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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
6B_333/2022  
 
 
Sentenza del 13 luglio 2023  
 
I Corte di diritto penale  
 
Composizione 
Giudici federali Jacquemoud-Rossari, Presidente, 
Denys, Muschietti, 
Cancelliera Ortolano Ribordy. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinata dall'avv. Luca Trisconi, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano, 
opponente. 
 
Oggetto 
Espulsione, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 15 dicembre 2021 dalla Corte di appello e di revisione penale del 
Cantone Ticino (n. 17.2021.274+315). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
Con sentenza del 24 giugno 2021, la Corte delle assise criminali ha riconosciuto A.________ autrice colpevole di infrazione aggravata alla LStup, in quanto riferita a un quantitativo di stupefacente che sapeva avrebbe potuto mettere in pericolo la salute di molte persone, di ripetuto riciclaggio di denaro, di ottenimento illecito di prestazioni di un'assicurazione sociale o dell'aiuto sociale, nonché di ripetuta falsità in documenti, e l'ha condannata alla pena detentiva di 4 anni e 6 mesi e all'espulsione dal territorio svizzero per la durata di 7 anni. 
È stato accertato che, dal 1° gennaio 2014 al 7 luglio 2020, in correità con il compagno B.________, A.________ ha alienato un quantitativo complessivo di 3'878 grammi di cocaina, e il 7 luglio 2020 ha detenuto al suo domicilio 66.4 grammi di cocaina. Nel periodo tra il 14 gennaio 2015 e il 7 luglio 2020, agendo unitamente al compagno, A.________ ha inviato all'estero un importo complessivo di fr. 284'125.64, provento del traffico di cocaina. Agendo in correità con il compagno e con la parziale correità di C.________, dal 1° ottobre 2016 al 7 luglio 2020, A.________ ha ingannato i funzionari dell'Ufficio del sostegno sociale e dell'inserimento, ottenendo in tal modo e indebitamente prestazioni assistenziali pari a fr. 116'910.35. Sempre in correità con il compagno e con la parziale correità di C.________, nel periodo compreso tra maggio 2016 e il 24 aprile 2020, A.________ ha formato documenti falsi, alterato dei documenti veri e fatto uso di tali documenti, a scopo di inganno, per procacciarsi un indebito profitto. 
 
B.  
A.________ ha appellato il giudizio di prima istanza limitatamente alla misura e, subordinatamente, alla sua durata. Con sentenza del 15 dicembre 2021, la Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino (CARP) ha respinto l'appello, confermando sia l'espulsione dell'interessata sia la sua durata. 
Per quanto qui di rilievo, la decisione della CARP poggia in estrema sintesi sui seguenti fatti: 
 
B.a. Cittadina del Kosovo, A.________ è nata a X.________ nel 1993 ed è titolare di un permesso di domicilio (permesso C). È madre di una bambina nata nel 2020, frutto della relazione con il correo B.________, cittadino domenicano residente in Italia. Non ha precedenti penali in Svizzera.  
 
B.b. All'età di 10 anni e fino alla fine delle scuole dell'obbligo, A.________ è stata collocata in internato a D.________, tornando a casa dai genitori nei fine settimana. Terminate le scuole medie, ha cominciato un apprendistato di assistente dentale che ha interrotto pochi mesi dopo. In seguito, per un periodo rimasto indeterminato, ha effettuato uno stage nel reparto di pediatria dell'ospedale di Y.________. Ha quindi iniziato una formazione di operatrice socio-sanitaria a Z.________, anch'essa presto abbandonata. Dopo un lungo periodo di inattività, a 25 anni ha intrapreso un tirocinio quale operatrice socioassistenziale per l'infanzia, la cui scadenza ha dovuto essere prorogata di un anno a causa di "evidenti lacune" dell'interessata, che ha dovuto ripetere il primo anno di formazione. Tale formazione si è interrotta l'8 luglio 2020 in seguito al suo arresto, che ha comportato lo scioglimento del contratto di tirocinio.  
 
B.c. Malgrado la precarietà della sua situazione lavorativa e finanziaria, a 18 anni A.________ ha lasciato la casa dei genitori per andare a vivere da sola.  
A.________ è stata a carico dell'assistenza dal 14 aprile 2014 fino a luglio 2020, per un ammontare di oltre fr. 160'000.--. Dall'ottobre 2016 fino a luglio 2020, ricorrendo alla falsificazione di documenti per ingannare i funzionari dell'Ufficio del sostegno sociale e dell'inserimento, ha percepito indebitamente prestazioni assistenziali per un importo pari a fr. 116'910.35. 
Nonostante le prestazioni assistenziali elargitele, a carico di A.________ risultano diverse esecuzioni per una somma complessiva di poco superiore a fr. 7'000.-- e 7 attestati di carenza beni per un importo di oltre fr. 25'000.-- afferenti, in parte, pure a debiti verso lo Stato e l'assicurazione malattie. 
 
