatrice privata riconoscendo di voler bene al suo psichiatra.  
 
La critica parte dal presupposto della fondatezza delle censure di arbitrio riferite all'esame di credibilità di C.________, e quindi da un presupposto errato, visto che la valutazione delle prove della CARP è risultata sostenibile e conforme al diritto (v. supra consid. 3 e 4). I fatti, compresa la persona all'origine degli atti sessuali, sono stati stabiliti sulla scorta delle dichiarazioni dell'accusatrice privata, credibili per tutte le ragioni già esposte, contrariamente a quelle del ricorrente. Non è peraltro possibile intravvedere una mutazione della versione di C.________ Ha certo riferito solo in occasione del confronto del cunnilinguus da lui praticatole prima della penetrazione nel suo studio medico, perché ne aveva vergogna, ciò che secondo la CARP è più che comprensibile. La sostanza degli eventi comunque non cambia. Invano l'insorgente pretende che un'analoga vergogna l'avrebbe inizialmente spinto, in quanto uomo sposato, a negare ogni rapporto sessuale, vergogna nel suo caso arbitrariamente ignorata dai giudici cantonali. In primo luogo, egli non ha negato solo un dettaglio scabroso, bensì l'esistenza di qualsiasi atto sessuale. In secondo luogo, era chiamato a rispondere a domande delle autorità inquirenti e non della moglie. In terzo luogo, non risulta aver mostrato vergogna di sorta nel dichiarare "con una donna sdraiata sul letto, no? (...) girare i tacchi e andarsene sarebbe stato sicuramente una cosa deludente, no?" (incarto cantonale allegato 203 pag. 29-30, citato nella sentenza impugnata pag. 30). Quanto poi all'accenno ricorsuale al preservativo, non si capisce dove l'insorgente voglia andare a parare. Da un lato afferma che sarebbe "risaputamente raccomanda[to] dai medici di non tenere i preservativi nel portafoglio"; dall'altro ritiene che "il fatto di avere un preservativo nel suo portafoglio" sia stato "arbitrariamente legato ad una volontà" del ricorrente "di intrattenere un rapporto sessuale con C.________ andando a casa sua". Ci si limita quindi a rilevare che è lo stesso insorgente a riferire che, a casa di C.________, ha estratto il preservativo che aveva nel portafoglio, secondo le dichiarazioni citate nella sentenza impugnata. Si osserva poi che, nel successivo rapporto sessuale consumato nello studio medico, dopo aver accordato a C.________ un appuntamento d'urgenza (e quindi non previsto) prolungando il suo orario di lavoro (sentenza impugnata pag. 27 e sentenza di prima istanza pag. 127), il ricorrente non ha indossato il preservativo (sentenza impugnata pag. 27 e 28), segno che non ne aveva sempre con sé. In simili circostanze, la CARP non ha commesso alcun arbitrio, laddove ha affermato che la tesi difensiva per cui sarebbe stata la donna a prendere l'iniziativa è sconfessata non solo dal mutare delle dichiarazioni del ricorrente, ma anche dal fatto che egli si è recato da lei già "preservativomunito". Di stampo meramente appellatorio appare infine la contestazione sulla ritenuta inverosimiglianza della sua versione per cui avrebbe "accettato di sottoporsi alle voglie della paziente". Se la CARP ha considerato inverosimili le sue spiegazioni non è infatti perché ha escluso a priori che l'accusatrice privata potesse aver preso l'iniziativa degli atti sessuali, ma in ragione della giustificazione del ricorrente. Vale la pena ricordare che egli è arrivato ad affermare di aver assecondato C.________ per non compromettere l'alleanza terapeutica, rispettivamente per cercare di far nascere, nella paziente, un rapporto di fiducia ancora assente. Al riguardo, la CARP ha giustamente rilevato, senza che ciò sia in qualche modo contestato nel gravame, che non è più patrimonio dei soli specialisti il principio secondo cui l'alleanza terapeutica è compromessa quando "lo psichiatra non sa stare al suo posto". Si osserva poi che la versione dell'assecondamento (terapeutico) alle "voglie della paziente" fa seguito a quella per cui gli atti sessuali risultavano da "un'iniziativa comune". Infine, dal solo fatto che l'accusatrice privata abbia espresso sentimenti di affetto e attaccamento nei confronti del ricorrente non è possibile dedurre automaticamente l'esistenza di un meccanismo di transfert. Ella infatti non ha fatto altro che riconoscere i meriti dello psichiatra, che per anni l'ha molto sostenuta in diversi ambiti della sua vita. In proposito la CARP ha rilevato come abbia dimostrato di saper sfumare e differenziare le cose.  
 
