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Regesto

Art. 261bis cpv. 1 e 4 CP; esame dell'eventuale responsabilità penale del titolare di un account su un social network in relazione a commenti, costitutivi di discriminazione razziale, pubblicati da terzi sulla sua pagina.
Scegliendo di non limitare l'accesso alla sua "bacheca" di Facebook, ma di renderla al contrario accessibile a tutti, e di affrontarvi temi di natura politica, sensibili e suscettibili di amalgama, il titolare dell'account in questione, personalità pubblica per di più, ha creato il rischio che vi fossero pubblicati dei contenuti illegali. Questo rischio, tuttavia, oltrepassa ciò che può essere socialmente accettabile unicamente se l'interessato era al corrente dei contenuti problematici aggiunti sulla sua pagina, ciò che non è qui il caso. In particolare, al titolare dell'account non può essere rimproverata un'omissione per la mancata verifica del contenuto dei commenti pubblicati. Infatti, finora il legislatore non ha voluto porre in capo ai titolari di account su un social network - né d'altronde in capo agli stessi fornitori di servizio - l'obbligo di moderare i contenuti pubblicati da altri. Sarebbe contrario al principio di legalità concludere che le specifiche circostanze del caso di specie possano far sorgere un simile obbligo. Peraltro, volendo considerare il libero accesso alla "bacheca" del suo account Facebook come una prestazione positiva del titolare dell'account in favore di terzi, il suo comportamento potrebbe essere inteso come un'azione. Anche in questo caso, dato che il titolare dell'account ignorava la presenza del contenuto controverso pubblicato da terzi sulla sua pagina virtuale, egli non poteva partecipare ai reati da questi commessi, né a titolo principale né accessorio, in mancanza di un accordo di volontà (consid. 1 e 3).