B.d. Dopo aver ammonito A.________, rendendola attenta alle conseguenze di una sua ulteriore dipendenza dalle prestazioni sociali, di un aggravamento della sua situazione debitoria o di un'ulteriore infrazione all'ordine pubblico, il 7 ottobre 2019 l'Ufficio della migrazione ha revocato il permesso di domicilio di A.________. A.________ ha impugnato questa decisione prima dinanzi al Consiglio di Stato, senza successo, e poi dinanzi al Tribunale cantonale amministrativo, presso cui è ancora pendente il suo ricorso.  
 
C.  
Avverso il giudizio della CARP A.________ insorge al Tribunale federale con un ricorso in materia penale. Previa concessione dell'effetto sospensivo, postula l'annullamento della misura dell'espulsione pronunciata nei suoi confronti. Chiede inoltre di essere posta al beneficio dell'assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio. 
Con scritto presidenziale del 9 marzo 2022, è stato comunicato all'insorgente che l'istanza di effetto sospensivo era priva d'oggetto, il ricorso in materia penale contro l'espulsione avendo effetto sospensivo per legge, in applicazione analogica dell'art. 103 cpv. 2 lett. b LTF
Invitati a esprimersi sul ricorso, la CARP è rimasta silente, mentre il Ministero pubblico postula, a conclusione delle sue osservazioni, la reiezione del gravame. L'insorgente non ha replicato. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
Inoltrato dall'imputata (art. 81 cpv. 1 lett. b n. 1 LTF) e diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF), resa in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF) da un'autorità cantonale di ultima istanza (art. 80 cpv. 1 LTF), il ricorso in materia penale è proponibile e di massima ammissibile, in quanto tempestivo (art. 100 cpv. 1 unitamente all'art. 45 cpv. 1 LTF) e presentato nelle forme richieste (art. 42 cpv. 1 LTF). 
Inammissibile, perché inoltrato ben oltre il termine ricorsuale, risulta invece lo scritto del 1° gennaio 2023 inviato direttamente dalla ricorrente a questo Tribunale. 
 
2.  
La CARP ha stabilito che, malgrado sia nata e cresciuta in Svizzera, la ricorrente non ne ha assimilato i valori e non si è integrata nel tessuto sociale elvetico. Il suo legame familiare più stretto e significato è quello con la figlia, ancora in tenerissima età. Non può dunque prevalersi del diritto alla protezione della vita privata e familiare ai sensi dell'art. 8 n. 1 CEDU. Secondo i giudici cantonali l'espulsione, in tali circostanze, non costituisce per l'insorgente un grave caso di rigore personale. Procedendo a titolo abbondanziale alla ponderazione degli interessi, la CARP ha concluso che, comunque sia, l'interesse privato della ricorrente a rimanere in Svizzera non prevale su quello pubblico alla sua espulsione. Non essendo date le condizioni per prescindere eccezionalmente dalla misura, la Corte cantonale ha confermato l'espulsione dell'insorgente. 
La ricorrente contesta queste conclusioni che considera lesive dell'art. 66a cpv. 2 CP e dell'art. 8 CEDU. Rimprovera in particolare alla CARP di aver valutato il caso applicando dei criteri economici, anziché sociali. 
 
