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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
2C_1025/2021  
 
 
Sentenza del 18 ottobre 2023  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Aubry Girardin, Presidente, 
Donzallaz, Ryter, 
Cancelliera Ieronimo Perroud. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Yasar Ravi e 
dall'avv. Marco Garbani, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, Sezione della popolazione, 6501 Bellinzona, 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6501 Bellinzona. 
 
Oggetto 
Revoca del permesso di dimora UE/AELS, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 15 novembre 2021 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2019.547). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
 
A.a.  
Entrato in Svizzera il 20 dicembre 2013 A.________ (1973), cittadino italiano, si è visto rilasciare il 10 gennaio 2014 un permesso di dimora UE/AELS senza attività lucrativa per risiedere a X.________. Poiché il 1° dicembre 2014 ha iniziato a lavorare presso un'azienda luganese, il 22 gennaio 2015 il suo permesso, come risulta dall'inserto di causa (art. 105 cpv. 2 LTF) è stato modificato e, tra l'altro, la scadenza inizialmente fissata al 19 dicembre 2018 è stata prorogata al 15 dicembre 2019. 
 
A.b. Essendosi trasferito a Y.________, A.________ ha chiesto, il 18 giugno 2018, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino la modifica di alcuni dati del suo permesso di dimora UE/AELS. Dato che aveva indicato di essere stato oggetto di condanne penali in Svizzera e/o all'estero, l'autorità ha avviato degli accertamenti sul suo conto, ottenendo in particolare il certificato del suo casellario giudiziale italiano. Essa è quindi venuta a conoscenza del fatto che a suo carico, oltre ad un decreto d'accusa emanato in Svizzera il 6 giugno 2016 per grave infrazione alle norme della circolazione, vi erano tre condanne pronunciate in Italia negli anni 2009 (guida in stato di ebbrezza), 2015 e 2017 (per bancarotta fraudolenta). Concessa ad A.________ la facoltà di esprimersi, la Sezione della popolazione gli ha negato, il 5 novembre 2018, la modifica chiesta oltre a revocargli il permesso di dimora UE/AELS per motivi di ordine pubblico. Nel contempo gli ha fissato un termine con scadenza il 14 gennaio 2019 per lasciare la Svizzera.  
 
B.  
La citata decisione è stata confermata su ricorso dal Consiglio di Stato ticinese il 25 settembre 2019. Il 29 ottobre 2019 A.________ ha adito il Tribunale cantonale amministrativo. Nel corso dell'istruttoria egli ha informato la Corte cantonale che dal 1° marzo 2016 lavorava alle dipendenze di una ditta con sede a X.________, in qualità di responsabile commerciale. Inoltre nel 2019 si era sposato con una cittadina ucraina che l'aveva raggiunto in Svizzera ove, lo stesso anno, era nata la loro figlia. Con sentenza del 15 novembre 2021 i giudici ticinesi hanno a loro volta convalidato la revoca del permesso di dimora UE/AELS. 
 
C.  
Con ricorso in materia di diritto pubblico del 16 dicembre 2021 A.________ si è rivolto al Tribunale federale, chiedendo che, conferito l'effetto sospensivo al proprio gravame, la sentenza cantonale sia annullata. 
Chiamati ad esprimersi, il Tribunale cantonale amministrativo si è limitato a riconfermarsi nelle motivazioni e conclusioni della propria sentenza, mentre la Sezione della popolazione ha proposto il rigetto del gravame. Il Consiglio di Stato si è invece rimesso al giudizio del Tribunale federale e la Segreteria di Stato della migrazione SEM non si è determinata. Con replica dell'8 febbraio 2022 il ricorrente ha confermato la propria posizione. 
Nel frattempo, con decreto presidenziale del 17 dicembre 2021, è stato concesso l'effetto sospensivo al ricorso. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. L'allegato ricorsuale è diretto contro una sentenza pronunciata dal Tribunale cantonale amministrativo in una vertenza che riguarda il diritto degli stranieri. Giusta l'art. 83 lett. c n. 2 LTF il ricorso in materia di diritto pubblico è inammissibile contro le decisioni in materia di diritto degli stranieri concernenti permessi o autorizzazioni al cui ottenimento né il diritto federale né il diritto internazionale conferiscono un diritto. Già perché il ricorrente è di nazionalità italiana, egli gode in linea di principio di un diritto potenziale a un'autorizzazione di soggiorno in base all'Accordo del 21 giugno 1999 sulla libera circolazione tra la Confederazione Svizzera, da una parte, e la Comunità europea (attualmente: Unione europea) e i suoi Stati membri, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone (di seguito: ALC rispettivamente Accordo sulla libera circolazione delle persone [RS 0.142.112.681]), ragione per cui la causa sfugge alla citata clausola di eccezione (sentenza 2C_1047/2022 dell'11 aprile 2023 consid. 1.1 e rinvio).  
 
