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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
4A_597/2021  
 
 
Sentenza del 15 gennaio 2024  
 
I Corte di diritto civile  
 
Composizione 
Giudici federali Kiss, Giudice presidente, 
Hohl, May Canellas, 
Cancelliere Piatti. 
 
Partecipanti al procedimento 
1. A.________ Sagl, 
2. B.________, 
entrambi patrocinati dall'avv. Jean-Maurice Jordi, 
ricorrenti, 
 
contro 
 
C.________ SA, 
patrocinata dall'avv. Simona Lepori, 
opponente. 
 
Oggetto 
arbitrato interno, 
 
ricorso contro il lodo finale emanato il 22 ottobre 2021 dall'arbitra unica con sede in Lugano 
(caso n° 500128-2020). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
Il 29 luglio 2016 la A.________ Sagl ha acquisito per fr. 10'500'000.-- un diritto di compera, valido fino al 7 novembre 2016, per due fondi siti a Lugano e su cui sorgono due palazzine. 
Nei mesi di settembre e ottobre 2016 la A.________ Sagl ha concluso tre contratti in base ai quali le rispettive controparti le prestavano il 12,5 %, il 40 % e il 35 % "dell'intero ammontare" dietro un interesse e una partecipazione agli utili sgorganti dall'operazione immobiliare. 
Il 4 novembre 2016 la A.________ Sagl ha sottoscritto con la C.________ SA un "Accordo di collaborazione" in base al quale quest'ultima si obbligava a versare sul conto terzi del notaio rogante fr. 402'600.-- e partecipava all'acquisizione per il 12,5 % "dell'intero ammontare dell'investimento di A.________ Sagl per l'acquisto delle proprietà". Dal canto suo, la A.________ Sagl si impegnava a versare alla C.________ SA "al più presto il capitale e gli interessi derivanti dalle vendite future delle PPP non appena i fondi saranno disponibili senza tuttavia pregiudicare lo svolgimento dell'attività di ammodernamento e ristrutturazione prevista per i due stabili in oggetto, in ogni caso non oltre il termine di tre anni dalla firma del presente accordo". La convenzione prevedeva pure l'assunzione in via solidale da parte di B.________ degli impegni della A.________ Sagl fino all'importo massimo di fr. 375'000.-- e conteneva una clausola arbitrale. 
Dopo essere stata iscritta il 14 novembre 2016 a registro fondiario quale proprietaria dei predetti fondi, il 29 gennaio 2018 la A.________ Sagl ha venduto in blocco tutte le unità di proprietà per piani (PPP) sitevi per fr. 13'800'000.--, ricevendo in pagamento pure una villa per fr. 3'800'000.--. 
 
B.  
Il 19 ottobre 2020 la C.________ SA ha presentato una richiesta di arbitrato contro la A.________ Sagl e B.________. Con lodo finale del 22 ottobre 2021 l'arbitra unica ha condannato la A.________ Sagl a pagare alla C.________ SA fr. 562'023.15, oltre interessi, importo per cui B.________ risponde in via solidale fino a fr. 375'000.--. L'arbitra ha considerato che l'"accordo di collaborazione" era un contratto di prestito (mutuo) con partecipazione agli utili e non, come preteso dai convenuti, un contratto di società semplice. Ha poi ritenuto esigibile il credito per cui procede l'attrice, perché gli immobili erano stati venduti ed era pure trascorso il periodo massimo di tre anni previsto dal contratto. Ha determinato l'utile di compravendita dell'operazione in fr. 1'312'774.90 di cui ha assegnato il 12.5% all'attrice, giungendo a un importo di fr. 164'096.85. 
 
