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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
1C_765/2021  
 
 
Sentenza del 25 maggio 2023  
 
I Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Kneubühler, Presidente, 
Chaix, Haag, 
Cancelliere Crameri. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Lorenza Ponti Broggini, 
ricorrente, 
 
contro 
 
1. B.B.________ e C.B.________, 
2. D.________, 
 
Municipio di Savosa, via Cantonale 10, 6942 Savosa, 
Dipartimento del territorio, 
Ufficio delle domande di costruzione, via Franco Zorzi 13, 6500 Bellinzona, 
Consiglio di Stato della Repubblica e Cantone Ticino, piazza Governo 6, casella postale 2170, 6501 Bellinzona. 
 
Oggetto 
Licenza edilizia, 
 
ricorso contro la sentenza emanata l'11 novembre 2021 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2020.40). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
C.B.________ e B.B.________ sono proprietari del fondo xxx nel Comune di Savosa, attribuito alla zona residenziale R2, sul quale è stata eretta un'abitazione, articolata in due piani e con un tetto spiovente a falda unica, che ricopre anche tre corpi avanzati. L'edificio è stato realizzato sulla base della licenza edilizia del 24 ottobre 2006, rilasciata anche grazie a una convenzione del 6 settembre 2006 sottoscritta tra i proprietari e A.________, proprietario della particella confinante yyy di 2'521 m2. Quest'ultimo, considerato che l'avancorpo ubicato sul lato ovest, che comprende un porticato adibito a posteggio e un deposito, raggiungeva il confine con il suo fondo, si era infatti impegnato ad assumere la maggior distanza dal confine, necessaria per rispettare quella tra edifici. 
 
B.  
Il 21 marzo 2017 l'architetto D.________ ha chiesto al Municipio il permesso per realizzare, mediante la posa di una soletta sopra il posteggio, uno spazio mansardato all'interno del porticato, da utilizzare come camera da letto e deposito; sfruttando la doppia altezza del soggiorno presente nell'avancorpo centrale egli intende inoltre formarvi un soppalco da destinare a studio. A.________, ritenendo che la citata convenzione non consentirebbe la formazione di spazi abitabili a confine, si è opposto alla domanda. Il 6 settembre 2018 il Municipio, respinta l'opposizione, ha rilasciato la licenza edilizia, decisione confermata il 4 dicembre 2019 dal Consiglio di Stato. Adito dal vicino, con giudizio dell'11 novembre 2021, il Tribunale cantonale amministrativo ne ha respinto il ricorso. 
 
C.  
Avverso questa sentenza A.________ presenta un ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale. Chiede, in via principale, di annullare la decisione impugnata per carenza di motivazione e di ritornare gli atti alla Corte cantonale, in via subordinata, di annullare la licenza edilizia. 
Non è stato ordinato uno scambio di scritti, ma è stato richiamato l'incarto cantonale. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Inoltrato contro una decisione finale dell'ultima istanza cantonale in materia edilizia e pianificatoria, il ricorso in materia di diritto pubblico è di massima ammissibile. La legittimazione del ricorrente è pacifica.  
 
1.2. Secondo l'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, il ricorso dev'essere motivato in modo sufficiente, spiegando nei motivi perché l'atto impugnato viola il diritto. Il Tribunale federale, che non è un'istanza di appello, esamina in linea di principio solo le censure sollevate (DTF 148 IV 205 consid. 2.6; 146 IV 297 consid. 1.2). Quando il ricorrente invoca la violazione di diritti costituzionali (diritto d'essere sentito) il Tribunale federale, in applicazione dell'art. 106 cpv. 2 LTF, vaglia le censure solo se siano state esplicitamente sollevate e motivate in modo chiaro e preciso (DTF 147 I 73 consid. 2.1).  
 
1.3. La vertenza concerne l'interpretazione e l'applicazione di norme del diritto cantonale e comunale, esaminate soltanto sotto il ristretto profilo dell'arbitrio (DTF 148 II 465 consid. 8.1; 147 IV 433 consid. 2.1). Non basta quindi che la decisione impugnata sia insostenibile nella motivazione, ma occorre che lo sia anche nel risultato (DTF 147 II 454 consid. 4.4), ciò che spetta al ricorrente dimostrare (DTF 144 III 145 consid. 2). Non risulta per contro arbitrio dal fatto che anche un'altra soluzione potrebbe entrare in linea di conto o sarebbe addirittura preferibile (DTF 148 II 121 consid. 5.2).  
 
2.  
 