1.2. Diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF) emessa in ultima istanza cantonale da un tribunale superiore (art. 86 cpv. 1 lett. d e cpv. 2 LTF), il ricorso è stato interposto nei termini (art. 100 cpv. 1 LTF) e nelle forme richieste (art. 42 cpv. 2 LTF). Anche se, come emerge dagli atti di causa, il permesso di dimora litigioso è scaduto dal 15 dicembre 2019, dev'essere ammesso il necessario interesse a ricorrere (art. 89 cpv. 1 LTF) : un'autorizzazione di soggiorno UE/AELS ha infatti portata dichiarativa e non perde validità con il passare del tempo, ma soltanto quando le condizioni per il suo riconoscimento non sono più adempiute (DTF 136 II 329 consid. 2.2; sentenza 2C_897/2022 del 6 settembre 2023 consid. 5.3 e richiami). L'impugnativa è di conseguenza ammissibile, in linea di massima, quale ricorso ordinario ai sensi degli art. 82 segg. LTF.  
 
1.3. Come appena accennato il termine di controllo del permesso di dimora UE/AELS di cui fruiva il ricorrente è giunto a scadenza il 15 dicembre 2019, quindi già prima che la Corte cantonale si pronunciasse. Di conseguenza il caso non va affrontato nell'ottica dell'esame della legittimità della revoca, come fatto dalla Corte cantonale, bensì di determinare se sussiste un diritto al rinnovo del permesso di dimora UE/AELS di cui il ricorrente, cittadino italiano, ha beneficiato (DTF 136 II 329 consid. 2.2 relativo al termine di controllo e alla procedura di rinnovo di un permesso UE/AELS; vedasi anche infra consid. 4).  
 
1.4. Nelle proprie conclusioni il ricorrente si limita a chiedere l'annullamento della sentenza cantonale. Egli formula pertanto conclusioni di natura cassatoria, allorché il ricorso in materia di diritto pubblico dinanzi a questa Corte ha carattere riformatorio (art. 107 cpv. 2 LTF) e deve contenere, tra l'altro, le conclusioni sul merito della vertenza. Il suo ricorso è tuttavia ammissibile, dato che dalla motivazione dell'allegato ricorsuale ne può comunque essere dedotto che egli conclude al mantenimento del proprio permesso di dimora UE/AELS (sentenza 2C_710/2022 del 30 agosto 2023 consid. 1.2 e rinvii).  
 
2.  
 
2.1. Di principio, il Tribunale federale applica il diritto federale d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF). Nondimeno, tenuto conto dell'onere di allegazione e motivazione imposto dalla legge (art. 42 cpv. 1 e 2 LTF), si confronta di regola solo con le censure sollevate (DTF 142 III 364 consid. 2.4). La parte ricorrente deve pertanto spiegare, in modo conciso e confrontandosi con i considerandi della sentenza impugnata, perché quest'ultima viola il diritto (DTF 143 II 283 consid. 1.2.2; 142 III 364 consid. 2.4). Esigenze più severe valgono poi in relazione alle censure di violazione di diritti fondamentali, che vanno motivate con precisione (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 143 II 283 consid. 1.2.2).  
 
2.2. Per quanto concerne i fatti, il Tribunale federale fonda il suo ragionamento sugli accertamenti dell'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Può scostarsene se sono stati eseguiti violando il diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto, cioè arbitrario (art. 105 cpv. 2 LTF; DTF 145 IV 154 consid. 1.1), profilo sotto il quale viene esaminato anche l'apprezzamento delle prove (DTF 136 III 552 consid. 4.2).  
 
