Avis important:
Les versions anciennes du navigateur Netscape affichent cette page sans éléments graphiques. La page conserve cependant sa fonctionnalité. Si vous utilisez fréquemment cette page, nous vous recommandons l'installation d'un navigateur plus récent.
 
Chapeau

95 I 123


18. Estratto della sentenza 14 maggio 1969 nella causa Frediana SA contro Ticino.

Regeste

Art. 4 Cst. Procédure en matière d'autorisation de construire.
1. En règle générale, ne tombe pas dans l'arbitraire l'autorité qui traite une demande de permis de construire selon le droit en vigueur lors de la décision plutôt que selon le droit applicable lors du dépôtde la requête. Elle ne peut toutefois tarder de manière intolérable à rendre sa décision pour attendre l'élaboration et la mise en vigueur du droit nouveau (consid. 4 lettre a).
2. Le principe de la bonne foi s'applique aussi aux rapports de droit administratif. L'autorité ne peut dès lors tirer argument du retrait d'une demande de permis de construire conforme à la loi, lorsqu'elle a elle-même incité l'intéressé à retirer cette demande, pour pouvoir donner suite aux suggestions qu'elle lui faisait (consid. 4 lettres b et c).
3. Le Tribunal fédéral peut inviter l'autorité cantonale à accorder une autorisation de police refusée à tort. Exception au principe de la nature cassatoire du recours de droit public (consid. 5).

Faits à partir de page 124

BGE 95 I 123 S. 124
Riassunto della fattispecie:

A.- Il 14 dicembre 1965 la Frediana SA chiese al Consiglio di Stato del Cantone Ticino di essere autorizzata a costruire una doppia stazione di servizio per la distribuzione di carburanti sulle particelle n. 1318 e 1319 di sua proprietà, site lungo la strada cantonale che conduce al valico doganale di Pignora (Brusata) nel comune di Novazzano. Resa attenta dal Dipartimento cantonale delle pubbliche costruzioni della necessità di chiedere l'autorizzazione per il dissodamento del mappale n. 1318, di carattere boschivo, la Frediana SA la domandava il 19 ottobre 1966, ottenendola il 26 ottobre successivo dallo stesso dipartimento. L'istante sollecitò poi ripetutamente, ma invano, la concessione della licenza. Il 29 settembre 1967, a seguito di contatti avuti con l'autorità, essa presentò una variante del progetto al fine di tener conto, in particolare, della possibilità d'un allargamento del campo stradale, ventilata dagli organi tecnici cantonali. Con lettera del 17 ottobre 1967 al Dipartimento delle pubbliche costruzioni la Frediana SA sollecitò nuovamente la concessione del permesso, osservando ch'erano oramai trascorsi due anni dal momento in cui l'istanza era stata presentata.

B.- Il Consiglio di Stato evase la domanda mediante decisione del 10 aprile 1968, intimata alla Frediana SA, tramite il Municipio di Novazzano, il 24 giugno 1968: con tale giudizio esso rifiutò il permesso richiesto, fondandosi su prescrizioni del regolamento d'applicazione 22 dicembre 1967 (RA) della legge cantonale sulla costruzione, sulla manutenzione e sull'uso delle strade cantonali del 17 gennaio 1951 (LSC), entrato in vigore il 2 gennaio 1968. Più precisamente, l'autorità cantonale ha invocato l'art. 6 cpv. 3 lett. b del regolamento, il quale prescrive
BGE 95 I 123 S. 125
che le stazioni di servizio per la distribuzione di carburanti distino almeno 250 m dall'area doganale. Secondo il Consiglio di Stato, la Frediana SA non avrebbe affatto rispettato questa disposizione, i progettati impianti essendo previsti a soli 80 m circa dal sedime doganale.

C.- La Frediana SA impugna questa decisione con un tempestivo ricorso di diritto pubblico fondato sulla violazione degli art. 4 e 31 CF e della garanzia della proprietà. Essa chiede al Tribunale federale di annullare la decisione e di far obbligo al Consiglio di Stato di approvare il progetto litigioso.
Il Consiglio di Stato propone la reiezione del ricorso.