2.1. Giusta l'art. 66a cpv. 1 lett. e nonché lett. o CP, a prescindere dall'entità della pena inflitta, il giudice espelle dal territorio svizzero per un tempo da cinque a quindici anni lo straniero condannato per titolo di ottenimento illecito di prestazioni di un'assicurazione sociale o dell'aiuto sociale (art. 148a CP) o di infrazione all'art. 19 cpv. 2 LStup. Eccezionalmente può rinunciare a pronunciare l'espulsione se questa costituirebbe per lo straniero un grave caso di rigore personale e l'interesse pubblico all'espulsione non prevale sull'interesse privato dello straniero a rimanere in Svizzera; tiene in ogni modo conto della situazione particolare dello straniero nato o cresciuto in Svizzera (art. 66a cpv. 2 CP; cosiddetto caso di rigore). Secondo il chiaro tenore letterale della norma, in caso di condanna per uno o più reati menzionati dall'art. 66a cpv. 1 CP l'espulsione è la regola e la sua rinuncia un'eccezione, subordinata alla realizzazione delle due condizioni cumulative di cui all'art. 66a cpv. 2 CP. Il caso di rigore permette di rispettare il principio della proporzionalità (art. 5 cpv. 2 Cost.). Dev'essere applicato in modo restrittivo (DTF 146 IV 105 consid. 3.4.2).  
L'esistenza di un caso di rigore non si determina fondandosi su rigide norme di età e neppure può essere automaticamente riconosciuta in base a un determinato periodo di presenza in Svizzera. L'esame del caso di rigore dev'essere effettuato, in ogni singolo caso, sulla scorta dei consueti criteri di integrazione (DTF 146 IV 105 consid. 3.4.4). Analogamente a quanto previsto nel diritto migratorio per i casi personali particolarmente gravi (v. art. 31 cpv. 1 dell'ordinanza del 24 ottobre 2007 sull'ammissione, il soggiorno e l'attività lucrativa [OASA; RS 142.201]), occorre valutare l'integrazione dello straniero conformemente ai criteri di cui all'art. 58a cpv. 1 LStrI (RS 142.20) : la sua situazione familiare, in particolare il momento e la scolarizzazione dei figli, la situazione finanziaria, la durata della sua presenza in Svizzera, lo stato di salute, oltre alle possibilità di un reinserimento nel suo Paese di origine. Di regola si può ammettere la sussistenza di un grave caso di rigore personale quando la prospettata espulsione costituisce per lo straniero un'ingerenza, di una certa portata, nel suo diritto al rispetto della vita privata e familiare garantito dalla Costituzione (art. 13 Cost.) e dal diritto internazionale (in particolare art. 8 CEDU; sentenza 6B_627/2022 de 6 marzo 2023 consid. 2.1.1, destinata alla pubblicazione). 
L'espulsione di uno straniero di seconda generazione non è esclusa (DTF 144 IV 332 consid. 3.3.3). La situazione particolare dello straniero nato o cresciuto in Svizzera è presa in considerazione in quanto un soggiorno prolungato unitamente a una buona integrazione costituiscono di regola forti indizi di un importante interesse alla permanenza in Svizzera e quindi dell'esistenza di un caso di rigore. Nella successiva ponderazione degli interessi, quanto più aumenta il periodo di presenza in Svizzera tanto più va riconosciuto all'interessato un importante interesse privato a potervi restare (DTF 146 IV 105 consid. 3.4.4). Tale interesse non è però dato in caso di scarsa integrazione dello straniero (v. sentenza 6B_1124/2021 del 16 dicembre 2022 consid. 2.2.3 con rinvii). Per valutare la situazione dello straniero nato o cresciuto in Svizzera si devono considerare i criteri sviluppati dalla giurisprudenza in materia di revoca del permesso di domicilio dello straniero di seconda generazione (DTF 144 IV 332 consid. 3.3.3). 
 
2.2. L'art. 66a CP dev'essere interpretato conformemente alla CEDU. Il criterio della proporzionalità dell'art. 8 n. 2 CEDU deve quindi guidare la ponderazione degli interessi nell'ambito del caso di rigore dell'art. 66a cpv. 2 CP. L'art. 8 n. 2 CEDU impone di determinare se la misura pronunciata rispetti un giusto equilibrio tra, da un lato, il diritto dell'interessato al rispetto della sua vita privata e familiare e, dall'altro, la tutela dell'ordine pubblico e la prevenzione dei reati (sentenza 6B_1465/2020 del 18 novembre 2021 consid. 4.2.2 con rinvii). Secondo la giurisprudenza, per potersi avvalere del diritto al rispetto della vita privata ai sensi dell'art. 8 n. 1 CEDU, lo straniero deve stabilire l'esistenza di legami sociali e professionali particolarmente intensi con la Svizzera, sensibilmente superiori a quelli che risultano da un'integrazione ordinaria. Al riguardo, quello del Tribunale federale non è un approccio schematico, consistente nel presumere che, a partire da un soggiorno in Svizzera di una determinata durata, lo straniero vi sia radicato e disponga per conseguenza di un diritto di presenza nel nostro Paese. Esso procede piuttosto a una ponderazione dei diversi interessi, considerando la durata di soggiorno in Svizzera un elemento tra altri e dando poco peso agli anni trascorsi in Svizzera nell'illegalità, in prigione o in virtù di una semplice tolleranza. Un soggiorno legale di 10 anni implica di regola una buona integrazione dello straniero (sentenza 6B_1465/2020 del 18 novembre 2021 consid. 4.2.2 con rinvii).  
 
2.3. La ricorrente si è resa colpevole, tra l'altro, di ottenimento illecito di prestazioni di un'assicurazione sociale o dell'aiuto sociale giusta l'art. 148a CP, e di infrazione all'art. 19 cpv. 2 LStup, di modo che sussiste un caso di espulsione obbligatoria giusta l'art. 66a cpv. 1 lett. e nonché lett. o CP. Occorre quindi esaminare se, come preteso nel gravame, siano in concreto date le condizioni per rinunciare eccezionalmente a pronunciare questa misura in applicazione dell'art. 66a cpv. 2 CP.  
 