2.3. Dato che il ricorrente non li mette validamente in discussione - con motivazione conforme all'art. 106 cpv. 2 LTF, che ne dimostri un accertamento rispettivamente un apprezzamento arbitrario - i fatti che emergono dalla sentenza impugnata vincolano nel caso concreto il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF; sentenza 2C_555/2021 del 16 novembre 2021 consid. 2.2 e rinvio).  
 
3.  
Il 1° gennaio 2019 è entrata in vigore la revisione della legge federale del 16 dicembre 2005 sugli stranieri (RS 142.20), rinominata legge federale sugli stranieri e la loro integrazione (LStrI). Giusta l'art. 126 cpv. 1 LStrI, alle domande presentate prima di tale data permane però applicabile il diritto anteriore. In caso di revoca di un'autorizzazione di soggiorno, è determinante il momento in cui è stata avviata la procedura (sentenza 2C_49/2023 dell'11 aprile 2023 consid. 3 e rinvii). 
Nella fattispecie, la procedura in esame è iniziata il 5 novembre 2018 quando è stata pronunciata la revoca dell'autorizzazione di soggiorno del qui ricorrente (cfr. supra A.b); la vertenza è quindi retta dal diritto previgente (sentenza 2C_49/2023 già citata e richiami).  
 
4.  
 
4.1. Con una prima censura il ricorrente lamenta un diniego di giustizia, più precisamente la violazione del principio di celerità. Richiamando l'art. 11 ALCP, che disciplina la facoltà delle persone ricadenti sotto l'egida dell'Accordo medesimo di potere adire le vie giudiziarie nazionali (al riguardo vedasi segnatamente DTF 131 II 352 consid. 1.2.1), il ricorrente rimprovera al Tribunale cantonale amministrativo di avere tardato a giudicare: contrariamente a quanto previsto dal secondo capoverso del citato disposto convenzionale - il quale sancisce che i ricorsi devono essere trattati entro un termine ragionevole - la procedura dinanzi alla Corte cantonale è infatti durata oltre due anni, senza che sia peraltro stata effettuata alcuna particolare istruttoria dopo lo scambio di scritti. Osservando che dalla decisione di revoca (5 novembre 2018) fino all'emanazione della sentenza ora querelata (15 novembre 2021) sono trascorsi oltre tre anni il ricorrente, al di là del diniego di giustizia di cui chiede l'accertamento, afferma che detto ritardo sarebbe peraltro la prova lampante che egli non rappresenterebbe un pericolo per la Svizzera così come definito dall'art. 5 Allegato I ALCP.  
 
4.2. Per consolidata prassi ognuno ha diritto, dinanzi ad autorità giudiziarie o amministrative, ad essere segnatamente giudicato entro un termine ragionevole. La durata del procedimento non è soggetta a regole rigide, dovendosi tenere conto delle circostanze concrete, in particolare dell'ampiezza e delle difficoltà della causa, del modo con il quale è stata trattata dall'autorità, dell'interesse in gioco delle singole parti e del loro comportamento nella procedura (sentenza 1C_630/2022 del 25 luglio 2023 consid. 6.1 e rinvio). Al riguardo occorre precisare che l'amministrato deve fare tutto quanto in suo potere affinché l'autorità si esprima tempestivamente, sollecitandola a rendere le proprie decisioni o interponendo se del caso ricorso per denegata giustizia. Sarebbe infatti contrario al principio della buona fede (art. 5 cpv. 3 Cost.) permettergli di fare valere la lesione del principio di celerità quando non se ne è mai lamentato in precedenza (sentenze 2C_44/2020 del 3 marzo 2022 consid. 12.6.1 non pubblicato in DTF 148 II 321 e 2C_764/2022 del 16 febbraio 2023 consid. 5 e rispettivi richiami).  
 