Non sussiste pertanto alcuna violazione della presunzione di innocenza, perché non sussistono dubbi che i fatti si siano verificati come accertato dalla CARP in esito a una valutazione delle prove scevra di arbitrio. 
 
7.2. Relativamente alla fattispecie che implica B.________, il ricorrente ribadisce che, secondo una valutazione oggettiva del materiale probatorio, la CARP avrebbe dovuto nutrire dubbi che i fatti si fossero verificati nel modo raccontato dalla donna, in particolare che l'iniziativa dei rapporti fosse da ricondurre all'insorgente. La Corte cantonale avrebbe infatti valutato negativamente la progressione delle sue dichiarazioni, riservando un giudizio diverso sulla mutazione di quelle di B.________, ritenendolo segno di credibilità. Avrebbe inoltre negato che l'insorgente potesse realmente rimanere attonito e incapace di reagire di fronte all'accusatrice privata, malgrado sia "comunemente risaputo" che un uomo della sua età "possa essere rimasto attonito e sorpreso dalle avances di una giovane donna". La CARP avrebbe inoltre ritenuto assurda la spiegazione del ricorrente per cui B.________ non avrebbe potuto comprendere un suo rifiuto, benché ella sia stata condannata per tentato assassinio precisamente perché le sarebbe stato rifiutato un rapporto sessuale.  
 
La censura ha chiaro stampo appellatorio e anche in questo caso parte dal presupposto errato della fondatezza delle critiche ricorsuali in merito alla credibilità del racconto dell'accusatrice privata (v. supra consid. 3 e 5). Riguardo all'evoluzione delle dichiarazioni di quest'ultima, che si riduce sostanzialmente all'episodio delle mestruazioni, si rinvia a quanto già sopra esposto (v. supra consid. 5.2). Per quanto concerne le dichiarazioni del ricorrente, di cui non si può certo parlare di pure precisazioni o evoluzioni di poco conto, avendo subito nel corso degli interrogatori decisi cambiamenti, si rinvia per la completa illustrazione alla sentenza impugnata consid. 8. Basti qui rilevare che, una volta riconosciuta l'esistenza di un rapporto orale, dopo un'iniziale negazione, egli ha ammesso di aver ceduto ai propri istinti eccitatori di quel momento (incarto cantonale allegato 37 pag. 9). Sennonché, al dibattimento, ha spiegato di essersi lasciato fare perché B.________ non avrebbe capito, e sarebbe stato necessario un lavoro che permettesse di farle capire un rifiuto, descrivendosi "muto", "paralizzato", con "le braccia a penzoloni lungo il corpo", mentre la donna faceva tutto da sola. A ragione la CARP vi ha intravisto una scena che fa a pugni con il buon senso e che già testimonia la mancanza di credibilità del ricorrente.  
 
Neppure in questo caso si ravvisa una violazione del principio della presunzione di innocenza. 
 
8.  
Invocando la violazione dell'art. 193 CP, il ricorrente sostiene che non vi sia stato sfruttamento dello stato di bisogno, contestando in sostanza un nesso causale tra lo stato di dipendenza delle sue pazienti e gli atti sessuali. 
 
8.1. Riferendosi a C.________, l'insorgente ritiene di non aver sfruttato un eventuale suo stato di dipendenza. Da un lato non sarebbe possibile escludere che l'affetto della donna per il suo psichiatra potesse essere il motivo dei rapporti sessuali, tenuto peraltro conto del noto transfert, di modo che non vi sarebbe un nesso causale. Dall'altro lato, il comportamento dell'insorgente dopo i fatti, che complimenta la paziente per essere riuscita a dirgli che lei voleva fare solo la paziente e che rispetta tale posizione, dimostrerebbe che non avrebbe avuto alcuna intenzione di sfruttare lo stato di bisogno di C.________  
 
8.1.1. La CARP ha accertato il legame di dipendenza di C.________ dal ricorrente come pure la consapevolezza di quest'ultimo di questa dipendenza. Ha altresì stabilito che la donna ha vissuto con estremo disagio gli atti sessuali in relazione ai quali non ha saputo determinarsi liberamente, se non a cose fatte. Da parte sua l'insorgente non poteva non essere consapevole che l'apparente consenso dell'accusatrice privata era viziato dalla sua sudditanza. Ha quindi ritenuto dati tutti gli elementi costitutivi del reato di sfruttamento dello stato di bisogno.  
 