2.4. L'insorgente sottolinea di essere nata in Svizzera e di avervi frequentato le scuole dell'obbligo, fattori che comproverebbero da soli l'esistenza "di un profondo legame con la Svizzera, i suoi usi e costumi e le sue istituzioni". Vi avrebbe creato la sua cerchia di relazioni di amicizia, assente in Kosovo. Sostiene che la sua vita non sarebbe stata "per niente facile", avendo trascorso un lungo periodo a D.________. Avrebbe svolto vari lavori alla ricerca di un apprendistato che la appassionasse, trovando infine la sua strada nell'attività di asili nido, interrotta a causa del procedimento penale. Dal suo percorso la CARP avrebbe erroneamente ritenuto una mancata partecipazione attiva alla vita economica del Paese, come se una persona non avesse il diritto di cambiare idea e dimenticando che proprio prima del suo arresto seguiva da due anni un apprendistato di operatrice socioassistenziale, formazione che vorrebbe riprendere una volta scontata la sua pena, benché comunque disposta, in caso di difficoltà, a esercitare qualsiasi lavoro. La ricorrente sarebbe cambiata in seguito al carcere e alla maternità, ma i giudici cantonali non avrebbero creduto al suo ravvedimento. Rileva poi che l'interesse pubblico all'espulsione dovrebbe essere valutato unicamente in funzione della pericolosità della persona e non di criteri economici, di modo che la sua situazione debitoria sarebbe ininfluente sulla misura, tanto più che non è di un'entità tale da escludere un ritorno a miglior fortuna. Con riferimento alle possibilità di reinserimento nel suo Paese d'origine, la CARP non avrebbe analizzato "in modo confacente" i suoi rapporti con il Kosovo, non avrebbe in particolare esperito alcun accertamento sugli "effettivi rapporti interpersonali" esistenti con i lontani parenti presenti in loco, sulla loro capacità economica, abitazione o disponibilità ad aiutare l'insorgente in caso di rientro. L'insorgente ribadisce di non intrattenere alcun rapporto con loro. In Svizzera invece potrebbe contare sul sostegno morale ed economico della sua famiglia. Il rinvio in Kosovo di "una donna sola con una figlia" piccola non sarebbe "una soluzione ottimale per la madre" e non terrebbe "minimamente conto del benessere della bambina". Rileva poi di disporre unicamente di nozioni di base dell'albanese sufficienti solo per "i normali convenevoli". Sarebbe arbitraria, perché frutto di semplici supposizioni prive di fondamento, la conclusione della CARP sulla sua conoscenza della lingua sufficiente a permetterle di integrarsi in Kosovo. La ricorrente sottolinea di non avere precedenti penali, di essere stata collaborativa, di non aver mai causato problemi durante il suo periodo di detenzione e di non essere "mai stata ammonita né ripresa in precedenza". Richiamandosi alla giurisprudenza della CorteEDU in merito all'interesse superiore dei bambini, l'insorgente rileva come sua figlia, che avrebbe vissuto parte della sua vita in prigione, sia stata in parte accudita dai nonni materni titolari di un diritto di risiedere durevolmente in Svizzera, divenuti per lei una sorta di "genitori surrogati" e quindi un "corollario ormai fondamentale" sia per la ricorrente sia per sua figlia. In simili circostanze il centro dei loro interessi si situerebbe solamente in Svizzera, ciò che renderebbe applicabile alla fattispecie l'art. 8 CEDU e dovrebbe conseguentemente condurre a riconoscere l'esistenza di un grave caso di rigore personale ai sensi dell'art. 66a cpv. 2 CP.  
 
2.4.1. Nel motivare la sua censura, l'insorgente adduce in parte fatti non accertati, rispettivamente si scosta diametralmente da quelli esposti nella sentenza impugnata, senza pretendere né dimostrare che l'accertamento dei fatti svolto dalla CARP sarebbe arbitrario (v. art. 97 cpv. 1 LTF). Così è per esempio laddove sostiene che i suoi genitori sarebbero per sua figlia dei "genitori surrogati" oppure di non essere mai stata ammonita, malgrado risulti esplicitamente dalla sentenza impugnata un formale ammonimento dell'Ufficio della migrazione datato 10 gennaio 2019, o ancora laddove si prevale di un buon comportamento in detenzione, benché la CARP abbia fatto stato di sanzioni disciplinari nei suoi confronti. In assenza di censure al riguardo, questo Tribunale resta vincolato a quanto stabilito nella sentenza impugnata (art. 105 cpv. 1 LTF).  
 