4.3. Nel caso concreto, emerge dagli atti di causa che il Tribunale cantonale amministrativo, adito il 29 ottobre 2019 e dopo avere proceduto ad alcuni atti istruttori nel corso dei mesi successivi (richiesta anticipo delle spese il 30 ottobre 2019; invito rivolto il 5 novembre 2019 alle autorità parti in causa a produrre gli atti di causa nonché a determinarsi, ciò che hanno fatto in data 13 e 19 novembre 2019; invito successivo rivolto all'insorgente il 20 novembre 2019 per la presentazione di un'eventuale replica, al quale questi non ha dato seguito) ha tuttavia emanato il proprio giudizio solo il 15 novembre 2021, più di due anni dopo. Sennonché, come emerge dall'inserto di causa, il ricorrente - il quale peraltro nemmeno lo pretende - non se n'è mai lamentato. Agli atti infatti vi è una sua unica lettera, datata 4 novembre 2021 - 11 giorni prima della pronuncia della sentenza ora impugnata - nella quale non muove alcun rimprovero all'autorità per la sua inattività né le ingiunge di pronunciarsi, ma in cui chiede soltanto di essere orientato circa i tempi di evasione del gravame. Egli inoltre non ha mai esperito un ricorso per diniego di giustizia.  
In queste condizioni, quand'anche si volesse considerare eccessiva la durata del procedimento avviato dinanzi all'istanza precedente, il ricorrente non può però prevalersi ora, nell'ottica della buona fede, di una violazione del principio di celerità ne, di conseguenza, dedurne alcunché in suo favore. Egli infatti non si è manifestato e nulla ha intrapreso nel corso della procedura cantonale affinché il suo caso sia esaminato con maggior premura (cfr. sentenza 2C_764/2022, già citata consid. 5 e rinvii). Su questo punto il ricorso si rivela infondato e come tale va respinto. 
 
5.  
Come accennato in precedenza (cfr. supra consid. 1.3), la vertenza va trattata dal profilo del rifiuto del rinnovo del permesso di dimora UE/AELS del qui ricorrente.  
 
5.1. La LStr (nella versione in vigore prima del 1° gennaio 2019 [RU 2007 5437], vedasi art. 126 cpv. 1 LStrI nonché supra consid. 3) si applica ai cittadini degli Stati membri dell'Unione europea se l'Accordo sulla libera circolazione delle persone non contiene disposizioni derogatorie o se essa prevede disposizioni più favorevoli (art. 2 cpv. 2 LStr). Dato che la revoca di un permesso di dimora rispettivamente il suo mancato rinnovo non sono regolati nell'ALC, valgono i motivi di cui all'art. 62 LStr (art. 23 cpv. 1 dell'ordinanza del 22 maggio 2002 sull'introduzione della libera circolazione delle persone [OLCP; RS 142.203]; sentenza 2C_107/2021 del 1° giugno 2021 consid. 3.1 e rinvii).  
 
5.2. Giusta l'art. 33 cpv. 3 LStr il permesso di dimora è di durata limitata e può essere prorogato, se non vi sono motivi di revoca secondo l'art. 62 cpv. 1 LStr. Come rilevato nel giudizio querelato, ciò è il caso quando, tra l'altro, lo straniero è stato condannato ad una pena detentiva di lunga durata (cpv. 1 lett. b) oppure ha violato in modo rilevante o ripetutamente o espone a pericolo l'ordine e la sicurezza pubblici in Svizzera o all'estero o costituisce una minaccia per la sicurezza interna o esterna della Svizzera (cpv. 1 lett. c). Una pena detentiva, sospesa o da espiare, è di lunga durata se è stata pronunciata per più di un anno (DTF 135 II 377 consid. 4.2).  
 
5.3. In simile contesto, determinante è nondimeno l'art. 5 Allegato I ALC, a norma del quale i diritti conferiti dall'ALC possono essere limitati soltanto da misure giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità. Secondo la giurisprudenza in materia, che si orienta alla direttiva CEE 64/221 del 25 febbraio 1964 ed alla prassi della Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE) ad essa relativa (art. 5 cpv. 2 Allegato I ALC), le deroghe alla libera circolazione garantita dall'ALC vanno interpretate in modo restrittivo. Al di là della turbativa insita in ogni violazione della legge, il ricorso di un'autorità nazionale alla nozione di ordine pubblico presuppone il sussistere di una minaccia attuale, effettiva e sufficientemente grave di un interesse fondamentale per la società. In applicazione dell'art. 5 Allegato I ALC, una condanna penale va di conseguenza considerata come motivo per limitare i diritti conferiti dall'Accordo solo se dalle circostanze che l'hanno determinata emerge un comportamento personale costituente una minaccia attuale per l'ordine pubblico (DTF 139 II 121 consid. 5.3; sentenza 2C_83/2021 del 26 novembre 2021 consid. 5.1). A dipendenza delle circostanze, già la sola condotta tenuta in passato può comunque adempiere i requisiti di una simile messa in pericolo dell'ordine pubblico. Per valutare l'attualità della minaccia, non occorre prevedere quasi con certezza che lo straniero commetterà infrazioni in futuro; d'altro lato, per rinunciare a misure di ordine pubblico, non si deve esigere che il rischio di recidiva sia nullo. La misura dell'apprezzamento dipende dalla gravità della potenziale infrazione: tanto più questa appare importante, quanto minori sono le esigenze in merito al rischio di recidiva (DTF 137 II 233 consid. 4.3.2 pag. 30; 136 II 5 consid. 4.2 pag. 20). Infine, come già precisato da questa Corte, le condanne subite all'estero possono essere prese in considerazione (sentenza 2C_604/2019 del 21 ottobre 2019 consid. 3.1).  
 