8.1.2. Invano il ricorrente pretende che C.________ abbia acconsentito agli atti sessuali per l'affetto e attaccamento che provava per lui. Ciò risulta già escluso dall'atteggiamento della donna durante, rispettivamente dopo i rapporti sessuali. Ella spiega infatti che, in occasione del rapporto consumato a casa, è rimasta rigida come un pezzo di legno e che l'insorgente, a cose fatte, le ha chiesto se le era piaciuto, dettaglio quest'ultimo confermato dall'interessato. Quanto all'episodio occorso nello studio, dopo il rapporto si è rivestita ed è praticamente scappata via. In una successiva seduta, poi, C.________ ha detto al suo psichiatra che lui doveva fare il medico e lei la paziente, senza che si debba desumerne che a quel momento sia svanito il suo affetto per lui, ma unicamente che abbia trovato le forze per comunicare che in realtà non voleva quel tipo di rapporto. Certo, dopo questa frase, a cui il ricorrente ha reagito complimentandola per essere riuscita a dirla, non vi sono più stati atti sessuali tra loro. Non può essere tuttavia seguito l'insorgente laddove intravvede in questo episodio la prova della sua assenza di intenzione di sfruttarne lo stato di bisogno. In primo luogo, i limiti alla fine postigli da C.________ non hanno impedito che gli atti sessuali fossero compiuti in precedenza. In secondo luogo, complimentandola per essere riuscita "a dire questa cosa", e quindi a manifestare il suo rifiuto a compiere atti sessuali con il suo medico, ciò su cui insiste particolarmente il ricorso, egli non si avvede come ciò comprovi l'elemento soggettivo del reato, ossia la sua consapevolezza che fino ad allora la donna non era riuscita a determinarsi liberamente, acconsentendo ai rapporti sessuali a causa della sua dipendenza, dipendenza a lui ben chiara, benché in questa sede la qualifichi quale solamente eventuale. Come evidenziato dal giudizio di prime cure, richiamato dalla CARP, i rapporti sessuali avvengono dopo una progressiva riduzione delle distanze a opera del ricorrente, già divenuto punto di riferimento di C.________, e quindi in un rapporto già sbilanciato. La Corte delle assise criminali evidenzia come egli si sedesse vicino alla paziente, l'abbracciasse al momento dei saluti con baci sulle guance, si mostrasse sempre disponibile, anche fuori orario, le desse del tu, le facesse le coccole, le accarezzasse i capelli e le gambe e la incontrasse al di fuori delle sedute con visite a domicilio assortite da fiori. Sbaglia l'insorgente laddove pretende che le modalità di impostazione delle sue sedute non sarebbero in concreto pertinenti, avendo avuto come effetto, circostanza che in quanto psichiatra non doveva sfuggirgli, una maggiore dipendenza di C.________ (v. supra consid. 2.2.1). In simili circostanze, la sua condanna risulta conforme all'art. 193 CP.  
 
8.2. Anche con riferimento a B.________, il ricorrente contesta di averne sfruttato lo stato di bisogno. In particolare ritiene non comprovato il nesso causale tra il ritenuto rapporto di dipendenza e la consumazione degli atti sessuali, posto come l'accusatrice privata, nel periodo concomitante ai fatti, si prostituisse e come abbia riconosciuto di aver chiesto di essere pagata dopo l'atto sessuale. In simili circostanze, non sarebbe possibile concludere che ella avrebbe acconsentito al rapporto sessuale unicamente a causa del legame di dipendenza.  
 