2.4.2. La ricorrente sin dalla sua maggiore età è andata ad abitare da sola, creando una propria economia domestica, e ciò benché priva di una formazione e di un lavoro e malgrado gli asseriti ottimi rapporti con i propri genitori. È madre di una bambina, non ancora scolarizzata, di cui ha la custodia. La relazione con il padre della figlia, cittadino dominicano privo di un diritto di soggiorno in Svizzera, suo correo e nei confronti del quale è stata pure pronunciata l'espulsione rimasta incontestata, sarebbe a suo dire ormai conclusa. La CARP ha considerato la rottura strumentale ai fini del postulato annullamento dell'espulsione dell'insorgente, perché annunciata nella sua dichiarazione d'appello dopo che al dibattimento di prima istanza aveva confermato formare ancora una coppia con l'uomo. Sia come sia, né la bambina né suo padre dispongono di un diritto di risiedere durevolmente in Svizzera. I familiari più stretti della ricorrente, i genitori e i fratelli e sorelle, risiedono tutti in Svizzera. Non fanno tuttavia parte della sua famiglia nucleare e non sussiste con loro alcun rapporto di dipendenza. In simili circostanze, la misura dell'espulsione non tange il diritto alla vita familiare protetta dagli art. 13 Cost. e 8 CEDU (v. al riguardo DTF 147 I 268 consid. 1.2.3).  
 
2.4.3. L'insorgente non ha una formazione né una professione. Non emerge nemmeno una sua partecipazione ad associazioni o ad attività di volontariato. Secondo le sue stesse dichiarazioni, dopo i 18 anni, la ricorrente ha lavorato in totale circa 8 mesi. Ha quindi vissuto a carico dell'assistenza sociale fino al suo arresto, ricorrendo anche alla falsificazione di documenti per poter beneficiare delle relative prestazioni. Ciò nonostante, risultano a suo carico diverse esecuzioni e ben 7 attestati di carenza beni. Come osservato dalla CARP, terminate le scuole dell'obbligo non ha concluso nulla e non ha dato prova di impegno e volontà per costruirsi un futuro. Questa attitudine, a dispetto di quanto avanzato nel gravame, l'ha poi avuta anche per il tirocinio di operatrice socioassistenziale per l'infanzia, sua asserita passione scoperta all'età di 25 anni, atteso che i suoi docenti hanno rilevato un suo scarso interesse rispetto ai contenuti delle lezioni impartitele e un comportamento poco adeguato in classe. Del resto in carcere le si sono dovuti insegnare i rudimenti della cura dei bambini e ciò benché l'insorgente enfatizzi i due anni di tirocinio quale operatrice socioassistenziale per l'infanzia compiuti prima del suo arresto. Malgrado tutte le possibilità e occasioni offertele dallo Stato, la ricorrente non ha mai acquisito una formazione né è mai entrata nella vita attiva. Invano si richiama all'opinione di PERRIER DEPEURSINGE/MONOD che negano la pertinenza del criterio della situazione finanziaria menzionata dall'art. 31 cpv. 1 lett. d OASA per determinare la necessità di pronunciare la misura dell'espulsione penale (PERRIER DEPEURSINGE/MONOD, in Commentaire romand, Code pénal I, 2 a ed. 2021, n. 53 ad art. 66a CP). I citati autori riconoscono che un impiego o una formazione sono elementi comunque di rilievo per valutare, tra l'altro, i legami professionali, sociali e culturali dello straniero con la Svizzera (PERRIER DEPEURSINGE/MONOD, op. cit., n. 67 ad art. 66a CP). Si rileva poi che tra i parametri menzionati dall'art. 58a cpv. 1 LStrI per esaminare l'integrazione dello straniero figurano espressamente la partecipazione alla vita economica o l'acquisizione di una formazione. A prescindere dai debiti accumulati e dalla dipendenza dall'assistenza sociale, l'insorgente non ha partecipato alla vita economica né ha acquisito una formazione e non può vantare alcun legame professionale. I fatti accertati mostrano chiaramente l'assenza di una vita sociale attiva in Svizzera e quindi di integrazione nel Paese in cui è pur nata e vissuta. A ciò aggiungasi anche la mancanza di legami di amicizia significativi in Svizzera. La ricorrente non ha indicato eventuali amicizie e le sue frequentazioni note alle autorità si riducono a persone poco raccomandabili: un uomo fermato in sua compagnia a bordo di un'auto carica di 10 kg lordi di cocaina e un altro imputato di tentato duplice omicidio.  
Non risulta infine e nemmeno è preteso nel gravame che la ricorrente, rispettivamente sua figlia, non godano di buona salute. L'unico elemento che può essere accreditato alla sua integrazione è la conoscenza della lingua italiana. Per il resto, nonostante sia nata e abbia vissuto in Svizzera, l'insorgente non si è inserita nel tessuto sociale, professionale e culturale del paese e non sussiste dunque quell'asserito suo profondo legame con la Svizzera. Sicché la misura dell'espulsione non lede il diritto alla tutela della vita privata ai sensi dell'art. 8 CEDU, in mancanza di legami professionali, sociali e culturali con la Svizzera. 
 