C.  
Con ricorso in materia civile del 22 novembre 2021 la A.________ Sagl e B.________ postulano l'annullamento del lodo. Dopo aver prodotto un nuovo documento concernente la rivendita della villa ricevuta in pagamento, i ricorrenti invocano una violazione dell'art. 393 cpv. 1 lett. c e lett. e CPC e affermano che l'arbitra avrebbe arbitrariamente ritenuto che le parti avevano concluso un mutuo parziario invece di un contratto di società semplice. Lamentano che il credito per cui procede l'attrice non era esigibile, poiché il fine perseguito dalle parti non era più quello di ristrutturare completamente le palazzine e di alienare i singoli appartamenti: lo scopo dell'operazione era divenuto quello di vendere direttamente le due palazzine, ottenendo in pagamento anche un altro immobile, ciò che avrebbe pure influito sull'utile. Con riferimento alla ripartizione di quest'ultimo rimproverano all'arbitra di avere travisato il contratto ed essere incorsa in un errore di calcolo. 
Con risposta 10 gennaio 2022 la C.________ SA propone di respingere in ordine e nel merito il ricorso, mentre l'11 gennaio 2022 l'arbitra unica ha comunicato la sua rinuncia a determinarsi. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. I ricorrenti producono l'istanza 30 settembre 2021 di iscrizione a registro fondiario della rivendita, avvenuta con - l'allegato - rogito del 10 settembre 2021, per fr. 2,9 milioni della villa ricevuta in pagamento per la cessione dei due immobili.  
 
1.2. Giusta l'art. 99 cpv. 1 LTF possono essere addotti nuovi fatti e nuovi mezzi di prova soltanto se ne dà motivo la decisione dell'autorità inferiore. L'esclusione di fatti e di mezzi di prova nuovi è la regola. Questa conosce un'eccezione se la decisione dell'autorità inferiore ha reso per la prima volta rilevanti questi fatti o mezzi di prova (DTF 139 III 120 consid. 3.1.2). Può trattarsi di fatti o di mezzi di prova in relazione alla regolarità della procedura innanzi all'autorità inferiore (ad es. concernenti una violazione del diritto di essere sentito) o che sono determinanti per stabilire l'ammissibilità del ricorso innanzi al Tribunale federale (ad es. la data di notifica della decisione impugnata) o ancora che sono idonei a confutare un'argomentazione dell'autorità inferiore oggettivamente imprevedibile per le parti prima della ricezione della sentenza impugnata. Il ricorrente non può per contro allegare fatti o produrre mezzi di prova che ha omesso di allegare o produrre innanzi all'autorità inferiore (DTF 136 III 123 consid. 4.4.3; sentenze 4A_434/2021 del 18 gennaio 2022 consid. 2.2; 5A_291/2013 / 5A_320/2013 del 27 gennaio 2014 consid. 2.2).  
In concreto le condizioni per produrre nuovi documenti e addurre nuovi fatti non sono date. Sebbene la villa in questione sia addirittura stata venduta prima dello scadere del termine per inoltrare le memorie conclusive nella procedura arbitrale, i ricorrenti non spendono una parola per spiegare perché non avrebbero potuto presentare le prove dell'alienazione in quella procedura. Il prezzo di rivendita della villa è inoltre del tutto ininfluente ai fini del presente giudizio, poiché in ragione della natura cassatoria del rimedio esperito (art. 77 cpv. 2 LTF che esclude l'applicazione dell'art. 107 cpv. 2 LTF per quanto quest'ultimo consente al Tribunale federale di giudicare esso stesso nel merito), nell'eventualità di un accoglimento del ricorso questo tribunale non potrebbe fissare l'importo dovuto all'attrice, ma dovrebbe ritornare l'incarto all'arbitra unica per nuovo giudizio. 
 