2.1. Il ricorso è incentrato su una pretesa violazione del diritto d'essere sentito (art. 29 cpv. 2 Cost.), segnatamente di ricevere una decisione motivata, visto che secondo il ricorrente la Corte cantonale non avrebbe sufficientemente spiegato perché non ha tenuto conto della citata convenzione. Al suo dire, le distanze dal confine sarebbero violate perché egli, con tale accordo, non avrebbe mai acconsentito alla realizzazione di spazi abitativi. Anche in relazione all'asserito accertamento errato dei fatti, il ricorrente insiste sull'assenza nella convenzione di un accordo su contenuti abitativi sulla particella xxx.  
 
2.2. Il diritto d'essere sentito ingloba anche quello di ricevere una decisione motivata; è tuttavia sufficiente ch'essa si esprima su tutti i punti decisivi e pertinenti per il giudizio (DTF 147 IV 409 consid. 5.3.4; 146 IV 297 consid. 2.2.7; 145 IV 99 consid. 3.1 pag. 109). Come ancora si vedrà, contrariamente al generico assunto ricorsuale, i giudici cantonali hanno spiegato, sebbene succintamente, perché l'invocata convenzione non permette di negare il rilascio della licenza edilizia.  
 
2.3. Secondo l'art. 97 cpv. 1 LTF, gli interessati possono censurare l'accertamento dei fatti soltanto se è stato svolto in modo manifestamente inesatto, vale a dire arbitrario (DTF 147 I 73 consid. 2.2; 145 V 188 consid. 2), o in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF e l'eliminazione del vizio può essere determinante per l'esito del procedimento. Essi devono motivare la censura in modo chiaro e preciso, conformemente alle esigenze poste dall'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 147 IV 73 consid. 4.1.2), condizione non adempiuta in concreto. Per motivare l'arbitrio non basta tuttavia criticare semplicemente la decisione impugnata contrapponendole, come in concreto, un'interpretazione propria, ma occorre dimostrare per quale motivo l'accertamento dei fatti o la valutazione delle prove sono manifestamente insostenibili, si trovano in chiaro contrasto con la fattispecie, si fondano su una svista manifesta o contraddicono in modo urtante il sentimento della giustizia e dell'equità (DTF 148 II 121 consid. 5.2; 148 IV 356 consid. 2.1). Non basta quindi che la decisione impugnata sia insostenibile nella motivazione, ma occorre che lo sia anche nel risultato (DTF 143 I 321 consid. 6.1), ciò che spetta al ricorrente dimostrare (DTF 144 III 145 consid. 2).  
 
3.  
 
3.1. La Corte cantonale ha rilevato che le distanze minime tra edifici sono per principio sottratte alla libera disposizione delle parti, che non possono accordarsi per ridurle. Per contro, quelle da confine, che servono a suddividere le distanze tra edifici fra fondi confinanti, possono essere oggetto di un accordo tra i proprietari per suddividerle diversamente, ponendo a carico di uno dei due fondi quella mancante all'altro, in modo che sia rispettata quella minima tra edifici. Ha osservato che secondo l'art. 8 n. 1 e 3 delle norme di attuazione del piano regolatore comunale (NAPR), la distanza minima dai limiti dei fondi è di 3.50 m. L'art. 8 n. 2 NAPR dispone che, previa convenzione tra due o più proprietari confinanti, il Municipio può concedere una deroga alla distanza dal confine, alla condizione che il proprietario del fondo contiguo si assuma a proprio carico la maggiore distanza, in modo da garantire quella minima tra edifici; l'accordo del confinante è concluso qualora questi abbia firmato il piano di situazione annesso alla domanda di costruzione.  
Ha osservato che la facciata dell'abitazione sulla particella xxx rivolta verso il fondo del ricorrente presenta tre corpi avanzati; due sono toccati dagli interventi litigiosi, ossia quello centrale che ospita una parte del soggiorno, che dista 3.60 m dal fondo del ricorrente, e quello a ovest che si estende fino al suo confine. Per questo motivo era stata stipulata l'invocata convenzione, dal tenore seguente: "Con riferimento alla domanda di costruzione inoltrata il 26 luglio 2006 dall'architetto D.________, X.________, per l'edificazione della particella xxx in Savosa, attualmente di proprietà del signor A.________; in caso di acquisto e di realizzazione del progetto da parte del committente signor B.B.________, si conviene la costruzione a confine con la particella yyy, anch'essa di proprietà del signor A.________, assumendosi su quest'ultima l'onere di mantenere le distanze fra edifici (...) ". 
 