5.4. Dati un valido motivo di revoca rispettivamente di non rinnovo così come il rispetto dell'art. 5 Allegato I ALC, una tale misura si giustifica infine solo quando è proporzionata. Nell'esercizio del loro potere discrezionale, le autorità competenti tengono conto degli interessi pubblici e della situazione personale dello straniero, considerando la gravità di quanto gli viene rimproverato, la durata del suo soggiorno in Svizzera, il grado d'integrazione e il pregiudizio che l'interessato e la sua famiglia subirebbero se la misura venisse confermata (art. 96 LStr). Nel caso il provvedimento abbia ripercussioni sulla vita privata e/o familiare ai sensi dell'art. 8 CEDU, analogo esame va svolto nell'ottica di questa norma (DTF 139 I 31 consid. 2.3.3; 135 II 377 consid. 4.3).  
 
6.  
 
6.1. Come emerge dalla sentenza cantonale il ricorrente è stato oggetto, il 6 giugno 2016, di un decreto d'accusa del Ministero pubblico ticinese per grave infrazione alle norme della circolazione: il 29 gennaio 2016, egli ha infatti guidato su un tratto autostradale in cui vigeva un limite massimo di 100 km/h, un'autovettura a una velocità di 149 km/h. Comportamento per il quale è stato condannato ad una pena pecuniaria di 45 aliquote giornaliere di fr. 100.-- cadauna, sospesa condizionalmente per un periodo di prova di tre anni, e a una multa di fr. 900.--.  
In Italia il ricorrente è stato condannato il 12 gennaio 2009 con decreto penale del Giudice per le indagini preliminari (G.I.P.) del Tribunale di Milano (esecutivo il 24.02.2009) prevedente un'ammenda di Euro 2'074.-- per il reato di guida in stato di ebbrezza in conseguenza dell'uso di bevande alcoliche (commesso il 09.02.2008). Egli è stato in seguito condannato il 4 novembre 2015, con sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti - cd allargato - del G.I.P. del Tribunale di Milano (irrevocabile il 16.01.2017) prevedente 3 anni e 4 mesi di reclusione, l'inabilitazione dall'esercizio di un'impresa commerciale per 10 anni e l'incapacità di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per 10 anni, per il reato di bancarotta fraudolenta in concorso (commesso in due occasioni il 02.04.2014), mentre con decreto del 20 marzo 2017 del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano è stata disposta la sospensione dell'esecuzione della pena in ragione di 2 anni, 10 mesi e 1 giorno. Successivamente è stato condannato il 10 ottobre 2017, con sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti - cd allargato - del G.I.P. del Tribunale di Milano (irrevocabile il 19.03.2018) prevedente 3 anni, 5 mesi e 20 giorni di reclusione ritenute le diminuenti di rito del patteggiamento (pena rideterminata in continuazione che assorbe quella inflitta il 4 novembre 2015), l'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e l'incapacità di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per 3 anni, 5 mesi e 20 giorni. 
 