2.  
La procedura di ricorso in materia di arbitrati interni è retta dalla LTF, fatte salve le disposizioni contrarie del primo capitolo del settimo titolo della terza parte del CPC (art. 389 cpv. 2 CPC). L'art. 77 cpv. 2 LTF dichiara inapplicabili diverse disposizioni di questa legge e in particolare gli articoli da 95 a 98 relativi ai motivi di ricorso e l'art. 105 cpv. 2 che permette - a determinate condizioni - di rettificare o completare l'accertamento dei fatti dell'autorità inferiore. 
La contestazione di un lodo emanato nella giurisdizione arbitrale interna si differenzia - in parte - dalle regole vigenti in materia d'impugnazione di sentenze statali. Costituiscono motivi di ricorso solo quelli elencati nell'art. 393 CPC o, se le parti hanno convenuto di sottomettersi alle regole sugli arbitrati internazionali (art. 353 cpv. 2 CPC), nell'art. 190 LDIP. Il ricorrente non può per contro prevalersi di una violazione del diritto federale non annoverata in tali articoli. 
Il Tribunale federale esamina soltanto le censure che il ricorrente propone e motiva (art. 77 cpv. 3 LTF). Questa norma corrisponde a quanto previsto dall'art. 106 cpv. 2 LTF per le censure attinenti alla violazione di diritti fondamentali o di disposizioni di diritto cantonale e intercantonale (DTF 134 III 186 consid. 5). Alla stregua di tale disposto essa istituisce il principio dell'allegazione (Rügeprinzip) ed esclude quindi l'ammissibilità di critiche appellatorie (sentenza 4A_402/2018 dell'11 marzo 2019 consid. 1). 
 
3.  
I ricorrenti menzionano l'art. 393 cpv. 1 lett. c e lett. e CPC e affermano di impugnare il lodo, perché l'arbitra avrebbe omesso di giudicare determinate conclusioni e perché il lodo sarebbe segnatamente basato su accertamenti in palese contrasto con gli atti. 
 
4.  
In virtù dell'art. 393 lett. c CPC la sentenza emanata in un arbitrato interno può essere impugnata se il tribunale arbitrale ha deciso punti litigiosi che non gli erano stati sottoposti o ha omesso di giudicare determinate conclusioni. Quest'ultimo motivo di ricorso corrisponde a quello previsto per gli arbitrati internazionali nell'art. 190 cpv. 2 lett. c LDIP, ragione per cui la giurisprudenza sviluppata in tale ambito è pure applicabile agli arbitrati interni (M ICHAEL MRÁZ / FLAVIO PETER, Commento basilese, Schweizerische Zivilprozessordnung, 3a ed. 2017, n. 52 ad art. 393 CPC, con rinvii). L'omissione di pronunciarsi su determinate conclusioni concerne un caso di diniego di giustizia formale e si riferisce all'eventualità in cui la sentenza è incompleta perché il Tribunale arbitrale non ha statuito su delle conclusioni che gli sono state sottoposte (DTF 128 III 234 consid. 4a; sentenza 4A_635/2012 del 10 dicembre 2012 consid. 4.2). 
Nel ricorso si cerca invano una conclusione (nel tenore tedesco della norma: "Rechtsbegehren") che non sarebbe stata decisa dall'arbitra. Infatti, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, il rimprovero mosso a quest'ultima di non avere preso in considerazione "i costi che devono essere dedotti" nell'ambito della determinazione dell'utile da ripartire non si riferisce a una conclusione. 
 