3.2. Il progetto di costruzione litigioso prevede di sfruttare la doppia altezza dei due avancorpi per creare un soppalco sopra il soggiorno, da destinare a studio, e uno spazio mansardato sopra il garage da utilizzare come camera da letto e, nella porzione del sottotetto che si avvicina al confine, come deposito. I Giudici cantonali hanno ritenuto che le pretese differenze tra i piani del 2006 e l'edificio poi realizzato addotte dal ricorrente sono irrilevanti. Ciò a maggior ragione visto ch'egli nemmeno pretende che implicherebbero che l'edificio realizzato sarebbe in contrasto con il diritto, e che impedirebbero pertanto l'approvazione degli interventi litigiosi. Il fatto che il corpo principale sorgerebbe a una distanza dal confine inferiore rispetto a quella approvata, ma che risulta nondimeno abbondantemente superiore a quella minima ammissibile, non osterebbe infatti a una sua eventuale approvazione a posteriori, motivo per cui questa circostanza non si oppone ai contestati interventi. Ciò vale anche per l'asserita riduzione in corso d'opera della larghezza dell'avancorpo centrale, situato oltre la fascia di arretramento di 3.50 m dal confine. Hanno ritenuto che anche la pretesa riduzione della larghezza dell'avancorpo ovest, rispettivamente l'ipotizzato aumento della profondità del deposito che vi si trova, potrebbero essere approvati in sanatoria, trattandosi di difformità insuscettibili di rendere inapplicabile la citata convenzione. Il ricorrente non tenta di dimostrare l'arbitrarietà di queste conclusioni.  
 
3.3. L'istanza precedente ha accertato che l'avancorpo centrale, dove è prevista la formazione di un soppalco adibito a studio, rispetta la distanza di 3.50 m dal confine, ciò che il ricorrente non contesta. Ha quindi stabilito che l'invocata convenzione non concerne questo aspetto del progetto e non può pertanto costituire un motivo per invalidarlo. Ha ritenuto inoltre che il ricorrente non indica altre ragioni che potrebbero opporvisi.  
Questa conclusione, con la quale il ricorrente non si confronta, è peraltro corretta, come si evince dai piani agli atti. 
 
4.  
 
4.1. Riguardo all'avancorpo ovest, la Corte cantonale ha rilevato che gli interventi controversi (cameretta sopra il garage) sono previsti all'interno di un corpo dell'abitazione che ha potuto essere realizzato, almeno in parte, solo perché il ricorrente si è assunto la maggior distanza dal confine. Ciò era necessario poiché il manufatto previsto all'interno della fascia di arretramento dal confine, di principio inedificabile, era da considerare come costruzione principale, motivo per cui non poteva beneficiare delle particolari facilitazioni riservate alle costruzioni accessorie. Ha ritenuto che non sono ravvisabili motivi che osterebbero alla realizzazione di una cameretta e di un ulteriore deposito nel sottotetto del portico esistente. Ha considerato infatti che la maggior distanza oggetto della convenzione non è stata assunta in virtù di specifici contenuti, ma a causa della presenza di una costruzione principale fin sul confine, che senza il consenso del ricorrente avrebbe dovuto rispettare la distanza minima di 3.50 m. I giudici cantonali hanno stabilito inoltre che l'aggiunta dei nuovi contenuti non muta né la natura dell'opera, che resta una costruzione principale, né il volume del corpo di fabbrica già presente sul confine, che rimane identico. Hanno rilevato infine che l'onere assunto dal ricorrente non viene aggravato in alcun modo e che l'opera litigiosa non gli crea pregiudizi, svantaggi ch'egli non ha peraltro addotto.  
 
4.2. Il ricorrente sostiene, in maniera generica, che contenuti residenziali nella fascia di confine sarebbero di principio vietati, salvo esplicito accordo del confinante. Adduce che la citata convenzione avrebbe autorizzato unicamente una deroga all'altezza massima prevista per le costruzioni accessorie, ma non la trasformazione dell'accessorio in una costruzione principale con contenuti residenziali. Critica poi il fatto che la Corte cantonale ha ritenuto, con una motivazione insufficiente, che la costruzione eretta nel 2006 era e rimane una costruzione principale.  
Mal si comprende quest'ultima critica, visto che si è chiaramente in presenza di un edificio principale, segnatamente di una casa di abitazione, e non accessorio. La concessione della deroga alla distanza dal confine perseguiva in effetti proprio lo scopo di poter realizzare una tale costruzione, visto ch'essa non poteva beneficiare delle facilitazioni riservate a quelle accessorie poiché ne superava l'altezza massima. Il progetto approvato nel 2006 si riferiva a un edificio abitativo, come risulta chiaramente dai piani. Al riguardo non è pertanto ravvisabile un accertamento arbitrario dei fatti né si è in presenza di una motivazione insufficiente. Insistendo sul fatto che l'abitazione realizzata nel 2006 sarebbe differente da quanto concordato tra le parti, egli neppure sostiene che, all'epoca, avrebbe tempestivamente contestato le asserite discrepanze. Né fa valere che le stesse non potrebbero essere se del caso, come ritenuto dai giudici cantonali, approvate nel quadro di una procedura in sanatoria. 
 