2.4.4. Benché relativizzati nel gravame, gli elementi che precedono non sono contestati. La ricorrente insiste però sulle difficoltà di reinserimento nel suo Paese d'origine, perché non ne conoscerebbe sufficientemente la lingua e non vi avrebbe alcun legame.  
È stato accertato che i genitori dell'insorgente a casa parlavano albanese e che ella è cresciuta in un contesto familiare interamente caratterizzato da costumi e usanze del Paese d'origine. La ricorrente, che nel 2011 ha peraltro trascorso quasi un mese a Pristina, ha indicato spontaneamente nei suoi curricula vitae l'albanese quale sua seconda lingua madre. Dall'estrapolazione dei messaggi dal suo telefonino è inoltre emerso che comunicava con la madre proprio in albanese. Sulla scorta di questi fatti, la CARP ha ritenuto che l'insorgente avesse una conoscenza sufficiente della lingua albanese. La ricorrente definisce arbitraria questa conclusione, ma la sua censura si riduce a considerazioni di natura appellatoria. Ribadisce anche in questa sede di aver trascorso un lungo periodo della sua infanzia a D.________ e considera irrilevanti le indicazioni figuranti nei suoi curricula, notoriamente concepiti per impressionare eventuali futuri datori di lavoro con informazioni un po' gonfiate. Trattasi di argomenti già respinti dalla CARP in modo condivisibile oltre che sostenibile. L'insorgente ha vissuto a casa dei genitori dalla sua nascita fino ai 10 anni e poi di nuovo dai 15 ai 18 anni, e durante la sua permanenza a D.________ ella rientrava a casa nei fine settimana. Ciò posto, atteso che i genitori parlavano albanese a casa, non è per nulla arbitrario ritenere che la ricorrente abbia avuto tutto il tempo per assimilare la lingua, oltre agli usi e costumi del suo Paese d'origine. Del resto, elemento sottaciuto nel ricorso, l'insorgente scambiava con sua madre messaggi in lingua albanese. Quanto ai suoi curricula, redatti in momenti in cui ella non prospettava il rischio di un'espulsione, l'albanese è designato quale seconda lingua madre. Tale indicazione è significativa. Se davanti a questo Tribunale la ricorrente adduce di aver esagerato le sue competenze in materia nell'ottica di impressionare, si osserva che in occasione del dibattimento di primo grado ha preteso di aver associato la lingua madre alla lingua di sua madre, giustificazione alquanto audace che i giudici cantonali hanno definito al limite della sfacciataggine e che non ripropone nel suo ricorso in materia penale. Sia come sia, la CARP ha rilevato che, se per la lingua tedesca ha limitato le sue conoscenze a "conversazioni semplici di natura quotidiana", non ha fatto altrettanto per le sue competenze in albanese. Pur volendo seguire la tesi difensiva, avrebbe avuto maggior senso, nel contesto elvetico, esagerare le proprie competenze nella lingua tedesca, piuttosto che in quella albanese. 
Con riferimento ai legami con il Kosovo, in sede di appello, dopo aver negato l'esistenza di parenti nel Paese, la ricorrente ha infine riconosciuto di avere due zie e almeno una cugina, oltre ad altri parenti. Rimprovera però alla CARP di non aver esperito alcun accertamento al riguardo, segnatamente sulla reale possibilità di poter contare su un loro supporto affettivo, economico o logistico. Premesso che in Svizzera, all'età di 18 anni, è andata a vivere da sola senza disporre di un lavoro né di una formazione e affrancandosi dai sostegni che ora vorrebbe pretendere di avere in Kosovo, dalla sentenza impugnata risulta che i suoi genitori hanno mantenuto dei contatti con la famiglia residente in Patria. Non si scorge quindi perché non dovrebbe beneficiare quanto meno di un supporto logistico da parte loro. Inoltre, poiché è stato accertato che i suoi genitori hanno inviato loro del denaro, l'insorgente non spiega perché non potrebbero fare altrettanto con lei, fornendole quel supporto economico invocato. 
La CARP ha inoltre evidenziato come la ricorrente sia una giovane donna, in salute e indipendente da oltre 10 anni, che ha viaggiato molto e che conosce il mondo. Saprà quindi adattarsi anche al nuovo contesto di vita. Sotto il profilo professionale, non avrebbe maggiori difficoltà a inserirsi rispetto a quelle che dovrebbe comunque affrontare in Svizzera. Sua figlia, classe 2020 e la cui nascita è stata debitamente registrata in Kosovo, potrà cominciare la sua scolarità in loco e inserirsi agevolmente nel nuovo contesto, come evidenziato dai giudici cantonali. Invano al riguardo l'insorgente lamenta l'assenza di qualsiasi evidenza probatoria e quindi arbitrio. Costituisce infatti un fatto notorio, più volte richiamato dalla giurisprudenza (v. tra tante sentenze 2C_673/2019 del 3 dicembre 2019 consid. 5.2, 2C_778/2017 del 12 giugno 2018 consid. 7.3), che un bambino, specie all'inizio della sua scolarità, vive essenzialmente nell'ambito familiare e, riservate circostanze particolari, è capace di adattarsi senza grandi difficoltà a un nuovo contesto. Le possibilità di reinserimento nel Paese di origine non risultano pertanto inferiori rispetto a quelle in Svizzera. 
 