8.2.1. La CARP ha accertato che B.________ non voleva compiere gli atti sessuali con il ricorrente, ma non è riuscita a manifestarlo. Li ha vissuti con estremo disagio e ha spiegato in modo convincente perché si è adattata alle voglie del suo psichiatra. A causa della sua dipendenza da quest'ultimo, riconducibile a un rapporto terapeutico di circa 6 anni e agli evidenti limiti cognitivi della donna, la sua libertà in relazione agli atti sessuali ne risultava compromessa. Ciò di cui il ricorrente, non da ultimo quale psichiatra sperimentato, era consapevole, essendogli ben noti sia i limiti e le affezioni di B.________ sia la sua dipendenza e sudditanza. Dal momento che, durante le sedute, ha superato i limiti e avvicinato sessualmente la paziente, egli ha sfruttato il rapporto di dipendenza a fini sessuali, realizzando gli estremi dell'art. 193 CP.  
 
8.2.2. Emerge in modo chiaro dalle dichiarazioni di B.________ citate dalla CARP, ritenute senza arbitrio credibili, che è proprio il legame di dipendenza e di fiducia che riponeva nel suo psichiatra ad averle impedito di manifestare la sua opposizione agli atti sessuali. Ella infatti afferma " (..) A devi fal perché a ghevi pagüra da perd una persona di fiducia (...) " e ancora " (...) e già lì sentivo qualche cosa che non andava (...) però io lo facevo perché pensavo che era giusto (...) avevo paura a tirarmi indietro perché era solo... era solo l'unica persona che potevo... potevo confidarmi e allora io facevo perché avevo paura se non lo facevo (...) sentivo il fastidio dentro di me ma non riuscivo a dire "non ho voglia"... mi facevo fare" (v. sentenza impugnata pag. 22). Queste dichiarazioni sono estremamente eloquenti e dimostrano senza ambiguità il nesso causale tra il rapporto di dipendenza e gli atti sessuali. Come già rilevato in sede cantonale (v. supra consid. 5.2), la richiesta di denaro dopo il rapporto orale non esclude tale nesso, perché consecutiva a quanto indotta a fare dal ricorrente, da cui si è sentita trattata come una "puttana". Cosciente dei limiti della donna, della sua dipendenza, l'insorgente l'ha avvicinata sessualmente, superando i limiti della sua professione, e ne ha quindi sfruttato il rapporto di dipendenza. La sua condanna non viola pertanto l'art. 193 CP.  
 
9.  
Il ricorrente si duole anche della violazione dell'art. 67 CP. Ritiene che non sarebbe dato il rischio di recidiva necessario per pronunciare l'interdizione di esercitare la sua attività professionale e considera in ogni caso sproporzionata la misura ordinata. 
 
9.1. Giusta l'art. 67 CP, nella versione in vigore all'epoca dei fatti, se alcuno, nell'esercizio di un'attività professionale o extraprofessionale organizzata, ha commesso un crimine o un delitto per il quale è stato condannato a una pena detentiva superiore a sei mesi o a una pena pecuniaria di oltre 180 aliquote giornaliere, e sussiste il rischio che abusi della sua attività per commettere altri crimini o delitti, il giudice può interdirgli in tutto o in parte l'esercizio di tale attività o di altre attività analoghe per un tempo da sei mesi a cinque anni (cpv. 1). Se alcuno ha commesso un crimine o un delitto contro un minorenne o contro un'altra persona particolarmente vulnerabile e sussiste il rischio che commetta altri reati analoghi nell'esercizio di un'attività professionale o extraprofessionale organizzata implicante un contatto regolare con minorenni o con altre persone particolarmente vulnerabili, il giudice può interdirgli l'esercizio di tale attività per un tempo da uno a dieci anni (cpv. 2). Sono considerate attività professionali ai sensi dell'art. 67 CP le attività svolte nell'esercizio, a titolo principale o accessorio di una professione, di un'industria o di un commercio (art. 67a cpv. 1 CP).  
 
L'interdizione di esercitare un'attività costituisce una misura del diritto penale, che dev'essere ordinata se sono realizzate le relative condizioni (sentenza 6B_232/2016 del 21 dicembre 2016 consid. 3.3). Mira a prevenire la ripetizione di determinati reati e a tutelare la collettività da ulteriore abusi (sentenze 6B_909/2018 del 23 gennaio 2019 consid. 3.4.3; 6B_1010/2013 del 17 febbraio 2014 consid. 4.3). 
 