Considérants

Estratto dei considerandi:

4. La Frediana SA fa valere, in particolare, l'arbitrio e la disparità di trattamento. Essa li ravvisa nel forte ritardo frapposto dal Consiglio di Stato nell'evadere la sua istanza, rispettivamente nella concessione della licenza al vicino Piffaretti che si trovava in analoghe condizioni.
a) Come la ricorrente riconosce, non commette, di massima, arbitrio l'autorità che applica ad una domanda di costruzione il diritto vigente al momento della decisione anzicchè quello in vigore all'atto della presentazione dell'istanza (RU 87 I 510 e segg.; 89 I 26, 435; 91 I 45). È necessario tuttavia che l'autorità non abbia procrastinato in modo intollerabile l'evasione della domanda al fine di consentire l'elaborazione e la messa in vigore del nuovo diritto (RU 87 I 512/513, IMBODEN, Schweiz. Verwaltungsrechtsprechung, 3a ed., I, N. 312 n. c). Codesta condizione è direttamente deducibile dallo stesso art. 4 CF, che fa obbligo all'autorità competente di tempestivamente occuparsi delle domande che le sono correttamente sottoposte dai cittadini, e cautela questi ultimi contro il rischio, che ognuno deve assumere, di un mutamento della legislazione.
b) Secondo il Consiglio di Stato quale data della domanda deve valere quella dell'inoltro del progetto di variante (27 settembre 1967), permodochè soltanto tre mesi sarebbero trascorsi da codesto momento all'adozione (22 dicembre 1967) ed alla messa in vigore (2 gennaio 1968) del nuovo RA. Questo modo di vedere è infondato. È vero che, come il Tribunale federale ha già statuito (RU 87 I 513, 88 I 147), chi spontaneamente modifica e sostituisce una domanda di costruzione rinuncia a richiedere una decisione sull'istanza precedente, e di regola non
BGE 95 I 123 S. 126
può quindi prevalersi della data di deposito di questa. Ma codesto principio non ha valore assoluto. Esso soffre eccezione, allorquando la sua attuazione urterebbe il principio della buona fede, cui sottostanno anche i rapporti del diritto amministrativo (RU 76 I 190; 83 II 350). Così il ritiro di un'istanza fondata e la sua sostituzione non possono essere opposti a un richiedente che vi sia stato indotto da assicurazioni dategli dall'autorità circa le modalità di decisione della nuova domanda (RU 88 I 147). Uguali considerazioni debbono valere allorquando la modificazione di un progetto, conforme alle norme di legge, sia dovuta non già all'interesse o all'iniziativa dello stesso richiedente, ma appaia come la conseguenza della di lui volontaria adesione a suggestioni o desideri espressi dall'autorità competente. Ciò specie allorchè, per ciò fare, il richiedente si sia assunto volontariamente prestazioni o sobbarcato ritardi economicamente rilevanti.
c) La ricorrente adduce d'aver sostituito il primo progetto, del dicembre 1965, conforme alle prescrizioni del decreto esecutivo allora in vigore, con la variante del settembre 1967 unicamente per tener conto delle suggestioni dell'autorità competente. Questa tesi è contestata dal Consiglio di Stato, che indica nella preoccupazione della ricorrente di porsi in regola con le norme legali il motivo unico della sostituzione.
La tesi della ricorrente trova conforto negli atti.
aa) La ricorrente l'ha sostenuta ancor prima che il Consiglio di Stato prendesse l'impugnata decisione. Tanto dalla lettera del 27 settembre 1967, quanto ed ancor più da quella del 17 ottobre 1967, si deduce che la Frediana SA faceva valere non soltanto che il primo progetto era, a mente sua, ineccepibile, ma soprattutto che le modifiche apportate allo stesso con la variante erano intervenute unicamente al fine di facilitare le cose e di venire incontro ai desideri espressi dai tecnici dello Stato. Se queste asserzioni della ricorrente fossero state infondate, esse avrebbero, secondo i principi della buona fede, imposto una immediata e precisa messa a punto da parte dell'autorità. In particolare, il Dipartimento avrebbe dovuto reagire, e precisare in modo inequivoco il proprio punto di vista tanto riguardo ai pretesi difetti del primo progetto, quanto riguardo alla motivazione del deposito della variante. In ogni caso, in simili circostanze, il Consiglio di Stato non poteva, come si asserisce nella risposta al ricorso, ritenere che
BGE 95 I 123 S. 127
la ricorrente rinunciasse puramente e semplicemente al primitivo progetto e ad una decisione formale dello stesso.
bb) La mancanza di una presa di posizione chiara dell'autorità non gioverebbe, è vero, alla ricorrente, qualora, come asserisce il Consiglio di Stato nella risposta, fosse palese che il primo progetto non ossequiava le norme del decreto esecutivo 16 giugno 1959 concernente l'istallazione di stazioni di servizio per la distribuzione dei carburanti, in vigore al momento in cui l'istanza è stata presentata. Secondo il Consiglio di Stato ciò appunto si verificava, perchè la stazione sarebbe dovuta sorgere in piena curva, in luogo con scarsa visuale e pericoloso per la circolazione.