5.  
Giusta l'art. 393 lett. e CPC la sentenza emanata in un arbitrato interno può essere impugnata se è arbitraria nel suo esito perché si fonda su accertamenti di fatto palesemente in contrasto con gli atti o su una manifesta violazione del diritto o dell'equità. La nozione di arbitrio di questa norma corrisponde sostanzialmente a quella sviluppata dalla giurisprudenza con riferimento all'art. 9 Cost. (sentenza 5A_978/2015 del 17 febbraio 2016 consid. 3; DTF 131 I 45 consid. 3.4). Una decisione non è pertanto arbitraria per il solo motivo che un'altra soluzione sarebbe sostenibile o addirittura preferibile, ma il giudizio attaccato dev'essere, anche nel suo risultato, manifestamente insostenibile, in aperto contrasto con la situazione effettiva, fondato su una svista manifesta oppure in urto palese con il sentimento di giustizia ed equità (DTF 141 III 564 consid. 4.1, con rinvii). 
L'arbitrio vietato dall'art. 393 lett. e CPC può realizzarsi attraverso una manifesta violazione del diritto. Per diritto si intende solo il diritto materiale (DTF 142 III 284 consid. 3.2), ad esclusione del diritto di procedura. 
Un accertamento di fatto è unicamente arbitrario ai sensi dell'art. 393 lett. e CPC nel caso in cui il tribunale arbitrale, in seguito a un'inavvertenza, si è posto in contraddizione con gli atti dell'incartamento, sia perdendo di vista certi passaggi di un determinato atto o attribuendo loro un contenuto diverso da quello che hanno realmente, sia ammettendo per errore che un fatto è dimostrato da un atto, quando questo in realtà non dà invece alcun ragguaglio in materia. L'oggetto della censura di arbitrio è quindi ridotto e non concerne l'apprezzamento delle prove e le conclusioni derivatene, ma riguarda unicamente le constatazioni di fatto manifestamente confutate da atti dell'incartamento. In materia di arbitrato il modo in cui il Tribunale arbitrale ha esercitato il proprio potere di apprezzamento non può essere oggetto di ricorso: la censura di arbitrio è limitata agli accertamenti che non dipendono da una valutazione e cioè a quelli che sono inconciliabili con gli atti della causa (DTF 131 I 45 consid. 3.6 e 3.7 ancora confermati nella sentenza 4A_533/2022 del 30 marzo 2023 consid. 3.1). 
 
5.1.  
 
5.1.1. L'arbitra ha ritenuto che la possibilità dell'attrice di partecipare all'utile e di effettuare lavori di ristrutturazione non bastava per  
ritenere che l'accordo di collaborazione andasse qualificato come un contratto di società semplice. Mancava infatti l'animus societatis da parte dell'attrice e non risultava una chiara regolamentazione sulla partecipazione di quest'ultima ad eventuali perdite. La società convenuta aveva inoltre stipulato con ogni finanziatore un contratto separato e fra questi partecipanti all'operazione non risultava alcuno scambio di intenti. Ciascuno di essi, oltre all'interesse comune del ricavo di un utile, aveva un interesse specifico diverso (ad esempio la vendita originaria delle palazzine o la possibilità di effettuare i lavori di ristrutturazione). 
 
5.1.2. Secondo i ricorrenti l'istruttoria avrebbe chiarito che i finanziatori partecipavano alle perdite. L'arbitra avrebbe poi scordato l'esistenza della figura della società semplice nella forma tacita, come quella conclusa per atti concludenti nella fattispecie, ignorando pure che i finanziatori si conoscevano e procedevano a discussioni comuni ed erano al corrente dei vari accordi. La dottrina maggioritaria propende inoltre per l'esistenza di una società semplice nei casi in cui sussiste una partecipazione alle perdite.  
 
5.1.3. Nella fattispecie con la loro argomentazione i ricorrenti tentano di inammissibilmente rettificare e completare l'accertamento dei fatti contenuto nel lodo. Insistendo poi su un - preteso - accordo sulla partecipazione alle perdite, essi dimenticano che, come peraltro pure rilevato dall'arbitra, una tale partecipazione non costituisce un elemento distintivo determinante per stabilire la natura del contratto (prestito parziario o società semplice; DTF 99 II 303 consid. 4). Così stando le cose nemmeno l'opinione dottrinale citata nel ricorso fa apparire insostenibile la qualifica giuridica risultante dal lodo. La censura va pertanto disattesa.  
 
5.2.  
 