La principale condizione per ordinare tale interdizione è il rischio di nuovi abusi nell'esercizio dell'attività. Questo rischio da solo non è tuttavia sufficiente, il giudice dovendo esaminare anche se la misura è necessaria, appropriata e proporzionata. L'ingerenza nei diritti della personalità dell'autore non deve infatti essere sproporzionata rispetto alla probabilità e gravità di nuovi reati (art. 56 cpv. 2 CP). L'interdizione può tuttavia essere ordinata già con un rischio di recidiva medio, senza che sia necessario un rischio qualificato (sentenza 6B_123/2020 del 26 novembre 2020 consid. 9.1). La sua durata va determinata in funzione della necessità di tutelare la società per un certo periodo di tempo, a seconda della pericolosità dell'autore (sentenza 6B_1010/2013 del 17 febbraio 2014 consid. 4.1). 
 
9.2. In concreto il ricorrente è stato riconosciuto autore colpevole di un reato commesso nell'esercizio della sua professione di psichiatra ai danni di due donne particolarmente vulnerabili ed è stato condannato a una pena detentiva di 3 anni e 6 mesi, pena in questa sede non contestata.  
Sulla scorta della perizia psichiatrica, la CARP ha ritenuto sussistere un rischio di recidiva. Secondo il ricorrente tuttavia tale perizia sarebbe superata dall'esito di questo procedimento. Rileva infatti che le conclusioni peritali sarebbero giunte in corso di inchiesta, allorquando il procedimento concerneva 8 accusatrici private, ma dopo l'appello ne sarebbero rimaste solo due. Sicché la perizia si baserebbe su una fattispecie accusatoria ben diversa da quella attuale. Del resto, lo stesso perito avrebbe subordinato la validità delle sue conclusioni alla veracità delle accuse. L'insorgente evidenzia pure che gli atti in giudizio sarebbero occorsi tra il 2014 e il 2015 e che da allora egli avrebbe "saputo cessare qualsiasi comportamento sbagliato con queste persone". Non sarebbe quindi dato alcun rischio di recidiva. 
Benché accattivante, la censura si rivela però infondata. Per il perito, infatti, il rischio che il ricorrente commetta reati simili è da collocare nell'ambito medio-basso del tasso di recidiva statistico, precisato che sono da ipotizzare reati sessuali come quelli imputati nel presente procedimento, a condizione che le accuse siano veritiere (incarto cantonale 303, pag. 57). Se effettivamente il perito condiziona le sue conclusioni alla fondatezza delle accuse, non effettua alcun distinguo in funzione di quante e quali accuse si rivelino effettivamente veritiere. Le conclusioni peritali mantengono pertanto la loro valenza. Neppure la circostanza che, dal 2015, il ricorrente non avrebbe più avuto comportamenti "sbagliati" può relativizzare le conclusioni sul rischio di recidiva, fermo restando il fatto che afferma di non esercitare più la sua professione dal dicembre 2018. 
 
Secondo l'insorgente, l'interdizione dall'esercizio dell'attività professionale di psichiatra risulterebbe sproporzionata perché la sua durata, sommata a quella della pena detentiva inflittagli, lo costringerebbe a rinunciare alla sua attività per oltre 6 anni. La CARP ha fondato la misura sull'art. 67 cpv. 1 e 2 CP, menzionando che le vittime dei reati erano due donne particolarmente vulnerabili. In tal caso, la legge prevede un'interdizione di esercitare un'attività da uno a dieci anni (art. 67 cpv. 2 CP). Alla luce del ritenuto rischio di recidiva e del quadro edittale, la misura pronunciata dall'autorità cantonale non risulta in casu sproporzionata.  
 
10.  
Ne segue che, in quanto ammissibile, il ricorso dev'essere respinto perché infondato. 
 
Le spese giudiziarie seguono la soccombenza e sono pertanto poste a carico del ricorrente (art. 66 cpv. 1 LTF). 
In assenza di scambio di scritti, non v'è spazio per accordare ripetibili (art. 68 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 3'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3.  
Comunicazione alle parti e alla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 31 marzo 2022 
 
In nome della Corte di diritto penale 
del Tribunale federale svizzero 
 
La Presidente: Jacquemoud-Rossari 
 
La Cancelliera: Ortolano Ribordy