Sennonchè le risultanze degli atti e del sopralluogo non confortano affatto tale affermazione. Intanto risulta, nè il Consiglio di Stato pretende il contrario, che il progetto ossequiava, per le dimensioni e la sistemazione, lo schema annesso al decreto esecutivo del 1959. Quanto alla curva ed alla visuale, è palese che l'ubicazione della stazione della ricorrente offriva garanzie, se non addirittura migliori, per lo meno equivalenti a quelle della stazione Piffaretti, che il Consiglio di Stato ha autorizzato, e che, nella risposta al ricorso, esso dichiara ossequiare pienamente le norme del citato decreto. Infatti, come rileva la ricorrente, la stazione Piffaretti è situata subito dopo la curva; per di più, il fondo sopraelevato della Frediana SA, escavato solo in prosieguo, costituiva un certo ostacolo alla visuale in direzione dell'Italia.
In simili circostanze, valutare con un metro diverso, in punto alla sicurezza ed alla fluidità del traffico, con riferimento alle norme allora applicabili, i due progetti, costituisce una disparità evidente di trattamento, basata su una diversità di apprezzamento insostenibile, contraria al precetto dell'art. 4 CF.
Si impone pertanto la conclusione che la variante, come sostiene la ricorrente, avesse per iscopo preponderante quello di consentire il futuro allargamento del campo stradale, rispettivamente quello di perseguire un risultato tecnicamente superiore a quello dettato dalle norme del decreto esecutivo del 1959. Ne discende quindi che, per giudicare se l'istruzione e decisione della domanda sia stata procrastinata in modo intollerabile dal Consiglio di Stato, la ricorrente può avvalersi della data di presentazione del primo progetto.
d) Il primo progetto è del 14 dicembre 1965 ed è pervenuto,
BGE 95 I 123 S. 128
con l'approvazione comunale, all'autorità cantonale competente il 12 gennaio 1966. Secondo l'art. 11 del Regolamento cantonale sulle autorizzazioni a costruire del 5 novembre 1963, quest'ultima deve pronunciarsi sui progetti sottopostile nel termine di un mese o trasmettere gli atti, con le osservazioni del caso, al Consiglio di Stato, quando la decisione rientri nella di lui competenza.
Anche se codesta norma ha il valore di una semplice disposizione d'ordine, è evidente che il lasso di tempo trascorso tra la domanda e la sua evasione è manifestamente eccessivo. È vero che l'autorità cantonale fa valere che la domanda non era accompagnata dal permesso di disboscamento, richiesto dalla ricorrente soltanto il 19 ottobre 1966 e ottenuto il 26 di quello stesso mese. Ma a parte il fatto che il permesso avrebbe potuto essere concesso sotto la condizione che fosse ottenuto il consenso dell'autorità forestale, va considerato che la richiedente avrebbe potuto e dovuto esser avvertita subito da parte del Dipartimento di codesta omissione, tanto più che, come emerge dagli atti, la concessione di questo permesso rientrava nelle competenze dello stesso Dipartimento delle pubbliche costruzioni, che istruiva l'istanza. Se, come ne aveva il dovere, l'autorità cantonale si fosse occupata tempestivamente dell'istanza, questa avrebbe potuto essere decisa sin dalla primavera 1966. In considerazione delle norme allora vigenti, essa avrebbe dovuto essere accolta.
e) Il Consiglio di Stato pretende invero che, al momento in cui fu accolta (pure con grave ritardo) la coeva istanza di Piffaretti (maggio 1967) il problema della distanza dall'area doganale già preoccupava l'autorità cantonale, la quale a quel momento sarebbe stata dell'opinione che un intervallo di circa 150 m fosse, tenuto conto della ridotta importanza del valico, adeguato e sufficiente.
Ma questo argomento non è determinante. Innanzitutto, l'autorità cantonale non sostiene che già all'inizio del 1966, epoca in cui essa si sarebbe dovuta pronunciare sull'istanza della ricorrente, essa fosse giunta, in base a studi compiuti, ad una conclusione in punto alla necessità di un intervallo ed alla misura di questo. Se, come si desume dalla risposta, nel maggio 1967 gli studi intrapresi erano ancora ad uno stadio "embrionale", e sembrava giustificata l'adozione di distanze differenziate
BGE 95 I 123 S. 129
a seconda dell'importanza del valico e dell'intensità della circolazione, il principio della parità di trattamento avrebbe semmai richiesto che entrambe le coeve istanze, relative a fondi contigui, fossero tenute in sospeso in attesa della rapida conclusione degli studi e di un'altrettanto sollecita adozione di norme chiare e precise.
Procedendo diversamente nei confronti dei due istanti, l'autorità cantonale ha violato il precetto dell'uguaglianza di trattamento. D'altronde è palese che, ancora all'epoca dell'accoglimento dell'istanza Piffaretti l'autorità cantonale non riteneva troppo prossima alla frontiera la stazione progettata dalla ricorrente: se ciò fosse stato il caso, essa avrebbe avuto il dovere di precisare in modo chiaro questo punto di vista alla ricorrente, invece di indurla a studiare, con evidente dispendio di tempo e di denaro, l'arretramento della stazione per consentire l'allargamento del campo stradale.
Ne viene quindi che le censure della ricorrente, dedotte dall'inammissibilità della remora e dalla disparità di trattamento nei confronti del vicino Piffaretti, sono fondate. L'impugnata decisione, lesiva dell'art. 4 CF, deve quindi essere annullata, senza che sia necessario esaminare le altre censure della ricorrente.