6.2. Da quanto testé esposto risulta quindi che, come ben constatato dal Tribunale cantonale amministrativo i motivi di cui all'art. 62 cpv. 1 LStr, segnatamente quello previsto dalla lettera b del menzionato capoverso è dato in concreto, considerata la durata delle pene inflittegli in Italia e ciò anche tenendo conto - come peraltro fatto dalla Corte cantonale, contrariamente a quanto addotto dal ricorrente - dal fatto che la sanzione pronunciata il 10 ottobre 2017 assorbe quelle del precedente giudizio del 4 novembre 2015. Come ben giudicato dai Giudici ticinesi, quantunque ne dica il ricorrente, trattasi di gravi reati di natura patrimoniale, gravità attestata dall'entità della pena di reclusione inflitta nonché di quelle delle pene accessorie. Il fatto poi che abbia beneficiato di una sospensione parziale dell'esecuzione della pena non è, per prassi, rilevante (cfr. supra consid. 4.2).  
 
6.3. Occorre ora valutare se il provvedimento contestato sia compatibile con le condizioni poste dall'art. 5 cpv. 1 Allegato I ALC.  
 
6.3.1. Al riguardo il ricorrente rimprovera alla Corte cantonale di non avere mai effettuato una prognosi che evidenzia tendenze criminogene da parte sua, segnatamente di avere mai valutato il comportamento che ha tenuto successivamente né la sua situazione personale e professionale. Ora, se ciò fosse stato fatto sarebbe stato constatato che egli non costituisce una minaccia reale e attuale per l'ordine pubblico, avendo col tempo cambiato. Innanzitutto rileva che, oltre al fatto che le condanne sono datate, egli è stato condannato a seguito di patteggiamento, ciò che implica l'ammissione e il riconoscimento dei fatti penalmente rilevanti, attitudine che secondo lui dev'essere considerata poiché indice di ravvedimento. Osserva poi che non si è tenuto conto del fatto che si era sposato nel 2019, che lo stesso anno è nata in Svizzera la figlia, cittadina italiana, e che la moglie lavora quale responsabile commerciale presso una società ticinese. Per quanto riguarda la propria attività professionale, osserva che non ricopre un ruolo dirigenziale nella sua ditta di modo che non le può cagionare alcun danno. Adduce poi che non ha subito ulteriori condanne, che non ha debiti e che non ha mai fatto ricorso agli aiuti sociali. L'intero nucleo familiare è quindi integrato. Rifiutando di considerare tutti questi elementi come anche la possibilità di pronunciare un ammonimento, la Corte cantonale avrebbe emesso una decisione con un perfetto profumo sanzionatorio, in disattenzione dell'art. 5 Allegato I ALC.  
 
6.3.2. Quantunque ne dica il ricorrente, quando il Tribunale cantonale amministrativo ha emanato la propria sentenza le condanne pronunciate (in Italia) nel 2017 e nel 2015 per fatti risalenti al 2014 non erano datate e non si riferivano a reati molto lontani nel tempo. Se effettivamente, come addotto dal ricorrente, la condanna del 2017 assorbe quella del 2015, essa la aggrava. Senza poi dimenticare che trattandosi di un giudizio emesso con un rito di patteggiamento la pena viene sostanzialmente ridotta. Per quanto concerne le altre due condanne, se effettivamente quella inflitta nel 2009 è lontana nel tempo, ciò non è invece il caso della condanna svizzera, che risale al 2016. Occorre poi aggiungere che, contrariamente a quanto sostenuto dall'interessato solo una delle tre condanne italiane è stata emanata con il rito di patteggiamento, ciò che ne relativizza l'importanza. Senza poi omettere che, come ben rilevato dai giudici cantonali sebbene detto rito permette di diminuire la sanzione fino ad un terzo, esso non diminuisce però l'entità dei reati. La gravità dei quali in concreto è comprovata - come ben constatato nella sentenza impugnata - da un lato dal fatto che, malgrado la riduzione della pena accordata, la sanzione inflitta supera comunque largamente il limite di un anno fissato dalla nostra prassi per essere considerata di lunga durata e, dall'altro, dall'entità delle pene accessorie inflitte, destinate ad impedire al ricorrente di esercitare funzioni dirigenziali in Italia e quindi evitare ulteriori comportamenti dannosi per il sistema economico. Infine non va negletto che il reato di bancarotta fraudolenta del diritto italiano ha un corrispettivo nel diritto svizzero all'art. 163 CP e rappresenta un crimine. Per quanto concerne invece l'argomento secondo cui il ricorrente si sarebbe emendato, va comunque osservato che le tre ultime condanne da lui subite sono state pronunciate allorché egli era già titolare di un'autorizzazione di soggiorno nel nostro Paese, dove lavorava.  
Infine, va ugualmente condivisa l'opinione del Tribunale cantonale amministrativo secondo la quale la condanna subita in Svizzera nel 2016 - per avere condotto un veicolo a motore alla velocità di 149 km/h su un tratto autostradale limitato a 100 km/h e, quindi, per avere messo in pericolo non solo la sua vita ma anche quella degli altri utenti della strada - tocca un settore del nostro ordine pubblico che ha assunto negli ultimi anni maggiore importanza, come lo dimostra l'inasprimento, dal 1° gennaio 2013, delle disposizioni penali contenute nella legge federale sulla circolazione stradale del 19 dicembre 1958 (LCStr). 
 