2.4.5. Alla luce di quanto precede, l'espulsione non costituisce un grave caso di rigore personale per la ricorrente e nemmeno un'ingerenza di una certa portata nella sua vita familiare (v. supra consid. 2.4.2) o nella sua vita privata (v. supra consid. 2.4.3). Non può dunque richiamarsi all'art. 8 CEDU. Non essendo data la prima condizione cumulativa posta dall'art. 66a cpv. 2 CP, non è possibile in concreto rinunciare eccezionalmente alla pronuncia della misura.  
Invano l'insorgente si richiama infine alla DTF 144 IV 332, in cui è stato riconosciuto un grave caso di rigore personale. Come osservato anche dal Ministero pubblico nella sua risposta, la fattispecie di cui si avvale si differenzia sostanzialmente dal caso concreto. Se entrambi i casi concernono uno straniero di seconda generazione, nella DTF citata lo straniero intratteneva degli stretti rapporti con i figli di cui non aveva la custodia e che sarebbero rimasti in Svizzera, aveva essenzialmente lavorato e provveduto ai propri bisogni, benché privo di formazione, aveva di conseguenza delle prospettive di reinserimento in Svizzera e non si era macchiato degli stessi reati commessi dalla ricorrente. 
 
2.5. Abbondanzialmente, volendo per ipotesi ammettere l'esistenza di un caso di rigore, l'espulsione risulterebbe comunque rispettosa del principio della proporzionalità e la seconda condizione posta dall'art. 66a cpv. 2 CP per rinunciare eccezionalmente alla misura non sarebbe quindi realizzata.  
Per invalsa giurisprudenza, l'interesse pubblico ad allontanare persone che si sono macchiate di gravi reati alla LStup, contribuendo a diffondere il flagello della droga, è molto importante. Il Tribunale federale si mostra particolarmente rigoroso in caso di infrazioni alla LStup (v. DTF 139 II 121 consid. 5.3). L'applicazione di parametri severi in presenza di reati di una certa gravità in materia di stupefacenti è accettata anche dalla CorteEDU che, nella sua prassi, accorda di regola un peso preponderante all'interesse pubblico a porre fine al soggiorno dello straniero condannato per tali reati (DTF 139 I 145 consid. 2.5 con rinvii alla giurisprudenza della CorteEDU). 
La ricorrente si è resa colpevole in età adulta, oltre che di ripetuto riciclaggio di denaro, di ripetuta falsità in documenti, di ottenimento illecito di prestazioni di un'assicurazione sociale o dell'aiuto sociale, anche di infrazione aggravata alla LStup, in quanto idonea a mettere direttamente o indirettamente in pericolo la salute di molte persone (art. 19 cpv. 2 lett. a LStup) portando su un quantitativo di quasi 4 kg di cocaina. Non consuma stupefacenti e ha agito ininterrottamente per anni per puro fine di lucro, finanziando il suo tenore di vita caratterizzato da un appartamento di un certo livello, ripetuti e prolungati viaggi all'estero, gioielli, vestiti e accessori di marca, regolari trattamenti estetici e interventi di chirurgia estetica come pure un guardaroba lussuoso per sua figlia, con annessa ostentazione sui social network. Non ha esitato a coinvolgere la madre e la sorella nell'invio di denaro criminale all'estero, condannate a loro volta per riciclaggio di denaro, e a rifornire di cocaina la sorellastra. Ha continuato a delinquere anche dopo il formale ammonimento del 10 gennaio 2019 dell'Ufficio della migrazione, durante la sua gravidanza e dopo il parto, dimostrando di non avere freni inibitori e dando prova di una radicata energia criminale nonché di assenza di scrupoli. Solo il suo fermo casuale ha posto un termine alla commissione dei reati. L'insorgente ha scelto la via dell'attività illecita, malgrado avesse a disposizione gli strumenti e gli aiuti statali per costruirsi un futuro e condurre una vita onesta. La sua colpa è stata definita oggettivamente e soggettivamente grave e le è stata inflitta una pena detentiva di 4 anni e 6 mesi, ben superiore dunque alla "pena detentiva di lunga durata" che, nel diritto migratorio, può giustificare la revoca di un permesso di soggiorno allo straniero condannato penalmente (v. art. 62 cpv. 1 lett. b LStrI; DTF 139 I 145 consid. 2.1). Nei suoi confronti è stata inoltre formulata una prognosi negativa. Vi è quindi un importante interesse pubblico all'espulsione. 