5. In principio, il ricorso di diritto pubblico è rimedio di cassazione. Tuttavia, per i casi di rifiuto di un permesso di polizia, la giurisprudenza ha istituito eccezioni a codesta regola, dovendo necessariamente riconoscere all'interessato anche la possibilità di chiedere che l'autorità cantonale sia obbligata a rilasciargli il permesso incostituzionalmente rifiutatogli (RU 82 I 111 consid. 6; 84 I 113 consid. 3; 90 I 349; 91 I 411). Il Tribunale federale può tuttavia giungere ad una siffatta decisione solo se è in grado di accertare che la domanda presentata dalla ricorrente in sede cantonale adempie tutti i presupposti legali per il rilascio del permesso.
Nell'impugnata decisione il Consiglio di Stato fonda il suo rifiuto unicamente sul difetto della distanza dalla frontiera, e non appare aver esaminato il progetto sotto altri punti di vista. Tuttavia risulta che il progetto in discussione costituisce una semplice variante del primitivo progetto, che consiste essenzialmente nell'arretramento degli impianti. Le obiezioni, che il Consiglio di Stato ha opposto al primo progetto si sono rivelate infondate: altre obiezioni il Consiglio di Stato non ha sollevato.
BGE 95 I 123 S. 130
In simili condizioni, il Tribunale federale deve considerare adempiute le condizioni richieste dalla giurisprudenza per far obbligo al Consiglio di Stato di accordare il richiesto permesso.

Dispositif

Il Tribunale federale pronuncia:
Il ricorso è accolto e l'impugnata risoluzione è annullata.
Il Consiglio di Stato è invitato a rilasciare alla ricorrente il permesso di costruzione.

contenu

document entier
regeste: allemand français italien

Etat de fait

Considérants 4 5

Dispositif

références

ATF: 89 I 26, 91 I 45, 83 II 350, 84 I 113 suite...

Article: Art. 4 Cst., art. 4 e 31, ; 89 I 26, ; 91 I 45 suite...