4.3. Certo, la tesi ricorsuale, secondo cui gli accordi sottoscritti tra le parti non contenevano una "esplicita" autorizzazione in bianco per procedere, ulteriormente, alle contestate modifiche delle opere realizzate nel 2006 a confine (garage e deposito), introducendovi segnatamente contenuti abitativi, facoltà non espressamente riservata, può essere comprensibile e non è priva di ogni pertinenza. Il ricorrente non dimostra tuttavia che la soluzione contraria adottata dai giudici cantonali sulla base degli esposti motivi, sebbene discutibile, sarebbe addirittura insostenibile e quindi arbitraria. In effetti, la conclusione della Corte cantonale, secondo cui si è in presenza di una costruzione principale ad uso abitativo fin dalla sua realizzazione nel 2006, è corretta. L'assunto ricorsuale, secondo cui l'avancorpo ovest, trovandosi nella fascia di confine, non potrebbe essere modificato senza il consenso del vicino, sia ch'esso venga qualificato come edificio principale o accessorio, non s'impone. Ciò anche per il fatto che non viene ampliato il corpo di fabbrica già presente sul confine, né viene aggravato l'onere assunto all'epoca dal ricorrente. D'altra parte la Corte cantonale ha ritenuto, a ragione, che le aperture basculanti (tipo "velux") previste nella falda del tetto si trovano a una distanza dal confine ben maggiore da quella minima prescritta, accertamento non contestato dal ricorrente.  
 
4.4. Del resto, anche riguardo al preteso accertamento arbitrario dei fatti, il ricorrente si limita a sostenere che la convenzione si riferirebbe soltanto, senza riserve, alla domanda di costruzione del 2006, e ch'essa non permetterebbe modifiche interne successive.  
Ora, contrariamente all'assunto ricorsuale, come visto l'istanza precedente ha motivato in maniera sufficiente perché nella convenzione la maggior distanza non è stata assunta in virtù di specifici contenuti, ma a causa della presenza di una costruzione principale eretta sul confine. Non si è quindi in presenza di una motivazione insufficiente né di un accertamento arbitrario dei fatti ma, bensì, di un'altra interpretazione del citato accordo. In effetti, ritenendo che la maggior distanza è stata assunta affinché la costruzione principale potesse essere edificata a confine, senza riferirsi espressamente a specifici contenuti o a escluderli, i giudici cantonali hanno privilegiato un'interpretazione della convenzione diversa da quella proposta dal ricorrente (sui metodi d'interpretare una legge vedi DTF 148 II 444 consid. 5.2; 148 IV 398 consid. 4.8). Considerato il contenuto assai generico dell'invocata convenzione, non si può ritenere che l'interpretazione adottata dai giudici cantonali, che corrisponde a quella ritenuta anche dal Municipio e dal Consiglio di Stato, sarebbe addirittura insostenibile e quindi arbitraria. 
Il ricorrente disattende infatti che non risulta arbitrio dal semplice fatto che l'interpretazione da lui proposta potrebbe entrare in linea di conto, o sarebbe equivalente o addirittura preferibile a quella scelta dalla Corte cantonale (DTF 148 II 121 consid. 5.2). Non spetta infatti al Tribunale federale valutare quale sarebbe l'interpretazione più corretta che i giudici cantonali avrebbero dovuto dare al contenuto della convenzione, dovendo soltanto stabilire se quella fattane è sostenibile (DTF 144 III 145 consid. 2). La circostanza che le conclusioni poste a fondamento del giudizio impugnato, peraltro fondate sugli atti di causa e su valutazioni condivisibili, non concordino con quelle ricorsuali non dimostra ch'esse sarebbero addirittura arbitrarie (DTF 144 II 281 consid. 3.6.2). 
 
5.  
Ne segue che, in quanto ammissibile, il ricorso dev'essere respinto. Le spese seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 4'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3.  
Comunicazione alle parti, rispettivamente alla patrocinatrice, al Municipio di Savosa, al Dipartimento del territorio, Ufficio delle domande di costruzione, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 25 maggio 2023 
 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Kneubühler 
 
Il Cancelliere: Crameri