5.2.1. L'arbitra ha ritenuto che il credito per cui procede l'attrice era esigibile, perché gli immobili acquistati nel 2016 erano stati venduti ed era pure trascorso il periodo massimo di tre anni previsto dal contratto per il capitale e gli interessi. Ella non ha considerato giustificato differenziare fra la restituzione del capitale e la corresponsione degli interessi, da un lato, e la partecipazione all'utile, dall'altro, poiché la decisione di accettare in pagamento un altro immobile per fr. 3'800'000.-- andava imputata alla società opponente e non risultava provato alcun accordo secondo cui l'esigibilità di questa pretesa dipendeva dalla rivendita della villa.  
 
5.2.2. I ricorrenti rimproverano all'arbitra di aver travisato i termini del contratto perché, in base al suo chiaro tenore, l'obbligo di restituzione entro 3 anni era limitato al capitale e agli interessi. Si dilungano poi su una modifica dello scopo dell'operazione, che era passato da una ristrutturazione delle palazzine a una loro vendita diretta con la contestuale acquisizione della villa, ciò che avrebbe anche avuto un effetto sull'utile da ripartire.  
 
5.2.3. La predetta argomentazione ricorsuale, peraltro appellatoria e quindi inammissibile, si confronta solo parzialmente con la motivazione del lodo. Giova aggiungere che nella misura in cui pare suggerire che le parti avrebbero, contrariamente a quanto ritenuto dall'arbitra, concordato di considerare per la fissazione dell'utile anche il prezzo di una rivendita della villa ricevuta in pagamento, la critica ricorsuale esula dal ridotto oggetto di una censura diretta contro gli accertamenti di fatto effettuati da un tribunale arbitrale.  
 
5.3.  
 
5.3.1. Infine, per determinare l'utile netto di compravendita da ripartire, l'arbitra unica si è basata sulla dichiarazione per l'imposta sugli utili immobiliari (TUI) inoltrata dalla società opponente (doc. 58). Da questa, in particolare dalla tabella riassuntiva allegatavi, risultavano costi di acquisto di fr. 218'379.-- da cui l'arbitra ha tolto, come richiesto dall'attrice, fr. 1'150.20, perché riferiti a una fattura concernente un'assemblea straordinaria tenuta dalla società convenuta per cambiare il suo scopo sociale. Nel suo calcolo l'arbitra ha quindi dedotto dal prezzo di vendita fr. 217'228.80 (fr. 218'379.-- - fr. 1'150.20).  
 
5.4. I ricorrenti affermano che la predetta tabella contiene un errore di calcolo: la somma di tutte le fatture prodotte non ammonterebbe, come erroneamente indicato nella tabella, a fr. 218'379.-- ma a fr. 311'137.--, ragione per cui ritengono che anche il calcolo allestito dall'arbitra debba essere rettificato di conseguenza, decurtando il prezzo di vendita di tale importo.  
 
5.5. Nella fattispecie gli stessi ricorrenti riconoscono che l'arbitra ha correttamente recepito la tabella da loro prodotta. Ciò basta per respingere la censura. La mancata ricerca di errori, che affliggono un documento allestito da una parte e a questa sfavorevoli, da parte dell'arbitra mediante la verifica di tale documento con i giustificativi posti a suo fondamento, non rientra infatti nel ridotto campo di applicazione di una censura diretta contro un accertamento di fatto manifestamente in contrasto con gli atti.  
 
6.  
Da quanto precede discende che il ricorso, nella ridotta misura in cui risulta ammissibile, si palesa infondato e come tale va respinto. Le spese giudiziarie e le ripetibili seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 e 68 cpv. 2 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 8'500.-- sono poste a carico dei ricorrenti in solido. 
 
3.  
I ricorrenti verseranno, con vincolo di solidarietà, all'opponente la somma di fr. 9'500.-- a titolo di ripetibili per la procedura innanzi al Tribunale federale. 
 
4.  
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e all'arbitra unica con sede in Lugano. 
 
 
Losanna, 15 gennaio 2024 
 
In nome della I Corte di diritto civile 
del Tribunale federale svizzero 
 
La Giudice presidente: Kiss 
 
Il Cancelliere: Piatti