6.4. Premesse queste considerazioni, va quindi condivisa l'opinione dei giudici cantonali i quali sono giunti alla conclusione che il provvedimento in esame rispettava l'art. 5 Allegato I ALC. Su questo punto il ricorso si rivela infondato e come tale va respinto.  
 
7.  
 
7.1. Richiamando l'art. 96 Lstr, il ricorrente afferma infine che la sua situazione familiare e personale giustifica il mantenimento della validità del suo permesso di dimora UE/AELS anche in base all'art. 96 Lstr, norma che impone alle autorità di effettuare un esame della fattispecie dal profilo della proporzionalità. È dubbio che la censura soddisfi le esigenze di motivazione di cui all'art. 42 cpv. 2 LTF. La questione non merita ulteriore approfondimento poiché, come spiegato di seguito, è infondata.  
 
7.2. Il ricorrente è giunto in Svizzera nel 2013, all'età di 40 anni. Dal novembre 2018, nell'attesa di una decisione definitiva riguardo al rinnovo della sua autorizzazione di soggiorno, la sua permanenza nel nostro Paese dipendente unicamente dalla procedura in corso. La moglie l'ha raggiunto nel 2019, quindi quando egli non era più in possesso del suo permesso di dimora UE/AELS e che la sua presenza, come appena accennato, era vincolata alla procedura in corso. Il soggiorno del ricorrente (e quello dei familiari) non può quindi essere considerato di lunga durata. Inoltre non va trascurato che le condanne subite gli sono state inflitte durante gli anni di presenza in Svizzera.  
Nel contempo un trasferimento del ricorrente e della famiglia in Italia non appare improponibile, anzi risulta perfettamente esigibile. Oltre al fatto che l'interessato vi ha vissuto fino all'età di 40 anni, va osservato che la cultura e lo stile di vita della vicina Penisola gli sono noti e non si discostano del resto in maniera sostanziale da quelli cui è abituato nel nostro Paese. Un trasloco nella fascia di confine permetterebbe al ricorrente e alla consorte di mantenere le relazioni sociali instaurate durante il soggiorno nel Cantone Ticino rispettivamente alla moglie, cittadina ucraina, di eventualmente chiedere il rilascio di un permesso per frontaliere per continuare a lavorare nel nostro Paese. A questo giudizio non muta nulla neppure il fatto che il quadro economico che il ricorrente troverà in Italia possa essere più difficile di quello svizzero e che un rimpatrio lo colpirebbe quindi anche dal punto di vista del reddito che potrebbe conseguire. Tale conseguenza è in effetti solo ascrivibile al comportamento penalmente rilevante da lui tenuto. Pur tenendo conto delle difficoltà di adattamento che potrà comportare, un rientro in Patria del ricorrente e della sua famiglia, è quindi perfettamente esigibile (sentenza 2C_23/2021 del 4 novembre 2021 consid. 7.2 e richiami). 
 
7.3. Per quanto precede, nella misura in cui è ammissibile, il ricorso si rivela infondato e come tale va respinto.  
 
8.  
Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti (art. 68 cpv. 3 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3.  
Comunicazione ai patrocinatori del ricorrente, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, nonché alla Segreteria di Stato della migrazione SEM. 
 
 
Losanna, 18 ottobre 2023 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
La Presidente: F. Aubry Girardin 
 
La Cancelliera: Ieronimo Perroud