L'insorgente, classe 1993, è nata e ha sempre vissuto in Svizzera, dove risiedono pure i suoi congiunti più prossimi (genitori, sorella, fratellastro e sorellastre), ma con i quali non sussiste alcun legame di dipendenza particolare. Ha una figlia ancora molto piccola di cui ha la custodia e il cui padre, di nazionalità domenicana, non risiede in Svizzera. La relazione sentimentale con quest'ultimo, suo correo, pare peraltro essere terminata. Dopo la commissione dei reati, da cui invero non è trascorso molto tempo, si trova in detenzione e le sono già state inflitte delle sanzioni disciplinari. La sua collaborazione con gli inquirenti è stata solo parziale e limitata, contrassegnata da un costante ridimensionamento delle proprie responsabilità, ciò che è indicativo di un ravvedimento solo relativo. In tali circostanze non giova alla ricorrente pretendere di essere cambiata a causa della maternità e del carcere. Si osserva infatti che ha continuato a delinquere anche durante la sua gravidanza e dopo il parto e che sul divano è stata rinvenuta della cocaina vicino al biberon. Nonostante gli aiuti dello Stato, non ha saputo o voluto inserirsi del Paese che l'ha vista nascere. Secondo gli accertamenti cantonali, privi di arbitrio (v. supra consid. 2.4.4), dispone di conoscenze sufficienti della lingua albanese e ha assimilato gli usi e costumi del suo Paese d'origine. Se non può essere negato che un rientro in Kosovo comporti per l'insorgente delle difficoltà, queste non appaiono insormontabili. Né lei né la figlia soffrono di problemi di salute che potrebbero ostare all'espulsione. Invano la ricorrente invoca il bene superiore di sua figlia a rimanere in Svizzera, che sarebbe molto legata ai nonni divenuti una sorta di "genitori surrogati". Come già rilevato (v. supra consid. 2.4.1), trattasi di un fatto non accertato di cui questo Tribunale non può tenere conto. La CARP ha in ogni modo osservato, senza che nulla sia obiettato in proposito, che i genitori della ricorrente sono entrambi di nazionalità kosovara e beneficiari di rendite d'invalidità, e quindi non vincolati da obblighi professionali, e potranno agevolmente recarsi in Kosovo e così mantenere i contatti con la figlia e la nipote. La durata della misura pronunciata infine è inferiore alla durata mediana prevista dall'art. 66a cpv. 1 CP e non appare, né è preteso il contrario nel gravame, essere frutto di un abuso del margine di apprezzamento in materia riconosciuto al giudice (v. sentenza 6B_381/2023 dell'8 giugno 2023 consid. 5.3 e rinvii).  
Alla luce di quanto precede, benché nata e cresciuta in Svizzera, l'interesse della ricorrente a rimanere in Svizzera non prevale su quello pubblico alla sua espulsione. Non è dunque data neppure la seconda condizione per prescindere dalla pronuncia della misura. 
 
3.  
Ne segue che, per quanto ammissibile, il ricorso dev'essere respinto perché infondato. 
La domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio non può trovare accoglimento, dal momento che le conclusioni apparivano d'acchito prive di possibilità di successo (art. 64 cpv. 1 LTF). Le spese giudiziarie, il cui importo tiene conto della situazione finanziaria dell'insorgente (art. 65 LTF), sono pertanto poste a suo carico secondo soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). 
Non si accordano ripetibili alle autorità vincenti (art. 68 cpv. 3 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.  
La domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio è respinta. 
 
3.  
Le spese giudiziarie di fr. 1'200.-- sono poste a carico della ricorrente. 
 
4.  
Comunicazione al patrocinatore della ricorrente, al Ministero pubblico e alla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 13 luglio 2023 
 
In nome della I Corte di diritto penale 
del Tribunale federale svizzero 
 
La Presidente: Jacquemoud-Rossari 
 
La Cancelliera: Ortolano Ribordy